Rimane il problema religioso. Questo, insieme con tutti gli altri che si connettono con esso, può essere in Italia incitatore di feconde energie spirituali, può essere o divenire per via un grande problema di cultura e di educazione, una lotta per la cultura (kulturampf). Questa lotta religiosa noi, come il Nitti, ce la auguriamo. Anche noi vogliamo, come egli vuole, un programma di libertà , espresso da lui in una formula poco felice, “le due grandi linee parallele, la Chiesa e lo Stato, non contrari, ma estranei; indirizzo migliore da seguire, soprattutto per l’educazione politica del paese (1).
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Il N. non coglie nel segno lamentando, come fa, che sotto le parvenze “di un conflitto fra Vaticano e Quirinale” i suoi rappresentanti compaiano insieme in pubblico, e il clero accetti denaro dello Stato, e i cattolici coprano tutte le cariche pubbliche senza scrupolo. E’ male detto che il denaro che la Chiesa riceve sia proprio dello Stato, e che le cariche pubbliche debbano essere monopolio dei non cattolici: ma noi stessi, poi, lamentiamo che clericali atei o scettici o massoni si intendano così bene, sul terreno elettorale ed amministrativo, ed ora anche sul terreno politico, per ritardare d’accordo od impedire lo sviluppo dello spirito democratico nelle masse e la crescente partecipazione di queste alla vita pubblica; che i più gravi ed urgenti problemi, quelli dell’educazione pubblica, non siano trattati e discussi, sia perché l’uno o l’altro dei due poteri ha l’aria di speculare sulla ignoranza del popolo minore, sia perché in questo campo sparirebbe l’accordo e sorgerebbe il conflitto che si teme e si vuol evitare.
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In questo infausto accordo, appunto, noi diciamo consistere la politica clericale; e crediamo che una politica radicale, quando piace anche a noi, debba essere contro questo clericalismo, o, le parole non ci spaventano, anti-clericale: essere cioè una politica, non di accordi e di facili consentimenti fra la Chiesa e lo Stato, ma di conflitto prima, e poi di distinzione e di concorrenza. L’on.Nitti, il quale pure studiò ai suoi tempi il socialismo cattolico, non si è avvisto, neanche lui, nonostante il suo desiderio di realismo, di questo fatto: che il presente clericalismo ha la opposizione cordiale non solo dei radicali dell’attività di Stato, ma anche dei radicali dell’attività ecclesiastica e religiosa; per l’uno e per l’altro radicalismo, esso è un fenomeno di servilità e di perturbamento di posizioni; l’uno e l’altro temono oggi egualmente quel nuovo orientamento o morale o politico che prenderebbero gli animi delle masse delle quali il clericalismo di governo sfrutta l’ignoranza e la servilità ,il giorno in cui essi potessero da sé medesime giudicare, ed una più alta cultura le mettesse in grado di entrare, elementi giovani e sani, nella circolazione della nostra attività politica. Si insiste ancora troppo, in genere, nel vecchio frasario secondo il quale Chiesa e Stato sono associazioni poste l’una di fronte o accanto all’altra, assorbenti o dominanti gli individui, come qualcosa di esterno e di superiore ad essi. Quando, realisticamente, si rifletta che Chiesa e Stato, nella loro realtà concreta e viva, presi come esistenze e non come astrazioni, sono solo due diversi momenti della coscienza sociale, si vedrà come l’escir del cattolicesimo o meglio delle coscienze cattoliche dalla vecchia forma mentis del medio evo per accomodarsi ed accomodare a sé i risultai della cultura contemporanea, non può esser senza profondi effetti e radicali mutazioni negli atteggiamenti anche politici e sociali di queste medesime coscienze. Gli anticlericali volgari e settari, e sono ancora quasi tutti in Italia, identificano il cattolicismo con questa vecchia forma mentis della quale combattono i risultati; inconsciamente, essi concorrono a liberarmelo, promuovendo e provocando la lotta.
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1) Il lettore sa, dalla prima parte di questo volume, quale sia, più precisamente, il nostro programma.
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63) Segue     Â