E’ passata sui media in maniera assai inavvertita una frase di Eugenia Maria Roccella. Il 20 gennaio, il sottosegretario al Ministero della Sanità fa questa affermazione: "Gli intellettuali dovrebbero chiedersi: perché inseguiamo il mito del corpo sano e della perfezione e rifiutiamo la malattia e la sofferenza?"
Certo, viene da rispondere, la gente non è stupida e preferisce il corpo sano al corpo malato. Lo sa bene l’associazione Luca Coscioni che per questo ha coniato la straordinaria frase: Dal corpo dei malati al cuore della politica. La cosa potrebbe finire qui, magari invitando la ministra al prossimo congresso dell’associazione. Tuttavia ad un’analisi più attenta, viene subito da chiedersi: ma la Roccella da che parte sta? E’ sottosegretario al Ministero della Sanità ? O c’è forse un nuovo ministero della Malattia?
E’ paradossale che la ministra dica una cosa del genere e nessuno la contesti: come se il Ministro della giustizia si chiedesse perché inseguiamo il mito dei processi rapidi, chiari, trasparenti, veloci. Oppure quello dell’istruzione che dicesse perché inseguiamo il mito di insegnare e far diventare più colti i nostri concittadini e rifiutiamo l’ignoranza e l’analfabetismo. C’è da aspettarsi che la Roccella illuminata sulla via di Damasco, brandisca la croce come una spada e si precipiti da Tremonti per chiedergli perché inseguiamo il mito della ricchezza e rifiutiamo la povertà ?
La nuova Roccella convertita al cristianesimo (come tutti i convertiti diventano fanatici così credono di redimere il proprio passato - vedi San Paolo, Sant’Agostino) è adesso paladina non dei valori laici: salute, intelligenza, piacere (anche carnale), felicità , ecc. ma dei valori opposti: malattia, stupidità , sofferenza, astinenza, infelicità …
No, signora Roccella, guardi che Lei ha sbagliato indirizzo per le sue propalazioni. Qui da noi, questo tema non passa. Nessuno Le darà retta se uccide le virtù pagane e le sostituisce goffamente con disvalori. Questo ha fatto la chiesa per due mila anni, non può venirceli a propinare impunemente senza che qualcuno le dica: “A Rocce’ te auguro che mille pidocchi te rodessero er culo e che t’avessi i bracci così corti, da non riuscire a grattartelo!”.