Ormai è vicina l’ora X: venerdì 30 aprile sarà avviata la prima coltura transgenica in Italia. L’iniziativa è degli Agricoltori federati e del Movimento libertario che semineranno mais Ogm in un piccolo campo di un paio di ettari, in FVG e precisamente a Vivaro (Pordenone). Ad annunciarlo sono il presidente di Agricoltori federati, Giorgio Fidenato, e l’amministratore delegato del Movimento libertario, Leonardo Facco. E dove sta la notizia direte voi? In effetti la notizia c’è e non c’è. Da un lato non ci sarebbe alcuna novità , si tratta di uno dei tanti piccoli passi verso il progresso e lo sviluppo… Dall’altra, invece, la notizia c’è, eccome! Perché la cosa avviene in Italia. Qui, nel Belpaese, siamo diventati tutti ecoreligiosi, nel senso etimologico del termine, cioè osservanti scrupolosi dei doveri verso la nuova divinità dell’ecologia, ultimo ritrovato di quegli ambientalisti resi orfani dall’ideologia comunista e che trova consolazione nell’educazione buonista della c.d. “cultura verde” e nel nichilismo di salotto: quelli che cavalcano la cultura dell’impedire.
Nonostante ci sia di mezzo una sentenza del Consiglio di Stato (del 19 gennaio) che ha dato il via libera alla semina del mais geneticamente modificato imponendo ai ministeri competenti di concludere entro tre mesi il procedimento di istruzione e autorizzazione alla coltivazione di mais GM già autorizzato a livello comunitario, varie associazioni di categoria e pseudo-ecologiste si sono opposte chiamando in causa di tutto e di più: il ministro Roberto Maroni, i carabinieri, i forestali, il prefetto di Pordenone Pierfrancesco Galante e addirittura la Digos! L’ambientalismo militante ha in ostaggio il governo, così, il 7 aprile, i ministri della Salute, Ferruccio Fazio, e dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, hanno controfirmato il decreto predisposto dall’ex ministro dell’Agricoltura (e ora presidente del Veneto) Luca Zaia, con cui veniva respinta “la richiesta di messa in coltura di ibridi di mais geneticamente modificati”.
Ma chi sono gli ambientalisti? Difficile catalogarli giacché sotto la denominazione di ambientalista si nasconde una serqua di individui con interessi divergenti: dagli ambientalisti della domenica (armati di buone intenzioni che organizzano raccolte di sacchetti di plastica), ai banditori del nichilismo da salotto (capaci solo di cavalcare l’onda emotiva dei problemi resi amplificati dai mass media). Certo, almeno gli ingenui ambientalisti della domenica tentano di rendersi utili, ma gli altri? I nichilisti non sono fanno nulla ma si oppongono a tutto. Con il beneplacito di una popolazione rimbambita che crede che mangiando mais transgenico ci si trasforma in marziani con due teste oppure che l’energia “alternativa” non si sviluppa a causa di un capitalismo predatorio capitanato dalle multinazionali del petrolio. Così, sotto il cartellino “ambiente” si abbracciano problemi talmente disparati che sono difficili da classificare: il mais transgenico, l’emergenza rifiuti, il riscaldamento globale, i rigassificatori, gli incendi dolosi, i virus tropicali, i mari pieni di mucillagine, ecc. E sotto questa etichetta si nasconde anche l’italica abitudine di azzeccare sempre la schedina il lunedì: negli anni ’70 dicevano che stava arrivando il grande freddo, the big chill, e sono stati versati fiumi di inchiostro sulla nuova era glaciale e film sul congelamento imminente. Poi, invece, c’è stato un riscaldamento. Contr’ordine compagni! E adesso che è evidente che non c’è stata alcuna glaciazione, si versano fiumi di inchiostro sul global warming. Come se l’avessero previsto.
Siamo talmente ostaggi di questo ambientalismo violento e cialtrone che non ci facciamo neppure caso quando i loro militanti hanno comportamenti illeciti come quelli di organizzare presidi contro la semina del mais. Una faziosa combriccola di malfattori che credendo di far bene e di stare dalla parte del giusto, si autoassolve nell’usare la più bieca prepotenza per affermare i propri principi. La vicenda mi ricorda un po’ quella del reverendo Paul Hill in America, che era talmente contro l’aborto che il 29 luglio 1994, prese un fucile ed assassinò il medico abortista John Britton e la sua guardia del corpo James Barret in Florida per evitare la morte futura di “bambini innocenti”.
Così, si fa saltare il tavolo e si rovescia tutto: la legalità finisce per apparire illegale. Tanto che il prefetto di Pordenone ha bollato l’annuncio della regolare e lecita semina del mais come “una provocazione pericolosa”. Il presidente regionale di Legambiente, Giorgio Cavallo, dice di aspettarsi che le autorità competenti intervengano. E nessuno che è capace di segnalare a questo signore che le autorità competenti sono già intervenute: il Consiglio di Stato!
Ciononostante, alcuni assessori del FVG condannano la semina e stanno studiando con tecnici e legali le contromosse possibili. Qualche esponente di Sinistra, ecologia e libertà , chiede l’intervento del corpo forestale del ministero dell’agricoltura e annunciano che sono pronti ad azioni dirette di protesta.
Riporto le parole del professor Francesco Sala, biotecnologo vegetale, che dà un giudizio più inappellabile di quello pronunciato dal Consiglio di Stato: “I prodotti tipici non sono mai stati tipici e il cibo naturale non è per nulla naturale. Fermare gli Ogm significa cancellare il made in Italy. È come se si costringesse la Fiat a costruire auto prive di tutto ciò che è stato inventato negli ultimi 30 anni, dall’Abs al navigatore satellitare. Gli anti Ogm questo stanno facendo: uccidono l’agricoltura italiana, che o sarà geneticamente modificata o non sarà ”.
Come per la politica proibizionista che fa arricchire le mafie, la verità in questa vicenda è che le multinazionali traggono profitti enormi dal blocco degli Ogm in Europa, perché in questo modo possono capitalizzare i risultati delle loro scoperte e non devono confrontarsi con la ricerca pubblica. Sono personaggi come Mario Capanna (contrarissimo agli Ogm) che di fatto sono i migliori alleati delle multinazionali.