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Pannella Marco - 24 gennaio 1976
Sul "caso Espresso"
Marco Pannella

SOMMARIO: Il giornalista Lino Jannuzzi coinvolto nello scandalo Gescal viene licenziato dal settimanale L'Espresso. Marco Pannella afferma che l'"affare Jannuzzi" è solo un pretesto per modificare la linea editoriale, laica e democratica, dell'Espresso, che da anni sostiene e promuove battaglie contro la corruzione politica e per la conquista dei diritti civili, a tutto vantaggio delle forze del potere.

(Notizie Radicali - Gennaio 1976 da " Marco Pannella - Scritti e discorsi - 1959-1980", editrice Gammalibri, gennaio 1982)

Fin dal giugno scorso denunciammo l'"affare Jannuzzi" come un pretesto per provocare una grave crisi politica ed editoriale nell'Espresso e farne precipitare la linea di una pratica opportunistica di servizio al potere, quale che esso fosse.

Per mesi ci si accusò di speculazione, di intolleranza, di settarismo, di calcoli inconfessabili. I fatti che riferiamo oggi sono inequivocabili, come sempre si sono rivelate in passato le nostre notizie. Accade dunque che il tradimento e la protervia nel tradire non paghino. Solidali fin ora non già come degli amici e dei collaboratori, ma come dei complici e dei compari, Zanetti, Gambino, Ajello, Flesca si accingono a usare fra di loro i soli mezzi di lotta che conoscono. Da piccolo-borghesi ambiziosi e frustrati, non sanno praticare altro che l'omertà e la rissa. Zanetti resiste, ma è un laico politicamente vile e sembra esausto: Ajello è solo uno spocchioso napoletano, un socialdemocratico di destra, come molti suoi simili pronto all'elogio del nuovo padrone comunista, se ci sarà, come del democristiano "aperto" o del repubblicano ieri. Il consigliere delegato Alessandrini da giugno a oggi è riuscito a sbagliare sempre tutto non facendo mai nulla. Scalfari è impegnato allo spasimo (poiché non sopporta m

ai sconfitte nelle sue scalate) in La Repubblica, mentre dell'Espresso non gli importano che i soldi, sinora probabilmente molti più di quelli denunciati al fisco, ma che quest'anno già cominciano a diminuire con un netto calo delle vendite. Non resta che Carlo Caracciolo: ma dovrebbe ancora una volta superare se stesso, impegnarsi senza riserve umane, manageriali, politiche, per farcela.

Non compro L'Espresso da più di due mesi, obbedendo alla consegna di boicottaggio data dal Partito radicale. Se ho fatto un po' di fatica nelle prime settimane, ora mi accorgo che guadagno tempo e anche soldi per un pacchetto di "Celtique" a non leggerlo nemmeno più.

Vorremmo dirgli che per uscire dalla crisi non ci sarebbe, anche editorialmente, che una rinnovata e questa volta definitiva e coraggiosa scelta antiautoritaria, anticlericale, antimilitarista, anti-compromesso storico: cioè una scelta radicale.

Invece incalzano viltà e servitù sempre maggiori. Avremo, tutt'al più un supplemento settimanale al Paese Sera di Alfonso Testa, o alla Voce di Oronzo Reale. Nemmeno all'Unità, al Popolo, alla Gazzetta Ufficiale.

In fondo, peccato, non ci piace veder passare sotto il naso gli avanzi di quelli che quotidianamente cercano di far fuori gli ideali nei quali crediamo. I mezzi busti e le mezze penne savianee fanno più che altro pena, malgrado l'unica cosa che continuano ad aumentare e rafforzare: i loro stipendi.

 
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