L’IMPREGNO VERSO SE STESSI E VERSO I LETTORI.
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Sciascia cita spesso due scrittori: Georges Bernanos, cattolico, autore di un grande libro contro il franchismo, “I cimiteri sotto la luna”, che per questo, nel mondo cattolico diventa una pecora nera. E André Gide, che pur comunista, prima di diventare uno dei sei rinnegati di cui parla Palmiro Togliatti (gli altri sono Ignazio Silone, Arthur Koester, Richard Wright, Louis Fisher, Stephen Spender), non esita a denunciare negli anni Trenta, con “Ritorno dall’URSS”, gli orrori staliniani e del comunismo sovietico, quegli orrori che negli anni Sessanta vengono finalmente ammessi con il rapporto Kruscev. Due scrittori, due libri, due solitudini. Per Sciascia sono il modello più alto di impegno.
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Impegnato Sciascia lo fu, certamente. Un impegno racconta, soprattutto con se stesso, e per se stesso; e poi aggiunge: con gli altri me stesso, che erano i lettori. L’impegno nei confronti dei lettori era per lui qualcosa di sacro, e infatti li considerava come il Vangelo raccomanda di considerare il prossimo:
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“…Questo è il nocciolo dell’impegno, del mio impegno. Non è possibile mentire a se stessi. Io posso sbagliarmi, posso non capire.. Ma mentire, mai. Che senso avrebbe mentire per ingannare me stesso?”.
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Impegno dunque, a cercare di dire la verità : che non è mai una verità assoluta, perché Sciascia coltiva sempre quel benefico tarlo che è il dubbio; è piuttosto la verità del momento, quella effettuale. Al “Giornale di Sicilia” affida questa definizione di sé:
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“…Sono lo scrittore la cui pagina è la più vicina all’azione che si possa immaginare, il tipo di scrittore la cui è la più vicina all’azione che si possa immaginare, il tipo di scrittore la cui pagina è proprio vicino al limite dell’azione; e anche per questo, ho avuto quella che chiamo la forte tentazione di entrare nell’azione diretta”.
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Azione che lo spinge tra l’altro ad accettare a metà degli anni Settanta la candidatura come indipendente nelle liste comuniste, per il consiglio comunale di Palermo, esperienza che lo delude moltissimo, e poi, nel 1979, la candidatura nelle liste del Partito Radicale per la Camera dei deputati e il Parlamento Europeo.
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C’è una bella dichiarazione di Sciascia, che è un po’ il paradigma di quel che è stato, ha fatto e ha scritto, la summa del suo impegno e del suo insegnamento. Una dichiarazione rilasciata il 5 maggio 1979:
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“…Rompere i compromessi e le compromissioni, i giochi delle parti, le mafie, gli intrallazzi, i silenzi, le omertà : rompere questa specie di patto tra la stupidità e la violenza che si viene manifestando nelle cose italiane; rompere l’equivalenza tra il potere, la scienza e la morte che sembra stia per stabilirsi nel mondo; rompere le uova nel paniere, se si vuol dirla con linguaggio e immagine più quotidiana, prima che ci preparino la letale frittata; e così via…Come dice il titolo del recente libro di Jean Daniel, questa è l’età della rottura – o soltanto l’ora. Non bisogna lasciarla scivolare sulla nostra indifferenza, sulla nostra ignavia…”.
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Tra gli scrittori molto amati da Sciascia, Giuseppe Antonio Borgese; e di Borgese fa sua una frase: “Aspiro, per quando sarò morto, a una lode: che in nessuna mia pagina è fatta propaganda per un sentimento abietto o malvagio”.
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Chiunque sfoglia e legge le tremila e passa pagine della produzione letteraria di Sciascia, può verificare se sia stato fedele a quello che possiamo definire una sorta di codice di vita; la ricerca della verità , per quanto aspra e scomoda potesse essere.
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Una volta confida di essersi sentito per tutta la vita come il pesce volante, citato da Voltaire: “Se si innalza un poco, gli uccelli lo divorano. Se si immerge sott’acqua, se lo mangiano i pesci”. Una condizione, aggiunge, “bellissima, anche se tremenda”. Poi, con una punta di malinconia, la domanda: “Quanti sono, oggi, in Italia, gli uomini di lettere disposti ad accettare questa condizione e viverla?”.
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Ognuno può dare la risposta che crede.
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Gli attacchi e le polemiche da destra e da sinistra che gli piovevano addosso, diceva, alla fine gli mettevano allegria. Per tutta la vita hanno fatto di tutto perché fosse sempre allegro.
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35) Segue                  Â