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Pannella Marco - 24 gennaio 1976
Caso "Espresso": miserevole fine di una redazione
di M. P.

SOMMARIO: Marco Pannella esprime il suo dissenso per la condotta del settimanale "L'Espresso", facendo una cronaca degli ultimi avvenimenti che hanno condotto il giornale alla crisi politica ed editoriale e all'accettazione di una linea opportunistica di servizio al potere.

Pannella afferma la convinzione che per uscire da tale crisi "L'ESPRESSO" deve operare una scelta definitiva antiautoritaria, anticlericale, antimilitarista, anti-compromesso storico: cioè una scelta radicale.

(NOTIZIE RADICALI N. 1, 24 gennaio 1976)

Roma, 18 gennaio - NR

Da tre giorni, senza sosta, si intrecciano e susseguono all'Espresso riunioni e scontri roventi. La crisi è riesplosa più forte di prima. Nello Ajello sarebbe il candidato di Scalfari e Alessandrini alla carica di nuovo direttore. Si sarebbe già deciso di liquidare, in un modo o nell'altro, Livio Zanetti, cui si addebitano le responsabilità maggiori del forte calo delle vendite e dell'ondata di dimissioni (alcune sarebbero state presentate nelle ultime 48 ore) che assommerebbero, in totale a 15 fra i maggiori giornalisti, redattori ordinari e collaboratori.

Per ora, Flesca e altri capi servizio sembrano ancora sostenere Zanetti: ma si è in fase di affannose trattative.

Gli incontri della redazione sono burrascosi ed in particolare Giancesare Flesca e Antonio Gambino sono stati sul punto di passare a vie di fatto. Gambino, tra l'altra, pretenderebbe di collaborare anche a "La Repubblica", chiedendo a suo favore lo stesso trattamento eccezionale fatto a Giorgio Bocca.

Passando a cose più serie, si segnala anche un violento attacco alla situazione del giornale da parte di Vittorio Saltini, che è il portavoce di quanto resta di prestigioso all'"Espresso", cioè i collaboratori fissi, da Zevi a Moravia.

Zanetti e Ajello negli ultimi tempi, per tamponare altre fughe, hanno usato a fondo argomenti finanziari. E adesso, naturalmente, il Comitato di Redazione sembra avere trovato un solo punto di unità: chiede per tutti, senza eccezione, cospicui aumenti dei compensi.

"Fin dal giugno scorso denunciammo l'"affare Jannuzzi" come un pretesto per provocare una grave crisi politica ed editoriale nell'Espresso e farne precipitare la linea in una pratica opportunistica di servizi al potere, quale che esso fosse.

Per mesi ci si accusò di speculazione, di intolleranza, di settarismo, di calcoli inconfessabili. I fatti che riferiamo oggi sono inequivocabili, come sempre si sono rivelate in passato le nostre notizie. Accade dunque che il tradimento e la protervia nel tradire non paghino. Solidali finora non già come degli amici e dei collaboratori, ma come dei complici e dei compari, Zanetti, Gambino, Ajello, Flesca si accingono ad usare fra di loro i soli mezzi di lotta che conoscono. Da piccoli-borghesi ambiziosi e frustati non sanno praticare altro che l'omertà e la rissa. Zanetti resiste, ma è un laico politicamente vile e sembra esausto; Ajello è solo uno spocchioso napoletano, un socialdemocratico di destra, come molti suoi simili pronto all'elogio del nuovo padrone comunista, se ci sarà, come del democristiano "aperto" o del repubblicano ieri. Il consigliere delegato Alessandrini da giugno ad oggi è riuscito a sbagliare sempre tutto non facendo mai nulla. Scalfari è impegnato allo spasimo (poiché non sopporta mai

sconfitte nelle sue scalate) in "La Repubblica", mentre dell'Espresso non gli importano che i soldi, sinora probabilmente molti di più di quelli denunciati al fisco, ma che quest'anno già cominciano a diminuire con un netto calo delle vendite.

Non resta che Carlo Caracciolo: ma dovrebbe ancora una volta superare se stesso, impegnarsi senza riserve umane, manageriali, politiche per farcela.

Non compro più l'Espresso da più di due mesi, obbedendo alla consegna di boicottaggio data dal Partito Radicale. Se ho fatto un po' di fatica nella prima settimana, ora mi accorgo che guadagno tempo e anche soldi per un pacchetto di "Celtique" a non leggerlo nemmeno più.

Vorremmo dirgli che per uscire dalla crisi non ci sarebbe, anche editorialmente, che una rinnovata e questa volta definitiva e coraggiosa scelta antiautoritaria, anticlericale, antimilitarista, anti-compromesso storico: cioè una scelta radicale.

Invece, incalzano viltà e servitù sempre maggiori. Avremo, tutt'al più un supplemento settimanale al Paese Sera di Alfonso Testa o alla "Voce" di Oronzo Reale. Nemmeno all'Unità, al Popolo, o alla Gazzetta Ufficiale.

In fondo, peccato, non ci piace vedere passare sotto al naso gli avanzi di quelli che quotidianamente cercano di far fuori gli ideali nei quali crediamo.

I mezzi busti e le mezze-penne savianee fanno più che altro pena, malgrado l'unica cosa che continuano ad aumentare e rafforzare: i loro stipendi".

 
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