Recentemente Antonio Bacchi ha risposto al segretario di “Rientro Dolce”, Luca Pardi, ridimensionando i suoi allarmismi e quelli della sua associazione. Bacchi dava ragione a Emma Bonino che nell’ultima direzione di Radicali Italiani ha cercato di portare il confronto sulla “necessità di lavorare come soggetto politico all’attuazione delle politiche di fuoriuscita dal petrolio, come stabilito dal Congresso di Radicali Italiani”. La mozione di Padova ha stabilito l’obiettivo di un piano energetico nazionale che prevede "la graduale uscita dalla dipendenza dal petrolio in un orizzonte temporale realistico e sostenibile". Tale richiesta, peraltro, fu fatta in tempi non sospetti, quattro anni fa, da un altro membro della direzione nazionale di R.I.: Christina Sponza. Purtroppo la Sponza non riuscì a portare a termine il suo progetto di promuovere una campagna radicale per un nuovo piano energetico nazionale e neppure ebbe successo nell’intento di convincere R.I. a non cadere nel conformismo allora imperante in materia ambientale, a non accostarsi senza criterio con gli “Amici della Terra” e a riprendere in considerazione anche la creazione di nuove centrali nucleari. Era in anticipo con i tempi e si sa che in politica, essere troppo avanti… Tuttavia non si trattava di un grosso anticipo. In questi ultimi anni il tema ambientale ha cominciato, purtroppo, a riprendere quota a velocità tanto insolita quanto sbalorditiva.
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Dico “purtroppo” in quanto siamo testimoni di un pullulare di iniziative portate avanti da improvvisati ambientalisti del pensiero unico che si sono specializzati nel ormai imperante conformismo iettatore e catastrofista, quello delle sciagure annunciate. Un continuo susseguirsi di NO a qualsiasi iniziativa ha fatto sì che l’unica attività che i raffazzonati ambientalisti della domenica siano disposti a sponsorizzare sia l’industria della paura. In effetti è bastato solo un inverno con temperature superiori alla media per far sì che le cassandre verdi spingessero verso improbabili scenari apocalittici con la Terra che improvvisamente diventa rovente e i ghiacci che sciogliendosi fanno lievitare i mari e di conseguenza sparire migliaia di chilometri di costa del nostro Paese. A questo punto il gioco svogliato e indolente del “tanto peggio tanto meglio” è presto attuato e sommarsi al coro degli annunciati disastri è estremamente facile. Chi più ne ha, più ne metta: invasione di insetti, campi agricoli deserti, fame, carestie, malattie di ogni genere e la vita che scomparirà dalla Terra per colpa della mano dell’uomo.
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Ma come? Da dove vengono queste idee bizzarre? Non è forse vero il contrario? L'uomo di Similaun (5.500 a.C.) rinvenuto nel 1991 su un ghiacciaio alpino, faceva parte di una popolazione di cacciatori e pastori che viveva sulle Alpi a quote comprese tra i 2-3000 metri di altitudine, ma a quanto è dato sapere, vestiva con abiti leggeri! Nel corso dell'età del bronzo, lungo le valli alpine, ebbe la sua massima fioritura la civiltà dei Camuni che si erano insediati nella Valtellina e nella Val Camonica (cui dettero il nome in epoca antichissima) dopo aver vissuto per un lungo periodo di caccia e di pesca. Questa popolazione si era poi progressivamente dedicata, tra il IV e il III millennio a. C., alla pastorizia e all'agricoltura ed è giunta al suo massimo sviluppo attorno al 3000 a.C., Secondo i paleontologi il clima in Val Camonica era subtropicale umido! Di esempi di innalzamento della temperatura che diedero luogo a grandi sviluppi per l’umanità , ce ne sono tanti: tra l'XI e il XIV secolo si verificò un marcato ritiro dei ghiacci della Groenlandia, la temperatura era tanto alta che fu possibile coltivare la vite persino in Inghilterra e in Norvegia. Infine, un altro esempio eccezionale che tutti ricordiamo: nella primavera del 218 a.C. Annibale attraversò le Alpi con 40.000 uomini e numerosi elefanti. Non esistevano gallerie e di certo non c'era neve sui passi alpini altrimenti gli elefanti non sarebbero potuti passare.
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Dunque in altri momenti della storia dell’umanità è stato proprio l’innalzamento della temperatura che ha prodotto notevoli benefici alla qualità della vita, al benessere ambientale e che con inverni più miti ha fatto fare alla civiltà un notevole balzo in avanti. Che dire allora? Un inverno più “caldo” con meno neve, meno ghiaccio e meno nebbia, non dovrebbe ridurre il numero di incidenti automobilistici? Non riduce forse il consumo di combustibili per il riscaldamento? Non ci ha fatto risparmiare qualche miliardata di metri cubi di gas? Non migliora forse la nostra bilancia dei pagamenti? E perché l’influenza quest’anno non ha mietuto tante vittime? Non è stato forse per il clima mite? Perché allora gli ambientalisti sono sempre i primi a urlare alla sciagura? Perché sono ambientalisti del pensiero unico, quelli che dovrebbero apprezzare che alcuni uccelli si fermino a svernare in Italia e invece si sgolano a urlare contro i rigassificatori che portano benessere e fanno girare l’economia e non rappresentano alcun pericolo per l’ambiente.
