“Nello sforzo di ribadire principi, evitiamo di trasformare l’etica in un campo di lotta politica…”; e ancora, citando – perfidia che denota una intelligenza cui va reso omaggio – il teologo evangelico tedesco Dietrich Bonhoeffer, che non ebbe tentazioni di simpatie naziste e di nulla deve scusarsi – “il comportamento etico non è stabilito in partenza e una volta per tutte, quindi in linea di principio, ma nasce con la situazione data…”. Ovvero: l’elogio e la ferma rivendicazione del “relativismo”; e infine: “Missione dei fedeli laici è di configurare rettamente la vita sociale, rispettandone la legittima autonomia e cooperano con gli altri cittadini secondo le rispettive competenze e sotto la propria responsabilità …”.
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Grazie, davvero, sindaco Marta Vincenti, che grande lezione è venuta da lei: a questo papa orgoglioso e tetragono nelle sue certezze fatte di nulla, e a tutti noi: per averci saputo dimostrare che i laici esistono ancora. Quell’intervento, sereno e determinato, ci ha restituito quell’ottimismo di cui abbiamo bisogno per cercare di continuare a fare quel che si fa e si deve. Il seme gettato da Gaetano Salvemini, Ernesto Rossi, in piccola parte da noi radicali buoni sempre “ieri” e mai “oggi” se non quando sarà “domani”, qualche frutto lo dà , la “fiammella” resiste e non si spenge. Il suo, sindaco Vincenti è uno di quegli interventi di cui in altri tempi si sarebbe invocata la “pubblicazione”; e certamente la merita.
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Così come, grazie davvero, a Curzio Maltese, per il suo “La questua” (Feltrinelli, pagg.173, 14 euro): racconto di “quanto costa la Chiesa agli italiani”, inchiesta realizzata con la collaborazione (e collaborazione riduce l’apporto effettivamente dato) di Carlo Pontesilli e Maurizio Turco.
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Saccheggiamone la presentazione: “Quanto costa la Chiesa agli italiani? Una cifra enorme passa ogni anno dal bilancio dello Stato italiano e dagli enti locali alle casse della Chiesa cattolica. A cui bisognerebbe aggiungere almeno il cumulo dei vantaggi fiscali concessi al Vaticano e oggi al centro di un’inchiesta dell’Unione europea: il mancato incasso dell’ICI, l’esenzione da IRAP, IRES e altre imposte, l’elusione consentita per le attività turistiche e commerciali…”.
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E’ un libro che sarebbe molto piaciuto a Rossi: pieno di dati, di fatti concreti, di “cose”, documentate e documentabili., Uno di quei libri che avrebbe certamente pubblicato a ogni costo nella sua collana “Stato e Chiesa” che per qualche tempo diresse per l’editore Parenti. Perché qui si cerca il filo per orientarsi nel labirinto di documenti e bilanci astrusi e difficilmente accessibili: chi ha avuto modo di leggere le puntate dell’inchiesta che questo diabolico terzetto ha curato per “Repubblica” 8e che tanta irritazione ha sollevato oltretevere), bene, sappia che quello letto sul giornale è un antipasto: un anticipo delle portate che vengono servite nel libro.
