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Archivio Partito radicale
Ponzone Lorenza - 1 gennaio 1993
(6) Il Partito Radicale nella politica italiana: 1962-1989
di Lorenza Ponzone

CAPITOLO III

DALLE PIAZZE AL PARLAMENTO (1967/1976)

SOMMARIO: Il capitolo è suddiviso in sei paragrafi.

1. Comincia la lunga marcia: analizza le caratteristiche organizzative e strutturali del partito fino al Congresso del novembre 1972. 2. Dietro ai mille radicali; i movimenti, le prime sedi periferiche: il partito e le sue strutture fino al congresso di Verona del novembre 1973, con la nomina a segretario nazionale del triestino Giulio Ercolessi. Viene segnalata la formazione dei primi nuclei regionali e locali e delle prime organizzazioni federate (Lega per l'Obiezione di Coscienza, F.U.O.R.I., Movimento per la Liberazione della Donna, Centro Italiano per la Sterilizzazione e l'Aborto, ecc.). 3. Per i referendum; col tavolo sulle spalle: gli avvenimenti del 1974 e fino al congresso di Firenze (nov. 1975). Minuta ricostruzione, fin dove possibile, delle strutture di raccolta delle firme per i referendum, in rapporto alla crescita dell'organizzazione territoriale (regionale) del partito. 4. Si contano i primi soldi. I bilanci (1973/74/75): tentativo di analisi delle strutture finanziarie e dei bilanci nel per

iodo indicato. 5. L'Italia risponde. Quattro radicali alla Camera: campagna elettorale del 1976 e sue caratteristiche organizzative, finanziarie e politiche; nascita di Radio Radicale. 6. Dopo il successo elettorale, la disorganizzazione scientifica. Nasce la ribellione interna: I problemi nati con l'ingresso in parlamento; il finanziamento pubblico; le nuove adesioni provenienti dalle più diverse aree; il dibattito sull'organizzazione e sullo statuto; Congresso di Napoli del novembre 1976, con il cambiamento del simbolo; nuove "sigle" federate; un tentativo di analisi sociologica.

(Lorenza Ponzone, IL PARTITO RADICALE NELLA POLITICA ITALIANA, 1962-1989, Schena editore, gennaio 1993)

1. Comincia la lunga marcia

Ricostruire le varie fasi organizzative del partito radicale non è agevole per la mancanza di dati certi e perché quei pochi certi appaiono discontinui: si pensi che il primo "rapporto sullo stato del partito" è stato predisposto soltanto nel 1981 dal tesoriere Marcello Crivellini, e che mai prima di quella data era stato elaborato, anche sommariamente, l'insieme delle informazioni che misuravano, per così dire, fisicamente il partito radicale.

Certamente la filosofia organizzativa del partito rispecchia la concezione stessa del far politica; i radicali si concentravano su obiettivi singoli, anno per anno, creando strutture flessibili adatte al singolo scopo, e da eliminare una volta realizzatolo. Il che se da un lato ha prodotto risultati impensabili per un partito così piccolo ed ha impedito la formazione di burocrazie ed apparati, dall'altro lato »ha diffuso nel partito la valutazione che ogni struttura sia a perdere e che ogni supporto organizzativo della politica debba sottostare alla filosofia dell'usa e getta (124). Sicché l'estrema flessibilità dell'organizzazione ha impedito il costituirsi di strutture operative permanenti, che forse avrebbero potuto portare alla formazione di uno strumento durevole e più economicamente valido ai fini del partito senza, necessariamente, trasformarsi in una costruzione burocratica e quindi parassitaria. Tenuto conto della caratteristica anomala dell'organizzazione, l'analisi delle strutture deve essere stu

diata secondo un'ottica non tradizionale perché, altrimenti, si rischierebbe di cadere in un errore di valutazione. Non si può esaminare l'obiettività dei dati seguendo gli schemi di approccio sociologico in uso per gli altri partiti: gli iscritti, in senso quantitativo, geografico, la stratificazione sociale e politica degli stessi devono essere analizzati sotto un profilo particolare. Il partito radicale coinvolge componenti e quantità diverse di persone in base alle lotte che intraprende: perciò il numero degli iscritti ha un rilievo relativo, in quanto vanno considerate le strutture laterali e contingenti, quali per esempio i comitati per i referendum. Lo statuto stesso del partito, peraltro, si ispira a particolari criteri organizzativi di stampo federalista, come abbiamo accennato nel primo capitolo (125).

Pertanto, va fatta subito una prima distinzione tra struttura interna ed esterna; quella interna era articolata in partiti regionali, con statuti autonomi i cui segretari sedevano nel consiglio federativo, che era ritenuto l'organo di permanenza politica tra un congresso e l'altro. Il partito nazionale non avrebbe dovuto essere nient'altro che la federazione dei vari partiti regionali.

L'articolazione esterna permetteva la federazione col partito di gruppi e movimenti non radicali, i cui aderenti non avevano alcun diritto di partecipare ai congressi del partito; avevano, invece, il diritto di designare alcuni rappresentanti nel consiglio federativo. Questo tipo di adesione fu il modo più seguito per federare al partito molti movimenti nati soprattutto nel periodo '71-'75. Bisogna aggiungere che lo statuto prevedeva la possibilità di federare movimenti non radicali, anche a livello locale. La seconda strada, gli accordi a livello locale, però, fu percorsa raramente.

Sta di fatto che attorno al P.R. si era formata una costellazione di associazioni ai fini di lotte specifiche. Le associazioni si sono in effetti servite del partito: è successo anche che qualche gruppo, con il passare del tempo, si sia distaccato dal partito, anzi abbia assunto posizioni critiche verso di esso.

Bisogna però, a questo punto, chiarire che alcune delle associazioni gravitanti attorno ai radicali non sono nate in modo spontaneo, e successivamente si sono federate, secondo la sequenza prevista dello statuto, apportando al partito le aspettative delle persone che rappresentavano. Talune sono state create dallo stesso partito proprio allo scopo di organizzare un certo consenso intorno a specifiche tematiche (126). Ecco perché essendo stati, questi movimenti, per così dire generati dai radicali, bisogna assimilarli, come struttura (numero di iscritti, dislocazione geografica, collocazione ideologica e politica) al partito medesimo.

Le dimensioni del partito, tra il 1967 ed il 1972, sono assai modeste: non più di 250 iscritti, con punta minima di 150, fino alla fine del 1971, e soltanto due sedi, Roma e Milano. Ma non è un dato significativo in sé: devono essere considerati i simpatizzanti e i sostenitori "non iscritti", i quali poi possedevano una tessera. L'entità di questa ultima categoria può essere ipotizzata (mancando qualsiasi riferimento) sulla base dei dati degli anni successivi, in numero almeno pari a quello degli iscritti. Bisogna però ricordare che il partito radicale, per scelta precisa, era autofinanziato. La mancanza di iscritti o sostenitori incideva quindi direttamente sulle capacità finanziarie del partito, essenziali per l'efficacia di qualsiasi iniziativa politica, anche se la struttura, l'organizzazione del partito era basata sul volontariato. Non c'era all'interno del P.R. una burocrazia da mantenere.

In realtà, il vero e proprio finanziamento avveniva ad hoc, per ciascuna iniziativa politica. I radicali, ogni anno, al congresso si riunivano intorno ad un tema, sul quale si sarebbe incentrata la lotta del partito per l'anno successivo. Così il partito chiedeva contributi a chi era interessato alle singole battaglie, come vedremo in seguito, ad esempio per i referendum.

