Notizie Radicali
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  martedì 18 marzo 2014
 Direttore: Gualtiero Vecellio
In posa (lettera aperta a Gino Strada)

di Fausto Cadelli

Gentile dott. Strada,

 

la fotografia che la ritrae con Daniele è bella, realmente: c’è tutto l’affetto per l’amico che fuma una sigaretta mentre parla, finalmente, con qualcuno a lui caro. Metaforicamente, non sottilizzo. Certo, lei è in  posa, come Scelli con le Simone. Mastrogiacomo è agghindato come un talebano e sembra che lei, simbolicamente, stia solidarizzando proprio con chi ha appena torturato il corpo che abbraccia. Ma non sono d’accordo con chi maligna così: le pene del rapito, fisiche e morali, giustificano in pieno il casino del rilascio ed anche un accenno di sindrome di Stoccolma.

 

Caro Strada, le scrivo invece per discutere delle sue parole, del suo atteggiamento. Qui in Italia, nel (suo?) Paese,  si è letto che lei, per trattare, avrebbe intimato:” O noi, o loro. Fuori dai coglioni il Sismi ed il Ros!”. Vorrei notare: 

 

a)     il Sismi (cui è appartenuto Calipari) ed il Ros sono parte dello Stato italiano. Ci dica, allora, se lei è ancora cittadino italiano: o sì o no.

b)     se il punto a) le sembra un sofisma giuridico, resta il fatto che, in pratica, il suo …aut …aut è stato trasformato abilmente dai talebani in un …et …et.

 

Rompendo l’unità con lo Stato (ed il nostro Governo glielo ha consentito) i sequestratori hanno giocato su un doppio tavolo, …e qui …e là. Da una parte, non si sono sporcati le mani “col governo che odiano” (parole sue); ma dall’altra parte hanno ottenuto che quel Governo, indegno di sedere al loro tavolo delle trattative, si facesse loro servo zelante ed insistente presso il Governo afgano per lo scambio. O si o no? Emergency è anche lo Stato, oltre che un servizio per chi soffre?

 

Le do, forse, una notizia. I talebani et usano et sono padroni di Emergency: come civili, ci vanno in condizione di parità per curarsi (ed in questo il vostro lavoro è veramente ammirevole); come “soggetti politici”, ci vengono per ordinare.

 

No, caro Strada, quel “o noi o loro” non dovrebbe andarle giù neppure a lei, perché i talebani l’hanno trasformato in un: o con noi o contro di noi. Lei avrebbe dovuto dire: io non tratto perché sono Madre Teresa di Calcutta. Parlo con voi perché me lo chiedono e perché vi conosco bene, ma io sono soggetto al mio Governo. Vi chiedo di restituire un civile italiano perché non ci sono civili afgani sequestrati dagli italiani e perché i civili non c’entrano con la guerra.

 

La guerra, una parola da Lei così usata, un dramma che Lei, come uomo e cittadino, giustamente detesta. Ma forse Lei non è più solo un cittadino. Col suo collega Massimo D’Alema, co-ministro degli Esteri, parlate certo insieme, di guerra e di terrorismo. Perché il problema, tuttora irrisolto, ruota tutto qui: qual è lo status giuridico del terrorista internazionale?

 

Lei parla di guerra,  caro Strada, perché è un inguaribile ottimista; io, invece, sono molto pessimista. Penso che se non interviene presto un’alba di libertà e di legalità, allora sì potrà esserci una vera guerra, in cui sarà indifferente uccidere i civili, in cui il dolore consumato sarà così grande che, alla fine, chi fino al giorno prima ha bombardato per ucciderti deliberatamente sarà salutato con gioia e fazzoletti sventolanti. Oggi, per fortuna, non è ancora così, c’è orrore e dolore per le “vittime collaterali”.

