Notizie Radicali
  il giornale telematico di Radicali Italiani
  domenica 26 marzo 2006
 Direttore: Gualtiero Vecellio
Bastardo sarà lei!

di Luigi Castaldi

Sabato 25 marzo, sul Riformista, Cristiano Vezzoni scrive: «Se solo si fossero premurati di arrivare a leggere fino alla seconda pagina dell’articolo (di sole quattro pagine) sarebbero venuti a conoscenza del fatto che, secondo la più attendibile ricerca (che non ha paragoni in termini di accuratezza e vastità nel mondo), il numero di casi di eutanasia infantile in Olanda è stimato tra i 15 e 20 l’anno». L’articolo «di sole quattro pagine» è quello a firma di Eduard Verhagen e Pieter Sauer apparso sul New England Journal of Medicine, dal quale il Foglio ha preso le prime quattro righe per costruirci sopra un pezzo non firmato dal titolo L’Olanda ora vuole anche il primato dell’eutanasia infantile che manda in edicola giovedì 9 marzo. «Nelle quattro prime righe [dell’articolo di Verhagen e Sauer sul New England Journal of Medicine] – scrive Vezzoni – sono riportate le seguenti frasi: “Dei 200.000 bambini che nascono nei Paesi Bassi ogni anno, circa 1000 muoiono nel primo anno di vita. Per circa 600 di questi neonati, la morte è preceduta da una decisione medica relativa alla fine della vita”. Questa frase, estrapolata dal contesto, è bastata per sostenere che in Olanda sia in atto una strisciante deriva eugenetica». A sostenerlo con le suggestioni retoriche che sono la più comune utensileria d’ogni bottega propagandistica.

 

E’ questo articolo del Foglio – come egli stesso ha ammesso nel corso della puntata di Ottoemezzo andata in onda mercoledì 22 marzo – la fonte dalla quale il ministro Carlo Giovanardi ha tratto ispirazione per le sue sciagurate affermazioni nel corso di un faccia a faccia con Daniele Capezzone, segretario di Radicali italiani, andato in onda giovedì 16 marzo nel corso di una puntata di Radio anch’io: «La legislazione nazista e le idee di Hitler in Europa stanno riemergendo, per esempio in Olanda, attraverso l’eutanasia e il dibattito su come si possono uccidere i bambini affetti da patologie. Da noi un bambino malato viene curato, in Olanda invece viene ucciso». Mai ritrattate a tutt’oggi (ed anzi ribadite in più occasioni fino a ottenere – come se volute – le risentite reazioni olandesi nella forma dell’incidente diplomatico), le affermazioni del ministro saranno forse sintesi un po’ sbrigativa di quanto contenuto nell’articolo del Foglio, ma rappresentano il pieno accoglimento di tutti gli speciosi link a Olocausto e Germania nazista lì seminati a piene mani. Se n’è avuta miglior prova proprio nella puntata di Ottoemezzo cui si faceva cenno. Lì, a rilanciare l’equivalenza sostanziale e formale tra la mostruosa macchina di Hitler e un protocollo clinico lungamente discusso e infine approvato dal parlamento democratico di un paese dove l’80% dei cittadini è a favore dell’eutanasia, si sono ritrovati in tre: Giulio Meotti, autore – come infine è parso di capire – dell’articolo non firmato apparso il 9 marzo sul Foglio; Giuliano Ferrara, co-conduttore della trasmissione e direttore del giornale che a quel pezzo aveva dato il visto per la pubblicazione; e Carlo Giovanardi, ministro della Repubblica Italiana e fedele lettore del Foglio. «Se solo si fossero premurati di arrivare a leggere fino alla seconda pagina dell’articolo» del New England Journal of Medicine

 

Possiamo ricostruire la vicenda, ne sappiamo quanto basta. Qualcuno al Foglio ha letto l’articolo del New England Journal of Medicine – almeno ne ha letto la prima pagina. Anzi, mettiamola così: sicuramente ne ha letto solo la prima pagina, vogliamo darlo per scontato. Vogliamo darlo per scontato perché, sennò, l’articolo del Foglio sarebbe solo un laido esercizio di mistificazione. Sono cose di cui sarebbero mai capaci, al Foglio? Senza prove certe, ogni sospetto è ozioso – tiriamo avanti. Con un decente margine di approssimazione le cose devono essere andate a questo modo. L’eccitazione di sparare l’ennesima cartuccia – quella dei 600 neonati soppressi dai “nazisti olandesi” – dalla trincea delle guerre culturali del fronte clericofascista dev’essere stata più forte d’ogni pur minimo rispetto della fonte scientifica, d’ogni pur minima serietà professionale, d’ogni pur minimo senso della responsabilità informativa. Eccitazione del pallido e impulsivo redattore, eccitazione del rubizzo e impulsivo direttore, eccitazione del livido e impulsivo lettore. «Se solo si fossero premurati di arrivare a leggere» un po’ oltre ciò che faceva comodo alla bottega propagandistica…