Il periodo dal '67 alla fine del '71 è quello in cui il partito è più povero di iscritti, a crescita zero. Nel corso del decimo congresso (Roma, novembre 1971) si tentò di rafforzarlo, ponendo ai simpatizzanti, per la prima volta, l'alternativa "o crescere fino a mille iscritti entro un anno o scioglimento" (127), alternativa che diventerà poi un imperativo costante nella storia del partito. Nello stesso congresso, per la prima volta, viene proposta la possibilità della doppia tessera, per aumentare la forza del partito. Fino al decimo congresso l'esiguità degli iscritti non aveva posto limitazioni alle strategie radicali, perché il partito dilagava nelle organizzazioni collaterali, come la LID, che durante la battaglia per il divorzio aveva raccolto molte simpatie e decine di migliaia di aderenti dalle provenienze più varie, anzi era diventata quasi un movimento di massa, trasversale a molti partiti ed organizzazioni. Ma una volta conclusa positivamente la battaglia per il divorzio il partito tornò nel suo

alveo tradizionale, ritenuto ormai insufficiente per affrontare sul piano organizzativo tutte le altre tematiche che si volevano portare avanti.

Di qui l'idea di Marco Pannella, psicologicamente traumatica e suggestiva, dell'autoscioglimento, con l'alternativa di continuare a vivere se il partito avesse raggiunto almeno mille iscritti dato che soprattutto la cronica povertà di mezzi finanziari avrebbe costituito sempre un impedimento di fronte ad iniziative anche modeste. Il partito aveva sempre vissuto con i contributi dei propri militanti, e quindi soltanto un consistente aumento del loro numero avrebbe potuto rimpinguare le casse del partito stesso. Si consideri che le entrate del P.R., in questi anni, non superavano la soglia dei dieci milioni, somma che, anche per quei tempi, rappresentava una cifra povera, non certamente adeguata a mantenere una struttura anche minima, sia pure di sopravvivenza.

Il decimo congresso pose le basi organizzative per il rilancio del partito. Il primo vistoso risultato della mobilitazione del partito si può desumere dalla lettura di due documento: il bilancio consuntivo del 1· nov. 1971 - 15 ott. 1972 e l'elenco degli iscritti, con le indicazioni dei luoghi di residenza e delle somme versate per il tesseramento (128).

Il bilancio consuntivo (129) reca entrate per 25.839.424 lire, ed uscite per lire 30.136.028 con un disavanzo di 4.046.164 lire. Si noti che l'importo di questo bilancio è triplo rispetto all'ultimo conosciuto: trenta milioni contro dieci. Dalle poste di entrate si desume che gli iscritti paganti al 15 ottobre 1972 sono stati 598; la voce relativa ai non iscritti reca versamenti ricevuti da 823 sostenitori, un numero superiore a quello degli iscritti. Considerato che la quota di tesseramento era stata stabilita in lire 12 mila all'anno, se si divide l'entrata posta sotto la voce "quota iscritti" per il numero dei tesserati si ottiene una somma di circa 4.100, il che fa ritenere che non tutti gli iscritti avevano versato la quota richiesta. Questo calcolo rende non perfettamente attendibili i dati relativi al numero degli iscritti (130).

Da questo bilancio appare in tutta evidenza la scarsità dei contributi dei movimenti federati, inferiori di oltre la metà rispetto al preventivo. Per il referendum sul divorzio era stata preventivata una entrata di 5 milioni di lire ed invece si riscosse la somma di 456.600 lire. Di contro, se si osserva il capitolo di uscite, per la stessa voce si può notare che ad un preventivo di sei milioni corrispose la spesa di lire trentaquattromila.

Dall'insieme di questo primo scarno bilancio appare, in tutta evidenza, la scelta antiburocratica dei radicali. Si veda, per esempio, sotto la voce "rimborso spese" iscritta in uscita la somma di lire 2.494.630 e 1.590.150 per collaboratori, giustificata nell'allegato, come rimborso "ad una unica persona che assicura la propria collaborazione dalle otto alle tredici".

Dunque, l'azione del partito si basava sul volontariato, sullo spontaneismo, qualche volta anche casuale, dei pochi e dei molti che, per la maggior parte, erano persone appartenenti a quelle aree direttamente interessate al problema per il quale in quel momento ci si stava battendo, per esempio il divorzio, l'aborto, l'obiezione di coscienza.

Siffatta scelta, cioè un bilancio estremamente scarno, tuttavia, poteva costituire un limite allo sviluppo del partito che, seppure piccolissimo, doveva funzionare, doveva in qualche modo poter contare su di una pur minima struttura.

Alla povertà del bilancio si collega la questione dei "media", sul quale ci soffermeremo più avanti, punto dolente sempre posto dai radicali al centro di ogni dibattito. Fin dall'inizio, i rifondatori del P.R. avevano sperimentato l'arma micidiale del silenzio sul loro gruppo, sulle loro tematiche, sulle loro iniziative. Tutto questo concertato silenzio durò finché la natura dei diritti di cui i radicali si facevano tutori non si aprì ad un più ampio spettro, finché, insomma, non urtò contro enormi interessi politici, ideali ed economici. Soltanto al momento di questo impatto con la realtà degli interessi costituiti, si accesero sul P.R. le luci dei media, ma spesso per denigrare questo modo "tutto contro", "bizzarro", estraneo al sistema italiano di far politica.

Dall'elaborazione dell'elenco degli iscritti il P.R. appariva un partito fortemente urbano, concentrato nelle aree centro-settentrionali del Paese, con qualche presenza nel Sud e nelle Isole, con prevalenza romana, e una presenza significativa a Milano. Il 40 per cento dei 636 tesserati al 20 ott. 1972 risiede a Roma, il 6 per cento a Milano, le due città storiche per i radicali. Si nota un accenno di diffusione del partito in Piemonte ed in Emilia Romagna e, comunque, il P.R. qualche volta con un solitario iscritto è presente in quasi tutte le città (vedi tabelle nn. 1 e 2).

TAB. 1

Iscritti al P.R. al 15 ottobre 1972

AREE N. ISCRITTI % SUL TOTALE

------------------------------------------

NORD 276 43,46%

CENTRO 306 48,20%

SUD e ISOLE 53 8,31%

TOTALE 635 100,00%

REGIONI N. ISCRITTI % SUL TOTALE

-----------------------------------------

LAZIO 264 41,57%

LOMBARDIA 74 11,65%

PIEMONTE 60 9,44%

EMILIA ROMAGNA 54 8,5%

FRIULI VEN. GIULIA 38 5,98%

TOSCANA 35 5,51%

VENETO 23 3,62%

PUGLIA 18 2,83%

LIGURIA 12 1,88%

SICILIA 11 1,73%

VALLE D'AOSTA 11 1,73%

CAMPANIA 10 1,57%

SARDEGNA 6

UMBRIA 5

CALABRIA 4

TRENTINO ALTO AD. 4

ABRUZZO 3

MARCHE 2

BASILICATA 1

MOLISE -

ITALIA 635

Fonte: Nostra elaborazione dall'elenco degli iscritti pubblicato in "Notizie Radicali" n. 173, 20 ottobre 1972, ciclostilato.

TAB. 2

CAPOLUOGHI N.ISCRITTI PERCENTUALE ISCRITTI

DI PROVINCIA NEL CAPOLUOGO SUL

TOTALE

------------------------------------------

ROMA 255 (8)* 40,15%

MILANO 39 (8) 6,14%

TRIESTE 30 (1) 4,72%

TORINO 25 (7) 3,39%

BARI 12 (3) 1,88%

BOLOGNA 12 (4) 1,88%

REGGIO EMILIA 12 (5) 1,88%

AOSTA 11 1,73%

CUNEO 9 (8)

PISA 8

FIRENZE 7 (6)

GENOVA 7

VERONA 7

NAPOLI 6 (1)

PERUGIA 5

RAVENNA 5

(*) Il numero tra parentesi indica il numero degli iscritti nella provincia.

Nota: I rimanenti capoluoghi sono al di sotto dei 5 iscritti. Fonte: Nostra elaborazione dall'elenco degli iscritti pubblicato in "Notizie Radicali n. 173, 20 ottobre 1972, ciclostilato.

