Secondo il ministro Giovanardi, il referendum è uno strumento rozzo e quindi le questioni etiche non possono essere lasciate ad un voto diretto del popolo. Strana e davvero singolare considerazione detta per bocca di un ministro che ha giurato alla Costituzione. Se abbiamo capito bene, le questioni che riguardano la vita di tutti i giorni, le cose che la gente conosce meglio, non devono essere sottoposte al vaglio referendario; le altre, la valutazione dei programmi elettorali, le teorie economiche, la legge finanziaria che si presenta alle Camere, il collegato disposto, le riforme amministrative, quelle sì!? Il popolo, che per le questioni etiche è bue, per quelle economiche diventa saggio!
Come bisogna reagire di fronte a simili affermazioni? Evidentemente c’è un fastidioso formicolio referendario che è mal digerito dalla nostra classe dirigente. Una prurigine che viene da molto lontano: dai tempi in cui lo Stato si arrogava il diritto di tappare tutti gli spazi dove l’uomo poteva essere sĂ© stesso o poteva essere protagonista; uno Stato che ci considerava e ci considera tuttora sudditi invece che cittadini. Uno Stato che ci ha fatto crescere come cetrioli in salamoia, raccontandoci un sacco di panzane in un tranquillizzante consommè di convinzioni che ci ha assopito lo spirito e addormentato il cervello. Una giungla di satrapie il cui unico scopo è quello di cloroformizzarci.
Ed il prurito antireferendario si è esteso anche tra le caste ecclesiastiche che al posto di predicare il Vangelo, oggi, incredibilmente, ci spiegano perchĂ© non bisogna andare a votare. Ma come? per anni siamo stati sottoposti ad un vero e proprio lavaggio del cervello sull’importanza di partecipare alla vita politica del Paese, perchĂ© la democrazia va difesa, perchĂ© libertĂ vuol dire partecipazione, ecc. ecc. e poi… arriva uno che peraltro è di un altro campionato, e ti dice di no. Ti dice che votare è sbagliato perchĂ© la strategia vaticana è l’astensione per far mancare il quorum! Abbiamo assistito alla prima azione, lecita sì ma immorale e disonesta: è stata la prima azione assistita. Una condotta che lascia esterrefatti. Tanto piĂą che lo stesso Cardinal Tonini per legittimare (nel senso di giustificare) il suo pensiero, poche settimane fa in una conferenza qui a Trieste reclamava il diritto di una coppia di sordi ad avere un figlio sordo! Ma allora perchĂ© la stessa cosa non dovrebbe valere per una coppia di emofiliaci oppure di talassemici che volessero avere un figlio sano! Non è piĂą logico? Non è piĂą umano?
Sarebbe davvero folle il pensiero di Tonini se non fosse che esso è la naturale continuazione di una guerra che viene da lontano: la guerra alle donne. La legge 40 sulla fecondazione assistita è una dichiarazione di guerra contro le donne, ancorchĂ© fatta con altri mezzi (la politica) ma sempre con lo stesso fine. E’ una guerra che ha i medesimi connotati che quella che il mondo islamico ha dichiarato contro l’occidente corrotto e corruttore perchĂ© ha dato vita alla liberazione delle donne. E’ stato uno dei principali motivi del conflitto in Bosnia dove la guerra contro il genere femminile si è caratterizzata per un elevatissimo numero di atrocitĂ , di cui la violenza sessuale era un mezzo per continuarla e lo stupro era lo strumento caratterizzante, nel momento in cui diventava mezzo di compimento della politica attraverso la pratica della “pulizia etnica”, della maternitĂ forzata, dell’abbandono e dell’adozione dei nascituri. Decine di migliaia di donne e bambine torturate, violentate, sgozzate, squartate, e tante, tantissime incinte costrette a generare i figli del nemico. Un mezzo efficace a colpire in modo profondo e irreparabile un popolo ed in particolare quello musulmano, la cui religione condannava le donne sopravvissute all’abbandono, mentre la paura dell’abbandono giĂ le condannava al silenzio.
Chi si attarda nel comprendere la natura della posta in gioco dei referenda, difficilmente potrĂ capire quanto la legge 40 sulla fecondazione assistita assuma la connotazione di barbarie, di violenza e di dispositivo politico freddamente pensato a tavolino come arma imposta alle donne. La questione è che ci vogliono far cadere in quel imperscrutabile abisso in cui si mescolano il niente e l’assoluto. E con giri di parole e filosofia da bignami ci danno a bere una violenza agghiacciante e tipicamente patriarcale perchĂ© ricoperta di ipocrisia e ignoranza.