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“Per tutta la prima Repubblica ”, scrive il direttore di “Repubblica” Ezio Mauro nella nota che introduce “La questua”, “la politica ha saputo esercitare una sua autonomia nel nostro paese, garantita per lunghissimi periodi anche dai leader cattolici che hanno retto lo Stato e il governo. La Chiesa cattolica ha dispiegato con altrettanta libertà la sua missione, con una testimonianza che dev’essere destinata alla coscienza dei credenti e a quanti riconoscono al cattolicesimo un’autorità morale con cui confrontarsi: sapendo che la scelta politica in quanto tale – e ancor più la decisione parlamentare – è demandata all’autonoma decisione dei laici, credenti e non credenti, sotto la loro responsabilità . Oggi nessuno mette in discussione formalmente quel principio di libertà e di autonomia della politica e della legislazione. Ma sembra riemergere la potestas indirecta in temporalibus del cardinale Bellarmino, quando la gerarchia ecclesiastica rivendica il diritto di ingerirsi nelle competenze statuali, se c’è una motivazione religiosa che lo chiede. Non solo. La Chiesa porta sempre più la sua precettistica morale a coincidere con il diritto naturale, sostiene che nella religione sono incapsulati potenziali di significato a cui le società laicizzate non riescono ad attingere, perché non hanno al loro interno le risorse morali necessarie: dunque il cattolicesimo rischia di trasformarsi da religione delle persone in religione civile, con la conseguenza che i numeri non contano, perché se il cristianesimo – come vuole Ruini – è nel nostro paese una sorta di senso comune, un substrato antropologico, una specie di “natura” italiana, allora a tutto ciò si può trasgredire solo con leggi che diventano automaticamente contronatura, dunque sono contestabili alla radice…”.
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Maltese, nelle prime pagine di questo bel libro, racconta di un suo vicino di casa, il corrispondente della TV tedesca Udo Gumpel: “Voi giornalisti italiani siete capaci di scrivere poemi sull’ultima mezza calza della politica e ignorate l’influenza della Chiesa. Mentre per noi una notizia sul papa vale venti volte una sulla crisi di governo. Il Vaticano è troppo importante per lasciarlo ai vaticanisti…Avete San Pietro in casa e nell’archivio RAI non ho trovato un’inchiesta sul Vaticano, soltanto messe e interviste ai vescovi. Se scoppia uno scandalo, come la pedofilia, dovete comprare i documentari della BBC”. Ecco una bella domanda, e se la potrebbe porre qualcuno in Commissione di Vigilanza? Di suo, Maltese aggiunge: “Ho toccato con mano la rimozione del problema quando ho cercato di documentarmi sui finanziamenti pubblici della chiesa cattolica: in quasi ottant’anni dal Concordato, non era mai stata fatta un’inchiesta sul tema”.
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L’eccezione cui si farà cenno non smentisce l’affermazione di Maltese, piuttosto la conferma. Nel 1969 venne pubblicata da un’editore che non c’è più, Aldo Palazzi, un’inchiesta “Le finanze del Vaticano”, del giornalista italo-tedesco Corrado Pallemberg: “E’ la storia di una delle più grandi potenze finanziarie del mondo, sui cui capitali ed investimenti la Santa Sede cerca di mantenere un ostinato quanto inspiegabile segreto…”. Inspiegabile magari no: “…Riesce un po’ difficile mandar giù il fatto che così forti capitali vaticani debbano essere investiti nel costruire alberghi di lusso, quartieri residenziali con piscine e campi da golf, mentre appare perlomeno strano che il Vaticano tragga profitto dalla vendita dei dischi di musica leggera della RCA, la più grossa casa discografica italiana. La situazione diventa ironica e paradossale se si considera che l’Istituto Farmacologico Serono, in cui il Vaticano ha una partecipazione, fabbrica e vende la famosa “pillola” che il papa ha condannato…”.
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Un libro certamente datato, quello di Pallemberg. Si legga però l’ “ingenua” lettera che Pallemberg scrisse il 26 giugno del 1967 all’allora segretario particolare di papa Paolo VI, monsignor Pasquale Macchi: “Un editore tedesco mi ha chiesto di scrivere un libro sulle finanze della Chiesa Cattolica e io mi sono impegnato a farlo…Intendo scrivere un libro veritiero, ma per far ciò ho bisogno di informazioni esatte e di prima mano. Sono certo che la Santa Sede non ha nulla da nascondere…Sono certo che se potessi illustrare nel mio libro, con cifre di fonte ufficiale, l’enorme onere finanziario che la chiesa è costretta a sostenere per svolgere la sua missione e spiegare senza reticenze da dove questi fondi provengono, farei cosa utile alla chiesa stessa…”.