L'appello pressante lanciato alla vigilia dell'undicesimo congresso (nov. 1972) sortì un discreto successo. Gli iscritti raggiunsero il numero di 1.300, trecento in più della soglia che si era stabilita per sopravvivere (131). Si contarono anche mille e cento sostenitori senza tessera. Contribuì a questa espansione la doppia tessera: circa un quinto degli iscritti risultò in possesso della tessera di un altro partito, di cui il 38,2 per cento aveva la tessera del P.S.I., il 31,8 per cento del P.R.I., l'11 per cento della "sinistra di classe"; il 9,5 per cento del P.C.I., il 9,5 per cento del P.L.I. (vedi tabella n. 3). Come si vede la maggioranza dei doppio tesserati proveniva dal partito socialista, per la comunanza di lotte e di obiettivi con questo partito, con il quale, nel corso degli anni, il P.R. sarà in costante rapporto dialettico.

TAB. 3

Doppie tessere P. R. (11· Congresso novembre 1972)

PARTITO O GRUPPO N. (STIMA) % % SUL TOTALE

DEGLI ISCRITTI

(n. = 1300)

-----------------------------------------------

PSI (90) 38,2 7,0

PRI (74) 31,8 5,6

SINISTRA DI CLASSE

E ANARCHICI (26) 11,0 2,0

PCI (22) 9,5 1,7

PLI (22) 9,5 1,7

(234) 100,00 18,0

Fonte: MASSIMO GUSSO, »Il P.R.: Organizzazione e leadership , CLEUP, Padova, 1982 pag. 39 (da ANGIOLO BANDINELLI "Il partito dei referendum" in »La prova radicale , n. 5, 1973).

Una indicazione organizzativa fu contenuta nella mozione approvata dall'undicesimo Congresso: essa impegnava il partito federale ad assicurare, con le sue strutture, con le sue funzioni, la formazione dei partiti radicali regionali per realizzare appieno quel modello di tipo federale che era stato prefigurato nello statuto del 1967 (132). In quel momento i radicali avvertivano l'esigenza di radicare il partito su tutto il territorio nazionale e sono convinti di avere, finalmente, i numeri per poter realizzare tale intendimento.

2. Dietro ai mille radicali: i movimenti, le prime sedi periferiche.

All'indomani dell'XI Congresso, che aveva posto le basi numeriche per una ripresa delle iniziative politiche, la dirigenza radicale si decise ad affrontare un altro problema: il forte sbilanciamento territoriale del partito, che aveva una grossa presenza nella capitale, quasi inesistente nel resto del paese. Di conseguenza ne derivava una estrema centralizzazione del partito, cosa contraria allo spirito libertario a cui volevano uniformare l'organizzazione, e poteva rendere inefficaci le azioni intraprese. Si decise, pertanto, in occasione della riunione della direzione del 5/7 gennaio 1973 (133) di approntare i primi strumenti organizzativi per il rafforzamento delle strutture locali del partito. Tra questi, secondo i dirigenti del partito, figurava il potenziamento del giornale "Notizie radicali". Si comincia così a delineare una prima struttura territoriale del partito: al 10 gennaio 1973 risultano costituite 14 sedi del P.R., di cui solo quattro sono sedi vere e proprie (Cuneo, Torino, Firenze, Roma), no

ve sono presso abitazioni private (Verona, Vicenza, Bologna, Faenza, Pisa, Milano, Trieste, Schio e Mantova) ed una (Venezia) risulta addirittura ubicata presso una casella postale (tab. 4).

TAB. 4

Sedi e recapiti del P.R. 1973

REGIONI GENNAIO 1973 APRILE 1973

------------------------------------------

VALLE D'AOSTA - 1

PIEMONTE 2 2

LIGURIA - 1

LOMBARDIA 2 3

VENETO 4 4

TRENTINO SUD T. - -

FRIULI VENEZIA G. 1 1

EMILIA ROMAGNA 2 5

MARCHE - -

ABRUZZO - -

MOLISE - -

UMBRIA - -

TOSCANA 2 2

LAZIO 1 1

CAMPANIA - -

CALABRIA - -

BASILICATA - 1

PUGLIA - -

SICILIA - 1

SARDEGNA - -

ITALIA 14 22

Fonte: Nostra elaborazione da "Notizie Radicali", n. 175, 10 gennaio 1973 e "Notizie Radicali", nn. 193-194, 10 aprile 1973.

In quel periodo sono anche nati alcuni comitati promotori per la costituzione di partiti regionali: furono sicuramente formati in Veneto, Emilia-Romagna e Toscana. Nei successivi tre mesi (aprile 1973) le sedi periferiche erano diventate ventuno, quasi il doppio (vedi tabella 4). Furono fondate le prime due sedi nel Sud, a Palermo, ed a Policoro, in provincia di Matera, centro rurale della riforma fondiaria lungo la parte ionica della Basilicata. E' necessario precisare che tra le sedi indicate una decina sono semplici recapiti.

Le sedi periferiche cominciarono ad attivarsi ed a promuovere delle iniziative in proprio a partire dalla primavera del 1973, come risulta dai documenti pubblicati su "Notizie radicali". A Torino, ad esempio, inizia le pubblicazioni un "Notiziario radicale", a cura della sede locale (134).

Intanto la presenza del P.R. si allargava, anche grazie ai movimenti federati che cominciavano a sorgere agli inizi degli anni Settanta, e che muovevano attorno al partito nuove energie. Questi movimenti davano voce ad esigenze che, ormai mature nella coscienza del paese, non trovavano, tuttavia, spazio nei partiti tradizionali.

La mappa dei movimenti, nel periodo iniziale '71-'73, presenta contorni imprecisi. I dati disponibili sono scarsi, non analitici. Le uniche notizie riscontrabili, seppure in una fonte secondaria, si riferiscono soltanto ad uno dei movimenti, quello antimilitarista, il solo che si era dato una vera e propria struttura.

Il movimento antimilitarista era nato, informalmente, nel 1967, in occasione della prima marcia organizzata dal P.R. sul percorso Milano-Vicenza. Da quell'anno in avanti, in contemporanea con i congressi radicali, si erano svolti convegni antimilitaristi che poi sfociarono nella costituzione della Lega Obiettori di Coscienza il 21 gennaio 1973, in Roma. Conosciamo il numero delle sedi della LOC (Lega Obiettori di Coscienza) nel 1973: sono trentuno, sparse su tutto il territorio nazionale, dal Nord al Sud, e possiamo considerare questa struttura periferica anche riferita al partito radicale (Tabella 5).

TAB. 5

Sedi L.O.C. 1973

REGIONE MARZO 1973

------------------------------------

VALLE D'AOSTA -

PIEMONTE 3

LIGURIA 2

LOMBARDIA 6

VENETO 2

TRENTINO SUD TIROLO 1

FRIULI 2

VENEZIA GIULIA 2

EMILIA ROMAGNA 2

MARCHE -

ABRUZZO -

MOLISE -

UMBRIA 1

TOSCANA 2

LAZIO 2

CAMPANIA 3

CALABRIA -

BASILICATA 1

PUGLIA 2

SICILIA 2

SARDEGNA -

ITALIA 31

Fonte: "Notizie Radicali", 8 marzo 1973, nn. 189-190. Tratta da: M. GUSSO, »Il P.R.: Organizzazione e leadership , pag. 44.

Sulle tematiche della liberazione sessuale si costituirono due movimenti, il MLD (Movimento di Liberazione della Donna) ed il FUORI (Fronte Unitario Omosessuali Rivoluzionari Italiani), (135).

Il primo, fondato da militanti radicali, nasce nel 1970, già federato al P.R. Fu lo strumento del partito per allargare il consenso intorno alla battaglia abortista.

Il secondo, il FUORI, fu costituito nel 1972, con l'appoggio materiale e politico del PR; il promotore ne fu Angelo Pezzana, iscritto al P.R. fin dal 1972, che faceva anche parte della direzione del partito eletta al congresso di Torino nel novembre '72. Il FUORI si federò al P.R. durante il congresso di Milano, nel novembre 1974. Nella costellazione dei movimenti, attorno al P.R., ebbe vita breve quello denominato Lega Italiana per l'abrogazione del Concordato. Infatti, restò in vita soltanto un anno, dal 14 febbraio 1971 all'ottobre 1972. Il motivo della scarsa presa del movimento anticoncordatario è da ricercare nel fatto che il fine che si proponeva non era sentito, alla base, come sentimento popolare, contrariamente a quanto accadeva per il divorzio. Inoltre la composizione stessa della Lega, espressione dei partiti (P.L.I., P.S.I., P.R.I., indipendenti di sinistra) per ovvi motivi di alchimie politiche e di opportunismi (collaborazione governativa con la D.C.) era di per sé un impedimento al suo svilup

po.

