Notizie Radicali
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  martedì 18 marzo 2014
 Direttore: Gualtiero Vecellio
Pro memoria di governo

di Fausto Cadelli

Quale che sia il prossimo governo, mi piacerebbe che potesse raccogliere le seguenti priorità. Ristabilire la differenza tra diritto, etica e decoro, attualmente confusi tra loro con maggiore o minore grado di malafede.

Un esempio di confusione è la cosiddetta “moratoria sull’aborto”. Molti dicono che questa proposta è inaccettabile perché non si può porre sullo stesso piano la soppressione della vita di una persona (pena di morte) con la soppressione della vita di un embrione che persona non è. Ciò è senz’altro vero, ma non è il punto essenziale.

 

Mentre nella pena di morte l’oggetto è il diritto (infondato) dello Stato di sopprimere un reo, nell’aborto l’oggetto è il diritto della donna a non divenire madre: il sacrificio dell’embrione, un non-niente, è strumentale. Posto che garantire tale diritto è tanto meno oneroso per chi lo pone in essere e per chi lo subisce quanto più l’aborto è anticipato, perché se il feto sopravvivesse dopo la separazione dalla donna la donna diventerebbe per ciò stesso madre vedendosi così negato il proprio diritto a non diventarlo, è evidente che la moratoria – che significa sospendere, ritardare, dilazionare – è in sé stessa negazione dell’aborto.

 

Appare evidente allora sia l’inopportunità (che è la negazione del decoro) di una proposta quale la moratoria che, si dice, non vuole essere un attacco alla legge 194 sia la a-scientificità di tale proposta che è contraddittoria in sé dal punto di vista linguistico e logico.

 

Non è per nulla strano che le gerarchie vaticane, le quali si immergono con gioia nell’a-scientificità e nell’ipocrisia, abbiano accolto con favore tale assurdità: “va sulla strada giusta”.  

Come si può usare l’aggettivo giusto, che è il predicato del diritto, posta l’impossibilità giuridica di una moratoria che non potrebbe essere sostenuta presso l’ONU dall’Italia, per manifesta contraddittorietà logica, finchè è in vigore la 194?

 

Lascio a chi propone e sostiene la moratoria sull’aborto il compito di stabilire quanto sia onesto nel farlo, posto che l’etica è norma che nasce e si rivolge al singolo, dando per scontata la legittimità della posizione di chi ritiene l’aborto un’ingiustizia e si propone di vietarlo.

Ma chi vuole abrogare l’aborto lo chieda, per amore della coesistenza civile, in modo non obliquo.

 

Riconsegnare i poteri di democrazia diretta ai cittadini, con la riforma dell’istituto referendario abrogativo. La crisi del governo Prodi è stata innescata, tra l’altro, dal referendum elettorale che “minaccia” i partiti piccoli (alcuni dei quali non proprio decorosi), pericolo poi esaltato da Veltroni in versione “faccio tutto da solo”. Il referendum, quindi, assolve una potente funzione d’impulso sulla politica ma è efficace soltanto quando i partiti lo impugnano con convinzione.

Ma quando i cittadini vogliono dire veramente la loro “contro il sistema dei partiti”, il referendum viene sistematicamente dimezzato dalla Consulta ed affossato dai sistemi d’informazione.

 

La mia proposta, che ho già avanzato qualche volta, è il referendum con effetto abrogativo

“ritardato” se i “sì” vincono senza quorum. In questo caso, l’abrogazione potrebbe rimanere sospesa per un tempo definito, dando tempo al Parlamento di emendare la legge nel modo opportuno, tenendo eticamente conto dell’esigenza di giustizia espressa dal voto. 

 

Riconsegnare al Parlamento ed al Governo reciproca libertà, riconsiderando il punto più importante del tentativo maldestro di riforma costituzionale del centro-destra della passata legislatura, ovvero l’eliminazione del voto di fiducia del Parlamento al Governo. E’ sotto gli occhi di tutti, e da decenni, la vitalità della politica statunitense, in cui il Presidente è eletto dal popolo ma deve guadagnarsi la fiducia legge per legge nel Congresso, voto per voto.

E’ logico che in Italia il Parlamento neghi al Governo la fiducia sul nulla, dopo essere stato calpestato ed averla votata decine di volte su provvedimenti assurdi in questa e nella passata legislatura? Il Governo è a casa ma leggi che non avrebbero mai dovuto essere votate in una normale democrazia sono lì a danneggiare cittadini ed istituzioni.

