Notizie Radicali
  il giornale telematico di Radicali Italiani
  domenica 04 settembre 2005
 Direttore: Gualtiero Vecellio
Perché il venti settembre

di Francesco Pullia

Tra qualche settimana sarà il venti settembre, una data importantissima per chiunque creda profondamente nella tolleranza, nel dialogo, nella libertà religiosa. In questo tempo infettato da integralismi e visioni assolutistiche non può ridursi ad un semplice accadimento celebrativo, ad una ricorrenza retoricamente addobbata di ghirlande e corone.

Le giornate di Colonia, più di ogni altro evento, hanno contribuito a chiarirci la via intrapresa dal pontificato ratzingeriano, un’abile strategia sorretta da organizzazioni che, utilizzando la religione come pretesto, trovano nella Chiesa lo strumento ideale per consolidare un potere invadente in grado di esercitare consistenti pressioni economiche, politiche, culturali.

Come se non fosse bastata la filippica papalina contro il fai da te, cioè contro l’esercizio di una spiritualità svincolata dalle pastoie confessionali, il presidente del Senato, intervenendo all’assise ciellina, ha di fatto decretato una resa manifesta, un’abdicazione a principi non solo di laicità ma anche, ed è ancora più grave, di legalità, offendendo l’essenza del liberalismo e sposando le pericolosissime tesi degli assertori della guerra di civiltà.

E’ sotto gli occhi di tutti la portata inaudita dell’attacco sferrato dai vertici ecclesiastici, con diramazioni in sodali assetti politico-istituzionali, contro il libero pensiero. Traendo spunto anche dall’incalzante minaccia terroristica, ennesima espressione di volontà totalizzante e farneticante protervia antiliberale, è in corso, e pretende di legittimarsi, un’offensiva per limitare gravemente i diritti individuali e spingere la società lungo la china dell’oscurantismo.

Se questa è la situazione generale, è d’obbligo guardare al venti settembre con una nuova predisposizione mentale come ad un’occasione, offertaci dalla storia, per dichiarare un impegno di lotta liberale nel nome di un’alta (perché priva di vincoli e doppiezza) religiosità, di una spiritualità che trae linfa da una matura e affrancante consapevolezza interiore.

Bisogna, tra l’altro, che, anche dal punto di vista linguistico, semantico, finisca una volta per tutte l’ipocrita ed insussistente identificazione del laico con il non credente.

Ma chi ha detto che la fede debba per forza significare la capitolazione della coscienza del singolo, la sua umiliante rinuncia al cospetto di una confessione gerarchicamente e rigidamente strutturata? Per quale motivo si è credenti solo se si è chierici, se si fornisce pedissequamente il proprio assenso alle decisioni del Vaticano?

In risposta ad ogni forma di terrorismo (quello dei criminali estremisti islamici, falcidiante esistenze, come quello, non meno violento ed esecrabile, che agisce a livello interiore alimentando paure, sospetti, insicurezza e la convinzione in una verità unica e indiscutibile), è giunto il momento che, contrariamente all’uso comunemente invalso, il laicismo venga finalmente inteso come l’esplicitazione più seria ed elevata di un senso religioso della vita permeato di nonviolenza e propensione colloquiale con l’esistente.

In altri termini, si consideri il laico come un autentico credente, un ispirato, non invasato e senza alcuna pretesa egemonizzante, mosso dall’anelito di una riforma e di una promessa che, in primo luogo, avvengono nell’intimo, in quella sfera che nessun papa o imam può violare, violentare, incatenare, distruggere.

Con questo spirito, sarebbe bello che l’imminente venti settembre fosse accolto in maniera festosa come la giornata della “religione della libertà”, della libera religiosità, cioè del dialogo e dell’ascolto laicamente informati, di un’attenzione vigile e amorevole per l’altro e dell’altro. Perché, nel segno di una visione che contrappone gioiosa speranza a terrificante coercizione, non ci si ritrova in tanti a sfilare in un variopinto corteo da Porta Pia a Campo dei Fiori, lì dove quattro secoli fa Giordano Bruno venne arso dalle fiamme dell’inquisizione cattolica?