Non vogliamo ricordare al Cardinale le colpe e gli errori della chiesa per le quali, peraltro, Papa Wojtyla chiese perdono, come ad esempio il fatto che a ordinare per prima l’esilio degli ebrei, non fu il nazismo bensì la bolla papale cum Nimis Absurdum promulgata da Papa Paolo IV il 12 luglio del 1555 e che, oltre al ghetto, li obbligava ad indossare, sempre un emblema distintivo per farsi riconoscere. Non vogliamo rammentargli altri gesti ignobili come l’obbligo di assistere alle prediche coatte dei preti cattolici, oppure, il diritto di sottrarre e indottrinare i bambini degli ebrei che fossero stati battezzati all’insaputa dei loro genitori. Neppure vogliamo ricordare a Sua Eccellenza le sante crociate contro i musulmani che non avevano capito che l’unica Verità è il Verbo di Cristo oppure ancora i roghi degli eretici, degli atei, delle streghe, degli omosessuali e degli scienziati. NĂ© vorremmo serbar memoria delle torture dei Tribunali della Santa Inquisizione, delle carni straziate degli eretici o delle cristiane “pere” metalliche che si infilavano nelle vagine delle streghe, da divaricare per far riacquistare il senno a quelle maledette “indemoniate”. Per ultimo, e per restare in tema, non vogliamo ricordargli il vergognoso atteggiamento delle gerarchie ecclesiastiche che utilizzarono il dramma delle donne stuprate in Bosnia per la loro ignobile propaganda anti-abortista, nĂ© ricorderemo che il predecessore di Karol Wojtyla, Giovanni Paolo I, pur nel suo brevissimo regno, ebbe la straordinaria grandezza di spirito e lungimiranza intellettuale di voler congratularsi personalmente con la prima coppia che aveva utilizzato la fecondazione in vitro. Due metri e due misure: due Papi e due spiriti diversi.
Dunque niente di tutto questo. PerchĂ© non vogliamo giochi sporchi. Così come non vogliamo che la spettacolare attenzione all’agonia, alla morte e alla sepoltura di Giovanni Paolo II possano distoglierci dalle conquiste fatte, in primis quella della laicitĂ dello Stato. L’immane figura del Papa (peraltro anch’egli antifemminista e contrario al sacerdozio femminile) era una simbiosi di conservatorismo vecchia maniera, senso inviolabile della vita e innata familiaritĂ con i media e i suoi meccanismi, controllati con sapiente maestria e disinvolta spigliatezza. Per questi motivi, in un confronto leale, il Comitato promotore per i SI ai referendum non vorrebbe assistere ad una seconda azione disonesta. Chiediamo che nĂ© la morte di Wojtyla nĂ© le posizioni del nuovo pontefice Benedetto XVI, vengano utilizzate come arma subliminale pro astensionista e contro il referendum: sarebbe una seconda azione assistita che celerebbe una grande bassezza. Per contro, il Comitato non rinfaccerĂ alle caste ecclesiastiche l’affettuoso saluto che Giovanni Paolo I fece alla prima coppia che utilizzò la fecondazione in vitro, chĂ©, bollerebbe questo dibattito come scontro tra due tifoserie da curva sud e non aiuterebbe certo alla comprensione. Anzi, finirebbe che in principio era il Verbo, alla fine, le chiacchiere.
Il Comitato avrĂ presente piuttosto la grande personalitĂ di un Papa restauratore che univa la propria dimensione di uomo di provincia, con i suoi pregi e i suoi limiti, a una visione mondiale dei grandi processi storici e politici. Ricorderemo l’indubbia virtĂą del Pontefice che fu l’apertura alle ammissioni degli errori della Chiesa, culminata nell’energica, decisa e dettagliata richiesta di perdono non solo per le colpe dei singoli membri della Chiesa, ma per i gravi errori di quest’ultima quale secolare istituzione. Ma proprio per questo motivo, per questo grande gesto di forza di dimensione epocale, così come venne condannato il primo trapianto di cuore fatto da Christian Barnard nel 1968 e poco piĂą di trent’anni dopo nel 1999, il papa chiese scusa per quella infausta disapprovazione, non vorremmo che un domani un altro Papa debba scusarsi ancora, stavolta per l’ignavia indolente e l’atteggiamento inerme e noncurante che oggi sta avendo la chiesa verso gli affamati, gli assetati, gli agonizzanti, verso il popolo di dio degli umili, degli oppressi, degli sfruttati, e verso le decine di milioni donne e di uomini condannati a soffrire per malattie che potrebbero essere curate da una ricerca che viene denegata in nome di Cristo.
