di N.R.
I INTERROGAZIONE
Ai ministri della Giustizia; e del Lavoro, della Salute e delle politiche sociali,
premesso che le precarie condizioni igienico sanitarie cui versa la Casa circondariale di Reggio Calabria, hanno indotto i detenuti ad avviare una civile manifestazione di protesta; che da qualche giorno i carcerati rifiutano i pasti che vengono forniti dalla mensa e rinunciano alle ore d’aria giornaliere; che la protesta è volta a sensibilizzare l’Amministrazione carceraria e i rappresentanti politici di ogni livello, affinché vengano stanziate le necessarie risorse economiche occorrenti per realizzare i lavori di restauro all’interno della struttura penitenziaria; che le carceri di Reggio Calabria entrarono in funzione nel 1932, quindi rispecchiano i canoni dell’edilizia penitenziaria dell’epoca, e che la capienza ottimale è di 157 detenuti, quella tollerabile di 244;
per sapere: quali iniziative si intendono promuovere, adottare e sollecitare in relazione alla situazione in cui versa in carcere di Reggio Calabria; e in particolare per garantire condizioni igienico sanitarie adeguate per detenuti e agenti di polizia penitenziaria.
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II Interrogazione
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Ai ministri della Giustizia; del Lavoro, della Salute e delle politiche sociali, per sapere se siano a conoscenza della denuncia della polizia penitenziaria di Palmi secondo la quale "le condizioni di lavoro" presso la Casa Circondariale di Palmi sono “disastrose”; che gli agenti della polizia penitenziaria protesta al fine di rivendicare alcuni diritti fondamentali, come "il diritto alle ferie e turni di lavoro sostenibili". I turni di lavoro, infatti, secondo quanto riferiscono gli interessati, raggiungono addirittura le 12 ore consecutive. Una conseguenza questa, causata dal fatto che le unità in servizio, nella Casa Circondariale, sono 110 a fronte di 240 detenuti. Da qui le condizioni di "massima insicurezza" in cui versa la struttura. Dopo l’astensione al servizio mensa, del 22 giugno scorso, il corpo di Polizia in servizio, ha organizzato una manifestazione di protesta davanti al Palazzo di Giustizia di Palmi, il 26 giugno, in occasione della Festa Provinciale del Corpo;
per conoscere quali iniziative si intendono promuovere, adottare e sollecitare a fronte di una situazione di massima insicurezza che rischia di degenerare, se non ci si preoccuperà di dare rapide e adeguate risposte.
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III Interrogazione
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Ai ministri della Giustizia; del Lavoro, della Salute e delle politiche sociali, per sapere se siano a conoscenza che il segretario generale della UIL Pa Penitenziari Eugenio Sarno, al termine della visita effettuata il 1 luglio 2009 alla Casa Circondariale di Milano S.Vittore, assieme ad Angelo Urso della segreteria nazionale e Pasquale Toto, responsabile locale della UIL Penitenziari, ha dichiarato che "le condizioni che abbiamo riscontrato contribuiscono ad annientare la persona umana e non solo la dignità di essa. Credo che San Vittore rappresenti il livello più basso del disastrato sistema penitenziario e può essere eletta a vergogna nazionale. Nei reparti già ristrutturati le condizioni sono ai limiti della legalità . Nel VI raggio, non ancora ristrutturato, le condizioni sono pessime e indegne. In tutto l’istituto le persone sono ammassate nelle celle. Viene, quindi, negato lo spazio fisico e l’unica posizione possibile quando si è in cella è quella orizzontale da stesi sul letto. Analogamente i poliziotti penitenziari sono costretti quotidianamente a lavorare in ambienti insalubri e insicuri a contatto con la disperazione, il dolore e la bruttura che alimentano le aggressività e fomentano le tensioni";
che all’aumento esponenziale dei detenuti corrisponde un proporzionale depauperamento degli organici. A San Vittore sono chiusi due reparti (II e IV raggio) per cui la massima ricettività dovrebbe essere di circa 780 posti. Al 2 luglio 2009 invece i detenuti presenti a San Vittore assommavano a 1.610 (1.503 uomini e 107 donne). I detenuti stranieri sono a 976 (937 uomini e 39 donne). I detenuti con condanna definitiva sono pari a 297 (264 uomini e 33 donne) in attesa di condanna definitiva sono 1313 (1.239 uomini e 74 donne). I numeri della Polizia Penitenziaria sono ancora più allarmanti. A fronte di circa 1.000 unità assegnate ne risultano presenti circa 620 per i servizi d’istituto e 160 per il servizio traduzioni, circa 200 sono le unità distaccate in altre sedi.
