Notizie Radicali
  il giornale telematico di Radicali Italiani
  domenica 26 marzo 2006
 Direttore: Gualtiero Vecellio
Come muore un italiano

di Walter Mendizza

Ha fatto un po’ scalpore il conferimento della medaglia d’oro alla memoria di Fabrizio Quattrocchi. Medaglia che il Presidente Ciampi ha voluto conferire a questo body-guard genovese assassinato in Iraq il 15 aprile del 2004. Quasi tutti abbiamo fatto nostro quel sentimento di orgoglio e di fierezza che Fabrizio con quella sua semplice frase di sole sette parole, davanti ad una telecamera e bendato con una kefiah, aveva pronunciato tentando di scoprirsi il volto: “Vi faccio vedere come muore un italiano”. Ha fatto un po’ di scalpore, dicevo, per le polemiche che inevitabilmente riemergono intorno ai familiari dei soldati caduti a Nassiriya, che da due anni aspettano dal Quirinale una medaglia d’oro al valor militare. Si sa che è colpa della burocrazia e che le due situazioni vanno vagliate in modo diverso perché non hanno nulla in comune: i nostri militari furono vittime a sorpresa di un camion pieno di esplosivi, mentre Quattrocchi fu rapito e, conscio del suo destino, ebbe l’opportunità di mostrare il suo valore.

Questo è il quid della questione: Quattrocchi ebbe l’occasione di mostrare il suo valore perché le circostanze glielo permisero. Il Presidente Ciampi disse in quella occasione “Gli italiani lo ricorderanno per lo scatto di coraggio e di orgoglio patriottico con cui seppe sfidare i suoi carnefici”. Sì, è vero. Gli italiani lo ricorderanno per questo. Tuttavia gli italiani si ricorderanno ancor di più di un altro cittadino al quale le circostanze hanno permesso di mostrare tutto il suo valore e la sua grandezza, anche se non è stato però sotto i riflettori come Quattrocchi, un cittadino che non ha detto solo quella frase di sette parole che ha colpito il nostro assopito orgoglio italico, che non era un body-guard. Il cittadino che gli italiani ricorderanno ha scritto un libro. Era un professore universitario. Era anche un maratoneta. Il cittadino cui mi riferisco ha saputo con il suo esempio, essere di gran lunga più coraggioso. Avrete già capito che mi riferisco a Luca Coscioni.

Luca Coscioni ha dimostrato più valore, più coraggio e più audacia. Perché Luca è stato più forte, più deciso, più risoluto, più prode. Perché il suo essere ardimentoso non è stato quello reattivo e transitorio, non è stato un gesto di stizza miscelato tra rabbia e impotenza. Perché Luca ci ha ricordato giorno per giorno come si affronta la vita e quindi la morte. Ce l’ha dimostrato con la sua battaglia civile, ce l’ha ricordato in tutti i suoi discorsi. Ci ha richiamato alla mente che oggi più che mai è necessario separare la religione dallo Stato, che i roghi non illuminano le tenebre, che è importante smascherare chi vuole una ricerca libera dalla schiavitù dei fondamentalismi e chi vuole, invece, continuare i roghi e le inquisizioni con altri mezzi.
Dopo la vergognosa e ignobile campagna di ostracismo perpetuata nei suoi confronti, anche dalla sinistra che non ha voluto il suo nome nel proprio schieramento, oggi, assistiamo inermi e indifesi alle lacrime di coccodrillo di coloro che l’avevano rifiutato. Allora, se lacrime di coccodrillo devono essere, che lacrime siano e chiediamo ai politici prima che i loro occhi si asciughino, prima che tornino alla loro eristica cinica, che firmino una petizione a Ciampi. Chiediamolo tutti a gran voce.

Presidente Ciampi, è arrivato il momento di fare un gesto di coraggio nei confronti di chi ha voluto fare del suo fisico, del suo corpo, della sua malattia, un’arma ideale di politica attiva per milioni di persone che, solo in Italia, avranno bisogno di quell’assistenza, di quella ricerca, di quella libertà di cura per le quali Luca si batteva.

Presidente Ciampi, anche se le restano poche settimane di mandato, consideri questa mossa, di alto valore morale e politico e conferisca una medaglia d’oro o un cavalierato di gran croce a questo giovane straordinario che si è battuto come un leone contro tanti avversari e tutti molto più grandi di lui.

Diceva José Saramago: “attendevamo da molto tempo che si facesse giorno… ma ad un tratto il coraggio di un uomo reso muto da una malattia terribile ci ha restituito una nuova forza”. Il coraggio di quest’uomo non fu di breve durata, non fu un coraggio passeggero o contingente, o di sfida verso i propri carnefici. Il coraggio risedeva in una forza d’animo che ti vede lottare giorno dopo giorno, ora dopo ora, contro una malattia, la sclerosi laterale amiotrofica, che ti consuma i muscoli a poco a poco fino a farti morire in modo atroce, per impossibilità di respirare e, ciononostante, prestarsi per fare il presidente di un partito politico, mobilitare centinaia di scienziati e decine di premi Nobel in sostegno alla sua instancabile lotta. Luca andò avanti con la sola forza di volontà e con una risolutezza nella sua battaglia politica che ha dell’incredibile, pur sapendo di avere le ore contate, e senza mai abbandonarsi alla rabbia o alla disperazione. Una medaglia per Luca che ci ha fatto vedere per davvero come muore un italiano.