In questo stesso periodo, e precisamente il 20 settembre 1973, cominciò ad operare, seppure inizialmente in modo sotterraneo, il CISA (Centro Italiano Sterilizzazione e Aborto), che negli anni successivi darà un apporto di grande rilievo ad una delle battaglie centrali dei radicali (136). Era organizzato come una struttura operativa, con lo scopo di fornire informazioni sulla contraccezione e concreta assistenza per l'aborto, il tutto gratuitamente.

Riguardo al numero degli iscritti in questo periodo (novembre 1972/novembre 1973) non esistono fonti per rilevarlo.

Al Congresso di Verona, nel novembre 1973, entrarono negli organi centrali del P.R. nuovi elementi, provenienti dalle diverse realtà territoriali. Per la prima volta il partito radicale sembrava non caratterizzato dalla prevalenza della componente "romana", costante fin dalla sua fondazione. Diventò infatti segretario nazionale Giulio Ercolessi, un ventenne di Trieste. Nella stessa occasione, con una sortita clamorosa, Marco Pannella, leader storico indiscusso del P.R., dichiarò che non intendeva rinnovare l'iscrizione al partito, affermando che »se questo è il momento dello scontro, allora questo è il momento più di ogni altro di andare alla lotta con rigore e fiducia nelle nostre idee; di andarci in formazione libertaria, cioè senza leaders, senza tendenze sull'accentramento, senza conferimenti di carismi, senza bandiere, senza nomi, senza simboli, che non siano unicamente funzionali e tecnici rispetto alle lotte (137).

Fu soltanto una dichiarazione di principio, perché anche da non iscritto, nei momenti di crisi del partito, Pannella intervenne ugualmente, col peso della sua esperienza politica e del suo indiscusso carisma.

Sempre a Verona si gettarono le basi del progetto degli otto referendum, per il cui svolgimento sarebbero state raccolte le firme nella primavera successiva (138).

3. Per i referendum: col tavolo sulle spalle

Nel 1974 il partito riversa le sue energie nelle piazze e sui marciapiedi, dove sono urgenti i problemi del divorzio e della raccolta firme per i referendum appena decisi, per le lotte a favore dei detenuti, per gli scioperi della fame, contro la disinformazione della RAI-TV. Siffatto modo di far politica condizionò il reclutamento di nuovi iscritti, da un punto di vista formale. Perché, se da una parte cresceva il consenso intorno al P.R., grazie ai comitati per i referendum ed alle molteplici lotte in corso di svolgimento, dall'altra veniva trascurata la campagna per il tesseramento (139). Sicché si giunse al 14· Congresso di Milano nel novembre 1974, con poco meno di duemila iscritti, una cifra che riportiamo, anche se incerta (140).

A questo si aggiungeva che il funzionamento delle strutture era sempre difficile. La scarsa circolazione delle informazioni all'interno del partito, tra il centro e la periferia, era certamente il nodo più importante da risolvere.

"Notizie Radicali" riporta infatti le lamentele delle associazioni locali le quali, non riuscendo ad essere informate per tempo delle iniziative del partito a Roma, trovavano difficoltà ad orientarsi (141). Pertanto, dopo il terzo congresso - il primo del partito rifondato - si dette vita ad un periodico "Notizie Radicali", che avrebbe avuto il compito di collegare la direzione con le sedi locali, di informare i militanti dei vari movimenti, ed anche di essere luogo di dibattito e punto di riferimento per tutti.

Nonostante che l'impegno finanziario, in rapporto al bilancio del partito, per questa iniziativa giornalistica fosse notevole (il 24 per cento delle uscite, nell'anno 1973/74) (142), le pubblicazioni di "Notizie Radicali" non rispettavano la periodicità, e la distribuzione agli iscritti ed ai simpatizzanti non era regolare.

La prima serie (67/72) era ciclostilata ed ogni copia a stampa, anche successivamente al '72, appare di formato, di grafica, di impostazione sempre diversi; inoltre i redattori non erano mai fissi. Il P.R. non aveva certo la capacità finanziaria di dotarsi di un giornale quotidiano. Comunque, per precisa scelta ideologica, il messaggio da inviare all'opinione pubblica non doveva passare attraverso un organo di partito, ma doveva essere trasmesso attraverso i mass-media, con lo scopo di raggiungere un pubblico il più vasto possibile. "Notizie radicali" era quindi uno strumento di mobilitazione e di stimolo intorno a determinate battaglie politiche, interno al partito, non un organo di propaganda e di esternazione della linea ufficiale della dirigenza.

Le iniziative giornalistiche radicali sono conseguenti a queste scelte ideologiche: nel '63 la fondazione dell'"Agenzia radicale", di cui già ci siamo occupati (143) e, negli anni Settanta, gli scioperi della fame e della sete per ottenere spazi nelle reti della RAI-TV di Stato.

Ma anche "Notizie radicali" non era immune da quei vizi che nel partito si temevano: alcuni militanti locali, infatti, lamentavano che il giornale veniva partorito al centro, e a opera di pochissimi addetti ai lavori; e quindi se non poteva considerarsi una fonte di potere in senso proprio, comunque non era un idoneo strumento di dibattito politico all'interno del partito.

Negli stessi anni uscirono altri due giornali del P.R., "La Prova Radicale", trimestrale, ed il quotidiano "Liberazione", che visse soltanto un anno, dall'autunno '73 all'autunno '74. "La Prova Radicale", uscito nel '71 al '73, e redatto da un collettivo di collaboratori militanti, approfondì i temi delle battaglie radicali fornendo documentazioni. Nei primi numeri usò un linguaggio narrativo ed informativo; mentre negli ultimi numeri si occupò di saggistica politica. Il quotidiano "Liberazione" nacque come supporto al progetto referendario, e rappresentò il tentativo di informare l'opinione pubblica sui temi politici dei radicali.

La breve vita di "Liberazione" non permise di colmare il vuoto di informazione esistente sul P.R. Per supplire alla mancanza di collegamenti fra centro e periferia venne adottato l'invio, anch'esso molto disorganizzato, di volantini e di opuscoli, nei quali veniva spiegato il contenuto delle lotte radicali, ed anche le tecniche di raccolta delle firme per i referendum.

Comunque le sedi e i recapiti periferici continuavano a moltiplicarsi: in capo ad un anno passarono da ventuno e trentasette, di cui sette nel Sud. Di sedi effettive, però, se ne contavano 13; le restanti 24 erano semplici recapiti (Tabella 6). Una più sensibile presenza il P.R. la poté finalmente ottenere con la fondazione dei comitati per gli otto referendum del 1974, come si legge nella tabella n. 7. In totale vennero costituiti centotrentacinque comitati, sparsi in tutte le regioni, il 50 per cento dei quali fondati dal P.R. e dai gruppi federati.

TAB. 6

Sedi e recapiti P. R. 1974

REGIONE MARZO 1974

-------------------------------

VALLE D'AOSTA 1

PIEMONTE 3

LIGURIA 1

LOMBARDIA 3

VENETO 4

TRENTINO SUD TIROLO 2

FRIULI VENEZIA GIULIA 3

EMILIA ROMAGNA 4

MARCHE 2

ABRUZZO 1

MOLISE -

UMBRIA 1

TOSCANA 3

LAZIO 2

CAMPANIA 2

CALABRIA 1

BASILICATA -

PUGLIA 2

SICILIA 1

SARDEGNA 1

ITALIA 37

Fonte: "Liberazione", n. 9 marzo 1974, cfr. M. GUSSO, »Il P.R.: Organizzazione e leadership , CLEUP, Padova, pag. 48.

