Notizie Radicali
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  lunedì 11 settembre 2006
 Direttore: Gualtiero Vecellio
Limature

di Luigi Castaldi

Ieri, ci siamo scervellati inutilmente. In attesa che il sito della Santa Sede pubblicasse il testo originale in lingua tedesca dell’omelia di Benedetto XVI alla Neue Messe di Monaco, ci siamo chiesti quale termine potesse aver usato per quello che i traduttori del sito cattolico Korazym.org davano come “imporre” nella seguente frase: “Le popolazioni dell’Africa e dell’Asia ammirano le nostre prestazioni tecniche e la nostra scienza, ma al contempo si spaventano di fronte ad un tipo di ragione che esclude totalmente Dio dalla visione dell’uomo, ritenendo questa la forma più sublime della ragione, da imporre anche alle loro culture”.

Tutto inutile: sul sito della Santa Sede, poche ore dopo, la versione in italiano recitava insegnare, invece che “imporre”; e “insegnare” era reso con “beibringen”, che non somiglia a nessuno dei sinonimi che in tedesco rendono il concetto di “imporre”. Delle due una: Korazym.org ha registrato male e tradotto peggio; oppure Sua Santità ha rivisto il testo e l’ha limato. Fa niente, l’importante che alla fine siamo tutti più tranquilli, abbiamo trovato un accordo: un “tipo di ragione”“sublime” o no, foss’anche “la forma più sublime della ragione” – non si può “imporre” – al massimo “insegnare”. Consoliamoci del tempo perso su quell’editoriale – io a scriverlo e voi a leggerlo – pensando al povero Vittorio Messori. Pure Messori era un pochetto imbarazzato di fronte a certi passi dell’omelia, che intanto provocava qualche mugugno anche in ambienti solitamente assai ossequiosi verso Benedetto XVI.

 

Che scrive Messori? Inizia con l’ammettere che era legittima l’obiezione a ciò che il Pontefice affermava e che qui, ieri, sintetizzavamo in questo modo: com’è che in Africa e in Asia ammazzano preti e suore occidentali, se dell’occidente temono soprattutto il contagio della sua secolarizzazione? Messori scrive: “Non va dimenticato che, in Medio Oriente e altrove, c’è una endiadi indissolubile, contro la quale si indirizza l’odio dei musulmani: ‘giudei e crociati’. Crociati: dunque, eredi di una cristianità medievale che ancora nulla sapeva di secolarizzazione”.
Un momento: cos’è che ha secolarizzato la Cristianità? “Drastico illuminismo e laicismo” – a dirla come la dice Benedetto XVI. Che “spaventano gli islamici” – a dirla come la dice Messori – perché minacciano il principio teocratico della coincidenza della “Umma, la comunità dei credenti, […] con la comunità intera”. Siamo più avanti di loro, indubbiamente: il Cristianesimo – a dirla come la dice Messori – ha una “elasticità” che l’Islam non ha. Di più: Messori concede che “sarebbe ingiusto e antistorico negar[e]che proprio “illuminismo e laicismo” hanno “affermato anche dei valori”. Ancora di più: Messori concede pure che l’hanno fatto proprio “sradica[ndo] violentemente la simbiosi con il potere secolare” delle Chiese.
Benissimo, ma allora perché – a dirla come la dice Benedetto XVI – sono “veleni”? Cioè: quando lo diventano? Risposta: quando diventano “drastici”. “Ma ad essi, malgrado tutto, la fede è sopravvissuta. Spesso, anzi, ne è stata purificata”, scrive Messori.

Qui, però, siamo in bel guaio. Infatti, se “la fede è sopravvissuta” malgrado questi “veleni” e se “spesso, anzi, ne è stata purificata” col perdere la sua “simbiosi con il potere temporale” (che è caratteristica dell’Islam), questo tipo di “ragione che esclude totalmente Dio dalla visione dell’uomo” (quello del “drastico illuminismo e laicismo”) metterebbe in pericolo la “simbiosi con il potere temporale” che l’Islam prescrive alla sua Umma, non la fede in Allah.
Ecco il punto cui vuole giungere Messori: tolta la “simbiosi con il potere temporale”, del Cristianesimo rimane salva la cosa più importante – la fede – anzi, “purificata”; tolta all’Islam, non rimarrebbe niente – e l’Islam questo lo teme.
Ma l’Islam non dovrebbe avere a disposizione l’esempio offertogli dal Cristianesimo? Non dovrebbe rendersi conto che “illuminismo e laicismo”, pur nella versione “drastica”, possono poco contro la fede? Sentono forse la loro fede più fragile di quella cristiana a questo impatto? Difendono una fede fragile, difendendosi dal “drastico illuminismo e laicismo”? Altrettanto fragile dev’essere la fede cristiana che ancora oggi li teme, dunque, se arriva a chiamarli “veleni”.

Insomma, partito per riaffermare il primato del Cristianesimo su tutte le altre religioni (stavolta sull’Islam), però con una assai tortuosa apologetica, Messori finisce per mettere nei guai il suo Papa, quando dice che “la tolleranza di cui abbiamo urgente bisogno comprende il timor di Dio, il rispetto di ciò che per altri è cosa sacra”: per “imporre” (pardon, per “insegnare”) questo, parrebbe necessario un tanto di “simbiosi con il potere temporale”. Ce n’è quanto basta per essere dell’idea che bisogna essere “drastici” sul fatto che la fede dev’essere un fatto privato. Quando è pubblica, ha sempre qualcosa da “imporre”, o almeno da “insegnare”.

Se accanto alle affermazioni di Messori si mette quella di uno che è tanto in sintonia con Benedetto XVI (Marcello Pera: “L’11 settembre fu colpito l’Occidente  giudaico e cristiano perché oggi esso produce una civiltà distorta, non religiosa”), ce n’è di che pensare: senza “simbiosi con il potere temporale” la civiltà è “distorta”. Per raddrizzarla bisogna cominciare col “beibringen”.

Valli a chiamare “drastici”, gli illuministi e i laicisti.