Proposta di legge di iniziativa
popolare: "Legalizzazione dell'eutanasia"
I sottoscritti cittadini italiani presentano - ai sensi dell'art.
71, comma secondo della Costituzione ed in applicazione della legge
25 maggio 1970, n. 352 e successive modificazioni - la seguente
proposta di legge:
RELAZIONE
Onorevoli Parlamentari,
Nell'ambito delle problematiche poste dall'esercizio dell'attività
sanitaria, il principio della libera scelta dell'individuo, cioè
della libertà di decidere liberamente da sé per
quanto riguarda la propria salute, il proprio corpo, costituisce
il presupposto del diritto dell'individuo di poter disporre della
propria esistenza di fronte a prospettive terapeutiche proposte
dal sanitario.
Tale principio di libertà e diritto di autodeterminazione
dell'individuo rispetto alla propria esistenza, ha come conseguenza
che ogni tipo di intervento sanitario che non sia richiesto, o
che non abbia il consenso della persona interessata deve considerarsi
illecito (art. 5 Convenzione sui diritti umani e la biomedicina,
approvata dal Consiglio d'Europa nel 1997).
Pertanto da una parte c'è il dovere del sanitario di non
intervenire senza prima avere informato sulle condizioni di salute
in cui l'individuo si trova e sulle terapie alle quali deve essere
sottoposto e le possibili conseguenze, dall'altra parte vi è
il diritto del paziente ad esprimere un valido consenso.
Il consenso informato (informed consent) deve trovare pieno riconoscimento
giuridico, come esplicitamente deve essere interpretato e come
chiaramente recita l'art. 32 II comma della Carta Costituzionale
italiana (nessuno può essere obbligato ad un determinato
trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge
non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto
della persona umana).
Così l'art. 1 della L. 23.12.1978 n.833, istitutiva del
Servizio sanitario nazionale, II comma: "La tutela della
salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità
e della libertà della persona umana".
Il Codice di deontologia medica - ultima stesura data 1998 - sancisce
il diritto del malato a ricevere tutte le informazioni su diagnosi,
prognosi prospettive alternative terapeutiche e su qualsiasi conseguenza
delle scelte e decisioni prese (art. 30) e all'art. 34 afferma
il dovere del medico di attenersi, nel rispetto della dignità,
della libertà e dell'indipendenza professionale, alla volontà
di curarsi, liberamente espressa dalla persona.
Purtroppo nel nostro Paese il malato continua spesso a non essere
informato debitamente e sufficientemente; altresì il medesimo
viene ad essere escluso dalla richiesta e informazione relativamente
alle procedure di diagnosi e terapie cui dovrebbe essere sottoposto.
Sebbene la legge 31.12 1996 n.675 tuteli determinate problematiche,
tuttora sussiste (a fin di bene) una certa complicità tra
il medico curante e i familiari a protezione della persona malata
che viene, di fatto, esclusa da scelte e soluzioni che dovrebbero
essere solo ed esclusivamente un suo diritto sulla base del principio
di autodeterminazione.
Nessuno, proprio nessuno, deve e può decidere o prendere
soluzioni che riguardano l'esistenza di un'altra persona senza
che questa ne sia informata o perlomeno consenziente.
Il diritto di libera scelta e il diritto di autodeterminazione
dell'individuo di poter scegliere e disporre della propria esistenza,
vengono espresse in una disposizione di volontà che EXIT
Italia, Associazione italiana per il diritto ad una morte dignitosa,
suole chiamare testamento biologico - living will.
Le disposizioni di volontà espresse dall'individuo, in
un momento delle sue piene facoltà mentali e fisiche di
intendere e di volere, tramite questo atto formale sottoscritte
controfirmate da testimoni e da un fiduciario, devono essere accettate
e applicate, qualora vengano a verificarsi le condizioni previste
nel testamento biologico. Tale testamento acquista validità
giuridica al pari di un qualsiasi testamento di natura patrimoniale,
in quanto espressione di quel diritto di autodeterminazione e
di diritto di scelta della propria esistenza anche nella sua fase
finale.
Qualora la persona che abbia lasciato le sue disposizioni venga
a non trovarsi più in grado di esprimersi, la persona fiduciaria,
nominata nello stesso testamento biologico, deve esercitare i
diritti e le facoltà del sottoscrivente relativamente a
quanto espresso nella dichiarazione stessa.
Nel caso in cui non sia stato espresso il nominativo della persona
fiduciaria sarà consentito il ricorso al Giudice tutelare
per provvedere alla nomina.
Qualora poi dovessero sorgere divergenze tra le scelte operate
dai sanitari e la volontà espressa dal dichiarante, la
soluzione della controversia è demandata al Giudice del
tribunale del luogo dove si trova la persona malata, che dovrà
decidere secondo le procedure d'urgenza prevista dal codice di
procedura civile artt. 669 sexies segg.
La decisione del Giudice sarà comunque vincolata alla volontà
espressa dalla persona, nel momento in cui era nel pieno delle
facoltà d'intendere e di volere.
Il problema del diritto a morire del diritto ad una morte dignitosa
ed umana allo stato attuale del progresso conoscitivo è
sempre più diffusamente sentito sia nel mondo laico che
in quello religioso cattolico e non cattolico.
Se si parla di autodeterminazione da parte del malato molto dipende
certamente dal progresso culturale e morale, dalla maggiore sensibilità
ad ogni diritto della persona e all'individuazione di questi diritti
con l'esigenza di assicurare la maggiore dignità alla vita
di ognuno durante tutta la sua esistenza e quindi anche nella
sua fase conclusiva.
La dignità del nascere è un diritto acquisito.
Il diritto del vivere è un diritto acquisito.
La dignità del morire è un diritto che questo progetto
di legge si propone di far diventare un diritto acquisito, attraverso
il rispetto e l'applicazione di quelle disposizioni di volontà
che una persona capace ha sottoscritto.
Non ha alcun senso prolungare malattie che restano pur sempre
irreversibili con sofferenza crescente fisica e morale del paziente,
destinate comunque a concludersi con la morte: in questi casi
non si prolunga la vita, ma si prolunga lo stesso processo della
morte, che così non appare più un passaggio naturale,
come avveniva per il passato quando i mezzi per ritardare la morte
restavano limitati e quasi immodificati nei secoli.
Attualmente con i mezzi a disposizione si è in grado di
mantenere in vita, se così si può dire, individui
privi di ogni autonomia per lunghi periodi. Se la loro utilizzazione
è giustificata quando vi è una prospettiva di recupero,
quando la malattia è irrimediabile contribuiscono soltanto
a cambiare il modo di morire: procrastinando e prolungando il
morire, nascondono la morte.