La ricreazione è finita a Minsk. A 5 giorni dalle elezioni farsa del 19 marzo i bulldozer hanno sgomberato gli ultimi manifestanti dell'opposizione accampati in piazza Oktiabrskaia. Il presidente Lukashenko non ha avuto nessun timore nell'ordinare l'arresto di centinaia di persone, inclusi il figlio del principale candidato dell'opposizione Milinkievic ed un ex ambasciatore polacco che si trovava tra i manifestanti.
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Probabilmente Lukashenko non avrà paura nemmeno delle sanzioni annunciate dall'Unione europea al termine del Consiglio europeo di primavera del 23-24 marzo. Si tratterà di "misure restrittive contro chi e' stato politicamente e amministrativamente responsabile delle violazioni degli standard internazionali sulle elezioni". In pratica si tratta del divieto di ingresso nell'Ue per i dignitari del regime più coinvolti nell'organizzazione dei brogli e nella repressione delle opposizioni.
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In realtà misure del genere sono periodicamente adottate dall'Ue nei confronti delle gerarchie bielorusse e - sino ad ora - non hanno impedito il rafforzarsi della dittatura di Lukashenko, come gli eventi degli ultimi giorni dimostrano. Ecco perchè a Bruxelles ci si chiede sempre più spesso se non sia il caso di dotarsi di strumenti più incisivi che permettano di "promuovere la democrazia".
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Sino ad ora l'Unione europea è stata incapace di sostenere i nuovi Solidarnosc in grado di sconfiggere i tanti Lukashenko che la circondano dalla Bielorussia al mediterraneo. Attualmente il budget della "European Initiative for Democracy and Human Rights" gestito dalla Commissione europea ammonta ad oltre 142 milioni di euro annui. Eppure la gestione burocratica rende queste risorse molto meno efficienti dei 60 milioni di dollari annui gestiti dall'americano National Endowment for Democracy. Ecco perchè da molte parti - in Italia è un punto del programma della Rosa nel Pugno - si guarda al modello americano per cercare di rispondere in maniera più incisiva a situazioni come quella bielorussa.
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L'inviato del Consiglio Ue per i diritti umani Michael Matthiessen sta elaborando una strategia sulla "distribuzione della democrazia", mentre al Parlamento europeo il Democracy Caucus presieduto dallo scozzese Edward McMillan-Scott ha adottato in tutta urgenza - a due giorni dalle prime repressioni post elettorali in Bielorussia - un documento che propone la creazione di una "European Foundation for Democracy through Partnership". Tale Fondazione sarebbe finanziata ma distinta dall'Unione europea e distribuirebbe i propri fondi ad Ong presenti anche nei paesi meno liberi, come in Bielorussia. Secondo i paradossali meccanismi finanziari attualmente in vigore si potrebbe abbattere il regime di Lukashenko solo lavorando con organizzazioni certificate dallo stesso Lukashenko.
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La prossima settimana sullo stesso argomento sarà reso pubblico a Bruxelles un documento realizzato congiuntamente dal think tank "Center for European Policy Studies" e dall'Open Society Institute di George Soros ricevuto in anteprima dalla delegazione radicale al Parlamento europeo. Il documento denuncia il ritardo accumulato dagli europei nella promozione della democrazia nel mondo rispetto agli americani. Per restare in Bielorussia, dal 1998 al 2004 gli Stati Uniti hanno investito meno in quel paese rispetto all'Ue, ma il 90% dei fondi sono stati spesi per promuovere la democrazia, mentre gli europei si sono fermati al 7% dei loro fondi. Insomma l'Unione europea pur essendo il maggior investitore in Bielorussia è stata in grado di aiutare le Ong bielorusse 4 volte meno degli americani. Il documento di lavoro punta il dito anche contro la rivalità e le tensioni tra le diverse istituzioni europee e la risposta burocratica da parte della Commissione alla necessità di maggior controllo dei fondi europei sostenuta da molti deputati europei. Nel modello americano - invece - da un lato i deputati non si limitano al ruolo di revisori dei conti e dall'altro gli enti per la democrazia finanziati dal Congresso badano ai risultati. Purtroppo, se la Commissione europea dovesse contare i dittatori abbattuti ogni anno grazie all'Unione europea il bilancio sarebbe tragicamente magro. E quanto accaduto in Bielorussia è il simbolo dell'impotenza di questa Unione europea.