"Quanto abbiamo potuto accertare”, ha dichiarato il dottor Sarno, “sarà oggetto di comunicazione con i responsabili del Dipartimento, pur consapevoli che nell’immobilismo che contraddistingue il Dap nessuno, probabilmente, troverà il tempo e la voglia di leggere le nostre denunce. Meno che mai di trovare soluzioni. Non posso, quindi, biasimare chi riferendosi a San Vittore ha parlato di degrado, vergogna e persino di torture".
Per sapere quali urgenti iniziative si intendono promuovere, adottare e sollecitare a fronte della gravissima situazione in cui versa il carcere milanese di San Vittore.
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IV INTERROGAZIONE
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Ai ministri della Giustizia; e del Lavoro, della Salute e delle politiche sociali, per sapere se siano a conoscenza del contenuto del dossier “Morire in carcere” curato da Francesco Morelli per conto dell’associazione “Ristretti orizzonti”;
in detto dossier si documenta come i primi sei mesi dell'anno 2009 si chiudono con un bilancio da "bollettino di guerra" per le carceri italiane: in 181 giorni sono morti 89 detenuti (1 ogni 2 giorni, in media) e 34 di loro si sono suicidati;
che in 10 anni (2000-2009) i "morti di carcere" sono stati 1.449. Nello stesso periodo i detenuti suicidi sono stati 514, con un massimo storico nel 2001 (69 casi), che quest'anno "rischia" anch'esso di essere oltrepassato;
che la portata del dramma che quotidianamente si consuma nelle nostre prigioni si comprende meglio guardando oltre le statistiche, per capire chi sono questi detenuti e come muoiono: Vincenzo Nappo, si è ucciso il 9 giugno: era internato nell'Opg di Aversa e affetto da un grave tumore che lo aveva molto debilitato;
Anna Nuvoloni, seminferma di mente, rinchiusa nel reparto "Casa di Cura e Custodia" del carcere di Sollicciano, è morta (sembra) soffocata da una mozzarella (!?). Aveva 40 anni e doveva essere scarcerata a fine luglio;
altre vicende "al limite" nelle carceri di Poggioreale a Napoli, e di Benevento, dove sono morti per "cause naturali" due detenuti coetanei: entrambi avevano 79 anni e, gravemente ammalati, da tempo chiedevano una misura alternativa alla detenzione, per potersi curare... o anche solo per "morire liberi".
Per sapere per quale ragione il signor Vincenzo Nappo è rimasto chiuso in carcere nell’Opg di Aversa, nelle sue condizioni di salute;
per quale ragione la signora Anna Nuvolosi, seminferma di mente, è rimasta rinchiusa nel carcere di Sollicciano, nelle sue condizioni di salute;
per quali ragioni sono rimaste rinchiusi nelle carceri di Poggioreale a Napoli e di Benevento i due detenuti morti “per cause naturali” due detenuti 79enni, gravemente ammalati e che da tempo avevano chiesto una misura alternativa alla detenzione;
per sapere inoltre a proposito dei detenuti morti nelle carceri italiane nel 2009, e di cui si fornisce l’elenco in ordine cronologico:
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Quali di questi detenuti erano in attesa di giudizio; per quale reato erano detenuti; quando erano stati arrestati. Dei detenuti condannati in sede definitiva, per quale reato erano stati condannati; da quanto tempo si trovavano in carcere; quando sarebbero stati scarcerati.
