Notizie Radicali
  il giornale telematico di Radicali Italiani
  martedì 18 marzo 2014
 Direttore: Gualtiero Vecellio
Apologia del clericalismo

di Fausto Cadelli

Sarà testardaggine, ma mi ostino nel sostenere che l’aggettivo “laico” sia l’opposto di “clericale”.  Oggi Impera invece l’abitudine di opporre la laicità alla “fede”, confusamente identificata ora con

l’aggettivo “cattolico”, ora con “cristiano”, ora con “credente”. L’abbandono della distinzione

letterale tra i due termini implica una traslazione di senso della laicità. E’ un vero eccesso di zelo, e non casuale. Fioccano le definizioni: laicità come tolleranza, ascolto, libertà di pensiero e di parola,

eccetera.

 

I più sapientoni chiosano che “la laicità è non essere laicisti come i radicali”. A tanta alacrità nel campo della laicità non corrisponde nulla dall’altra parte. Anzi, pare che l’aggettivo “clericale” sia così impresentabile che proprio i preti lo rifiutano. Importanti ministri di culto, quali monsignor Fisichella, dicono di essere essi stessi laici, in un certo senso: la rincorsa verso la laicità è sfrenata fino al paradosso di ascoltare gli zeloti affermare che Benedetto XVI è il più laico di tutti.

 

E’ un complimento? Il Papa non dovrebbe essere il più prete tra tutti i preti? Povero Ratzinger, fa di tutto per apparire pre-conciliare (di Trento), bandisce le chitarre dalle chiese a favore dei canti tradizionali, celebra Messa in latino, zittisce infastidito i fedeli che interrompono le sue prediche (pardon, lezioni), cura il vestiario in dettagli ed accessori, e poi – beffa tra le beffe – gli tocca pure di sentirsi dire che è laico!

 

Forse la rincorsa del clero ad accreditarsi anch’essi come “laici”, in una delle sue varianti spurie, è da rinvenire nell’estrema debolezza della Chiesa proprio nel momento in cui essa non è mai stata così forte materialmente. La Chiesa, infatti, non è più universale. C’è stato un tempo, anche molto recente dal punto di vista storico, in cui la Chiesa, come comunità dei credenti, era tutt’uno con la sua gerarchia. Oggi, non più. I credenti, tranne piccoli gruppi “militarizzati”, non si conformano più ai dettami, lasciano vuote le chiese, richiedono i sacramenti solo per tradizione.

 

E’ naturale allora che la gerarchia ecclesiastica (per bocca propria o con quella dei suoi servitori) debba alzare la posta per accreditarsi agli occhi dell’opinione pubblica. Da una parte, come detto, si oppone al “laico” il “credente”, o il “cristiano”, o il “cattolico” inventando di sana pianta una larvata, insensata, inutile guerra di religione. Da un’altra parte, si mimetizza la clericalità: pensiamo al prof. Ratzinger, lo scienziato Ratzinger, la maschera preferenziale fatta indossare a Benedetto XVI, maschera che il Papa si guarda bene dallo smettere.

 

Non è questa la sede per discutere i “titoli” di scienziato da attribuire al prof.  Ratzinger (il corteggiamento alla cosiddetta teoria del “progetto intelligente”; il disinvolto utilizzo della categoria del “diritto naturale” fatto erroneamente risalire a Dio in quanto creatore – creazione che rappresenta di per sé un concetto a-scientifico stante i fatti che la natura ci indica - quando in realtà tutti sanno che il diritto naturale moderno risale ad Ugo Grozio che teorizzava la sussistenza del diritto naturale tra gli uomini “anche se Dio non esistesse”; le valutazioni sulla sostanziale fairness del processo a Galileo strumentale ad  ammettere oggi la liceità dell’intervento della Chiesa sulla scienza, sulla filosofia, sulla cultura in generale; e via elencando).

 

Quello che qui conta è osservare il sistematico e disperato tentativo della gerarchia ecclesiastica di non voler essere ed apparire “clericale” ma altro. E’ il tentativo disperato di chi sa di non essere più “universale” ed è obbligato a competere in un terreno non proprio. Il disancorarsi della Chiesa dall’ambito dell’anima e della fede per navigare nella  natura e nella scienza è destinato a fallire, con fragore peggiore del collasso del sistema eliocentrico.

