Tra meno di un anno ci saranno le elezioni in Friuli Venezia Giulia. Ancora una volta la nostra regione fungerà da laboratorio per la politica: dai risultati si cercherà di capire gli umori dell’elettorato e si faranno proiezioni, i partiti correranno ai ripari là dove hanno sbagliato e cercheranno di correggere il tiro. Bastano due flash per capire l’importanza di queste elezioni: da un lato saranno il battesimo di fuoco per il Partito Democratico al suo primo confronto elettorale e dall’altro dovranno essere anche la rivincita della destra che vorrà utilizzare queste elezioni per la spallata definitiva al governo. I due anni e mezzo per far scattare la pensione ai deputati saranno passati, quindi non ci sarà più necessità dell’accanimento terapeutico, cioè di mantenere in vita artificialmente il governo. Il problema è che non si può pensare di andare alle elezioni e che il PD faccia poco più del 20 per cento dei voti. Ed è pure impensabile perdere le elezioni alla prima occasione di confronto, dopo tutta la gazzarra che si è fatta per mettere in piedi il PD. Il centro sinistra “deve” vincere.
In questo frangente, scoppia il problema dell’insegnamento del friulano. Si tratta della prosecuzione della sempiterna polemica tra Trieste e Udine ma con altri mezzi. La proposta sull’insegnamento del Friulano viene proprio da un triestino, Illy, che cerca i punti di convergenza e di interesse comuni con il vicino. Una mossa che sbaraglia. Illy si gioca una carta che forse gli permetterà di proiettarsi a livello nazionale se riuscirà a vincere ancora le elezioni qui in regione. E’ un momento importante giacché il centrosinistra è alla frutta, come dimostrano i sondaggi. Senza Illy si perde.
Dunque, dicevamo, una mossa inattesa. In effetti, poche proposte hanno riscaldato gli animi tanto quanto quella dell’ insegnamento del Friulano a scuola. C’è chi dice che il Friulano è un dialetto e non una lingua, quindi pari al Siciliano o al Piemontese e c’è chi pensa che la discussione è strumentale e tutto quello che non è italiano mina l’ unità d’ Italia e getta benzina sul fuoco di chi vorrebbe un Nord-Est sempre più speciale. Illy ha ottenuto quello che voleva: far parlare di sé. E’ la prima regola del marketing. L’insegnamento del friulano sembra un’azione ricercata e soppesata apposta per far saltare il banco. Spariglia tutto. Una mossa studiata a tavolino per rimettere di nuovo il centrosinistra in gioco con Illy che non godeva di buona salute giacché ultimamente aveva perso molta popolarità anche da quando decise di appoggiare la costruzione dei rigassificatori. I rigassificatori ancorché assolutamente necessari e utili per il FVG, purtroppo non portano voti in quanto oggetto di una campagna denigratoria alla stessa stregua del nucleare, termovalorizzatori, ecc. ostaggio della sinistra comunista.
In questi ultimi mesi Illy ha cambiato strategia, prima ha detto che per i rigassificatori mancavano informazioni e ha passato la patata bollente a Roma, sapendo bene che con il parapiglia che c’è in questo momento, con il clima che si respira e con Pecoraro Scanio al ministero… campa cavallo. Avrà tutto il tempo per rifarsi la solita verginità politica da imprenditore di successo, ché, se dovesse far vincere ancora una volta il centrosinistra potrà pensare a fare il “salto” a livello nazionale e magari diventare l’ago della bilancia all’interno del nuovo partito democratico. Ecco dunque come in una trama ben congegnata la progettazione di un percorso che dal locale lo porterà al nazionale. La mossa geniale: un triestino che dà al Friuli la propria lingua!
Ma perché il Friuli, indubbiamente baricentro culturale della regione ha bisogno di triestinizzarsi, di chiudersi nel proprio orticello? E’ noto che è grazie alla Venezia Giulia e non al Friuli che questa regione gode di autonomia e ricchezza di bilancio. Ci si chiede se vale la pena che per far vincere Illy si metta i giuliani di fronte a una nuova frontiera etnica. La globalizzazione se ne sbatte del friulano, se fosse necessario per vendere qualsiasi ammennicolo, di scrivere l’etichetta in friulano, lo farebbe. Perché il capitale non le teme le lingue, ma al contrario, le usa per infiltrarsi meglio nel locale allo scopo di buggerarci tutti, tenendoci separati in casa.
Dunque la nuova legge non servirà né ai triestini, né ai friulani. Servirà solo a ottenere consenso distribuendo posti di lavoro a qualche insegnante, a stampare qualche giornale e a imbastire alleanze per le prossime elezioni. Si dice che il presidente del consiglio regionale, il diessino di Udine, Alessandro Tesini, ha inviato (a spese dei contribuenti) a tutte le parrocchie tre libri religiosi in friulano: “La Bibie”, “La Passiun” e la “Storie Sacre”. A dimostrazione che non si può remare contro il progresso, c’è stata una perfida vendetta informatica: il correttore automatico dei computer, ha mutilato molte parole eliminando gli accenti circonflessi. Una nemesi digitale per chi muove contro la globalizzazione.
Che cosa abbia di diverso dalla destra questa sinistra che si è bevuta il cervello, non è dato a sapere. Oggi al posto della sinistra liberale ce ne troviamo una che di riforme non ne vuol sapere. Una sinistra becera e conservatrice che ha perso il senso del limite, che ha dirazzato ostentando manganelli quando punisce i lavavetri, che spara a zero contro la scienza e il progresso, che non vuole centrali nucleari e nemmeno rigassificatori, che fa calare dall’alto i suoi leader come fossero unti dal Signore, che prende a calci chi si candida alle primarie come Pannella. Una sinistra che appare sempre di più un’ammucchiata clericale e che, qui in regione per non perdere le elezioni, partorisce questa furbata antistorica, populista e demenziale del friulano come lingua obbligatoria e veicolare. Diventa necessario e urgente che i Radicali Italiani facciano qualcosa per le elezioni del prossimo anno qui in FVG.