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  martedì 18 marzo 2014
 Direttore: Gualtiero Vecellio
Una sintesi delle ragioni dell'iniziativa

"Tre giorni di dialogo, di incoraggiamento e di amicizia", uno sciopero della fame rivolto a Prodi, Fassino, Epifani, Pezzotta, Angeletti e i responsabili della organizzazioni che in questi anni si sono specializzate nella convocazione delle grandi manifestazioni di massa. Questa l'iniziativa annunciata da Marco Pannella.

 

"Durante tutto l'anno, da decenni vengono convocate manifestazioni di 500 mila, 1 milione di persone. Ormai è chiaro che si è venuta formando una struttura di servizio che rende possibili queste straordinarie manifestazioni. Ebbene, in questi decenni non c'è stata mai una grande manifestazione di massa legata a un problema sociale. Mai abbiamo avuto una manifestazione quando cercammo di affrontare il problema drammatico di 2 milioni e mezzo di "fuorilegge del matrimonio". Mai quando tentammo di colpire l'immondo aborto clandestino di massa. Adesso, su questo problema che in 10 anni ha coinvolto milioni di famiglie, che ha messo a sacco il diritto nel nostro paese, si tratta di interrompere la flagranza di un delitto che crea situazioni drammatiche, tragiche, distruttive."

 

Secondo Pannella, quello della giustizia e delle condizioni delle carceri è "il problema sociale che dobbiamo porci, perché affrontarlo significa interrompere una flagranza di violenza di Stato: l'Italia è stata condannata dalla giustizia europea complessivamente 180 volte per l'eccessiva lunghezza dei processi. Inoltre si tratta di dare rappresentanza e voce a milioni e milioni di persone che hanno a che fare con la giustizia penale e il carcere. Milioni di persone, di famiglie che in trent’anni non hanno mai avuto occasione di esprimersi perché hanno vergogna. La politica, sia di destra che di sinistra, deve consentire a queste famiglie di liberarsi almeno per Natale dalla vergogna, dalla frustrazione, dall’impotenza".

 

Rivolgendosi in particolare ai leader del centrosinistra, Pannella ha aggiunto: "Un centro sinistra, in particolare, che non comprende questo, è un centrosinistra che non intende affrontare il problema sociale di persone non garantite perché non rappresentate storicamente da associazioni corporative o sindacali riconosciute e operanti."

 

"Siccome da 15 giorni mi rivolgo a loro e non ottengo risposta, annuncio come iniziativa di dialogo, 3 giorni di sciopero della fame", ha annunciato il leader radicale. "Io mi rivolgo personalmente non solo a Piero Fassino e Romano Prodi, ma a Epifani, a Pezzotta, a Angeletti. Mi rivolgo a tutti quanti loro, che ne hanno i mezzi, perché consentano la convocazione di questa grande manifestazione".

 

 

LE RAGIONI DELL'APPELLO PER L'AMNISTIA E LA GIUSTIZIA

 

Con la Marcia di Natale i promotori intendono manifestare sia per l'amnistia che per l'indulto. Entrambi i provvedimenti, adottati per l'ultima volta 15 anni fa, sono necessari per diverse ragioni, che riguardano le inique condizioni carcerarie ma anche il cattivo stato della giustizia in Italia.

 

Attualmente sono 60.000 i detenuti nel nostro paese, un record nella storia repubblicana. Altre 50.000 persone sono in misura alternativa alla detenzione, mentre 70-80.000 persone sono in attesa della decisione del giudice circa la possibilità di scontare la condanna in misura alterativa. Il totale ammonta a 180-190.000 persone, che significa, nel volgere di 15 anni, una crescita esponenziale della popolazione carceraria di 6 volte quella attuale. Come se non bastasse, si calcola che con le disposizioni sulla recidiva contenute nella legge ex Cirielli, appena approvata dal Parlamento, entreranno in carcere altri 20 mila detenuti. Lo stesso ministro della Giustizia si è dichiarato allarmato e ha chiesto al governo interventi stroardinari.

 

Chi si oppone alla clemenza dimentica che in Italia esiste un'amnistia strisciante che si chiama "prescrizione" e che è spesso riservata a chi può permettersi un bravo avvocato. Solo negli ultimi cinque anni, ben 865.073 persone hanno beneficiato della prescrizione dei reati penali per i quali erano state inquisite.

 

Chi si oppone alla clemenza dimentica che l'aumento delle carcerazioni non determina la riduzione dei reati. Se in Italia la mano pesante della giustizia si scarica quasi per intero sugli esclusi, senza avvocato e senza difesa, soprattutto immigrati e tossicodipendenti, in totale sono 8.942.932 i processi pendenti, di cui 5.580.000 penali. Tra la data del delitto e quella della sentenza la durata media è di 35 mesi per il primo grado del processo e di 65 mesi per l'appello. Sono moltissimi i reati che non vengono nemmeno perseguiti: nel 2003 le persone denunciate sono state 536.287 e i delitti denunciati per i quali è iniziata l'azione penale sono stati 2.890.629 (in crescita rispetto all'anno precedente), ma nell'80,8% dei casi l'autore era ignoto.

 

Chi si oppone alla clemenza dimentica che spesso sono leggi inique a produrre criminalità. Basti osservare come sia risibile il numero degli immigrati regolari in carcere, mentre è crescente quello degli immigrati senza permesso di soggiorno. L'impossibilità di ingresso legale produce illegalità e reati, mentre chi ha possibilità di regolarizzazione dimostra di essere pressoché esente da pratiche illegali e criminali.

 

Chi si oppone alla clemenza dimentica che in molti casi è il carcere stesso a portare alla commissione di nuovi reati. I dati dicono che se la percentuale della recidiva è del 75% nei casi di detenuti che scontano per intero la condanna in carcere, questa si abbassa drasticamente al 27% nel caso di tossicodipendenti condannati che scontano la condanna o una parte di essa in affidamento ai servizi sociali, e al 12% nel caso di non tossicodipendenti affidati ai servizi sociali.

 

L'amnistia e l'indulto, dunque, non sono contraddittori con un'attenzione ai temi della sicurezza. Investire sul recupero e sulla prevenzione è la vera politica per la sicurezza, una politica meno costosa socialmente, umanamente ed economicamente. Tenere una persona in carcere, peraltro nelle attuali condizioni miserevoli e spesso illegali (basti pensare che il Regolamento penitenziario, varato nel 2000, è rimasto in buona parte lettera morta), costa 63.875 euro l'anno, in gran parte per la struttura, mentre per il vitto di ogni recluso si spendono mediamente solo 1,58 euro al giorno. Tenere un tossicodipendente in carcere (e sono almeno 18.000) costa il quadruplo che assisterlo in una comuità o affidarlo a un servizio pubblico.

 

Sono passati 5 anni dal Giubileo e dalla campagna per l'amnistia e l'indulto e per un "Piano Marshall" per le carceri e il reinserimento sociale. Sono passati 3 anni da quando il Parlamento applaudì ripetutamente Giovanni Paolo II mentre invocava una riduzione delle pene. L'amnistia e l'indulto sono oggi l'unica risposta possibile a quella che nel frattempo è diventata la più grande emergenza sociale del nostro paese. Una questione che, direttamente e indirettamente, riguarda la vita e le condizioni di milioni di cittadini e di famiglie italiane.

 

Per costruire una nuova giustizia, occorre sbloccarla con un'amnistia. Attraverso l'indulto, invece, è possibile riportare il numero delle presenze a quello delle capienze, vale a dire ridurre di almeno 15.000 gli attuali detenuti.