Nel corso delle campagne referendarie il P.R. trovò un sistema nuovo per entrare in contatto con gli elettori impiantando centri mobili, costituiti da tavoli nelle piazze e nelle strade per la raccolta delle firme e contemporaneamente per informare i cittadini delle tematiche radicali, formare un indirizzario a cui inviare giornali e volantini.

Sempre nel corso di questa campagna si riuscì a reclutare un agguerrito gruppo di nuovi militanti.

Infatti secondo alcune ricerche condotte tra il '76 e il '79 sui partecipanti ai congressi nazionali del P.R. (144), ancora nel '77 il 27,8% degli iscritti radicali risulta essersi avvicinato al partito durante la campagna degli otto referendum.

Ancora nel '79 il 30% circa degli iscritti radicali proviene dalla stessa esperienza.

La campagna referendaria, nonostante l'impegno dei radicali, non ebbe un esito positivo: si riuscì a raccogliere circa 150.000 firme per ciascun referendum, contro le 500.000 che, secondo la legge, sono necessarie per la validità della richiesta. Tuttavia se si tiene conto dell'esiguità del numero degli iscritti, meno di 2.000 (145), in confronto al 1.200.000 di firme raccolte complessivamente il risultato, in termini di potenziale aggregazione del consenso, fu rilevante.

TAB. 7

Comitati per gli "8 referendum" del 1974 facenti capo al P.R. e ad altri gruppi e movimenti. (Marzo 1974)

REGIONE PRI- PSI- UIL Circoli di Comunità PdUP, A.O. e Pr, gruppi Totale

FGR FGSI area liber- cristiane altri extra- federati e

taria e per il so- parlamentari simpatiz-

anarchica cialismo zanti

---------------------------------------------------------------------------------------

VALLE D'AOSTA 1 1

PIEMONTE 2 6 9

LIGURIA 1 3 4

LOMBARDIA 1 2 1 1 9 13

VENETO 1 1 1 6 9

TRENTINO SUD. T. 1 1 5 8

FRIULI V. GIULIA 4 4

EMILIA R. 3 1 2 4 10

MARCHE 1 1 2 3 7

ABRUZZO 1 3 1 3 8

MOLISE

UMBRIA 1 1 2

TOSCANA 1 4 1 3 1 8 18

LAZIO 5 8

CAMPANIA 1 2 2 2

CALABRIA 2 1 3

BASILICATA 2 3

PUGLIA 3 1 1 1 1 5 11

SICILIA 5 7 2 14

SARDEGNA 3 1 4

ITALIA 18 9 29 8 2 2 67 135

Fonte: "Liberazione", n. 9, 28 marzo 1974, elaborazione di M. GUSSO, »Il P.R.: Organizzazione e leadership , CLEUP, Padova, pag. 44.

Il fallimento della campagna referendaria si ripercosse però su quei dirigenti radicali che avevano puntato tutto sul progetto contenuto nelle consultazioni: Giulio Ercolessi, segretario nazionale, si disimpegnò dal suo mandato, creando una vacanza nell'esecutivo. Nella crisi si inserì Marco Pannella che iniziò un digiuno il 3 maggio 1974 per chiedere l'accesso del P.R. alla RAI-TV. In sostanza la protesta mirava a far uscire il partito dall'isolamento. Dopo settanta giorni di digiuno venne alla ribalta sulla stampa nazionale il "caso Pannella". Molte personalità politiche e intellettuali a questo punto dichiararono la loro solidarietà ai radicali. Il leader ancora una volta si rivelava, con il suo carisma, un importante fattore di organizzazione, in grado di supplire almeno in parte alle carenze strutturali del partito con un'azione individuale di indubbia efficacia.

Si giunse così al XIV Congresso di Milano (nov. 1974), che confermò l'uso del referendum abrogativo e si pose come obiettivo politico il raggiungimento del 20% della componente socialista e libertaria della sinistra italiana.

Durante i lavori del congresso vi fu un duro scontro sulla mozione organizzativa fra chi proponeva l'elezione di una direzione nazionale da parte del congresso, in aggiunta allo statutario "Consiglio Federativo", e chi vi si opponeva perché pensava che la direzione avrebbe finito con il controllare la segreteria che, per statuto, doveva rispondere solo al congresso.

Prevalse una soluzione di compromesso che prevedeva la costituzione di una direzione con compiti di coordinamento fra segreteria, tesoreria, e consiglio federativo. Sempre dalla mozione organizzativa si desume che i partiti regionali, i quali avrebbero dovuto costituire il nucleo principale del partito, non erano stati ancora costituiti, probabilmente per mancanza di consistenza numerica e di autonomia di iniziativa politica dei centri periferici.

Era necessario provvedere subito alla promozione dei partiti regionali e, di conseguenza, anche ad una ristrutturazione degli organi centrali. Quindi il congresso deliberò di eleggere i membri del consiglio federativo tenendo conto delle diverse realtà territoriali; il presidente avrebbe dovuto avere come compito prioritario assicurare l'integrazione del consiglio stesso in base ad alcuni criteri prefissati: elezione da parte di conferenze territoriali degli iscritti convocate in base ad aggregazioni interregionali stabilite (146). Tale integrazione avrebbe dovuto realizzarsi entro il febbraio 1975. Per assicurare la posizione dei movimenti federati, quale parte integrante del partito, venne stabilito che ciascun gruppo o lega avrebbe avuto il diritto di designare due rappresentanti in seno al consiglio federativo.

La composizione del consiglio, per i membri eletti dal XIV Congresso, rispecchia lo sbilanciamento già notato del partito verso il Nord dell'ltalia: solo tre consiglieri su venticinque provengono dal Sud.

Nella mozione politica del XIV Congresso vi è un aspetto che riguarda direttamente l'organizzazione del partito: si prevedeva che, in deroga allo statuto, ogni decisione di partecipazione alle elezioni a livello nazionale, regionale e locale (147) avrebbe dovuto comunque essere deliberata dal consiglio federativo con criteri unitari. Questa decisione non poteva certo rafforzare l'autonomia delle associazioni locali, ma era giustificata dal particolare momento politico e dallo stato del partito.

La mancanza di informazione all'interno del partito appare cronica: al centro mancano notizie sulle iscrizioni dalle sedi locali (tranne da Milano e da Roma) le quali faticano oltre tutto a trovare i soldi per pagare anticipatamente le tessere da richiedere al partito federale (148).

Ma ben presto gli organi dirigenti del partito si trovarono di fronte ad avvenimenti che assorbirono tutte le loro attività.

Il 1975 è l'anno della campagna per cinque referendum (aborto, abrogazione del codice penale militare di pace, abrogazione dell'ordinamento giudiziario militare, concordato, norme del codice Rocco contro la libertà di manifestazione del pensiero); e in particolare quello per la depenalizzazione dell'aborto occupa un posto centrale nelle lotte dei radicali, fino a determinare, nel gennaio 1975, l'arresto del segretario nazionale del partito Gianfranco Spadaccia, per le attività legate al CISA. Per questi motivi il 1975 fu ancora un anno di intensa mobilitazione nelle piazze e nelle strade, dove i radicali cercavano il consenso per le proprie iniziative, piuttosto che attraverso un reclutamento formale di iscritti. Vennero organizzati 463 comitati per la raccolta delle firme, di cui il 60% promossi dal solo partito radicale, che aumentava la propria presenza di cinque volte rispetto al 1974 (da 67 comitati organizzati a 277) (vedi tabelle 8 e 9). Venne curata più che altro la campagna pro-aborto, che era sicur

amente il problema più sentito a livello sociale: si raccolsero 640.000 firme circa, al di sopra del numero minimo necessario. Rispetto all'anno precedente, i comitati per il referendum erano sparsi più diffusamente in tutta Italia e non solamente nei grossi centri urbani: circa il 800% delle firme raccolte provengono dai comuni fra i 50.000 e i 450.000 abitanti (149).

