Abbandonare le insegne luminose della Polonia e prendere il treno Kuznica Bialostocka – Grondo è come un viaggio con la macchina del tempo; prima che parta la locomotiva alcuni soldati post-sovietici controllano nei vostri passaporti che abbiate un biglietto da 65€, il Visto per la Repubblica di Belarus. In prossimità del confine il treno rallenta, quasi per attutire l’impatto con il varco spazio-temporale che si apre all’ingresso in Bielorussia.
Alla dogana viene quasi voglia di farsi arrestare dopo aver notato che la scalcinata polizia locale dispone di poliziotte che se vivessero da noi porterebbero quegli abiti solo per le sfilate di moda. Al primo giro a Grondo, città dalla storia antica e gloriosa, si capisce subito che si è entrati in un mondo diverso, barbaro e gioioso allo stesso tempo.
I ragazzi che ci ospiteranno per quindici giorni sono probabilmente l’elite di questo paese, sfoggiano toppe a stelle e strisce, di quelle che ormai nella nostra Europa continentale non si vedono più. Guardano alla vicina Polonia come un paese da imitare e in cui andare a viverci o semplicemente a spedire la posta perché è sicura e libera da controlli.
Nessuno è contento del regime di Lukashenko e si mostrano sorpresi quando scoprono che conosco il movimento rivoluzionario Zubr, e molto di più quando dico (esagerando tanto..) che da noi si parla molto della dissidenza democratica bielorussa.
Mi parlano di quanto sarà difficile una rivoluzione in un paese in cui c’è un militare ogni 6 abitanti: a me invece pare molto scalcinata una polizia che per sedare una rissa tra georgiani alla discoteca Flint riesce a mandare solo due poliziotti impauriti che si fanno sfuggire sotto il naso tutti i georgiani.
Il governo di Lukashenko dal suo insediamento ha virato a 180° verso il passato sovietico e russo: ha riportato la Festa Nazionale dal 27 Luglio (giorno dell’Indipendenza dall’Unione Sovietica) al 3 Luglio (giorno della liberazione di Minsk dalle truppe tedesche) come durante il periodo sovietico, pure la lingua bielorussa, che fu proclamata unico idioma nazionale con l’indipendenza del ’90 oggi viene a boicottata a favore del russo nonostante una popolazione che al 73.7% ha dichiarato, nel ’99 di sentire il bielorusso come propria lingua nativa.
Tant’è che oggi all’annuncio dell’emittente Deutsche Welle, di far partire (grazie al finanziamento della UE) una serie di trasmissioni per la Bielorussia di controinformazione in russo l’opposizione ha protestato e ha chiesto di non favorire, indirettamente, il progetto di Lukashenko teso a cancellare le peculiarità locali, a partire dal linguaggio.
Lukashenko, come tutti i dittatori “nazional-socialisti” ha i tratti istrionici del nostro Mussolini:
tra le stravaganze dei suoi decreti c’è quello che obbliga per le compagnie pubblicitarie di utilizzare sole facce bielorusse nei manifesti (la Shell, che ha come testimonial Shumacher, ha deciso di cessare la pubblicità nel Paese). Sul suo sito personale si legge che ama descriversi come “il Padre di tutti i Bielorussi” e ha ricevuto persino la richiesta di un incontro da parte di Chavez, in nome della comune fede “antimperialista”.
Se c’è qualcosa che non si dimentica della Bielorussia sono le sue meravigliose ragazze, ovunque: persino la fotografa che mi scatta la fototessera (necessaria per la registrazione alla polizia) è una modella e dinnanzi a lei- da buon italiano – scherzando dico “sono io che fotografo te, non mi capiterà mai più di avere una fotografa bella come te..” Lei sorride e mi anticipa quali sono i modi cortesi delle bielorusse: un mix tra timidi e disinvolti..
persino il regime l’ha capito tanto che per decreto è stato dichiarata “risorsa strategica nazionale” la loro bellezza. Da allora si è cercato di mettere i bastoni tra le ruote alle agenzie di modelle (colpevoli di esportare la bellezza bielorussa in Occidente) e si sono reso sempre più difficili i soggiorni all’estero dei giovani bielorussi. “Especially for girls” mi dice una studentessa bielorussa, che avendo però la doppia cittadinanza polacca non ha di questi problemi.
I Polacchi infatti sono una minoranza numericamente rilevante (400.000 persone) ma i rapporti del governo con essi non sono buoni: l’Associazione dei Polacchi in Bielorussia non è riconosciuta dal regime e i suoi rappresentanti sono spesso arrestati tanto da costringere il governo polacco a ritirare il suo ambasciatore da Minsk.
Il prossimo anno (probabilmente a luglio) ci saranno le elezioni e tutto farebbe sperare in una nuova rivoluzione a colori, la rivoluzione del bisonte (il simbolo di Zubr, il corrispondente bielorussio del Kmara georgiano, dell’Otpor serbo e della Pora ucraina): le crescenti pressioni occidentali non solo americane ed europee ma anche degli stati vicini (col governo di Varsavia quelli di Lettonia, Lituania e Ucraina supportano la dissidenza e progettano di lanciare dei media indipendenti) e il crescente nervosismo del regime dovrebbe essere un segnale che Lukashenko teme di perdere il potere: il 23 Agosto a Gomel è stata interrotta una riunione tra un diplomatico americano (interrogato poi per 40 minuti) e una serie di membri di Ong, il 25 a Minsk sono stati arrestati senza apparente motivo il coordinatore di Zubr e due militanti georgiani di Kmara, all’inizio per si è detto perché avevano violato le regole del visto poi il KGB ha dichiarato che “sono responsabili di tentare la destabilizzazione della sistema”. Il governo georgiano ha protestato, ha chiesto che venissero rilasciati ma a oggi, nonostante l’annuncio di un imminente rimpatrio a Tblisi, non si hanno notizie dei due.
Mentre la vita politica dell’Europa continentale è sempre più statica e improduttiva (soprattutto a livello giovanile) nell’est e nell’ultima enclave sovietica del mondo si sviluppa un embrione di rivoluzione, fecondato dai media indipendenti, dalle pressioni diplomatiche, dall’impegno nonviolento dei giovani e delle Ong: solo la nostra attenzione e il nostro supporto servirà a che quel feto rivoluzionario non venga abortito nel sangue dalle squadracce del KGB.