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Cicciomessere Roberto - 14 novembre 1989
L'uso improprio dell'arma del digiuno
Roberto Cicciomessere

SOMMARIO: L'inflazione del digiuno come arma nonviolenta ha portato alla sua trasformazione da strumento estremo di dialogo a generico mezzo di protesta, e l'effettiva mancanza del diritto all'informazione ha di fatto reso impraticabile questo strumento: è necessario definirne nuove modalità "tecniche"; stabilirne nuove regole sull'adesione successiva; e soprattutto individuare un varco nel sistema informativo che consenta di manifestarne la forza. Forse è necessario che il digiunatore sia localizzabile in un preciso luogo, nel luogo del potere: vent'anni fa questo luogo era il Parlamento; oggi è la televisione.

(Notizie Radicali n.248 del 14 novembre 1989)

Bene, neppure il digiuno è un sacro tabù nel Partito radicale. Il rischio che questo mezzo estremo dell'iniziativa nonviolenta fosse ormai entrato a far parte di una ritualità radicale conforme all'abitudine piuttosto che alla necessità storica e politica è stato allontanato.

Marco Pannella, Giovanni Negri e Luigi Del Gatto propongono infatti che nel partito si apra un " grande dibattito" sul digiuno certamente perché si rendono conto che anche quest'arma, al pari degli altri strumenti di lotta dei radicali, rischia di perdere la sua efficacia nel momento in cui l'avversario riesce a dispiegare tutte le sue contromisure. Deve essere quindi "ammodernata" per far fronte ai nuovi terreni di scontro e per vincere le nuove difese del "nemico".

In effetti questo dibattito si era già aperto quando gravissimi episodi di uso improprio dell'arma nonviolenta avevano messo in dubbio perfino la possibilità di servirsene ancora.

Il momento più drammatico fu nel '78, quando alcuni militanti irlandesi dell'Ira si lasciarono morire di fame nell'ambito di una azione e di una prassi politica decisamente estranee alla nonviolenza.

Ma anche a prescindere da quell'episodio, tutti ci siamo resi conto che l'inflazione del digiuno ha portato ad una sua trasformazione da strumento estremo di dialogo a generico mezzo di protesta, al pari di altre forme di lotta non necessariamente nonviolente. Il digiuno ha così perso parte della sua forza, della sua credibilità, della sua capacità di colpire il cuore e la mente dell'opinione pubblica.

Il digiuno nonviolento deve infatti provocare rispetto e attenzione innanzitutto in chi non condivide la posizione ideale e politica di chi lo pratica. Rispetto quindi per la coerenza di chi non chiede l'imposizione della sua "legge", ma "solo" che sia rispettata e applicata la Legge che lo stesso avversario proclama come universale o che sia rispettato il suo diritto a poter concorrere democraticamente alla modifica della Legge.

Il cittadino comune deve insomma essere messo in condizione di poter dire che non condivide la posizione del nonviolento ma che "è disposto a morire per difendere il suo diritto a sostenerla".

La nonviolenza è infatti la massima espressione della tolleranza e del rispetto del principio di legalità.

Il nonviolento non vuole sopraffare l'avversario, non vuole sostituire al dominio di un ceto o di una etnia quello della propria classe o razza, ma imporre regole di tolleranza, rendere compiuta la democrazia politica.

L'obiettivo storico della nonviolenza è quindi quello di rimuovere la convinzione che giustizia, libertà e progresso per affermarsi debbano pagare quell'ineluttabile tributo di violenza, di guerra e di devastazione ambientale che fin qui la storia sembra aver sempre richiesto.

Il digiunatore di protesta chiede invece solo solidarietà alla propria causa, alla propria condizione di emarginato, di sfrattato o di disoccupato senza proporre una nuova legge che abbia un valore e un interesse generale. Chiede e ottiene consensi solo da chi è preventivamente d'accordo con le ragioni politiche che sono alla base della sua protesta.

Spesso usa il digiuno come strumento di ricatto: mi lascio morire se non mi date un lavoro o una casa o il giudice non mi concede il beneficio degli arresti domiciliari.

In questi casi l'uso della nonviolenza è strumentale, determinato solo dall'impossibilità di usare altri mezzi piuttosto che dalla convinzione di dover espellere dallo scontro politico ogni forma di violenza e di dover ricercare con ogni mezzo il dialogo con l'antagonista per creare nuovo diritto nell'interesse di tutti.

Certo è preferibile che l'emarginato digiuni piuttosto che spari. Ma l'uso inflazionato e improprio del digiuno ha come effetto la svalutazione della forza della nonviolenza privando tutti della possibilità di usare con successo quest'arma.

Anche per questo nel Partito radicale si è affacciato il dubbio della inefficacia di quest'arma nell'odierno scontro politico.

Di tutto questo tiene conto il documento di Pannella, Negri e Del Gatto quando chiede una »profonda ridefinizione dell'arma estrema del digiuno, delle sue regole e metodologie .

Si propone quindi di cambiare o riprecisare la grammatica e la sintassi del digiuno per restituirgli la sua riconoscibilità e la sua "identità" rispetto alle tradizionali forme di lotta politica.

