Giusto è un aggettivo di cui si abusa, sia inteso come predicato di giustizia che di verità .
Piergiorgio Welby ci ha consegnato al suo significato autentico un aggettivo straordinario: opportuno (una morte opportuna). Ne manca uno, ed il quadro è completo: onesto.
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Il giusto è l’equilibrio dettato dal diritto; l’onesto è l’equilibrio dettato dalla morale; l’opportuno è l’equilibrio dettato dal decoro. Nella prassi concreta dell’agire pubblico di ciascuno di noi, queste tre dimensioni s’intersecano tra loro: eppure ci si dovrebbe sforzare di tenerle distinte.
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Il decoro è, tra le tre dimensioni, quella più trascurata. Il decoro è coscienza di sé, di ciò che è dovuto a se stessi o al proprio status: su tale coscienza si conforma l’abito esteriore idoneo a suscitare il rispetto altrui.
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Naturalmente, nella scala dei valori la violazione del giusto (giusto deriva da ius), cioè la lesione del diritto, in particolare la commissione di un reato, è la violazione più grave. Ma la lesione del decoro, ovvero della dignità attesa, è, almeno in politica, altrettanto importante.
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Mi ha molto addolorato, ad esempio, il ministro Amato allorché ha dichiarato che “il consumo di cocaina in Italia è spaventoso”. E’ stata una dichiarazione opportuna, decorosa? Dal mio punto di vista no: perché il dott. Amato è il Ministro degli Interni, non è un privato cittadino.
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Egli è deputato, cioè, alla tutela dell’ordine pubblico. Fermo restando, peraltro, che è molto più spaventoso il consumo di alcool o di tabacco, che provoca decine di migliaia di morti, la “spaventosità ” della cocaina non può che essere letta allora sotto il profilo della criminalità .
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Ed è qui che la dichiarazione si fa spaventosamente inopportuna ed indecorosa: perché lo Stato, per bocca del suo Ministro, non può avere “paura” né della cocaina né della criminalità .
Una “paura” che si è bene vista attorno allo stadio di Catania.
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Un’indecorosità confermata nella successiva dichiarazione di “non mandare più la Polizia” allo stadio: l’abdicazione della tutela dell’ordine pubblico. In un paese normale, sarebbe decoroso andarsene. In Italia, Amato va sotto braccio alla collega Melandri.
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La quale parla sempre di etica nello sport essendosi formata in materia, da quanto mi pare di capire, su un testo fondamentale: la favola di Cappuccetto Rosso e del Lupo Cattivo.
(questo gran parlare di etica, peraltro, è contraddittorio: perché l’etica, a differenza del diritto e del decoro, è una dimensione tutta interiore del comportamento che ispira le altre due, ma che alla fine si deve ri-solvere in esse. Ad esempio, appartiene senz’altro all’etica riflettere sull’eutanasia: ma è indecoroso che il Parlamento non si esprima; e se si esprime dovrà essere prodotta una legge, e non un’etica, come nel caso della legge 40).     Â
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Torniamo al calcio: un mondo meraviglioso, spaccato fedele, quasi perfetto, della nostra società . Quest’estate si è assistito alla retrocessione della Juventus, a furor di popolo ritenuta “giusta”. Giusta? Così hanno sentenziato i Cappuccetti Rossi intorno al Lupo Cattivo.
Se ci si peritasse di leggere le sentenze, si vedrebbe che la retrocessione, prevista soltanto per illecito sportivo, è stata stabilita decidendo che le ripetute (ed indecorose) violazioni della lealtà (cioè morale) sportiva (art. 1 CGS) equivalevano ad un illecito (art. 6 CGS).
Incredibile. Allora, la domanda è: perché esistono due articoli, uno per le violazioni dell’”onesto” ed uno per le violazioni del “giusto”, come sopra definito? Esiste una differenza di sostanza tra illecito e slealtà ? La risposta è retorica: se una persona si comporta mille volte in modo indecorosamente arrogante (supponiamo che tale definizione si attagli a Luciano Moggi), è e rimane un arrogante, non si trasforma in bandito.
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L’enorme distorsione giuridica di cui è stata oggetto la Juventus ( dico oggetto e non “vittima” perché non occorrono i cadaveri veri per capire che l’ingiustizia sportiva è altra cosa dalle ingiustizie del carcere o della vita), con l’eccezionale grandiosità delle pene comminate ad essa (sproporzionate rispetto ai fatti, non alle altre squadre) è figlia di quell’atroce con-fusione tra decoro, morale e diritto che ammorba il nostro paese. Una confusione talora involontaria, figlia dell’ignoranza o della buona fede, ma più spesso scientificamente voluta per costituire la precondizione di un omicidio, anzi di una strage: quella della legalità .
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Non è affatto sorprendente, pertanto, la morte del poliziotto. Riepiloghiamo: lo “spavento” dello Stato; Cappuccetto Rosso al potere; lupi spellacchiati a caccia di comparsate TV; calciatori cascatori gementi e piangenti. Le dichiarazioni di Matarrese, Presidente della Lega calcio - il morto è inevitabile, fa parte del sistema- sono la logica espressione dello sfasciume di morale, diritto e decoro. Esse infatti sono vere (non “giuste”, non equivochiamo!) ma non sono né oneste (pensando a quanto non ha fatto questo signore in lustri di potere già consumato) né decorose (per evidenti ragioni sostanziali e di circostanza).
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Fare un dribbling, nel calcio, costa spesso calci. Ma il calcio è un gioco, la politica no.
Fare dribbling tra senso di opportunità , di onestà e di giustizia, ovvero costruire un autentico senso di legalità è assai difficile. Ma è anche vero che si dovrebbe avere a disposizione un altro strumento: la testa.
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