Notizie Radicali
  il giornale telematico di Radicali Italiani
  martedì 18 marzo 2014
 Direttore: Gualtiero Vecellio
Una citta’ capitolata in un paese arreso

di Walter Mendizza

Quale città è quella che sputa nel piatto ricco di una multinazionale che vuole fabbricare un rigassificatore assumendosi peraltro l’incarico oneroso di bonificare un’area estremamente inquinata? Quale città è quella in cui un anziano signore ex professore di chimica dice che sarebbe meglio che la città si dedicasse alla cultura e alle opere teatrali piuttosto che ricevere la mancia di una multinazionale? Quale città è quella in cui un altro anziano signore presidente onorario della Lista per Trieste fa ancora una volta una patetica e straziante confusione tra rischi (che tengono conto della probabilità di accadimento) ed entità dei danni (che non ne tengono conto). Quale città sarà mai quella in cui si accetta supinamente che gli sloveni vengano a manifestare a casa nostra contro la creazione di un rigassificatore ma non permettono che si vada in casa loro a manifestare contro la vecchia e pericolosa centrale nucleare di Krsko a pochi chilometri dalla città?

 

Ebbene, questa città è Trieste. Una città con una bassissima crescita che vive la ripresa come un fantasma. Una città che non desidera più nulla e non spera più in niente, che ha smarrito la capacità di pensare il proprio futuro, di crederci, di rischiare. In effetti cosa ci si può aspettare da Trieste la città più vecchia del pianeta? Del resto, non succede lo stesso nel Paese? La classe politica al governo e all’opposizione non è forse una gerontocrazia? Come possono queste cariatidi senza avvenire pensare al futuro della città o del Paese? Berlusconi possedeva l’arte geniale dell’antipolitica, di rievocare suggestive illusioni che poi procuravano amari risvegli. Prodi, dall’altra parte è ancora peggio giacché non ha appoggiato un vero cambiamento fatto di riforme ed ha perso la capacità di farci sognare un futuro. Non sa cosa raccontare per infonderci quelle energie che ci spingano a sprigionare le proprie forze, a credere, a pensare un domani migliore. Il problema non è solo di gerontocrazia, Luca Pardi e Paolo Musumeci interpretano che questa insofferenza verso gli anziani nasconde il fatto che essi hanno goduto di decenni di un’abbondanza energetica e che di fronte alla carenza delle risorse si profilano conflitti generazionali, addossando agli anziani l’eccesso di sprechi e di consumi del passato nonché la responsabilità di decisioni dirette a limitare le conseguenze dei propri eccessi e quindi di manifestare una mentalità conservatrice, che limita una ulteriore crescita materiale, proprio quando sarebbe il turno dei giovani di poterne fruire. Non è così. Anche i giovani e soprattutto i giovani ambientalisti che si sono ammantati per anni della più grande e radicata chimera che sia esistita sulla natura: quella di divinizzarla, hanno sviluppato comportamenti di avversione verso la tecnica e la scienza: tutto ciò che è naturale è buono mentre tutto ciò che è prodotto dall’uomo è cattivo. Una ostilità contro quel senso di progressismo che incarnò l’spetto prometeico e faustiano della nostra specie.

 

Dunque, nessun disprezzo per i “vecchi” né “colpe” che i figli fanno ricadere sui propri padri, accusandoli dei "vizi" ricevuti. Il riferimento a Lubiana dove ci sono tanti, tantissimi giovani in contrapposizione alla nostra città, la più vecchia del pianeta, è un riferimento obiettivo che non può essere smontato e disfatto con un aggancio surreale alla generazione del ’68 come pare che facciano il segretario di Rientrodolce e  dell’associazione radicale Liberalivorno. Naturalmente, sono d’accordo con loro sul fatto che i sistemi complessi, come le nostre società, di fronte ad una crisi tendono ad aumentare la complessità e che da questo punto di vista i rigassificatori rappresentano un male inevitabile, ma non tanto in relazione alla potenza dei poteri forti che sostengono la continuazione del paradigma, quanto come una soluzione transitoria per sviluppare con maggiore piglio e convinzione le c.d. fonti rinnovabili. Non è che l’associazione Tecnosophia voglia insistere sulla strada dei combustibili fossili, vogliamo invece che si scelga il male minore e che non si usino argomenti irrazionali come una clava soprattutto da parte degli ambientalisti della domenica che per partito preso sono contrari a qualsiasi progresso tecnologico. Per noi sarebbe addirittura auspicabile un ritorno al nucleare anche in vista di preservare (come auspica Rientrodolce) quanto più possibile quella ricchissima fonte di prodotti chimici che rappresentano i combustibili fossili. 