 

Diamo pure la certezza della poltrona ai nostri parlamentari ed ai nostri ministri, liberiamoli dal ricatto reciproco delle dimissioni e di nuove elezioni, obblighiamo i due poteri dello Stato ad interagire tra loro nella reciproca indipendenza.

 

Ed il terzo? Occorre restituire alla magistratura la dignità che compete al terzo potere della democrazia, senza giustizia la legge non ha senso. E’ un problema straordinariamente complesso: certamente l’amnistia, l’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale, la responsabilità civile dei magistrati, tutte questo può essere l’asse portante di una giustizia nuova. Ma credo siano ancora più importanti provvedimenti più minuti, più cancellieri, meno ampollosità verbali, tempi più stretti per motivazioni e ricorsi.

 

Ma in primo luogo occorre sostenere la magistratura. Possibile non ci si renda conto che se la giustizia attrae tante critiche questo accade perché è l’unico potere “trasparente”, l’unico che veramente motiva i provvedimenti, l’unico giudicabile negli atti? Ma poi, può esistere giustizia senza il sostegno e la convinzione dei cittadini, senza un bisogno di legalità?      

 

Definire un patto fiscale nuovo, per stabilire una volta per tutte l’entità delle entrate che ragionevolmente lo Stato può disporre. Il principio della deducibilità integrale di tutti i costi, facilmente disponibile con la tecnologia di oggi dotando i cittadini di tessere di codice fiscale magnetiche per l’imputazione univoca delle spese, non determinerebbe un vantaggio in termini di imposte dirette (al ricavo dell’uno, infatti, corrisponde il costo dell’altro) ma consentirebbe di far emergere in modo naturale il sommerso recuperando gettito d’IVA , evitare accertamenti occhiuti e voraci, diminuire drasticamente il contenzioso.

 

Dare certezza pensionistica effettiva alle prossime generazioni, fugando il dubbio che non sta intorno al quanto si prenderà (sarà pochissimo) ma al se si prenderà qualcosa (dipende dai soldi in cassa). Grandi critiche vengono rivolte all’efficienza della pubblica amministrazione, in parte assolutamente meritate, eppure alcune competenze sono eccellenti.

 

E’ possibile affidare all’INPS ed alla Banca d’Italia il compito di studiare la fattibilità di un passaggio graduale da un sistema a ripartizione ad un sistema a capitalizzazione, con calcolo contributivo dell’assegno finale? E’ possibile riunificare i trattamenti e gli istituti previdenziali, è possibile garantire ai giovani la certezza che il poco che avranno, costruito su una carriera lavorativa fatalmente frammentata ed irta di contratti a termine, non sia una mera promessa di pagamento?

 

Le liberalizzazioni, i poteri forti? Una sola proposta: permettere all’authority di disporre il commissariamento delle aziende che reiterano i comportamenti illegali. Voglio vedere se la banche – un esempio per tutti - sostituirebbero ancora tanto facilmente la “commissione massimo scoperto” con la “messa a disposizione delle somme”, pigliando in giro la legge ed i clienti.

 

Mettersi al lavoro oggi con urgenza per ridurre il debito pubblico, per evitare di dover combattere per strada domani. Se lo Stato non si pone come obiettivo primario la riduzione del debito pubblico, dopo aver definito  un nuovo patto fiscale e pensionistico nuovo, sulla base di una legalità condivisa e non di un’etica imposta, questo Paese finirà lentamente in mani altrui. Pezzo per pezzo, Bot per Bot venduto per arrivare a fine mese, la ricchezza di carta con cui fingiamo di essere garantiti nell’assurdità economica di un debito pubblico detenuto per metà da noi stessi si rivelerà per quello che è: una cambiale di cui molti si sono già annotati la scadenza in giro per il mondo, a nord, ovest, e soprattutto est. Ed a noi resteranno le strade, i discount, il rimpianto, la violenza, la televisione ed il Papa.

 

I bambini di oggi dovrebbero essere i destinatari del programma del prossimo governo che dovrebbe operare pensando (anzi, temendo) quello che sarà l’Italia tra vent’anni, se non si agisce subito. Ammesso che i bambini non siano soltanto quelli che frequentano le elementari, e non gli adulti che pensano sia ancora possibile credere in una politica fondata sulla laicità, sulla legalità, sulla ragione.

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