Notizie Radicali
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  martedì 18 marzo 2014
 Direttore: Gualtiero Vecellio
Abbiate il coraggio e l’onestà intellettuale di dire ai milioni di mamme cui avete ucciso i loro figli che eravate in buona fede
Senza cervello, ma in buona fede

di Walter Mendizza

Un giornalista della testata giornalistica “Bora.la” di Trieste ci ha invitato ad un dibattito "tecnico" sul rigassificatore. Abbiamo deciso di declinare l'invito, rispondendo che "fornire dati dà sempre l'impressione di grande serietà, ma fornirli corretti e comprensibili è ben altra storia e che la dimostrazione della correttezza dei dati forniti, è qualcosa che sfugge sempre alla portata del grande pubblico e purtroppo anche dell'oratore. Si può sostenere che gli enti preposti alla valutazione del progetto abbiano agito in maniera scorretta, ma vi sono strumenti e iter legislativi  appositi e non coincidono con le sedi di dibattito popolare".
Per tutta risposta il giornalista, Andrea Lucchetta, ci ha velatamente accusato di rifuggire l'incontro. L'articolo che segue è una mia lettera personale aperta di risposta al giornalista e agli organizzatori del dibattito pubblico sul rigassificatore.

 

Gentile Sig. Lucchetta,

La Presidente della nostra Associazione mi ha informato del suo invito al quale noi abbiamo gentilmente declinato. La sua risposta alquanto intimidatoria suonava più a minaccia che non a capire in profondità le nostre ragioni. Concorderà che non sta a noi convincere chicchessia sull’opportunità di fare un rigassificatore a Trieste. Noi abbiamo preso posizione a favore del rigassificatore in tempi non sospetti, quando tutti proprio tutti erano contrari senza sapere neppure perché. Abbiamo segnalato il pericolo di buttarsi tra le braccia di ambientalisti catastrofisti e ignoranti (nel senso etimologico, cioè che ignoravano) che dicevano “No”, inventandosi disastri del tutto campati in aria quali esplosioni nucleari, incidenti a catena, effetti “domino” e quant’altro. Abbiamo denunciato la sindrome del Nimby (Non In My Back Yard – non nel mio giardino) quando nessuno sapeva nemmanco cosa fosse ‘sto Nimby. Come associazione, abbiamo fatto quello che ritenevamo fosse il nostro dovere: informare, informare e informare. Tutto è scritto e documentato nel nostro sito www.tecnosophia.org.

C’è una psicologia dura a morire che si basa sulla parola “naturale”. Qualunque cosa si voglia vendere è meglio che sia naturale. Forse l’errore più grande che hanno fatto i fautori del progetto è stato non chiamarlo “rigassificatore naturale” nonostante il metano venga comunemente chiamato gas naturale ed il progetto sia stato eseguito dalla spagnola Gas Natural. I nostri ambientalisti della domenica amano la Natura e le cose naturali e il rigassificatore rappresenta per loro l’archetipo di ciò che invece è innaturale, dimenticandosi che la Natura più che madre è matrigna per l’uomo, è un luogo carico di negatività dove regna l’assoluta indifferenza alla sorte umana. Secondo “natura” ci sono le pestilenze, le malattie, i terremoti. Secondo natura ci sono le disuguaglianze sociali, i deformati, gli handicappati. Perciò gli uomini hanno inventato la cultura e la sua forma più alta che si chiama Scienza la cui applicazione dà luogo alla Tecnica. La scienza e la tecnica correggono la natura nei suoi aspetti più brutali, malefici e crudeli. Se chiedessimo ad un ambientalista di immaginare il "paradiso", ne verrebbe fuori immagini di campi verdi, piccoli boschetti di alberi di castagno, fiori, ruscelli di acqua limpida, farfalle, ecc. Ma quello di cui non si rendono conto è che questo idilliaco quadretto così bucolico e pastorale può solo essere il frutto del lavoro dell'uomo. L'erbetta verde è solo il risultato di disboscamenti e successive vegetazioni antropiche, sarebbero artificiali con ogni probabilità anche la collina ed il ruscello, ché, fossero naturali ci sarebbero invece rovi ed insetti insidiosi, e il rigagnolo si manifesterebbe in paludi con animali predatori e topi giganti. La gente comune si lascia ingannare perché il desiderio del "naturale" è istintuale, sicuramente ampliato dall'industrializzazione su larga scala.