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V INTERROGAZIONE QUESTA ATTENZIONE (E QUELLA ANCHE DI CERTI DIRITTI)
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Ai ministri dell’Interno; e delle Pari opportunità ,
per sapere se siano a conoscenza di quanto pubblicato dal settimanale “L’Espresso” in data 9 luglio 2009 nell’articolo “L’agente è gay? Va punita”, a firma del giornalista Paolo Tessadri;
in particolare, nell’articolo si sostiene che la signora Luana Zanaga, di Rovigo, in forza alla polizia patavina, ha ricevuto una lettera del questore di Padova Luigi Savina, in cui la si informava dell’avvio della pratica per la sua destituzione dalla polizia;
che la signora Zanaga “nei mesi passati ha fatto coming out, rivelando pubblicamente la sua omosessualità . E da ottobre dello scorso anno, da quando ha reso pubblica la sua tendenza sessuale, per lei è cominciato un calvario. Dapprima è stata “processata” da una commissione di disciplina, che ha proposto di punirla con una sospensione dal servizio “fino a sei mesi”. Ma ora, forse, non farà nemmeno in tempo a scontare quella sanzione, perché è arrivata la nuova tegola: la destituzione. Che nei fatti significa licenziamento. Il questore Savina nega che nel provvedimento si parli di licenziamento, ma non dice quale punizione intende affliggere all’agente Zanaga. Infatti con la lettera si è solo avviata la pratica di contestazione degli addebiti, mentre i provvedimenti adottati verranno resi noti solo successivamente. A parlare apertamente di destituzione è invece il funzionario incaricato di seguire il caso per conto del questore. E Savina infatti scrive che non è più sufficiente la sola “deplorazione” con la conseguente sospensione. D’altra parte in questi giorni Luana Zanaga si è anche sentita rivolgere l’accusa di essere pericolosa. Perché come è scritto espressamente nella lettera del questore Savina, alla fine di maggio ha rilasciato dichiarazioni senza autorizzazione a “L’Espresso” riportate nell’articolo “Agente gay a rapporto”, e poi riprese dal sito “Dagospia”. Nell’articolo l’agente gay diceva di vivere in un ambiente omofonico, di aver subito il mobbing e si essere stata sottoposta a vessazioni. Come successe anni fa, quando la costrinsero ad andare dal medico per attestarne l’idoneità visto che era omosessuale. “Mi chiedevano se stavo bene con la mia omosessualità e io rispondevo che stavo benissimo”, accennava nell’articolo. Per il capo della questura di Padova queste accuse sono fortemente denigratorie e portano discredito alla Polizia. Nessun cenno invece, nella lettera, agli altri giornali, riviste e TV che hanno riferito della poliziotta. O alla solidarietà manifestatele dal presidente della Camera, Gianfranco Fini. Pubblicazioni uscite nello stesso periodo e anche successivamente. Più che per le dichiarazioni dell’agente Zanaga viene il sospetto che l’infrazione più grave sia aver parlato con il nostro giornale. Invece di approfondire e verificare le accuse della poliziotta sull’ambiente omofonico, si preferisce rimuovere chi solleva dubbi e parla di discriminazioni. Nessuno infatti ha chiesto all’agente di portare le prove delle sue accuse. Una denuncia, la sua, circostanziata, precisa e grave, come nel caso dei due poliziotti che le scrissero che doveva “bruciare in un lager”. Dunque non c’è stato accertamento della verità , ma è comunque in arrivo una punizione esemplare perché ha parlato. Così Luana Zanaga rischia di veder svanire il sogno di una vita, cioè fare la poliziotta, solo perché difende e rivendica la propria sessualità ;
per sapere se il contenuto dell’articolo pubblicato da “L’Espresso” e qui riportato, corrisponde a verità ;
quale sia l’opinione dei ministri in relazione a quanto sopra esposto;
se non ritenga gravemente discriminatorio e inaccettabile che una persona possa subire un licenziamento a causa delle sue preferenze sessuali;
se non si ritenga di dover promuovere un’inchiesta amministrativa per accertare la fondatezza delle denunce dell’agente Luana Zanaga a proposito di mobbing e vessazioni subite.  Â
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VI INTERROGAZIONE
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Al ministro della Giustizia, per sapere se sia a conoscenza che il carcere di Villalba, struttura per 140 detenuti (32 celle a due posti, servizi igienici e docce annesse, la cucina per 250 pasti, la lavanderia, la mensa e spazi verdi per i detenuti nonché padiglioni per gli uffici e gli alloggi del personale), inaugurata vent’anni fa e costata all’epoca 8 miliardi di lire, è chiusa dal 1990;
per conoscere inoltre le ragioni per cui da ben diciannove anni la struttura non viene utilizzata.