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  giovedì 09 marzo 2006
 Direttore: Gualtiero Vecellio
Vaticano e Ucoii insieme per gli stessi privilegi

di Federico Punzi

Da Marcello Pera a Francis Fukuyama, passando per Emma Bonino e Magdi Allam, ma anche Sofri e Pannella concordano. Tutti ritengono che l'integrazione debba avvenire riconoscendo diritti agli individui e non alle comunità in quanto tali. Ciò tenderebbe a escludere che i rapporti tra lo stato e quelle comunità o religioni debbano basarsi su logiche concordatarie. Eppure, quelle logiche sono destinate a saltar fuori ogni qual volta si legittimi un'organismo vagamente rappresentativo di una comunità, di una cultura, di un'etnia, o di una religione, come interlocutore dello stato.

E' successo anche per la Consulta islamica voluta da Pisanu. A fronte di un documento di maggioranza piuttosto «moderato», se la parola ha un senso, c'è quello dell'Ucoii, organizzazione integralista legata ai Fratelli Musulmani, che avanza allo Stato italiano una serie di richieste tipicamente concordatarie (dall'8 per mille ad altre più folkloristiche). Accade quindi che, se non altro per coerenza, il Vaticano dica "sì" a una di queste:
l'ora di religione islamica per gli studenti musulmani nelle scuole italiane. A esprimersi è il cardinale Martino, ma il consenso sembra più ampio nei palazzi apostolici.

Un altro passo in direzione di quella
«saldatura degli integralismi» che abbiamo potuto intravedere nelle reazioni al caso della T-shirt di Calderoli e delle vignette danesi su Maometto. Il cardinale Bertone che auspicò per Calderoli la condanna «ai lavori forzati in Cirenaica», la Santa Sede con la sua equidistanza morale tra le vignette blasfeme e le violenze degli integralisti. Veniva a prefigurarsi, nelle dichiarazioni di prelati e politici cattolici, un «dialogo» ricercato con l'islam sulla base della comune indignazione e preoccupazione per un esercizio smodato e irrispettoso della libertà d'espressione, fino a dare l'impressione che si fosse a un passo dal chiedere limiti normativi.

Oggi per la prima volta il Vaticano appoggia una richiesta degli integralisti dell'Ucoii e si manifesta una sintonia che avvilisce la cultura laica e liberale. La modernità sembra sempre più un nemico contro cui cattolici e musulmani integralisti possono fare fronte comune. Se solo fossero meno violenti e brutali, questi musulmani, si potrebbe lavorare bene assieme.

«Sembra quasi una richiesta di un nuovo Concordato», osserva in
un'intervista di ieri Emma Bonino, ribadendo che «occorre integrare il cittadino in quanto individuo, non in quanto membro di una comunità religiosa». Questo non vuol dire vietare l'istituzione di un'eventuale scuola privata musulmana, «purché rispetti il codice civile e penale, che non diventi una zona legibus soluta».

Emanuele Ottolenghi, oggi su il Riformista, scrive che «a scuola, non solo non si deve insegnare l'Islam in maniera dottrinale (altro fatto è l'Islam come fenomeno storico, e per questo sono sufficienti i docenti di storia), ma è ora di non insegnare più nemmeno la religione cattolica. Si può capire la posizione vaticana: per difendere il proprio privilegio - conquistato nel ventennio e gelosamente custodito fino ad oggi - la Chiesa deve estenderne parte anche ad altri, ora che i musulmani sono troppo visibili per essere ignorati. (...) Non tocca allo stato finanziare l'indottrinamento religioso dei minorenni sottoposti all'obbligo scolastico».

Chi vorrebbe aboliti i privilegi concordatari per la Chiesa cattolica non ha difficoltà a opporsi alle richieste di nuovi concordati. Ma chi difende il concordato cattolico come può negare il diritto al proprio concordato, con tanto di denaro pubblico e privilegi, ad altre confessioni? E soprattutto ai musulmani, che sono in aumento nel nostro paese? E che fine fa, concedendo oggi l'ora di religione islamica, domani un 8 per mille, la paura di trasformare l'Europa in Eurabia? Ecco che esplode la contraddizione tra gli artt. 7 (patti lateranensi e concordato) e 8 (non discriminazione fra i culti) della costituzione.

Sono curioso di sapere cosa ne pensa Pera per esempio, che nel suo
manifesto "Per l'Occidente" scrive: «Siamo impegnati a promuovere l'integrazione degli immigrati in nome della condivisione dei valori e dei princìpi della nostra Costituzione, senza più accettare che il diritto delle comunità prevalga su quello degli individui che le compongono». In questo passaggio si intende rifiutare proprio un'integrazione basata su logiche concordatarie nei rapporti fra lo stato e le altre comunità o religioni. Ma per la religione autoctona, naturalmente, quella delle nostre «radici», Pera fa un'eccezione. Siccome però le contraddizioni tendono prima o poi a esplodere, ecco che la Chiesa cattolica è la prima ad appoggiare un modello d'integrazione in cui il diritto della comunità, fatto valere dai suoi dubbi rappresentanti, prevale sul singolo.

Anche
Francis Fukuyama si esprimeva, tempo fa, contro questo approccio concordatario, individuando in esso una delle cause di fallimento delle politiche d'integrazione in Europa: «La tolleranza liberale è stata interpretata come rispetto non per i diritti dei singoli ma dei gruppi, alcuni dei quali proprio loro intolleranti... Per un senso sbagliato di rispetto nei confronti delle altre culture, si è dunque lasciato che le minoranze musulmane autodisciplinassero i propri comportamenti, un atteggiamento che si coniugava con un approccio corporativo tradizionalmente europeo nei confronti dell'organizzazione sociale».

Anziché integrare individui cerchiamo di integrare comunità. Invece di assicurare l'esercizio di libertà e diritti ai singoli, concediamo all'interno del nostro stato delle autonomie etnico-confessionali, veri e propri rapporti privilegiati a etnie e gruppi religiosi in quanto comunità. Esse, e non il singolo individuo, divengono così i naturali soggetti di diritto, portatrici di istanze meritevoli di attenzione e destinatarie dei benefici statali.

Occorre invece recuperare la dimensione dell'individuo come soggetto di diritti, dando minore spazio a politiche pubbliche incentrate sul riconoscimento identitario di questo o quel gruppo. Altrimenti il rischio è quello di trovarci di fronte a società tribalizzate, frammentate, prive di centro politico, dove molti gruppi culturali affermano la propria identità attraverso il vittimismo, il risentimento, l'ideologia politica. Nel novembre scorso Marco Pannella a Radio Radicale metteva in guardia: «Se multiculturalismo significa creare situazioni concordatarie con organismi detti rappresentativi di ambienti religiosi o altro, sono contrario. Il pluralismo è un valore che non ritengo tale, sono sulle posizioni di Martin Luther King: gli individui vanno tutelati nei loro diritti e quanto più sono negati, tanto più è un problema generale di tutti gli individui».