 

Più grave invece è lo scontro sui rigassificatori dal punto di vista politico. Nel nostro Comune, il conflitto all’interno della maggioranza di centrodestra ne slabbra l’immagine: AN è a favore ai rigassificatori mentre Forza Italia è contraria. Dall’altra parte, come in uno specchio, succede lo stesso per il centrosinistra dove i DS sono favorevoli laddove Rifondazione, Verdi e Margherita, no. Un po’ come accade per i Pacs o per l’eutanasia o per la ricerca sulle cellule staminali embrionali. Le ormai vecchie e obsolete categorie di destra o di sinistra non sono più all’altezza di risolvere i problemi del Paese e alla lunga queste contese minano la credibilità della classe politica e stancano i cittadini. Verrebbe da chiedersi perché lo fanno? Perché davvero sono preoccupati della salute dei cittadini o per meri calcoli elettorali? La verità è che le timorose cariatidi che ci governano (un altro dato oggettivo e non contestabile) hanno perso la capacità di trasmettere simboli per cui valga la pena alzarsi e muoversi, anzi, il loro mummificato pensiero di comodo evoca apposta mali tremendi per racimolare voti di paura tra la loro disaffezionata clientela politica. Solo così si spiegano frasi del tipo: “anche se si è raggiunto un alto livello di sicurezza non si può certo parlare di sicurezza assoluta". Una atrocità intellettuale che già da sola meriterebbe farla entrare a suon di tromba nel bestiario della nostra classe politica che si ammanta di sicurezza assoluta come se questa esistesse per davvero. Questo è il nostro vero male oscuro: sembriamo una nave che vaga senza una meta.

La nostra città alla ricerca di un destino avrebbe bisogno di qualità nuove, immateriali, adatte alla nuova società. Invece avverte soltanto inadeguatezza: quella di una società che, quindici anni dopo il crollo della prima Repubblica, percepisce il fallimento del suo ricostituirsi sotto nuove forme; inadeguatezza della sua classe dirigente per essere venuta meno all’appuntamento con il futuro. Né la città, né il suo retroterra naturale, il Friuli, né il Paese sembrano in grado di elaborare questo vuoto. Viviamo una inerzia insensibile che galleggia sullo spaesamento, che sopisce energie vitali, che ci lascia cloroformizzati e non all’altezza per affrontare la modernità. Senza desiderio, non sorgono neppure le domande che ne esprimono il senso. Non nutriamo alcuna aspirazione di progresso con le sue opportunità e i suoi rischi, non ci poniamo domande che oltrepassino il nostro naso, la nostra vita quotidiana. Nel caso di Trieste, la classe politica ne dà l’esempio facendosi imprenditrice delle paure, ponendosi solo il problema del proprio interesse, della propria visibilità, della lotta per il consenso. I rigassificatori sono la più grande, meravigliosa e straordinaria opportunità per la città e per la regione ma il centrosinistra paga il prezzo della sua eterogenea coalizione ed il centrodestra pure, con F.I. votata ad una politica suffragata ai sondaggi invece che al bene comune.

 

Per converso e a dimostrazione di quanto siamo prigionieri dei meccanismi redistributivi e incapaci di leggere con occhiali nuovi quanto ci accade attorno, c’è il diabolico dispositivo della benzina agevolata di cui gode la nostra regione ed in maggior misura alcune nostre città di frontiera come Gorizia e Trieste. Tutti, destra e sinistra, Corleonesi e Palermitani, si trovano d’accordo con questo vergognoso provvedimento che ci fa diventare accattoni del Nordest: un vero e proprio incentivo al consumo, un elemento di inquinamento atmosferico sponsorizzato dagli stessi contribuenti, che incentiva il costo burocratico per la gestione del sistema delle tessere che grava sulla pubblica amministrazione e sui gestori delle pompe di benzina e, soprattutto, che va contro il protocollo di Kyoto. Dove sono le associazioni ambientaliste? Pronte a salvare l’ippopotamo pigmeo o l’ibis calvo del nord ma sospettosamente eclissati di fronte ad impopolari raccolte di firme come quella contro la benzina agevolata. Un’ipocrisia che Tecnosophia ha denunciato più volte senza successo. Abbiamo stilato un appello ragionato contro la benzina agevolata e sarei felice che Rientrodolce aderisse e lo accogliesse. Ovviamente, qui in regione a nessuno gliene frega niente: la classe politica è soddisfatta perché crede di aver fatto il suo dovere limitandosi ad una insensata quanto inutile redistribuzione dei soldi; dall’altra parte i cittadini cloroformizzati non vogliono altro, non si rendono conto che questo ci fa tutti quanti più poveri e più deboli. La posta in gioco è quella di continuare con un governo del presente sulla base di una visione dettata dai sondaggi, oppure cercare il governo del futuro attraverso un nuovo pensiero, nuove idee forti che lancino alte sfide per riacquistare la capacità di credere.

 

Solo conferendo identità e ruolo ai soggetti sociali in cerca di riconoscimento può aprirsi una nuova e diversa stagione. Non è assecondando i comitati per il “no” che nascono per dare sfogo alla sindrome del “nimby” cioè non nel mio giardino e per dire no a qualsiasi ipotesi di cambiamento, che si governa il Paese. Il mondo che cambia pone il quesito di una nuova egemonia, di un alto senso e di un altro senso. Se non riusciamo a toglierci queste incrostazioni del passato, se non riusciamo più a sognare, vuol dire che siamo già finiti. Sono d’accordo con Rientrodolce quando dice che “dall’ intreccio di consumismo e indifferenza non può uscire che qualche nuovo mostro,  solo un dibattito serio e tecnicamente centrato sulla questione energetica e sulle sue relazioni con quella demografica ed ambientale può aiutare a scongiurare questo rischio”. Io aggiungo che bisogna porsi delle mete per avere il coraggio di raggiungerle e che fermarsi significa retrocedere.