In questi tempi di spioni ed origlianti, di fotografie e telecamere, di You tube e reality imperanti, mi piace ricordare un grande film. Forse quel bellissimo racconto dell’impossibilitĂ di raccontare agli altri, e forse anche a se stessi, ciò che di piĂą intimo può improvvisamente legarci o disgiungerci, potrebbe aiutare a riflettere prima di sentenziare su immagini ed intercettazioni.
Una nuova marea si annuncia. Si dice che esista un video, ripreso in una barca al largo di Capri, che ritrae un “politico” in animata compagnia. Prima che esca, mi sembra il caso di ritornare ancora per un istante sulla vicenda Sircana e sul dibattito che ne è sorto sul rapporto tra rispetto della privacy e diritto d’informazione.
Forse a causa dell’eccessivo intervento del garante, sembrano prendere corpo reazioni altrettanto nette ed eccessive a tutela della libertĂ d’informazione. Daniele Capezzone suggerisce che si deve dire tutto, e pagare se si sbaglia. E’ una tesi che ha il pregio della chiarezza, ma nĂ© il danno subito dalle vittime si colma sempre e solo col denaro (talvolta anzi per nulla), nĂ© gli editori economicamente forti sarebbero frenati dal timore di risarcire.
Per altri ancora, è la deontologia professionale nel verificare la notizia che dovrebbe prevalere. Questa sembra essere la tesi di Maurizio Belpietro per il quale raccogliere la notizia in modo corretto conferisce il diritto ed, allo stesso tempo, costituisce l’obbligo di pubblicare.
Anche questa tesi, come la precedente, ha molto di vero ma non dice tutto; o forse, molto semplicemente, chi le propone dà per scontato o per presupposto ciò che a me sembra opportuno specificare.
Intanto c’è da premettere che tra leggi e carte dei doveri varie, il mestiere del giornalista è regolato in tutto, e proprio per questo rischia di non essere regolato in niente.
Ad esempio, dal punto di vista dei limiti soggettivi, se fosse chiaro che la protezione assoluta spetta solo ai minori ed ai “matti”, e tutti gli altri rientrano per definizione in una “zona grigia” di valutazione caso per caso, a nessuno salterebbe in mente di attivarsi per proteggere qualche categoria particolare (i politici…).
A parte questo, i limiti piĂą importanti sono secondo me due.
Primo: se l’immagine o la notizia costituisce un possibile indizio di reato. Non è tanto la questione dell’obbligo che incombe anche al giornalista, in quanto cittadino, di segnalare senza indugio al magistrato la notizia, quanto il fatto che non mi sembra che da nessuna parte il codice deontologico vieti di utilizzare al giornalista una notizia, in suo esclusivo possesso, possibile prova di reato. Nella vicenda dei ricatti fotografici, ad esempio, il calciatore Adriano è stato uno di quelli che non ha pagato ed è finito sui giornali. Una di queste foto, a quanto pare, lo vedeva in qualche modo coinvolto in una presunta sniffata. Piaccia o no, in Italia è punita la detenzione di sostanze stupefacenti che si configura, a seconda delle quantitĂ , o in un illecito amministrativo o in un reato. La foto di Adriano, invece, era una spassosa presa in giro: si trattava di sale grosso frantumato predisposto per una grigliata. Ma, a mio parere, doveva essere il magistrato a vedere e valutare per primo l’immagine che è invece stata sparata ovunque. Specifiche norme, poi, dovrebbero essere previste per reati commessi da chi riveste un incarico pubblico: in questo caso, l’esigenza ella collettivitĂ di essere informata quanto prima dovrebbe essere tempestivamente assicurata.
Secondo: se l’immagine o la notizia riguarda un fatto privato accaduto in ambito privato. Sempre nel caso del povero Adriano, un’altra immagine lo ritrae mentre balla con due ragazze accanto, piĂą o meno discinte. Ora, il fatto che quell’immagine fosse stata acquisita a casa del calciatore non può essere indifferente. Da una parte, nessuno può “disarmare” i propri ospiti, sequestrando le macchine fotografiche e pertanto non si può evitare che le foto siano scattate. Dall’altra parte, però, solo col consenso di tutte le persone coinvolte un’immagine privata può diventare pubblica. Questo principio, per il quale ciò che è privato (il reato, invece, è per definizione pubblico) ed accade in privato non può trasformarsi in pubblico se non col consenso di tutti, è a maggior ragione vero quando si considera che spesso tali immagini o notizie sono acquisite in modo nascosto (teleobiettivi, mancata qualifica di essere un giornalista, truffa vera e propria, come nel caso specifico del calciatore in cui, a quanto pare, le ragazze erano state ingaggiate proprio per “creare” foto in qualche modo imbarazzanti).
Nessun limite alla pubblicazione, ci mancherebbe, per immagini “private” riprese in un luogo aperto al pubblico (strada, discoteca, eccetera). Con questo, siamo al portavoce di Prodi.
Il direttore del “Giornale” è assurto, grazie a ciò, a campione della libertĂ di stampa, e dopo il linciaggio iniziale è adesso lodato e vezzeggiato. SarĂ . E’ senz’altro vero che la notizia era raccolta in modo corretto, ma proprio per questo era evidente che Sircana non era stato oggetto di ricatto, ma di “protezione” da parte di un grande gruppo editoriale. Quali erano le vere intenzioni del “Giornale”? Forse quella di soddisfare il “gusto” di una parte dei suoi lettori, per il quale la notizia stava nell’abboccamento col trans, il pervertito, l’incarnazione del male e del peccato?
Aveva ragione, ma solo fino ad un certo punto, Gad Lerner nel denunciare la falsitĂ ed ipocrisia con cui si attaccava Sircana fingendo di difenderlo da un ricatto che non c’era mai stato (Sircana dice di essere stato del tutto all’oscuro) . Fino ad un certo punto, però, che non può essere sottaciuto. La prostituzione è spesso praticata per costrizione da parte di altri, tra violenze e soprusi di tutti i tipi. La “stupida curiositĂ ” (per dirla con Sircana) non può non essere valutata negativamente in un importante politico, non per il fatto in sĂ© (consumato o meno che sia), ma per il rischio che quel fatto nasca da una violenza che il Governo per primo dovrebbe contrastare.
RiporterĂ Sircana al suo capo, dopo questa vicenda, l’esigenza di legalizzare (anche dal punto di vista fiscale) questa professione, di dare sicurezza e libertĂ a chi la esercita? AffinchĂ© in qualunque luogo privato si svolgano i fatti, in un appartamento o in una barca nell’azzurro mare d’agosto, soltanto chi è coinvolto possa giudicare cosa e perchĂ© accade, se è lavoro o tempo libero, prossimitĂ o intimitĂ , sesso o altro?