I demografi calcolano che in Italia tra 5 anni, verso il 2014, le morti dovrebbero superare le nascite, anche tenendo conto degli immigrati e dei loro figli. La popolazione comincerà a diminuire in assoluto, e questa diminuzione si accentuerà a mano a mano che uscirà di scena l’attuale “bolla” di anziani. Il problema che si presenta è: dove metteremo tutti questi morti? In Italia sono presenti 15.834 cimiteri; la mortalità annuale media della popolazione è del 9,5 per mille cioè circa 550.000 decessi annui. Nel 2006 questi decessi erano così ripartiti: 310.000 sepolture per tumulazione, 190.000 sepolture per inumazione e 50.000 cremazioni. Il volume dei 310.000 loculi corrispondono a circa 700.000 metri cubi che equivalgono più o meno a 2.500 appartamenti e necessitano 390.000 tonnellate di materiale edile. Per le 190.000 inumazioni si movimentano invece un milione e mezzo di mc di terra, cioè un volume corrispondente ad oltre 5.000 appartamenti. Per le 50.000 cremazioni, invece, l’impatto è pressoché trascurabile. Perché quindi non si fanno più cremazioni in Italia?
Non c’è alcun dubbio che la cremazione riduca l’impatto ambientale e migliori la politica ecologica producendo un risparmio importante. Ciononostante, cremare in Italia è considerato un tabù che per tradizione relega il fenomeno ad una scelta di reddito oppure ad un’ideologia ateista. Ma essere informati è un diritto di tutti, per poter scegliere con consapevolezza e non rimettersi esclusivamente alle decisioni ed alle scelte altrui. Essere cremati è una scelta di maturità civile e di maturità sociale, che rispetta il prossimo e l’ambiente. Nonostante queste considerazioni, la prossima legge che sta per essere approvata dal consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia riguardante la cremazione, ad esempio, è ancora più restrittiva di quella nazionale alla quale si ispira. Sì, perché la riforma del Titolo V della Costituzione delega alle regioni tali incombenze e ciascuna regione legifera come vuole. In questo Paese, non solo i cittadini non sono uguali davanti alla legge quando sono in vita, ma non lo sono neppure da morti! La legge che in Friuli Venezia Giulia sono in procinto di approvare vuole che la volontà del defunto per la cremazione e l’eventuale dispersione delle proprie ceneri sia stata manifestata mediante disposizione testamentaria o dichiarazione resa dallo stesso all’ufficiale dello stato civile del Comune di residenza. Un obbrobrio. Come se si trattasse di un testamento biologico. E come se non bastasse, all’articolo 5 il progetto di legge recita: “i Comuni si dotino di un apposito registro in cui sono annotati coloro che abbiano espresso la volontà alla cremazione e all’affidamento o alla dispersione delle proprie ceneri”. Ma come? Non dovrebbe essere il contrario? Una buona legge dovrebbe disporre di cremare tutti e caso mai chi non lo volesse dovrebbe fare specifica richiesta di sepoltura o tumulazione.
Ma è possibile che anche per una banalità come quella di essere cremati bisogna creare nel nostro Paese le condizioni per una rivoluzione culturale, morale ed intellettuale di orientamento prometeico? Perché è così tanto difficile passare da una fase di evoluzione cieca ad una di evoluzione auto diretta e consapevole? La risposta, purtroppo, è una sola ed è sempre la stessa: i nemici dell’evoluzione e della conoscenza sono l’espressione di un mondo pre-darwiniano che in Italia è duro a morire. Per rimuovere i nemici del progresso sono necessarie tre battaglie: una per il possesso delle conoscenze e delle tecnologie; una per la laicità delle istituzioni e della cultura e infine una per l’affermazione di una concezione scientifica del mondo. Una ricetta facile facile che si sviluppa su tre livelli d’intervento: libertà , sviluppo e accesso, una ricetta che però trova infinite resistenze. Dunque prepariamoci ad una prossima battaglia: quella sulla Procremazione Assistita.