La vittoria di Cristicchi a Sanremo e l’elogio di Pannella nella conversazione settimanale hanno aperto spazio ai commenti, quali l’articolo di Pullia del 06/03 su Notizie Radicali. Premesso che non ho ascoltato la trasmissione radiofonica, e pertanto non posso nè concordare nè dissentire con essa, ho qualche dubbio nello sbilanciarmi anch’io in modo aperto.
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Intanto, c’è la questione dell’interpretazione sul palco dell’Ariston. Secondo me, un conto è il proprio concerto in cui ciascuno è libero di fare quello che vuole, un’altra cosa è una gara di canzoni. In questo secondo contesto, mi sembra fuori luogo l’interpretazione teatrale anche se in questo caso ha avuto il merito di rappresentare il vissuto di uomini e donne sofferenti.
E' una questione di regole e di rispetto per colleghi e giuria. Dal mio punto di vista, l’esibizione della rosa e della sedia, ed il gesto dello spiccare il volo hanno inteso suscitare un'emozione in più di quella dovuta alla canzone (l’oggetto della competizione).
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Anni fa Daniele Silvestri propose una canzone semplicemente stupenda, "Aria", dedicata ad un ergastolano che esce, da morto, dal carcere. Una canzone interpretata con estrema intensità ma altrettanta sobrietà : il cantante, il microfono, la canzone. Silvestri fu, in quel caso, l’esempio di un cantante che lancia un messaggio, che in prima battuta può anche passare inosservato; Cristicchi è l’esempio del cantante che dice: “Attenzione, ascoltatemi, sto per lanciare un messaggio!”
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Quanto a "Prete", canzone che non ho ascoltato musicata, dubito che il suo testo possa costituire un esempio di anti - clericalismo, almeno per quello che posso capirci io.
Prendiamo la celeberrima “Via del Campo” di De Andrè (senza con questo voler seppellire Cristicchi con un paragone troppo pesante).
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"Via del Campo c'è una puttana/gli occhi grandi color di foglia/se di amarla ti vien la voglia/basta prenderla per mano/e ti sembra di andar lontano/lei ti guarda con un sorriso/non credevi che il paradiso/fosse solo lì al primo piano." Anche De Andrè è criticabile. Probabilmente, quando scrisse questa canzone nel 1967, esisteva una prostituzione diversa da quella di oggi, intrisa di violenza e sfruttamento; oppure Fabrizio, intenzionalmente, la idealizzava. Ma con pochi versi, De Andrè riesce ad ironizzare sull'essenza della religione (l'esistenza e l'ascesa al Paradiso ed alla somma beatitudine) e soprattutto a sacralizzare il dispregiativo “puttana”, facendoci sentire vicini ed amare le prostitute per quello che sono e per quello che fanno, con buona pace dei moralisti. Così fece poi con altre marginalità , disprezzate in modo ignobile, quali gli zingari.
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Ecco, io sono lì, a cogliere qualche frammento di quella profondità ironica e poetica che De Andrè ci ha regalato. Personalmente, "la bugia più grande della storia" di Cristicchi, che rimane lì, inspiegata ed apodittica, non mi dice assolutamente nulla (anche se, è ovvio, ho le mie ragioni per concordare con Cristicchi).
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"Non chi dice Dio!Dio!, entrerà nel regno dei cieli", dice il Vangelo. Ma a quanto pare, dire “non hai diritto d’insegnarmi niente, prete!” o “la Madonna che sanguina è noia!” è sufficiente per essere annoverati quali campioni dell’anticlericalismo, ed essere per ciò stesso ammessi nel recinto immacolato dei giusti. Certo, e proseguo nell’analisi di Cristicchi, la “simonia” è indecente: ma nel Sud-Est asiatico anche i più poveri si privano del necessario per portare la propria foglia d'oro al tempio del Buddha o sostenere i monaci.
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La religione, come istinto primordiale dell'uomo, è troppo potente per essere non colpita, ma anche solo scalfita, dall’attacco all'otto per mille. Milioni di persone in Italia ritengono che la Chiesa, con questi soldi, faccia anche del bene (oltre al resto che conosciamo). Su questo tema, a differenza dell’eutanasia, secondo me siamo in minoranza anche tra i cittadini, non solo nelle istituzioni, false e prone ai desiderata del Vaticano.
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Mi sembra molto più ragionevole e concreto politicamente, piuttosto che buttare tempo sognando l’abrogazione di questo privilegio (o, addirittura, del concordato) condurre un’iniziativa per estendere la disciplina dell'otto per mille alle Onlus. Credo che centinaia di organizzazioni anche cattoliche approverebbero un provvedimento che farebbe affluire loro un po' di denaro. Il meccanismo della distribuzione dell'inoptato (che pure non è corretto) farebbe così un po' meno schifo, e forse ci sarebbero più risorse anche per l’Associazione Luca Coscioni.
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Insomma, si può dire che c'è (o c'è stato) qualcosa di inautentico nella bravura, nel fervore, nel coraggio di Cristicchi nell'affrontare temi importanti? E’ più facile, prima facies, distinguersi a Sanremo parlando di mafia (magari benissimo come Fabrizio Moro, vincitore dei giovani) o di disagio mentale, oppure cercando un modo originale per parlare di cuore e amore? Posso dire, sommessamente, che, a mio parere, la canzone migliore era quella di Nada?