Notizie Radicali
  il giornale telematico di Radicali Italiani
  martedì 18 marzo 2014
 Direttore: Gualtiero Vecellio
Io, Io, Io e gli altri

di Elvis Pavan

 

                                                                                          Ma sì che sono io

                                                                                      tre uomini diversi                         

                                                                                    Uno non sono io        

                                                                                e gli altri due son persi                     

                                                                                             ( Vasco Rossi)

 

Non sono un buon compagno, spesso sono assente. Partecipo troppo poco alle  attività e alle riunioni e soltanto a quelle che si svolgono a livello locale. E in una di queste riunioni mi è capitato di sostenere che all'interno della galassia radicale, vi sia una forte interscambiabilità tra le associazioni; per cui una battaglia condotta da una di esse potrebbe, per altri motivi, essere condotta da un'altra. Infatti credo che anche l'opzione associativa del pacchetto di tessere non abbia solo valore di una formula commerciale, ma derivi dal fatto che  le  associazioni sono indissolubilmente collegate da un'unica visione di come il mondo è e di come esso dovrebbe essere. Ragion per cui se un iscritto ad un soggetto  sceglie liberamente (senza che dietro vi sia un qualche condizionamento economico) di non prendere la tessera di un'altra singola associazione, le possibilità sono due: o il ragionamento dell'iscritto è sbagliato, o quella specifica associazione rappresenta un corpo estraneo alla galassia radicale.

 

Le reazioni al mio discorso, devo dire portato avanti in modo particolarmente confuso, non sono state molto positive. Quella mia confusione era in parte dovuta al fatto che il problema del rapporto tra singola associazione tematica  e la galassia richiama per analogia un altro problema che mi angoscia, quello di come un radicale debba intendere il rapporto tra individuo e collettività ovvero di come si debba intendere l'individuo.

 

I Radicali sono una formazione libertaria, individualista che crede nella libera iniziativa del singolo. D'altra parte, la nostra è anche una formazione socialista, e di un socialismo che non è solo politica ma anche religione. Siamo dei satyagrahi persuasi che l' "io" sia un pericolo, che l'egoismo debba essere sconfitto sia a livello personale che a livello collettivo, e di qui il progetto federalista di superamento degli Stati nazionali. Ma come si possono conciliare questi due aspetti? Umberto Eco sosteneva che l'ideologia di Pannella non si può descrivere perché non esiste. Io credo che una nostra  ideologia invece esita, ma che, al momento, riusciamo solo a percepirla ma non a comprenderla. 

 

Credo anche che questo nostro stato sia superabile, e che questa nostra ideologia possa essere qualcosa di diverso da un elenco di prassi, da un accumulo di biografie di radicali più o meno ignoti. C' è un bel romanzo di Italo Calvino "Il Cavaliere inesistente" che all'uscita venne letto  da Walter Pedullà come romanzo allegorico sul Partito Comunista Italiano. Calvino si oppose a questa lettura legata alla contingenza politica, sostenendo che il testo era un apologo sull' "io", una sua difesa, una confutazione narrativa della visione delle filosofie orientali che vedono nell'io un'illusione da dissolvere. So che tra i compagni non mancano gli estimatori di questo testo e mi piacerebbe che qualcuno mi  proponesse una propria lettura di esso. Se riuscissimo un giorno a scrivere una teoria radicale, non credo che questa potrebbe avere la forma del romanzo, anche se sono convinto che sia vera la tesi di Pannella secondo cui il nostro sarebbe un movimento portato più alla narrativa che alla saggistica. Forse la forma che essa avrebbe sarebbe una forma ibrida come quella adottata da Douglas Hofstadter anche nel suo recente "Anelli nell'io – Che cosa c'è al cuore della coscienza?". Il testo è una sorta di nota a margine del suo più famoso quanto, ad avviso dell'autore, incompreso "Godel, Escher, Bach: un'Eterna Ghirlanda Brillante".

 

Hofstader, spinto da dolorosissime vicende personali, la malattia mentale della sorella minore e la prematura scomparsa della moglie, affronta i temi dell'identità individuale, della coscienza e della vita stessa. Secondo l'autore, l'"io" sarebbe un miraggio che si autopercepisce. Quando nasciamo non saremmo propriamente individui solo degli organismi che ricevono degli stimoli dall'esterno. Successivamente attraverso la percezione di questi stimoli e dei feedback relativi alle azioni del corpo, la mente comincia ad elaborare dei simboli che organizzano il mondo in regolarità astratte: "acqua", "marciapiede", "fune", "pesce","cassetta","vela", "scala", "ponte", "banchina"...Progressivamente questi simboli aumentano di numero e si raggruppano tra di loro. Quando il sistema arriva ad un arbitrario grado di complessità, finisce per mostrare la propria autoreferenzialità; il sistema percepisce sè stesso; si passa dal "cosa" al "chi"; nasce la coscienza. E questa coscienza non sarebbe un "io" nel senso cartesiano del termine riassumibile nello slogan "un corpo - un io",  ma sarebbe qualcosa di più complesso e  ambiguo.

 

La nostra coscienza non risiederebbe solo in un corpo, ma in una molteplicità di corpi. Chi infatti può dire di non aver visto cose attraverso gli occhi di un "altro" o non aver sentito attraverso le "sue" orecchie? Chi  avendo vissuto a lungo accanto ad una persona, può affermare di non aver memorizzato  il suo modo di vedere le cose, il suo modo di comportarsi e di non poter dire di avere dentro di sè una parte di quella persona? Oggi forse tra i banchi del Parlamento, attraverso Maria Antonietta, non siede anche Luca Coscioni? Chi può affermare di essere un individuo del tutto originale e di non essere in parte un mix di "io" diversi, appartenuti a persone che si sono conosciute direttamente o meno? Leggendo questo libro mi pare di aver trovato quella che può essere la posizione di un radicale nei confronti dell' io: uno strumento da utilizzare perché indispensabile, ma con la consapevolezza della sua natura plurale e meravigliosamente illusoria.   Â