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Inutile dire che questa lettera non ebbe mai risposta. Annota Pallemberg: “Su un piano puramente formale non c’è nulla di meno occulto delle finanze vaticane. Voglio dire, tutti i diversi uffici che trattano materie finanziarie sono chiarissimamente definiti, nelle loro funzioni e giurisdizioni, dal Codice di Diritto Canonico o da documenti papali. L’Annuario Pontificio li elenca tutti, ne dà i numeri telefonici e i nomi dei dirigenti e degli impiegai: dai Cardinali che sono al sommo della gerarchia sino al più modesto contabile e dattilografo laico. In altre parole, tutto è noto, aperto, ufficiale, eccetto la cosa di maggior interesse: le cifre…”.
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Ma conviene tornare al libro di Maltese, lettura che afferra e procura al lettore un duplice sentimento: di sgomento, vertigine, per quello che si apprende; e di irritazione, perché si ha la prova provata di come si venga, quotidianamente gabellati. E maggiormente dovrebbero provare questo senso di sgomento-vertigine e irritazione, i credenti: in nome dei quali – e a loro insaputa – tutto ciò accade. “Mi sono concentrato”, spiega Maltese, “sull’aspetto concreto, sulla “roba”, perché credo che stia qui il cuore del problema. Il nodo da sciogliere. E’ stato un modo per non cadere nell’ideologia, nell’anticlericalismo di maniera. Rispetto la fede e non identifico le gerarchie, soprattutto quelle abituate a maneggiare affari e politica, con i valori del cattolicesimo. Dopotutto non è difficile da dimostrare che dai tempi di Giuda Iscariota fino a Paul Marcinkus, passando per Sindona e Calvi, i discepoli cui era stata affidata la “cassa” non hanno quasi mai ripagato la fiducia che era stata riposta in loro. E’ però sospetto il fastidio (e la censura) con cui la Chiesa reagisce ogni volta che si toccano gli aspetti materiali dei suoi privilegi…”.
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Come si vede, trascorsi quasi quarant’anni, quello che scriveva Pallemberg è straordinariamente simile a quello che scrive Maltese. A variare, semmai è l’ammontare delle cifre, dei guadagni, delle speculazioni. Si è parlato di sentimento di sgomento, e irritazione. Mettiamoci anche quello di vergogna; e per intenderci, si vada a pagina 71, poche righe che si trascrivono integralmente:
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“…L’Italia non è certo l’unica nazione europea dove la Chiesa riceve favori fiscali, ma è sicuramente la più riluttante a metterli in dubbio. Negli ultimi anni l’Unione europea ha ottenuto successo in vari paesi, concordatari e no. Su segnalazione dell’eurparlamentare radicale Maurizio Turco, prima il Portogallo – al primo richiamo da parte dell’Ue – e poi la Spagna – al secondo – hanno abolito l’esenzione IVA sulle attività ecclesiastiche. In Italia, al secondo richiamo, mezzo schieramento politico ha chiesto al papa di “scomunicare la commissione di Bruxelles”.
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Chissà : forse se gli italiani fossero in condizione di conoscerle, queste cose, quel mezzo schieramento non verrebbe rieletto. Una barzelletta racconta che la breccia di Porta Pia del 1870 è stata una rovina: perché non è Roma ad esser diventata la capitale d’Italia, ma l’Italia la capitale del Vaticano; è un abbaglio, quel monumento: non sono i bersaglieri che liberano la capitale, piuttosto sono i preti che da allora dilagano nel paese. Leggete “La questua” di Maltese, Pontesilli e Turco, e la voglia di ridere vi passa subito; e si viene afferrati dal dubbio, dal sospetto, dalla quasi certezza, che non si tratti di una barzelletta...
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Grazie ancora, sindaco Vincenti; e buona lettura, sperando che – come a noi – vi metta in un benefico malumore.