 

Se chiedessimo cos’è naturale tra un’aspirina e un pomodoro o una zucchina, molti ci direbbero che l’aspirina è artificiale mentre naturali sono il pomodoro e la zucchina. Invece le cose stanno proprio al rovescio! La natura non ci ha regalato né i pomodori né le zucchine, è stato l’intelletto umano che è intervenuto con la ricerca, e l’azione. Quasi tutti i frutti e gli ortaggi sono prodotto dell’uomo attraverso passaggi di selezioni ed inseminazioni nell’arco dei secoli partendo da ortaggi simili ma “naturalmente” non commestibili. Le stesse banane che noi mangiamo sono OGM da 40 anni essendo una specie selezionata dall'uomo per via di incrocio e viene riprodotta esclusivamente per clonazione in quanto i banani producono oggi frutti senza semi. L’aspirina invece è naturale, conosciuta già dagli egizi e dal medico greco Ippocrate, quale polvere che si ricavava dalla corteccia dell'albero salice, era benefica per febbri e dolori ed anche i romani ne conoscevano i vantaggi poiché masticavano le foglie del salice. Tutto questo per dire che la differenza tra naturale e artificiale, così come tra prudente e rischioso, è nella nostra testa prima ancora che nella realtà. Lo stesso vale per il rigassificatore.

 

Non ho molto altro da aggiungere. La nostra associazione non ci guadagna nulla che si faccia o no il rigassificatore, perciò siamo con la coscienza a posto. Convengo che dovrebbe essere nell'interesse dei fautori del progetto tentare di dissipare i dubbi. Perché non lo fanno? Non saprei, posso solo azzardare perché i contrari sono così numerosi: se qualcuno propone A, è molto più facile lavorare sull’insieme NON A, che è infinitamente più grande. Come dire, in un caso bisogna buttare la palla in canestro e nell’altro, basta farlo in qualsiasi direzione che va bene lo stesso. Faccio un esempio, all’inizio si diceva che la nave gasiera poteva esplodere come una bomba atomica. Era facile dimostrare che di “atomico” non c’era nulla. Quindi niente atomica. Dunque si disse che poteva solo “esplodere”. Invece era sbagliato anche questo: non poteva esplodere. Allora ecco l’idea geniale: non esplode per ignizione ma esplode per la pressione che c’è nei contenitori. No, neppure questo è vero, non c’è pressione nei contenitori. A questo punto, i nostri ambientalisti decisero di rivolgere la paura verso altri scenari: se una nave gasiera non poteva esplodere almeno ci sarebbe potuto essere un grande incendio. No, neppure l’incendio ci stava perché il gas liquefatto non è infiammabile. Esplorati tutti gli scenari con le esplosioni e incendi si passò ad un’altra cosa, e poi ad un’altra cosa ancora e così via. E’ facile intuire che cercare di ragionare con questa gente è impossibile: quando l’insieme delle possibilità catastrofiste finiscono si ricomincia con un’altra cosa.

 

Come si fa ad escludere che non ci potrà mai essere un attentato? No, non si può escludere, ed ecco la chiave: l’attentato! Giù fiumi d’inchiostro su un possibile attentato alimentato dal famoso settembre nero di 35 anni fa. E così via. Ecco perché i fautori del progetto hanno fatto poche conferenze e non vanno in giro a dissipare i dubbi pubblicamente. Probabilmente per Gas Natural è inutile parlare con gente profana oltreché faziosa. A che serve? Del resto, spetta in ultima istanza a chi deve governare, a chi è preposto a prendere decisioni, assumersi la responsabilità di “difendere” il rigassificatore, sia dal punto di vista tecnico, sia ambientale e convincere la popolazione dei benefici anche economici come quelli di ottenere un abbassamento dei costi dell’energia alle imprese o di un maggior gettito di entrate: benefici che potrebbero essere trasferiti ai cittadini con l’abbassamento di tasse o delle stesse bollette del gas.

 

Da parte nostra abbiamo voluto, disinteressatamente, che la città potesse avere l’opportunità che certamente merita. Sappiamo tutti che Trieste è avviata verso la decadenza: è la città più vecchia d’Italia (quella con l’età media più elevata) e tra le più vecchie al mondo e da tanto tempo non è più polo di attrazione industriale. Qui è sempre “non se pol” non si può. E sulla scia del “nonsepolismo” triestino non ci sorprende affatto che si voglia cestinare questa importante opportunità non solo per Trieste ma per tutta la nazione. Neppure ci sorprende che non si voglia cogliere l’importanza di aumentare la nostra sicurezza energetica e nemmeno che Trieste sia una location strategica molto interessante poiché è a Nord Europa dove si consuma più gas. E’ davvero sconsolante notare che la posizione geopolitica di Trieste, l’unica cosa fondamentale che abbiamo, non interessa ai triestini.

 

Affermare poi che a noi italiani l’energia serve è talmente banale che non ci fa caso nessuno. In effetti tutti sappiamo che il nostro Paese non ha fonti energetiche e dire che gli impianti di rigassificazione sono ineluttabili perché dipendiamo da paesi volubili come la Russia è raccontare una verità che non si vuole vedere. Grazie ai rigassificatori non corriamo il rischio di restare senza gas e il fatto di poterci approvvigionare dove costa meno ci dà maggiore libertà e potere contrattuale. Anche questo è banale, ma anche questo risulta “invisibile” perché si tratta di una verità grande come un rigassificatore, ma non la si vuol vedere. E paradossalmente non la vogliono vedere proprio gli ambientalisti “cocomeri” quelli verdi fuori ma rossi dentro che sono stati resi orfani dall’ideologia comunista e si sono buttati corpo e anima su un’altra concezione del mondo, che fa sembrare più buoni perché ci si interessa dell’ambiente ma in realtà è una dottrina nefasta perché si fanno gli interessi di grandi burattinai senza averne consapevolezza. I rigassificatori così come le centrali nucleari sono un'assicurazione sulla vita. Se non ci fossero queste tecnologie, e finisse domani il petrolio, moriremmo tutti di fame e di freddo, perché abbiamo costruito un sistema produttivo che abbisogna di una quantità incredibile di energia. Immaginatevi sette miliardi di persone che vanno a fare legna per riscaldare le abitazioni e fare funzionare le macchine. Nel giro di poche settimane non ci sarebbero più alberi e l'ossigeno inizierebbe a scarseggiare.

