Proposta di legge di iniziativa popolare: "Riforma
della legge sull'aborto, possibilità di ricorso all'aborto
farmacologico, facilitazione dell'accesso ai metodi contraccettivi
e della pillola del giorno dopo"
I sottoscritti cittadini italiani presentano - ai sensi dell'art.
71, comma secondo della Costituzione ed in applicazione della
legge 25 maggio 1970, n. 352 e successive modificazioni - la seguente
proposta di legge:
RELAZIONE
Onorevoli Parlamentari,
in una questione così difficile, così drammaticamente
coinvolgente la coscienza della donna (e di tutti) come quella
dell'aborto, è ammissibile che dominino ipocrisia e inganno?
Noi riteniamo di no. Per questo presentiamo una proposta di legge
che rappresenta in primo luogo un'operazione di pulizia e chiarezza.
La sostanza della proposta di legge sta nell'abolizione della
figura del c.d. "aborto di Stato" e nella previsione
di misure che possano facilitare le donne nell'accesso alle tecniche
contraccettive e abortive, in modo che possa essere evitata o
resa meno traumatica, una scelta già' di per se' drammatica
come quella di interrompere una gravidanza.
Con questa proposta di legge si prevede la possibilità'
per la donna di interrompere la propria gravidanza senza dover
dimostrare a un medico l'esistenza di problemi personali, e inoltre
si prevede la possibilità' di praticare l'aborto anche
nelle strutture sanitarie private oltre che in quelle pubbliche.
Infine, si e' disciplinata la possibilità' di interrompere
la gravidanza utilizzando le tecniche di aborto farmacologico,
(con la pillola RU486, già' ampiamente diffusa in altri
paesi europei) e si facilita l'accesso alle tecniche contraccettive,
quali ad esempio la c. d. "pillola del giorno dopo".
La presentazione di questa proposta di legge si e' resa necessaria
in quanto la legge 194, e le applicazioni che ne sono state fatte,
hanno determinato una serie di difficoltà' e di non più'
tollerabili contraddizioni. L'art. 1 della legge 194 stabilisce
che lo Stato "tutela la vita umana dal suo inizio".
Negli articoli successivi sono indicate le ipotesi nelle quali
lo Stato ritiene di poter comunque autorizzare l'aborto. In particolare,
esso è consentito entro i primi 90 giorni di gravidanza,
purché' la donna dichiari per iscritto, e un medico accerti,
che la maternità potrebbe comportare un "serio pericolo
per la sua salute, fisica o psichica" , oppure che potrebbe
determinare altri gravi disagi legati "alle sue condizioni
economiche, o sociali o familiari". Insomma, lo Stato non
osa riconoscere che solo la donna può scegliere se diventare
madre o no. Tuttavia ammicca alla donna, e le spiega che può
comunque abortire, a condizione che dichiari, non la propria verità
quale che sia, ma ciò' che nella maggioranza dei casi è
un falso, e cioè' l'esistenza di problemi di salute, magari
psichica, o l'esistenza di difficoltà' economiche. Il medico,
in questo contesto, è chiamato ad essere testimone-complice
della falsa dichiarazione.
Una seconda grave incongruenza della legge 194 e' quella che deriva
dal fatto che, pur essendo l'aborto consentito nel nostro ordinamento,
ne viene impedita la pratica nella strutture sanitarie private
a differenza di quanto accade per ogni altro intervento sanitario.
Tale questione acquista un rilievo e una valenza ulteriore nelle
zone in cui vi e' una forte presenza di medici obiettori nelle
strutture pubbliche, che determina difficoltà e ritardi
nella predisposizione degli interventi sanitari più'opportuni
a tutela della possibilità' di scelta e della salute della
donna.
All'obiezione per la quale si sostiene che la legge 194 nei fatti
comunque funzioni, rispondiamo che ciò' e' vero solo in
parte e, quasi sempre, solo grazie ad ipocrisie e menzogne che
sono richieste e imposte dalla stessa legge.
L'approvazione di questa proposta di legge, che rimanda alla responsabilità'
e alla coscienza della donna le decisioni relative all'interruzione
della gravidanza, è a nostro avviso l'unica strada seria
da percorrere per evitare che si arrivi all'imposizione di ulteriori
limiti alla possibilita' di scelta della donna quindi all'aumento
degli aborti praticati in modo clandestino, con drammatiche conseguenze
per la salute di centinaia di migliaia di donne.