 

Ci vuole un po’ di sano clericalismo, utile a mostrare la finitezza della Chiesa,  nella sua piccolezza o grandezza che sia, ma comunque la sua finitezza di essere parte di un sistema. Un esempio. Tempo fa la cronaca ha registrato la morte di un anziano in una chiesa durante una messa; il corpo, coperto da un lenzuolo è rimasto a terra, e la messa è proseguita. Altri morti, in passato, erano stati abbandonati al suolo nell’indifferenza di chi continuava ad agire come se nulla fosse (bagnanti, passanti). Questi episodi erano stati duramente commentati. Anche questa volta si poteva azzardare una critica, ad esempio dicendo che la Messa sarebbe potuta proseguire con i fedeli raccolti attorno al corpo, a protezione.

 

Invece nulla di tutto ciò. Al TG1 è comparso un esperto di diritto canonico che  con piglio autoritario, in assenza di contraddittorio, ha zittito tutti dicendo che il prete non doveva essere criticato ma lodato perché la Messa non può essere interrotta. Va bene così. Un clericale che parla da clericale, tutti hanno capito, nello stesso modo in cui la gente al funerale di Welby aveva perfettamente capito il senso di quel corpo espulso dalla chiesa.

 

Molto meglio essere clericali che falsi scienziati. Perché l’essenza della laicità è proprio la coscienza di essere clericali. Scagli la prima pietra chi può dirsi immune da una qualche forma di clericalismo,chi non ha sbandierato almeno una volta acriticamente una bandiera. Ma la consapevolezza di ciò trasforma l’individuo – il lavoratore, l’imprenditore, lo studente, l’artigiano, il pubblico dipendente, l’obiettore di coscienza, l’abortista – in un cittadino.

 

Il “bipartitismo” italico teme (da sempre) il cittadino: perché il cittadino pensa,  perché il cittadino conosce ed esercita diritti e doveri. Il Veltr-usconi invece si rivolge ai precari, ai contribuenti, agli evasori, agli industriali, a tutte la categorie portatrici di interessi particolari, a tutti tranne che allo Stato, tranne che ai cittadini.

 

L’essere cittadinanza è laicità – in questo senso siamo tutti laici - avere la coscienza che qualunque sia la tua proposta essa deve essere posta nel contesto giuridico della legalità e della cittadinanza. Tempo fa scrissi che non mi convincevano i DICO (PACS, pacchi, cos’altro) perché sono un matrimonio con divorzio breve. Occorre riformare il matrimonio estendendolo alle coppie omosessuali con riforma costituzionale dell’articolo 29.

 

Dall’altra parte è indecente Ferrara e l’attacco all’aborto. Perché Ferrara sa  bene che la legge 194/1978 gode di un ancoraggio costituzionale (preventivo) alle fondamentali sentenze della Consulta che ne  hanno preceduto l’approvazione. Anche le femministe dovrebbero sapere che l’abrogazione della 194 è irrealizzabile perché equivale ad un attacco diretto non ad una legge ma ai principi costituzionali (non a caso il quesito referendario di abrogazione totale fu bocciato). Se Ferrara è contro l’aborto ed è laico, mai avrebbe potuto e dovuto proporre un non–senso logico come la moratoria e tutto il resto, ma avrebbe dovuto e potuto limitarsi a richiedere una riduzione di un paio di settimane al limite massimo di 24, per togliere anche l’ultimo pretesto agli “obiettori di coscienza” che, così si dice o si sospetta, sono tali per fare carriera. Ma Ferrara non ha fatto questo, perché non è laico.

 

Ferrara è un clericale, e per questo va ringraziato, ne va tessuta l’apologia, va difeso come un panda, come un bene prezioso perché sta mostrando l’intima essenza della gerarchia ecclesiastica. Non a caso la gerarchia prende le distanze da Ferrara. Non perché non sia d’accordo ma perché non vuole e non può far cadere la “maschera della scienza”sotto la quale la Chiesa è costretta a nascondersi.