TAB. 8

Comitati per i referendum 197

REGIONE

PRI- PSDI PRI- PSI-FGSI PCI PdUP, A.O. Gruppi UIL Gruppi AIED PR Totale

GLI FGR Circoli (*) altri extra- anarchici sindacali circoli gruppi

socialisti parlamentari e culturali federati

femministe aziendali e simp.

----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

VALLE D'AOSTA 1 1

PIEMONTE 1 5 4 2 1 4 5 29 47

LOMBARDIA 8 1 3 1 3 37 56

LIGURIA 4 1 3 11 19

VENETO 1 3 1 2 8 15

TRENTINO SUD. T. 1 4 6

FRIULI V. GIULIA 2 2 1 7 10

EMILIA R. 2 6 1 7 21 39

MARCHE 3 1 1 8 13

ABRUZZO 2 3 10 15

MOLISE

UMBRIA 2 2 1 5

TOSCANA 1 1 5 3 5 26 41

LAZIO 1 4 2 1 4 26 38

CAMPANIA 1 1 8 1 1 1 4 25 42

BASILICATA 1 1 2 3

PUGLIA 2 10 3 1 6 2 9 22 55

CALABRIA 2 1 1 17 22

SICILIA 2 1 1 4 12 20

SARDEGNA 1 1 2 2 10 16

ITALIA 3 2 7 68 1 17 4 15 13 56 277 463

(*) Trattasi della sezione del PCI di Giffoni Valle Piana (Salerno). Fonte adottata "Notizie Radicali", n. 22 n. s. del 21-31 marzo 1975.

Tabella tratta da: MASSIMO GUSSO, »Il P.R.: Organizzazione e leadership , Padova, Cleup, 1982, pag. 46.

TAB. 9

Comitati per i referendum del 1974 e 1975

PARTITO O MOVIMENTO 1974 % 1975 %

n. comitati n. comitati

organizzati organizzati

-----------------------------------------------------------------

Partito Radicale (Gruppi

federati e simpatizzanti 67 49,63 277 59,85

UIL 29 21,48 15 3,24

PRI/FGR 18 13,33 7 1,51

PSI/FGSI 9 6,67 68 14,68

Circoli libertari

e anarchici 8 5,93 4 0,86

Comunità cristiani

per il socialismo 2 1,48 - -

PdUP, AO, altri ex.

gruppi femministi 2 1,48 17 3,67

PLI/GLI - - 3 0,65

PSDI - - 2 0,43

PCI - - 1 0,21

Gruppi sindacali e

aziendali - - 13 2,81

AIED, circoli culturali

vari - - 56 12,09

135 100,00 463 100,00

Fonte: Cfr. Tabella 8.

Ancora una volta un'idea di Marco Pannella aveva favorito e affiancato l'azione delle strutture del partito, che rivelava peraltro una consistenza maggiore rispetto agli anni precedenti.

Il leader radicale inventò la "Lega XIII Maggio - Movimento Socialista per i Diritti e le Libertà Civili" per aggregare il consenso intorno all'aborto (150). In effetti riuscì ad ottenere una pagina settimanale dedicata all'argomento su "L'Espresso", che appoggiò finanziariamente l'iniziativa. Il fatto di rompere l'isolamento e l'ostilità attorno al P.R., collegando fra loro vaste forze (U.I.L., Partito Socialista, P.R.I.) attraverso l'azione di un organo di stampa contribuì all'esito favorevole della raccolta delle firme.

Nel 1975 le sedi e i recapiti del partito radicale aumentarono considerevolmente: il 24 maggio erano 69, di cui 17 nel Sud (quasi tutti indirizzi privati) e nell'ottobre arrivarono al numero di 82. Tranne che nel Molise, in tutte le regioni ormai esisteva almeno un recapito del partito (tabella 10). Per quanto riguarda i partiti regionali, alla fine di agosto del '75 ne risultarono formalmente costituiti 5 (151). In questo periodo l'articolazione periferica poteva anche contare sulla organizzazione locale dei movimenti ad esso federati: la LOC aveva 52 sedi in tutta Italia, anche in piccoli centri del Sud, e quindi così potenziata assunse una maggiore autonomia, pur mantenendo stretti legami ideali con i radicali. Il movimento di liberazione della donna aveva 18 sedi, e la sua presenza era influente nelle regioni centro-settentrionali (152). A quest'ultimo movimento si affiancava e in qualche località si sovrapponeva il CISA, che dichiarava l'esistenza di centri operativi per l'aborto e la contraccezione nel

le seguenti città: Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Roma, Torino, Ancona, Pisa, Sassari, Siena, Mestre (153). Si può considerare un gruppo di assalto: dichiarava pubblicamente di aver fatto abortire dal febbraio al 30 dicembre '75 10.141 donne.

TAB. 10

Sedi e recapiti del P.R. 1975

REGIONI MAGGIO 1975 OTTOBRE 1975

----------------------------------------------

VALLE D'AOSTA - 1

PIEMONTE 6 6

LIGURIA 6 6

LOMBARDIA 5 6

VENETO 5 7

TRENTINO SUD T. 3 3

FRIULI VENEZIA G. 4 4

EMILIA ROMAGNA 8 8

MARCHE 1 3

ABRUZZO - 2

MOLISE - -

UMBRIA 3 3

TOSCANA 8 7

LAZIO 1 1

CAMPANIA 3 5

CALABRIA 2 1

BASILICATA 1 2

PUGLIA 3 4

SICILIA 4 5

SARDEGNA 4 4

ITALIA 69 82

Fonte: Per il mese di maggio, "Notizie Radicali", n. 34, 26 maggio 1975 e »Per un altro 13 maggio , a cura del P. R., Savelli, 1975; per ottobre elaborazione di MASSIMO GUSSO, »Il P.R.: Organizzazione e leadership , CLEUP, Padova 1992, pag. 48.

Il 15· Congresso (Firenze, novembre 1975) si svolse in un momento particolarmente importante dal punto di vista organizzativo per il P.R.: i sistemi di mobilitazione popolare, la raccolta delle firme nelle piazze, avevano fatto lievitare non solo l'interesse generico dell'opinione pubblica verso il partito, ma anche avevano provocato l'avvicinamento di nuovi militanti. Tuttavia si poneva davanti ai congressisti il problema di come gestire una struttura, anzi di come costruirla, per rendere più efficace l'apporto delle forze che dalla società stavano emergendo verso i radicali, un movimento ritenuto, fino a qualche anno prima, marginale.

Coerentemente, per adeguare le strutture del partito a siffatta realtà, la mozione organizzativa del XV Congresso impegnava gli organi dirigenti del partito ad indire conferenze organizzative periodiche degli iscritti al fine di promuovere il dibattito e la discussione sul modello di partito federale previsto dallo statuto e mai attuato fino ad allora.

Nell'anno 1975 risultavano iscritte 1.635 persone (154), di cui un terzo si era iscritto al partito per la prima volta e soltanto un terzo rinnovava l'iscrizione per l'anno successivo. Probabilmente l'alto ricambio dei militanti era dovuto al fatto che molti di essi si avvicinarono al partito per motivi contingenti, legati alla campagna per il referendum per l'aborto. La provenienza geografica degli iscritti si presentava sempre sbilanciata a favore di Roma (37,5%) e Milano (12,72%). Nelle altre città il numero degli iscritti non arrivava a cento, anche se si nota la presenza di radicali in quasi tutti i capoluoghi. Se si osserva il dato complessivo di ciascuna regione, emerge al primo posto il Lazio, col 38% e poi la Lombardia con il 18,22% (155).

4. Si contano i primi soldi. I bilanci (1973/74/75).

E' interessante seguire la crescita del partito dal periodo successivo al congresso di rilancio del novembre 1972 fino al 1975, sulla scorta dei bilanci presentati dai tesorieri federali ai congressi. Il bilancio del periodo novembre 1972/novembre 1973, ammontava a circa 33 milioni (156). Dati più completi si possono ricavare dal bilancio provvisorio relativo al semestre 16 ottobre/30 aprile 1973, che indica un passivo di un milione di lire circa su sedici milioni di uscite. Un bilancio raddoppiato rispetto a quello dell'anno precedente (157), ma che dimostra sempre l'apporto decisivo del volontariato all'organizzazione: le spese di gestione erano di soli 6.560.000 lire.