 

Ma ci sono curiosi personaggi che albergano nella maggioranza, o nel suo simulacro, i quali fanno notare che gruppi terroristici come Hamas, o Hezbollah, o la stessa Al-Quaeda hanno un seguito popolare. Anzi, in molti casi i rappresentanti dei gruppi terroristi sono pure eletti nei rispettivi Parlamenti o al Governo. Agli occhi di questi strani personaggi, il fatto che il (sacro!) popolo sostenga questi gruppi fa sì che le loro azioni terroristiche – in sé formalmente condannate – siano comunque espressione di una sorta di “terrorismo a base democratica”. 

 

Ci sono poi altri personaggi, altrettanto curiosi, che si illudono di poter combattere il terrorismo con bombe intelligenti e manichee che distinguono i terroristi dal (sacro!) popolo. Ma queste bombe ancora non esistono. Ecco perché sono pessimista: perché né gli uni né gli altri si avvedono che sono già esistiti terrorismi democraticamente eletti al potere: nazismo e fascismo.

 

Se non acquisiamo vera consapevolezza che gli attuali terroristi, votati dal popolo,  proclamano che non avranno pace finchè l’ultimo ebreo non sarà ucciso, c’è una somiglianza col passato che mi spaventa: per questo, per evitare un futuro ben peggiore, non vorrei “sprecare” la parola guerra, pur tra tanti morti e feriti.

 

Caro Strada, quando discute col suo collega di Governo D’Alema dello status giuridico dei terroristi, come ne parlate? Potete assumere una proposta che faccia chiarezza? Perché c’è ancora molta confusione al riguardo, in giro. Una teoria dice che è in corso una guerra degli Stati al terrorismo: è una novità bizzarra perché sinora la guerra è sempre stata tra Stati, ma tant’è.

 

Se le parole hanno un senso giuridico, allora, le conseguenze sono interne ed esterne.

Intanto, il Capo dello Stato dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere contro il nemico; ri-prendono corpo numerosi articoli dormienti del codice penale a tutela della Patria in guerra. La coalizione internazionale degli Stati in guerra combatte i terroristi;  le varie Guantanamo vanno poste sotto il controllo della medesima. Ai prigionieri si applica la convenzione di Ginevra; possono esserci scambi di militari prigionieri. Alla fine, a guerra vinta dalla coalizione, dovrebbe esserci una conferenza di pace. Con chi? Chi dichiara la capitolazione tra i terroristi? Chi ne ha la rappresentanza legale, anzi la sovranità? Qual è la capitale dello Stato dei terroristi: Londra, Madrid, New York, Milano, Parigi, Kabul, Islamabad? 

 

No, la teoria non regge. Che disdetta: niente guerra, niente conferenza di pace, niente talebani attorno al tavolo rotondo, niente rose ed orchidee in mezzo. L’altra teoria è che la lotta ai terroristi sia un’operazione di polizia internazionale. Se è così Guantanamo va decisamente chiusa, i sospetti terroristi si catturano e processano alla luce del sole nello Stato in cui hanno commesso il reato (con tutte le cautele dell’estradizione). Di nuovo, ed a maggior ragione, con i terroristi non si fanno conferenze di pace. Abbiamo fatto una conferenza di pace, noi, con le Brigate Rosse? Ma la polizia internazionale può utilizzare i missili? No, i poliziotti catturano i sospetti, non li fanno saltare in aria. Ma senza missili e bombe, lo sappiamo tutti, non si vince.

 

Intanto, però, i pochi (o tanti) terroristi catturati continuano a giacere in prigioni segrete fuori controllo e senza processo. Per quanto tempo? Per quanto ancora il loro status può restare indefinito? Sappiamo cosa fanno, ma se non sappiamo definitivamente come definirli, non sappiamo chi siamo noi e cosa facciamo: o no?

 

Gentile dott. Strada, ne parli se vuole e può, col suo collega co-ministro D’Alema. Con almeno un punto fermo: no alle conferenze di pace con i terroristi.

Alla prossima posa, magari da Fabio Fazio.