ADDIO A PIERO CALAMANDREI
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Uomo di popolo
Di Umberto Terracini
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Pensare a Piero Calamandrei come ad un amico ormai senza incontro, come al Maestro la cui voce è per sempre taciuta, come al cittadino illustre già rimesso per ricordo e celebrazione alla Storia, mi dà un senso di angoscia, quasi un’ansia dinanzi al vuoto. La sua personalità , infatti era giunta ad occupare nella vita odierna italiana tanto posto, e così importante, che ancora oggi, ad un mese dalla Sua morte, viene da chiedersi come si potrà evitare che qualche parte della Sua eredità di opere resti senza continuità e vada dispersa.
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Né io penso a qualcuna di esse in particolare: alla cattedra cui tuttavia il Suo insegnamento dava ogni giorno lustro maggiore, o al foro che la sua parola nobilitava, o ai Suoi scritti scientifici e letterati, vanto di giornali e riviste e decoro sommo di ogni biblioteca – poiché l’Italia ha sempre comunque ampia dovizie di buone penne e di sottili parlatori e di docenti valorosi.
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No, io penso all’uomo Piero Calamandrei, sul quale né il giurista eccelso, né il letterato purissimo, né l’insegnante autorevole giunsero mai ad affermare tale predominio da impedirne o ostacolarne la vera prima vocazione: di araldo delle aspirazioni popolari di giustizia.
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Perché Piero Calamandrei fu innanzitutto uomo di popolo, nell’accezione antica del termine, e di quel popolo che avendo creato e vissuto i tempi del Rinascimento anticipatori non solo spirituali dei moderni, non ha mai più perso, per imperversare successivo di assolutismi, il gusto e il bisogno di libertà .
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Ma, uomo di popolo oggi, Piero Calamandrei dovette esserlo almeno in parte, sotto specie di uomo politico. Però lo fu in tali modi da non ridurre la propria azione negli schemi in cui la politica troppo frequentemente si irrigidisce ed isola, tendendo sempre invece ad inserirsi direttamente in quegli avvenimenti e a legarsi personalmente con quegli uomini che in più significativo modo ogni volta esprimessero o incarnassero i Suoi convincimenti. E solo, alto, incorruttibile giudice del Suo fare accettava la Sua coscienza democratica. Per questo nessuna alleanza gli fu aliena per principio nelle buone battaglie in cui entrava. Gli uomini Egli li misurava dalla loro vita e non dalla loro tessera o dalla conclamata fede.
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Così non si noverano coloro che lo conobbero per lavorare con lui e che attraverso il comune lavoro conobbero altri ancora: una grande rete, fitta e solida, di buoni italiani, tessuta dalla spola mai stanca della sua iniziativa sulla trama sensibile della nostra vita popolare. Qualcuno diceva: “Il partito di Calamandrei”. Ed Egli sorrideva senza protestare. Gli piaceva che si pensasse che la sola forza che teneva insieme quel “suo” partito fosse la grande simpatia umana che da lui emanava e che il solo programma ch’esso avesse fosse la Sua fede nella giustizia e nella libertà , la Sua capacità di sacrificio per loro.
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Io, comunista, ero e sono del partito di Piero Calamandrei. Ma chi lo terrà ancora assieme, questo partito necessario, ora che Egli non è più?
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Schiarite di cielo
Di Manara Valgimigli
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Nei primi anni della mala guerra, finché si poté, non era infrequente il caso che mi arrivasse da Piero Calamandrei un avviso. “Domenica si va a pigliare un po’ d’aria: vieni anche tu”. Nessun sottinteso in quell’invito. S trattava proprio e soltanto di andare a prendere un po’ d’aria, e di stare una giornata insieme. Lo stesso invito lo avevano contemporaneamente altri due o tre amici; e sapevamo press’a poco chi erano: misurando ognuno di noi dalla propria la malinconia altrui e il conforto che poteva ricevere e dare.
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Io che, stando a Padova, ero il meno vicino, arrivavo a Firenze la sera prima; e al “Porta Rossa” quasi di certo ci trovavo ad aspettarmi Pietro Pancrazi. E così la mattina si noleggiava una macchina e si andava in giro per la campagna. Aria di primavera toscana, odore e sapore di pan toscano a fette e di vino toscano, e gioia e calore di amicizia. Di quegli anni torbidi e cupi quelle nostre giornate erano come schiarite di cielo, e ne ritornavamo a casa consolati o meno disperati. E questo era merito speciale di Piero; di quella sua faccia lunga, di quel suuo occhio ironico e allegro che scappava fuori dagli occhiali, e dei suoi motti.
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E ora se n’è andato anche lui, come già anche altri di quella sana compagnia
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10) Segue         Â
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