Il bilancio dell'anno successivo (nov. 1973/nov. 1974), di 60 milioni circa, indicava un introito doppio rispetto al 1973. Se a questo risultato si aggiunge il dato relativo alle sedi locali del quotidiano "Liberazione" - un giornale autofinanziato, come tutte le iniziative radicali - si tocca la somma di 150 milioni di lire. Dunque il partito stava acquistando una consistenza impensabile fino a pochi mesi prima. Le spese di gestione sono sempre scarse: 23 milioni circa, di cui solo 5 di rimborso spese a chi lavorava nella sede del partito. La maggior parte delle uscite sono per l'informazione e per la campagna referendaria.

Il bilancio presentato al XV Congresso di Firenze (novembre 1975) riflette il sensibile aumento del consenso intorno al partito rispetto agli anni precedenti. La quota dei simpatizzanti e dei sostenitori risulta raddoppiata. Le entrate ammontavano a circa 160 milioni, una cifra considerevole, se confrontata a quella ricavata nel 1974. Le due voci più importanti nel capitolo delle uscite riguardano sempre le spese per la stampa di partito e per la campagna referendaria. Un altro dato interessante, nel capitolo delle entrate, è quello sotto la voce "contributo del P.S.I.", 60 milioni, quasi un terzo del totale delle entrate: l'autofinanziamento, costante negli anni passati, si riduce o per lo meno non è più preminente rispetto agli altri titoli di entrata. Problemi organizzativi esistevano ancora nel partito, come risulta dall'analisi delle quote versate dagli iscritti: 8.545.000 lire per 1.635 soci. Ciascun iscritto aveva dunque corrisposto una media di 5.000 lire contro le 15.000 richieste per il tesserament

o.

Per comprendere la reale capacità finanziaria del P.R., è necessario aggiungere ai dati ricavabili dalla lettura dei bilanci del partito quelli relativi ai movimenti federati e soprattutto quelli delle campagne referendarie.

Per quanto riguarda i movimenti, abbiamo reperito solo i dati relativi alla LOC per il 1974 e al CISA per il 1975. La Lega per l'Obiezione di Coscienza ha un bilancio di circa 6 milioni di lire, e dipendeva ancora economicamente dal P.R. che contribuiva sia finanziariamente, sia fornendo le proprie strutture: ad esempio lo spazio su "Notizie Radicali" per la pubblicazione del resoconto del congresso della lega (158).

Il CISA, nel 1975 (159), aveva un bilancio finanziario abbastanza consistente: 79 milioni di entrate, provenienti per il 90% da sottoscrizioni di donne; 73 milioni di uscite, ripartite in: 44,5% per contributi ad interventi abortivi, 30% per la gestione della sede e per spese di organizzazione o acquisto di materiale, il rimanente 25,5% per manifestazioni pubbliche.

Riguardo alle campagne referendarie, è notevole il salto di qualità fra quella del 1974 e quella dell'anno successivo. Il bilancio consolidato della prima è di circa 22 milioni (160), totalmente autofinanziata con la raccolta di contributi ai tavoli e con manifestazioni pubbliche.

La campagna del 1975 invece contava su un bilancio di 316 milioni circa, quattordici volte superiore a quello dell'anno precedente 161. La differenza sostanziale era nel metodo: nel 1975 sulle entrate contano soprattutto i contributi del P.S.I. (60 milioni) e quelli de "L'Espresso" (52 milioni) per il referendum sull'aborto. Come sappiamo, l'iniziativa ebbe successo, anche e soprattutto perché sostenuta da una maggiore capacità finanziaria, e non dalle sole e limitate forze del PR. Nuova, anche, l'impostazione politica di questi referendum: un ritorno alla strategia dell'U.G.I., cioè l'unità delle forze che si richiamavano alla laicità dello Stato, per il raggiungimento di un obiettivo preciso, senza identificarsi sotto le insegne di un singolo partito.

5. L'Italia risponde. Quattro radicali alla Camera.

Il 1976 per il partito fu un anno di crescita straordinaria: si moltiplicano le sedi, le associazioni, ed il numero degli iscritti diventa triplo rispetto all'anno precedente, ma soprattutto si avvicinano al P.R. nuovi militanti, in occasione della campagna elettorale per le "politiche" del 20 giugno 1976.

I dati del bilancio provvisorio 15 ottobre '75/20 gennaio 1976 sono lo specchio dell'eccezionale sviluppo del partito (162). In tre mesi il bilancio segnava entrate per 45 milioni, 15 milioni al mese, un movimento di mezzo milione al giorno, cifra impensabile fino ad un anno prima. Si consideri che per la prima volta era iscritto un disavanzo di 38 milioni, una somma molto elevata per le dimensioni del P.R., ma tale sbilancio testimoniava la vivacità del partito nell'affrontare molteplici iniziative. Per ripianare il debito la segreteria del P.R. lanciava una campagna di tesseramento con l'obiettivo di almeno diecimila iscrizioni nell'anno 1976, per garantire l'autofinanziamento del partito (163). Ma le cose non procedevano secondo la linea stabilita, se osserviamo che al 20 marzo di quell'anno (164) gli iscritti risultavano ancora soltanto 1174, e non del tutto in regola con i pagamenti: ed alla fine di novembre, alla chiusura del tesseramento, si contavano solo 3.827 iscritti (165). Il mancato raggiungimen

to dell'obiettivo, in effetti, non pregiudicava del tutto le finanze del partito. Se si esaminano, analiticamente, i bilanci degli anni precedenti e anche quello del '76 Si può notare che la quota di autofinanziamento è costituita, in proporzione di oltre il cinquanta per cento, da contributi di sostenitori non iscritti e simpatizzanti.

Quest'ultimo dato conferma la dicotomia già accennata tra iscrizione e sostegno attivo, ma esterno, al partito. Per cui al grande potere di richiamo del P.R. intorno alle sue tematiche corrispondeva un nucleo operativo di iscritti effettivi assai piccolo.

Altri dati significativi sono quelli sul numero delle sedi e dei recapiti, che erano già 125 nell'aprile del '76 ed arrivarono a 249 nel luglio successivo, anche se quest'ultima indicazione è da considerare con riserva, tenuto conto che 206 su 249 risultano, ad un esame più approfondito, non sedi di partito ma indirizzi privati 166 (cfr. tabella 11).

TAB. 11

Sedi e recapiti del P.R. 1976

REGIONI APRILE 1976 LUGLIO 1976

------------------------------------------

VALLE D'AOSTA 1 1

PIEMONTE 9 14

LIGURIA 7 9

LOMBARDIA 11 23

VENETO 9 18

TRENTINO SUD T. 3 4

FRIULI VENEZIA G. 4 4

EMILIA ROMAGNA 9 15

MARCHE 10 9

ABRUZZO 5 12

MOLISE - 3

UMBRIA 2 6

TOSCANA 13 24

LAZIO 7 15

CAMPANIA 4 22

CALABRIA 1 2

BASILICATA 3 4

PUGLIA 9 25

SICILIA 12 30

SARDEGNA 6 9

ITALIA 125 249

Fonte: "Notizie Radicali", n. 6, 16 aprile 1975 e "Notizie Radicali", 5, 6 luglio 1976; cfr. M. Gusso, op. cit.

La prima iniziativa politica lanciata dal P.R. nel 1976 è quella per la raccolta delle firme per un progetto di legge di iniziativa popolare, chiamato "carta della libertà". Il primo aprile sono segnalati, su "Notizie radicali" (167), 14 comitati regionali per la raccolta delle firme, nonché "i tavoli" sparsi, in tutta Italia, dall'estremo Sud al Nord, sia nei piccoli che nei grandi centri. Ma il progetto venne poi abbandonato perché furono indette le elezioni anticipate.

