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  martedì 18 marzo 2014
 Direttore: Gualtiero Vecellio
Pistorius

di Walter Mendizza

Forse sarebbe stato opportuno se a suo tempo avessimo dato il nostro pieno sostegno alla richiesta di consentire la partecipazione all’attività agonistica dell'atleta sudafricano Oscar Pistorius. E che gli fosse consentito partecipare a tale attività sportiva in qualsiasi sede ed occasione. Credo sia inaccettabile che la retorica ipocrita dei diversabili, cioè di coloro "diversamente abili" (termine politically correct) con la quale ci riempiamo la bocca, si dissolva poi come per incanto quando la stessa diversabilità si manifesti vera in senso letterale, e cioè comporti performance davvero concorrenziali rispetto ad una presunta "normalità" destinata a divenire sempre più labile a fronte delle varie opportunità di crescita che la tecnologia progressivamente mette a disposizione dell’umanità.

In cosa si differenzia l'eventuale vantaggio che Pistorius potrebbe ricavare dalle sue protesi, rispetto a quello di origine genetica che rende la velocità su pista appannaggio pressoché esclusivo degli atleti di origine africana? Del resto, si tratta della stessa genetica che non permette loro di esprimere alcun campione di nuoto. Da questo punto di vista, è ovvio che così come a nessuno passerebbe per la testa di proporre la loro esclusione dalle gare internazionali, ritengo che sulla stessa base Pistorius non dovrebbe essere escluso.

L'unica plausibile ragione di una discriminazione di questo atleta tecnicamente modificato consisterebbe pertanto in una visione reazionaria sulla cui base dovrebbe essere vietato all'uomo di superare i limiti imposti da una "Natura" madre e matrigna, strumentalmente intesa, che si estrinseca nella attuale logica assurda che vieta il doping e gli aiuti tecnici mettendoli allo stesso livello e addirittura limita le innovazioni tecniche persino nella F1. E’ questa logica che bisognerebbe contestare: quella che proibisce il potenziamento. Perché si tratta di una visione reazionaria del mondo, incarnata in quel fascismo sotterraneo che alberga in molti cuori anche antifascisti: conservatori di sinistra, atei devoti, ambientalisti militanti, e in definitiva tutti coloro che hanno seppellito quel senso di progressismo che incarnò l’aspetto prometeico e faustiano che delinea la nostra specie. Cos'altro è l'uomo se non natura nella natura ed evoluzione, adattamento (anche quando si tratti di protesi) sempre all'interno della natura...

Questa discriminazione reazionaria viene per così dire, celata, ricoperta da ragioni pseudo sportive e incartata con la paura del doping allorquando ci parlano di farmaci vietati. Si tratta di un’altra cosa: vietare gli anabolizzanti può essere sostenuto sulla base della tutela della salute dello sportivo, ché, altrimenti rischierebbe di mettere a repentaglio la propria vita a causa delle pressioni della squadra, della nazione, degli sponsor. Nel caso del paratleta Pistorius, invece, la salute è solo arricchita, migliorata, potenziata dalle protesi.

D’altra parte, qualunque gara deve essere fatta stabilendo delle regole. Noi sappiamo che le regole sono fatte per essere infrante e dunque possono essere anche cambiate. Se cambiano le regole cambia il tipo di gara, se ammettiamo queste protesi, allora dobbiamo consentire a tutti gli altri atleti di fare altrettanto. Perciò la cosa migliore è la posizione pilatesca della Federazione: l’atleta sudafricano risulta avvantaggiato dalle protesi. Certo, si sarebbe potuto concedere una qualche forma di partecipazione speciale, solo per il valore simbolico, come segnale di speranza nei confronti degli altri disabili. Ma sarebbe stato uno schiaffo alle para-olimpiadi e poi non è detto che Pistorius alla fine non venga escluso anche da queste.

Abbiamo dovuto aggrapparci alle regole della Federazione di atletica per escluderlo altrimenti con ogni probabilità emergerebbe che la nostra è una paura subconscia della potenzialità della tecnica. Si dice che il gesto atletico non deve essere influenzato da elementi tecnologici che possano avvantaggiare gli atleti; ma alcuni atleti già utilizzano sottili metodi per aumentare le loro performance anche attraverso scarpe da corsa disegnate appositamente. Viene naturale chiedersi allora perché le scarpe da ginnastica siano naturali e le protesi al carbonio no? Del resto, se si vietano gli steroidi e si gareggiasse senza scarpe, vincerebbe colui che ha il Dna migliore e questo non è certo un merito sportivo.

 

Ecco perché il caso Pistorius potrebbe essere destinato a rivoluzionare il concetto stesso di olimpiadi. Potrebbe in effetti accadere di osservare proprio nelle para-olimpiadi, nei prossimi anni, tanti nuovi atleti cyborg come Pistorius, infrangere record su record, con un capovolgimento dei fronti: proprio gli ultimi, grazie alle tecnologie, diventano i primi, più veloci, più forti. Capaci di impegnarsi su gare completamente diverse, nuove sfide, nuovi sport, al cui confronto le olimpiadi "degli altri" (quelle dei sani) saranno una noia mortale, non seguite quasi da nessuno, così come oggi pochi seguono le para-olimpiadi.

 

Lo sport senza supporti di potenziamento è un mito come lo fu quello del "dilettantismo olimpico" o il desueto luogo comune “l’importante è partecipare” o al più una favola come quella dello "sport al di sopra della politica". Mai lo sport è stato al di sopra della politica, piuttosto è stato un veicolo per la politica. Tuttavia niente di tutto questo è stato utilizzato come strumento di riflessione. Semmai il caso dell’atleta sudafricano è visto come un "caso limite" che sicuramente fa inumidire gli occhi di quel paciugo buonista e ipocrita che caratterizza il nostro mondo perverso e inconsistente, artefatto e fasullo: la verità è che trattiamo Pistorius come un caso pietoso, ma in realtà non sappiamo dove metterlo, perché incarna le nostre paure più profonde, perché ci parla del nostro futuro. Un futuro dove i problemi si dovranno risolvere con più tecnologia e non con meno. Con più ricerca scientifica e non con meno. Alla faccia di coloro che vogliono farci ritornare a vivere nel medioevo, con più proibizioni e più divieti invece che farci godere di più libertà: non è tirando il freno a mano del progresso che risolviamo i problemi dell’umanità. Lo dimostra la sostanziale inefficacia dei proibizionismi e degli ambientalismi che non sono in grado di prendere atto della loro totale incapacità di generare un cambiamento dei comportamenti in tutto il mondo e in tempi rapidi. Lo dimostra come stiamo trattando il paratleta Pistorius: prima con la pietà verso il disabile, poi con lo sgomento sorpreso verso il diversabile e infine con il panico che possa diventare sotto i nostri occhi in-super-abile.

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