Alle volte, succede che in strada o in qualche bar, qualcuno mi rivolge questa domanda: perché i radicali si dicono liberali se vogliono che le cose vengano legalizzate e non liberalizzate?
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In un certo senso questa potrebbe definirsi la madre di tutte le domande. E in effetti potrebbe sembrare a prima vista che ci sia una sorta di contraddizione nel chiamarci liberali ma scegliere di legalizzare. Come si fa a spiegare che noi radicali siamo liberali proprio perché vogliamo legalizzare? Basterebbe riflettere un po’ e la soluzione viene da sola: perché legalizzare significa non lasciare che i cittadini vivano nella giungla. La libertà che rivendichiamo si estrinseca solo là dove il mio comportamento non può provocare danni a nessuno: che senso ha che lo stato mi obblighi a mettermi le cinture di sicurezza quando viaggio in auto? L’unico senso è quello di beccarti per farti la contravvenzione. Dunque lo scopo è pizzicare il povero cristo che è senza cinture o che risponde al cellulare, ma per fare cassa a sue spese. Nessuno può negare quanto sia più difficoltosa e in un certo senso più pericolosa l’operazione di cercarsi, mentre si viaggia, una sigaretta e l’accendino per poi accendersela. Eppure a nessuno è mai venuto in mente di legiferare vietando l’accensione di sigarette, sigari, pipe e quant’altro. Perché dei cellulari sì, invece? La verità è che della salute dei cittadini, allo Stato, non gliene frega nulla, altrimenti basterebbe una campagna propagandistica tipo pubblicità progresso. Ma si sa che questo non lo vuole nessuno. Allo Stato non interessa educare, ma solo avere il potere di controllo attraverso leggi, leggine, disposizioni, regolamenti e quanto più si ha più si metta. Allo stato interessa il controllo attraverso i dispositivi di tipo economico, sociale e religioso che vengono diffusi nella società .
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Ecco come e perché acquista valenza significativa l’esistenza dei Radicali, perché legalizzare è in un certo senso la nostra ragione sociale, la nostra mission. Perché no crediamo che il singolo possa essere protetto solo da uno stato di legalità che gli dia forza e lo emancipi: un sistema scolastico che gli dia vera istruzione, vera educazione nel senso etimologico del termine, cioè di e-ducere, condurre fuori, un sistema che gli permetta la critica e la possibilità di difendere i propri interessi individuali e collettivi. Un sistema di garanzie materiali e legali. Invece, quello che vediamo tutti i giorni, è la brodaglia insipida dell'antipolitica. Radio, televisione e giornali ci danno a bere una politica contro lo Stato, come se fosse questo il senso profondo della democrazia: poter parlare contro lo Stato. E non ci rendiamo conto che così facciamo il gioco dei potenti. L’antipolitica diventa anti-Stato e quindi diventa abbandono del singolo al potere della famiglia, della comunità , della religione, del datore di lavoro, delle banche, delle ronde, dei benpensanti. Cavalcando questa demagogia populista oclocratica e antipolitica non ce ne rendiamo conto, ma ci mettiamo in mano ad un potere arrogante e violento, un potere più rozzo, più ignorante, più sprezzante e persino più ripugnante.Â