 

Questa tragicomica vicenda, nata da ciò che vogliamo concedere come infortunio dovuto all’eccitazione (sennò dovremmo stigmatizzarlo come prova della più bieca disonestà intellettuale) e finita con gravissimo imbarazzo dell’Italia, porge una notevole lezione a chiunque abbia a cuore la riconsegna della deriva clericofascista della Cdl e del suo apparato propagandistico all’appendice dei libri di storia. Questa lezione abbisogna della propedeutica analisi di ciò che realmente è accaduto durante la trasmissione di Ottoemezzo andata in onda su La7 mercoledì 22 marzo. Levato il biasimo col quale ogni pur mite consiglio autorizzerebbe a liquidare l’immonda caciara che, se v’è capitato di perdere, è il caso andiate a riascoltare nell’archivio di Radio Radicale, quella puntata di Ottoemezzo – che precedeva di sole 72 ore il risolutivo articolo di Cristiano Vezzoni sul Riformista – è indispensabile per capire molte cose. Per esempio: perché il fronte referendario che intendeva emendare la legge 40/2004 abbia fallito; perché quel fallimento fosse in radice ad una sua ingenuità assai grave, quella di abboccare a un certo modo di dibattere sui temi bioetici che, vista l’efficacia, il fronte clericofascista ripropone oggi sul problema del testamento biologico; perché sia indispensabile che in futuro si rigetti con decisione quel loro sofistico argomentare che in un mio editoriale su Notizie Radicali del maggio 2005 stringevo nella perifrasi «parlare di embrioni da ex embrioni»; perché cadere in questa trappola corra il rischio di svuotare di vita e di carne ogni umanità dei temi bioetici per ridurre l’individuo ad una emaciata silhouette metafisica, facile preda dell’assolutismo morale dei teocon de’ noantri. Stanno svuotando il referendum del suo reale significato, scrivevo; ci riusciranno, se cadremo nella trappola di accettare che tutto il dibattito verta sull’irrisolvibile questione se l’embrione sia o non sia persona; rigettiamo questo tipo di confronto che mira a tradurre i più triti luoghi comuni delle nostalgie passatiste in roboanti formule tautologiche, ridiamogli i suoi cardini, scrivevo: libertà di ricerca, speranza del malato, diritto della donna.

 

La sussiegosa e tetra macchina clericofascista ci mandò il suo fumista, quel Giuliano Ferrara che pareva mendicare il confronto, il dibattito – si fosse detto no, avrebbe messo su il musetto triste – nel mentre studiava il modo meno imbarazzante per passare dall’iniziale opzione per il “no” all’astensione ch’era nel diktat della Cei. Noi del fronte referendario cademmo in quella trappola, abbellita dalle smargiasse gigionerie del tizio. Che qua e là concedeva il suo profilo carino (“il mio amico Pannella, il mio amico Capezzone”), celando quello che avrebbe mostrato dopo (“i progressisti bolsi, i cultori del presente e i banditori asini e inconsapevoli del nichilismo da salotto. Questi bastardi” Il Foglio, 24.3.2006).

 

A Ottoemezzo, quella sera, si sarebbero dovuti confrontare: da un lato, Daniele Capezzone e Sophie Int’Veld (eurodeputata liberale olandese); dall’altro, Carlo Giovanardi e Giulio Meotti (“Simone Cristicchi della bioetica”, come è stato battezzato con arguzia malevola – sospettosamente malevola – dal suo collega redazionale Christian Rocca). Lo schema tipico della rissa, che è proprio di certi talk show televisivi dove si fa a gara a chi urla e si scompone di più tra i contendenti di questa e quella gang, quella sera è saltato: a urlare e a scomporsi più di tutti era Giuliano Ferrara. Si scomponeva perché Capezzone e la Int’Veld rigettavano quella tattica polemica – semplicemente la rigettavano – e con tanta serena fermezza da fare imbestialire chi solo su quella tattica può scommettere l’esito fausto della sua partita: allontanare dal dibattito chi non mastica metafisica. Aveva o no ragione, Leo Strass? Non c’è bisogno di una schiatta oligarchica di saggi che, fatta pur salva l’apparenza del principio democratico, orienti, diriga, conduca la plebe? Come distoglierla dal diritto, se non chiamandolo “capriccio”? Come evitare che, per quel malvezzo della regola per la quale “ciascuno vale uno”, la plebe decida e possa decidere per il nuovo? Facile: tirare a lucido frasette del tipo «chi lascia la via vecchia per prender quella nuova…», punteggiandole di note che a pie’ pagina pescano dai Decreti della Congregazione per la Dottrina della Fede; far monito che, col riconoscere diritti ai gay, poi «non ci sono più le mezze stagioni»; che, a mettere in galera chi si fa le canne, a vietare la Ru486 sennò l’aborto diventa una passeggiata, si pone il giusto limite «tra libertà e libertinaggio, signora mia».