 

Sono gli stessi ambientalisti catastrofisti che a Trieste si erano opposti con tutte le loro forze al sincrotrone di Padriciano, e avevano teorizzato che la gente sarebbe diventata verde fluorescente dalle radiazioni che sarebbero fuoriuscite. Ve lo ricordate? Ma poi, ad opera ultimata, gli stessi vanno con le loro famiglie a passeggiare là, perché è diventato un posto bellissimo. Sì, proprio là a Padriciano dove teorizzavano che si diventava verdi! Sono gli stessi catastrofisti che hanno voluto fermare il più grande e costoso acceleratore del mondo costruito al Cern di Ginevra presentando un ricorso contro la supermacchina europea sostenendo che gli esperimenti avrebbero potuto “creare un buco nero capace di mangiarsi la Terra e forse l’intero Universo”.

 

Sono sempre loro. Ambientalisti, neoluddisti, catastrofisti, a cui nessuno chiede conto però dei loro terribili inganni che dietro la parvenza buonista di occuparsi dell’aria pulita o del fringuello delle nevi, in realtà portano distruzione e morte. Chi non ricorda quella inutile e pervicace battaglia contro il DDT? Un mio amico che vive e lavora in Mozambico mi disse una volta: “siano maledetti tutti quelli che cavalcarono senza cervello quell’infame campagna”. Un movimento ambientalista si inventò senza prove una pericolosità che non era poi così dannosa e nociva come si cercava di far apparire. Morale: per colpa dell’eliminazione del DDT, le zanzare hanno cominciato a portare la malaria in Africa e per colpa del loro zelo da deficienti si sono resi complici del contagio di centinaia di milioni di persone e, nel solo Uganda, della morte di oltre 20 milioni di bambini. Oggigiorno più di 100.000 bambini muoiono all’anno in Uganda per colpa di questi ambientalisti della domenica che hanno voluto eliminare il DDT senza la benché minima analisi costi/benefici. Come dice il prof. Don Roberts, esperto di salute pubblica e di zoologia medica nonché ricercatore sui vettori della malaria: “il rischio che ne verrebbe dall’utilizzo del DDT per il controllo della malaria, è nullo”.

 

Qualcuno tentò invano di portare prove concrete e numeri per mostrare e dimostrare che non c’era alcun pericolo, che i benefici dell’eliminazione della malattia parassitaria trasmessa dalle zanzare era di gran lunga superiore ai presunti danni procurati all’organismo dal DDT, danni che peraltro non furono mai dimostrati, ma era inutile, tutti si alzavano ad inveire contro gli oscuri interessi delle multinazionali del DDT senza guardare i parametri che venivano loro mostrati. Dove sono adesso quegli ambientalisti? Migliaia e migliaia di mamme africane (ma anche dell’India, Brasile, Afghanistan, Sri Lanka, Thailandia, Indonesia, Vietnam, Cambogia, Cina) assistono inermi tutti i giorni ad una scandalosa decimazione dei loro figli, e cosa fanno quegli scellerati ambientalisti della domenica? Dove stanno quelli che si sono battuti contro il DDT senza uno straccio di prova, ingoiando ogni panzana che veniva loro detta come verità assoluta? Non ci sono più, ma non perché siano morti ma perché vinta quella battaglia sono passati a cavalcare qualche altra corbelleria, nella speranza di fermare il progresso o di soffocare lo sviluppo da qualche altra parte, in nome di quella Natura matrigna che tanto venerano. Ce ne vollero milioni di morti perché l’Organizzazione Mondiale della Sanità tornasse indietro sulla messa al bando del DDT, sostenendo che l’opposizione al pesticida non aveva alcun fondamento scientifico.

 

Quando qualcuno segnala agli ambientalisti dalla memoria corta, il danno che hanno fatto, semplicemente girano la testa dall’altra parte, nessuno si sente singolarmente responsabile. Sono protetti dal numero, dalla massa del pensiero unico fondamentalista: in fondo erano in tanti a pensarla così e questo annacqua le loro colpe. Allora, abbiate almeno il coraggio e l’onestà intellettuale di andare a dire ai milioni di mamme cui avete ucciso i loro figli che eravate in buona fede. Senza cervello, ma in buona fede. Come adesso per il rigassificatore.