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Certo, è vero, come dice il compagno Bacchi, che l’inquinamento ambientale dovrebbe farci sostenere l’esigenza di investire nella ricerca e nell’uso delle tecnologie già disponibili per arrivare ad abbandonare le fonti fossili. Ma il problema non è tanto il petrolio che pone termine ad un’epoca, poiché né il petrolio né il gas finiscono domattina, il problema, come del resto viene affermando la nostra associazione Tecnosophia, risiede soprattutto in un’altra ragione ben più importante, che è quella geopolitica: oggigiorno le democrazie dipendono da paesi dittatoriali che esercitano un potere di ricatto, e oltre al danno si somma la beffa giacché le risorse economiche che arrivano a questi paesi servono per mantenere l’oppressione sui popoli. Altro che esportare la democrazia! Perciò invito gli ambientalisti a ragionare in termini sistemici. Verdi, no global, e comunisti sono quelli che non vogliono i rigassificatori ma vogliono la pace ed il nostro ritiro unilaterale senza “se” e senza “ma” dall’Iraq, dall’Afghanistan e non si rendono conto che così facendo ci fanno tornare nel medioevo mentre si danno le armi agli altri per soggiogare il loro popolo ed i soldi per metterci le bombe sotto il sedere. Un pacifismo cieco e a senso unico, foriero a lungo andare soltanto di una resa incondizionata.
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Infine, non so quanto i membri dell’associazione Rientro Dolce siano sostenitori della teoria del riscaldamento globale e convinti assertori che la terra abbia la febbre perché le attività umane producono troppi gas serra, soprattutto anidride carbonica. So invece che non è possibile liquidare la cosa come “vaniloquio quantitativamente inconsistente” giacché se dobbiamo parlare di “quantità ”, possiamo replicare citando Antonio Gaspari che in un suo recente articolo apparso su “Il Domenicale” il 13 gennaio, afferma che di tutti i gas serra la CO2 rappresenta appena il 2% e che bisognerebbe, piuttosto, studiare l'andamento del vapore acqueo che ne rappresenta invece il 90%. Sempre in termini di vaniloquio quantitativo, secondo Gaspari, le attività umane influiscono solo per il 4% del totale dell'anidride carbonica emessa in atmosfera. Il 96% della CO2 è infatti di origine naturale: in una sola eruzione il Monte Merapi in Indonesia o il Pinatubo nell’isola di Luzon nelle Filippine, hanno emesso una colonna di anidride carbonica alta più di tremila metri. Ed i vulcani in attività nel pianeta sono almeno 1500. Quindi se il problema fosse la CO2, non sarebbe allora il contributo antropico a determinare il clima. Casomai l’ecocatastrofismo dovrebbe indurci ad avviare una strategia di artificializzazione sul pianeta, immettendo più scienza e più tecnologia: qualche vulcano in più che faccia i capricci o una piccola variazione dell’orbita terrestre potrebbero desertificare tutto o ghiacciare tutto. Noi non riusciamo a controllare né i vulcani né l’orbita terrestre ma possiamo e dobbiamo essere preparati per avere energia in modo da avviare città climatizzate con un sistema di ecologia artificiale che tenga conto anche della desalinizzazioe dell’acqua di mare. In questo momento la soluzione nucleare è l’unica possibile perché è l’unica che garantisce energia a basso costo senza inquinamento. Il problema delle scorie è un non problema poiché abbiamo la tecnologia per stiparle in modo sicuro.
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Invito perciò tutti gli ambientalisti a pensare alla biodiversità in termini globali e non necessariamente catastrofali. Potrebbe succedere che continuando questo trend si possa pensare di aprire il leggendario passaggio a Nordest, la rotta che collega l’Atlantico al Pacifico passando per l’arcipelago artico, favorendo il commercio tra l’America e l’oriente con una riduzione della distanza di ben 7.000 chilometri e quindi con conseguente calo dei consumi di combustibile. Potrebbero diventare coltivabili una grandissima estensione di territori oggi sotto ghiaccio: Alaska, Canada e molti paesi europei come Russia, Svezia, Finlandia, Norvegia, Danimarca e la stessa Islanda e Groenlandia. Dove sarebbe la tanto proclamata catastrofe? La verità è che coloro che vogliono l’uomo eterno e biblico colpevole di tutti i mali e le tecnologie sempre responsabili di tutte le catastrofi, cavalcano un antropocentrismo infantile e incapace di porsi delle mete per avere il coraggio di raggiungerle. Sono quelli che montano subito sul treno opaco e insignificante dei pensieri triviali, di una esegesi puerile e immatura che buca il loro cervello come un bruco (worm) una mela. Sono quelli del “global worming”.