Sono pienamente d'accordo sulla necessità di definire nuove modalità "tecniche", da quelle dei cappuccini alle forme di controllo e assistenza medica. E ancora sull'urgenza di stabilire nuove regole per quanto riguarda l'adesione successiva ad un digiuno per non far gravare sui promotori dell'iniziativa nonviolenta anche le responsabilità e i condizionamenti derivanti dallo stato di salute e dal livello di convinzione di altre persone. In questa direzione si muove la proposta di prevedere che l'associazione di altre persone ad uno sciopero della fame ad oltranza possa avvenire solo dopo un certo numero di giorni o settimane preventivamente fissati, attuando così una forma di escalation nonviolenta.

Così ancora è necessario precisare se sciopero della fame e digiuno sono sinonimi o significano due cose diverse.

Ma il quesito che mi sembra esiga la più urgente risposta è quello che riguarda la praticabilità del digiuno in un una società privata sostanzialmente del diritto all'informazione.

Il »movimento del digiuno - scrive Luigi Manconi - si manifesta attraverso la notizia che un digiuno è in atto e l'immagine di un corpo digiunante che dimagrisce, si indebolisce, si disidrata .

Ma se questa notizia, questa immagine non sono trasmesse all'ambiente?

Certo il digiuno deve servire anche per rompere il muro del silenzio e dell'omertà. Sempre Manconi ricorda che alcuni mezzi di lotta radicali sono essi stessi »mezzi di comunicazione che trasmettono messaggi destinati all'ambiente .

Ma quando i margini delle contraddizioni e delle aperture del sistema informativo sono così angusti come in Italia e in molti altri paesi dell'occidente, si affaccia un dubbio: è legittimo correre il rischio che il digiuno ad oltranza, anche se condotto nel più limpido rispetto delle leggi della nonviolenza, anche se rinnovato nella sua grammatica e sintassi, possa avere come unici sbocchi la morte o la rinuncia ?

Un digiuno proclamato ad oltranza può essere sospeso, ripreso, può essere perfino clamorosamente sconfitto senza per questo intaccare la forza dello strumento, ma non può procedere e terminare nel silenzio, nell'indifferenza, nel nulla. Farlo in quelle condizioni significa assumersi la responsabilità di disarmare, di privare definitivamente di quest'arma il nonviolento.

Certo, queste osservazioni portano a confermare come obiettivo prioritario di un democratico nonviolento l'adozione di nuove regole costituzionali per il quarto potere. Ma come è possibile condurre questa lotta se lo stesso potere informativo impedisce di fatto l'esercizio di un contraddittorio politico che non sia falsato o riservato ai soli complici di regime?

La condizione quindi per poter ripristinare e riutilizzare l'arma del digiuno nonviolento è l'individuazione di un varco, se ancora esiste, nel sistema informativo che consenta a quest'arma di manifestare tutta la sua drammatica forza.

Ecco un tentativo per sciogliere questa riserva.

Abbiamo in questi vent'anni sempre affermato che il digiunatore non è un fachiro che debba esibire le sue performance dietetiche in un posto particolare dove il pubblico possa controllarlo. Chi crede che il digiunatore bari, continuerà a pensarlo anche se è rinchiuso in una gabbia ermetica di vetro.

Abbiamo quindi digiunato senza modificare sostanzialmente il ritmo e i luoghi nella nostra esistenza.

Ma oggi credo sia opportuno ridiscutere questo principio. Forse è necessario che chi conduce un digiuno sia localizzabile in un preciso luogo non tanto per rendere credibile la sua azione quando per impedire che sia semplicemente ignorato. Deve insomma essere visto nonostante i tentativi dei mass media di oscurarne o di alterarne l'immagine, la gente deve poter percepire la drammaticità del suo messaggio attraverso il "dimagrire del suo corpo". Deve infine poter condurre la sua azione nonviolenta nel cuore del potere politico e la sola sua presenza deve pesare, essere sentita come insopportabile e perfino provocatoria dall'avversario.

Venti anni fa avremmo risposto senza esitazioni che questo luogo è il Parlamento. Nella Corsia Agonale - la piccola via che si apre a Roma proprio di fronte al Senato italiano - sono stati condotti i primi scioperi della fame per il divorzio. I senatori sentivano, quasi fisicamente sul proprio collo, l'alito, la presenza e il controllo pressante dei militanti della Lid accampati con una roulotte a poche decine di metri dal proprio scranno.

Oggi il potere siede altrove, innanzitutto nel sistema televisivo pubblico e privato, nelle grandi multinazionali e nei potentati economici che hanno concentrato in sé tutto il potere informativo, nei partiti-azienda...

Non è certo questa la sede per definire i luoghi migliori per condurre il digiuno. Su queste pagine, nelle altre sedi di discussione del Partito radicale, dobbiamo alimentare con nuovi suggerimenti e riflessioni il dibattito che si aperto a partire dal documento di Marco, Giovanni e Luigi.

I compagni che si incaricheranno di studiare le modalità della ripresa del digiuno per il diritto all'informazione potranno invece valutare con maggiore precisione i pochi spunti che sono riuscito a fornire e quelli che seguiranno.

 
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