Marco Pannella ha diverse volte utilizzato questa immagine dei capaci di tutto e dei buoni a nulla, riferita al mondo politico italiano. Tuttavia anche il mondo industriale non sfugge a questa logica. Noi parliamo molto di società della conoscenza ma la nostra è piuttosto una società delle conoscenze. Nel senso che per emergere e mantenerti a galla devi avere molti amici, molte conoscenze che ti aprano le porte e ti facciano sedere al tavolo dove si mangia.
Per questo motivo nella nostra “società delle conoscenze”, non succede nulla quando si scoprono frodi o quando vengono cacciati dei dirigenti per essere rimpiazzati da altri che sono “conoscenti”. Nessun trasalimento, nessun sussulto… tutto normale. Ho spesso raccontato la nostra particolare vicenda che ha visto i dirigenti di una compagnia di assicurazioni esser cacciati quando cambiò l’azionista di riferimento, nonostante alcuni di essi fossero davvero bravi e qualcuno riuscì pure a fondare dal nulla e con nulla quello che un tempo si chiamava “ramo vita” e che oggigiorno invece deve essere (per legge onde evitare mescolanze nelle gestioni) una vera e propria compagnia indipendente. Alla stessa stregua delle sconfitte che sono orfane mentre i successi hanno tanti padri, in questo caso il vero padre “biologico” dopo aver creato la compagnia con pochissimi mezzi, senza il propellente dei grossi capitali, viene fatto fuori dai nuovi azionisti per far posto all’abituale paracadutato, il solito figuro di turno a cui gli affidano tutti i poteri col pretesto di fare chissà cosa ma che in realtà ne fa una sola: mandare la società praticamente in rovina. Sì perché questi signori senza curriculum, senza mestiere, senza neppure i fondamentali, alla fine si rivelano per quello che sono in realtà : degli incapaci.
Come dicevo all’inizio, Marco Pannella ha diverse volte utilizzato questa metafora per il mondo politico dividendolo tra i capaci di tutto ed i buoni a nulla, però è così anche nel mondo industriale e diventa apoteosi nel mondo assicurativo per la famosa inversione del ciclo produttivo che ho più volte spiegato: siccome nelle assicurazioni prima si hanno i ricavi e poi i costi, questo processo inverso lungi dall’essere formatore di buoni manager è piuttosto il responsabile criminogeno delle peggiori nefandezze (mettendo mani alle riserve i “buchi” si scoprono dopo vent’anni se tutto va bene). Nel caso in questione, i capaci di tutto hanno dato in mano ai buoni a nulla la gestione delle compagnie, ed i buoni a nulla si sono rivelati per quello che erano: incapaci di fare alcunché.
Ciononostante, tutto regolare. A nessuno viene in mente di intervenire, di chiedere come mai, di domandarsi perché; a nessun azionista, a nessun giornalista viene in mente il codice civile, artt. 2391 e 2392 sul complesso di doveri degli amministratori che hanno un connotato di responsabilità più rigoroso e parametrato alla diligenza professionale. No, niente di tutto questo, e neppure lealtà di comportamento (2361 c.c.) ma solo elettroencefalogramma piatto a dimostrazione, semmai ce ne fosse bisogno, di una irresponsabile autocertificazione di irrilevanza progettuale. Nessun richiamo alla coerenza teorica, nessun appello alla coesione di programma, nessun cenno alle regole da rispettare. Nessuna riflessione a più piani, nessun tracciato che rivesta una volontà di voler fare le cose bene.
Com’è noto, un’intera classe dirigente venne liquidata con delle fandonie architettate ad hoc, con bugie fantasiose escogitate al solo scopo denigratorio e con raccapriccianti falsità , assolutamente inventate. Malgrado ciò, alcuni di noi avevano avvertito delle difficoltà che si sarebbe andati incontro e avevano anche indicato il cammino strategico che si stava seguendo affinché il percorso fosse completato da altri. A nulla sono servite le osservazioni fatte. Anzi, si è fatto il contrario e invece di far tesoro delle considerazioni espresse, i buoni a nulla hanno reagito come dottrinari resi furiosi dalla prova della realtà , fanatici bercianti prigionieri di uno spirito di crociata.
A sua volta, i capaci di tutto hanno ottenuto quello che volevano: attorniarsi di soli barboncini dal pensiero unico conformista come simpatico repertorio di una classe dirigente che non sa fare nulla perché abituata agli aiuti di stato o dei conoscenti. Non sa creare, non sa inventare, non sa fare impresa. I barboncini sanno solo scodinzolare. Perciò dopo i primi simpatici ossequi, dopo le prime riverenze, nulla è stato prodotto cosicché anche i barboncini sono andati via, anche se di propria volontà e facendosi pagare. Sì, perché il capitale ha questo di buono, che è totalmente e assolutamente democratico: alla lunga se non vali, non ti salvi. Il problema è che nel nostro Paese non è possibile capire se uno vale o no perché a differenza del resto del mondo, i risultati negativi di un’impresa non fanno storia: c’è sempre un perché o un percome che giustifica la performance avversa e se poi questa continua, allora niente paura, i manager saltano su un altro treno e la storia ricomincia magari con uno stipendio migliore. Nessun marchio di incapacità , anzi. Molte volte ottengono anche delle belle lettere di raccomandazione per un operato prodigioso che nessuno ha visto.
Così è successo nel caso di specie: i barboncini buoni a nulla, sfoggiavano una sensibilità talmente pelosa da fare invidia ad una scimmia affetta da irsutismo. Nel costituire quel che si era proclamato, i mezzi, i metodi, i criteri usati, condizionavano e prefiguravano i fini. Noi volevamo che i capaci di tutto fossero in grado di guardare in modo più coraggioso e profondo quello che stava accadendo, invece si sono incartati ancora di più. Una reazione incontrollata, un riflesso antropologico direbbe Pannella. Un segnale di assedio psicologico, quando si decide che sono inutili le mediazioni e rimangono solo le trincee.
Avevo già espresso queste considerazioni, ma qualcuno pensò che i miei argomenti esegetici fossero un lamento iroso o una risposta aggressiva alla frustrazione narcisistica di essere stato tra i manager licenziati. Mi sto ancora sganasciando dal ridere. Ho solo invitato a tener conto di quanto fatto in modo da non buttare via il bambino con l’acqua sporca, di attuare un equilibrio di sistema. Invece, per tutta risposta i buoni a nulla si sono avvitati ancora di più coltivando un fondamentalismo d’accatto, cinico e grottesco, talmente ottuso che sembravano di avere un rapporto bovino con la pratica dell'amministrazione e la ragion di stato, immune da dubbi e suggestioni, tipica di chi ha carenza di aminoacidi essenziali, di chi mangia anabolizzanti per bestiame di allevamento.
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