 

Bene, a tutto questo, quella sera, Daniele Capezzone e Sophie Int’Veld hanno semplicemente detto no, «non è così». A un Meotti che abbozzava un «ciò è capzioso» uno sfavillante Capezzone serviva un cortese «capzioso sarà lei». A un Ferrara che, pur messo in guardia dall’ormai proverbiale «nun ce prova’», barriva un’accusa di «cialtroneria»: «cialtrone sarà lei». E al netto di strepiti e improperi, in tutta la sua tragica sostanza, è apparsa nuda l’umanità del clericofascismo italiano del terzo millennio di fronte alla sofferenza di bambini destinati alla morte tra indicibili sofferenze; è apparsa nuda nella risposta alla domanda che Ritanna Armeni faceva a Carlo Giovanardi: «Ma di fronte a sofferenze indicibili per un neonato che morirà di lì a poco,senza alcuna speranza,lei cosa farebbe?». Giovanardi: «Finché c’è vita, c’è speranza. E poi – ci sono i miracoli».

 

I talk show televisivi nei quali si fa a gara a chi ha la voce più grossa sono di una noia abissale e lasciano dentro una gran tristezza, come un match di wrestling. Parlo per me, ovviamente, e non ho alcuna intenzione di lasciar intendere ch’io biasimi agli amanti del genere, perché credo sia giusto che ciascuno trovi maggior diletto in ciò che più gli aggrada. Anzi, vorrei che anche chi adora il wrestling possa in qualche modo convenire su quanto sgradevole sia veder ridotta a rissa un’occasione di approfondimento su un tema di attualità politica o culturale: suppongo che essi considererebbero sprecato un match tra Mad Man Pondo e Kintaro Kanemura, se i due, invece di menarsele, si mettessero amabilmente a discutere sul sesso degli angeli. Il fatto è che questa ipotesi è remota, mentre di dibattiti sul sesso degli angeli finiti a sediate in faccia è piena la storia della tv. Di qui la noia abissale, di qui la gran tristezza che vorrei trovassero comprensione anche in chi adora l’intrattenimento televisivo a base di grugni truci e morsi ai polpacci. Però dicevo: la trasmissione ha dato l’impressione di un’immonda caciara, ma conteneva una lezione assai edificante. E’ come dire: sì, Mad Man Pondo e Kintaro Kanemura hanno deluso sul piano dello spettacolo, però adesso è chiaro, gli arcangeli sono maschi, i troni sono femmine e le dominazioni un po’ questo e un po’ quello.

 

C’è chi non sa perdere proprio e chi di una sconfitta sa prendere lezione. La sconfitta del fronte referendario ha partorito l’Assemblea dei Mille e ha dato forza a un nuovo soggetto politico, la Rosa nel Pugno. Basta uno scorno beccato in una trasmissione televisiva per far scrivere a Giuliano Ferrara, sul Foglio dell’indomani, rivoltando la frittata, e pasticciando nel rivoltarla: «Lo spirito terrazzaro si manifesta nella forma cialtrona dell’interdizione al pensiero altrui, nel rifiuto delle domande vere, nella miserabile preconfezione di risposte false, svianti. Se dici quello che tutti sanno, che in Olanda è aperto un caso in materia di norme eugeniche, che il rischio del Protocollo di Groningen è la subordinazione del diritto alla vita al giudizio sulla qualità della vita e sull’idoneità alla vita, se citi le fonti e spieghi il problema nella sua interezza, aperto a saggiare l’altra faccia della questione, subito questi replicanti del luogocomunismo ti rispondono che non hai compassione, che hai una visione maniacale e oscurantista del dolore, che non ti curi della sofferenza umana, che il nazismo non c’entra e menzionare l’ideologia eugenica nazionalsocialista è un insulto storico e morale alle vittime olandesi di Hitler. Questi bastardi. […] Se gli leggi i dati e i criteri sull’eliminazione dei bambini indesiderati e sul sistema di norme che fa assomigliare l’Olanda al terrificante paese di Philip K. Dick [e abbiamo visto in qual modo Ferrara ce li legge: prendendo le quattro righe che gli servono e buttando il resto] non ti rispondono nel merito, svillaneggiano con comportamenti teppistici il tema sollevato, fanno propaganda della loro fede con mentalità prigioniera, spirito ripugnante di setta, volontà di chiudere anziché aprire ogni vera discussione. Bisogna imparare a disprezzare un poco i progressisti bolsi, i cultori del presente e i banditori asini e inconsapevoli del nichilismo da salotto. Questi bastardi».

 

Cosa rispondere? Cosa si può rispondere a un tal delirio? Semplicemente – come da lezione – «bastardo sarà lei», ‘fanculo, va’.Â