Non si contesta il diritto degli uomini di chiesa di manifestare le loro opinioni, e di sostenere che l’embrione è giĂ persona e non un grumo di cellule. Si contesta che la chiesa non resta dentro gli steccati che essa stessa ha voluto quando ha sottoscritto il Concordato. Si contesta che il capo dei vescovi, Camillo Ruini, parli e faccia politica come un segretario di partito. Si contestano i suoi roghi, perchĂ© questi non illuminano le tenebre. Si vada al referendum con tolleranza e lealtĂ , senza fuochi, nĂ© pire, nĂ© falò perchĂ© qui non ci sono streghe da bruciare. Si spieghi alla gente come stanno le cose e poi che sia il popolo a decidere se SI oppure NO. Ma i fautori del NO non dicano che lo zigote è un bambino. PerchĂ© quel grumo di cellule embrionali è vita sì ma non vita umana, e non può essere soggetto di diritto o averne addirittura piĂą della madre, piĂą della coppia. PerchĂ© quel grumo di cellule non è un bambino così come un uovo non è un pulcino e un seme non è un albero. Si dica la veritĂ sulle dimensioni di questo grumo di cellule che sta sulla testa di uno spillo come un pallone su un campo di calcio. Si dica che si gioca ambiguamente con la parola embrione come fosse sinonimo di feto. Si dica che tutte le cose che hanno vita realmente, non si possono congelare, chĂ©, altrimenti muoiono per davvero; se ne deduce dunque che se le prime quattro, otto o sedici cellule, zigote o embrione che sia, si possono congelare allora non ci può essere ancora la vita lì dentro. Questo ragionamento taglia la testa al toro, come si suol dire.
Infine, si dica che la stragrande maggioranza della comunitĂ scientifica del mondo, considera questa legge retrograda e violenta non solo con le donne ma anche nei confronti dei malati perchĂ© sbatte le porte in faccia alla ricerca scientifica e alla possibilitĂ di guarigione. Si dica che il filosofo cattolico Evandro Agazzi nel 1996 stilò un documento sullo Statuto ontologico dell’embrione per il Comitato nazionale di bioetica dove affermava che si può continuare a condividere il principio morale del rispetto dell’embrione, riconoscendo allo stesso tempo che non si può applicare questa nozione ai primi tempi dello sviluppo dello zigote.
Il Comitato per il SI ritiene che sia importante parlare di questi temi, confrontarsi, avere spazio nei media e andare a votare. Nessuno si sottragga ad un onesto e leale confronto. Vogliamo che sia battuta la strategia dell’astensione sostenuta da quanti intendono giocare la carta del non voto, approfittando di chi è in vacanza, degli indifferenti irrimediabili, dei qualunquisti irreversibili, degli indolenti inguaribili, degli zombi e dei fantasmi, cioè dei morti che nelle liste elettorali risultano ancora vivi e che concorrono ad innalzare la soglia del quorum. Ci sono quattro possibilitĂ di voto: votare SI, votare NO, astenersi nel referendum (andare a votare e votare scheda bianca); astenersi dal referendum (non andare a votare). Solo l’ultima è una posizione furbesca e disonesta (soprattutto per i politici che hanno votato la legge in Parlamento) perchĂ© ci si sottrae al confronto alleandosi con quel 30 % di persone che non vanno a votare, o perchĂ© ignavi o perchĂ© apatici o comunque perchĂ© impossibilitate a partecipare per qualsiasi ragione. I sostenitori di questa posizione preferiscono le gare truccate.
C’è chi vuole lo stato etico, confessionale e chi lo stato laico e liberale. Quando saremo chiamati a esprimerci al referendum sulla legge 40, è bene essere consapevoli che la posta in gioco va ben al di lĂ dei quesiti posti e della stessa legge 40 che pur è importante abrogare. Infine, non si può non constatare che ancora una volta, in tutto questo dibattito, chi scompare è la donna. Non la si nomina quasi mai: si parla di fecondazione, di embrioni, di ovociti, di zigoti, di ricerca scientifica, di cellule staminali, di trasferimento nucleare, ecc. ecc. Ma la donna, dov’è?