Ad aprile, dopo il rifiuto del P.S.I. alla proposta del P.R. di federarsi, il partito decise di presentare proprie liste per le vicine elezioni.

Ai primi di maggio il P.R aprì la sua campagna elettorale, un po' avventurosamente, con una esposizione debitoria iniziale di 20 milioni (168). La mancanza di finanziamenti suggerirà ai dirigenti radicali fantasiosi espedienti per poter raggiungere l'elettorato senza spese. Un campionario propagandistico coerente con la storia del nuovo partito. La gente viene coinvolta a partecipare non perché spinta da emozione o da carica ideologica, ma in quanto effettivamente interessata ai temi di cui si fanno portatori i radicali. Di qui la popolarizzazione di ogni iniziativa, anche la più apparentemente stravagante, ma chiara a tutti nei fini.

Si crearono occasioni di contatto con la gente, comizi davanti alle carceri, concerti e dibattiti improvvisati nei mercati, nei quartieri delle città, con l'offerta di rose ai passanti; nei pochi comizi tradizionali gli oratori facevano passare i microfoni tra il pubblico presente: tutti potevano prendere la parola per parlare dei problemi di tutti i giorni; digiuni ed occupazione delle sedi RAI in tutta Italia, sistemi di protesta allora inusuali nel nostro Paese, e che poi faranno scuola presso altre forze politiche (169).

A tutte queste iniziative sparse ed improvvisate si affianca la fondazione di Radio Radicale, a Roma, il 20 marzo 1976 (170), un avvenimento che inaugurerà una svolta nei sistemi di comunicazione: una nuova tipologia di "media" non al servizio di un partito, ma del cittadino come tale, posto così in condizione, per la prima volta, di partecipare, cioè di essere anche soggetto della comunicazione.

L'apporto di questa radio è ritenuto determinante per il raggiungimento del quorum, che consentì l'accesso al Parlamento di quattro rappresentanti dei partito radicale: il quoziente fu ottenuto a Roma, dove trasmetteva la radio e dove, da sempre, operava il nucleo più consistente.

Il P.R. ottenne nelle elezioni del '76 l'1,1 per cento, alla Camera. Dall'analisi del risultato elettorale, disaggregato, emerge chiaramente la caratteristica urbana del voto radicale (171). Infatti il voto ottenuto nei capoluoghi era il 47,3 per cento del totale, mentre il complesso dei voti validi dei capoluoghi assommava il 30,8 per cento dei voti espressi in tutta Italia. Il voto appare concentrato soprattutto al centro-nord. Tuttavia il dato relativo alla preponderanza urbana di questo voto è costante dal Nord al Sud del Paese: in quattordici città meridionali le percentuali del voto radicale superano la media nazionale.

Dall'analisi di questi risultati elettorali si rileva che, ormai, la presenza radicale era diffusa in tutta Italia, indipendentemente dalla consistenza della struttura organizzativa del partito.

6. Dopo il successo elettorale. La disorganizzazione scientifica. Nasce la ribellione interna.

Dopo l'insperato successo elettorale, il P.R. subiva una sorta di sommovimento, che determinerà delle forti tensioni interne. Fu sicuramente una crisi di crescita, perché gli iscritti regolari passarono dai 1600 del '75 ai 3.800 del '76; ma soprattutto si avvicinarono al partito alcune migliaia di simpatizzanti dando un notevole contributo alla campagna elettorale. Il dato più significativo è però un altro: energie nuove s'immettono nell'orbita del partito poiché su 3.827 iscritti ben 3.300, dunque una percentuale altissima, sono nuovi militanti (172). Questo ricambio pose al nucleo storico del partito il problema di come valorizzare la nuova ingente militanza, senza snaturare il carattere originario ed originale del partito stesso.

I rifondatori del P.R., in definitiva il "gruppo romano" che, come abbiamo visto, cercava sempre di conservare una forte identità ed omogeneità, si vide improvvisamente, al di là da ogni aspettativa, quasi assediato, assalito da persone che entravano per la prima volta a contatto con i radicali e con metodi propri: essi provenivano da altre esperienze politiche, e quindi avevano aspettative diverse e cercavano il partito tradizionale (sezioni territoriali, organizzazione puntuale, finanziamenti dal centro).

Questa nuova massa di militanti, per lo più molto giovani, avevano alle spalle un patrimonio teorico diverso rispetto ai radicali: erano stati protagonisti e testimoni del '68, molti erano ex appartenenti a gruppi extraparlamentari, dunque portatori di esperienze estranee alla tradizione radicale.

Le istanze proposte da questa pluralità di persone dalle più diverse matrici culturali e ideologiche non potevano essere accolte da Pannella, Spadaccia e gli altri perché l'organizzazione prevista nello statuto del P.R. prefigurava quella società socialista e libertaria che essi si ponevano come obiettivo. Sicché, per il vecchio nucleo del partito ogni deviazione dal modello federativo rischiava di far fallire il progetto politico radicale.

In verità, questo statuto, tanto esaltato e difeso dalla dirigenza storica del partito, non era mai stato fino ad allora reso operante: la mancata attuazione della carta fondamentale del P.R. era dovuta, secondo la segreteria, al perenne difetto delle condizioni oggettive, quantitative e numeriche. Quindi, lo statuto era inadeguato alla realtà del paese oppure il P.R. non aveva fatto nulla per creare le condizioni atte ad espandere la presenza radicale. Una sorta di circolo vizioso che chiudeva in se stesso questo partito, che pur aveva nella sua idea costitutiva una enorme potenzialità.

Negli anni precedenti il partito, formato da piccoli numeri, era stato naturalmente più omogeneo; l'irrompere nella vita del P.R. di tanti nuovi militanti, non chiamati, trovò impreparati e forse anche perplessi quei gruppi tra loro familiari per tante battaglie fatte insieme e per comune matrice culturale. E questi nuovi militanti non si accontentavano di una partecipazione assembleare ed occasionale, ma pretendevano di contribuire ad inventare un partito sempre "in progress".

I nuovi arrivati formulavano proposte insolite per la tradizione radicale, per esempio volevano che il partito cominciasse ad occuparsi di economia, e soprattutto esigevano che nei congressi si dibattessero argomenti di politica generale, ritenendo insufficienti a definire la strategia di un partito gli obiettivi concreti e limitati che si erano sempre posti i radicali. A questo proposito Pannella osservò che »se il congresso radicale avesse ceduto agli istinti dei grandi dibattiti politici, se avessero prevalso le irresponsabilità di certi aderenti che vivevano il partito come sfogo ludico per le loro capacità oratorie, il partito radicale sarebbe diventato l'eco dei falsi dilemmi inoculati dal sistema e dal regime (173).

E riferendosi all'impetuosa crescita del P.R., il leader storico scrisse che si stava assistendo ad una nuova edizione della vecchia favola esopiana: le rane sarebbero scoppiate perché si sarebbero credute dei buoi (174).

La segreteria radicale, dopo le elezioni del 20 giugno 1976, si trovò così ad affrontare, contemporaneamente, i problemi derivanti dall'improvvisa crescita del partito e quelli legati alla legge sul finanziamento pubblico dei partiti. Il P.R. si era sempre opposto alla legge che aveva autorizzato siffatto finanziamento, anzi aveva cercato di raccogliere le firme per un referendum abrogativo, nell'anno precedente, ma non riuscì nell'intento.

Tutti i partiti avevano potuto muovere le loro macchine organizzative grazie a finanziamenti, pochi ed incerti, provenienti dal tesseramento, e soprattutto da fonti occulte. Il P.R., viceversa, sempre sgangherato, aveva perennemente sbandierato la sua povertà, la mancanza di mezzi, l'impossibilità di comunicare convenientemente il suo messaggio all'opinione pubblica nazionale.

Le invenzioni, gli espedienti e le "trovate" propagandistiche non potevano tuttavia sostituire una struttura organizzativa, anche elementare, ma indispensabile per rendere operative le scelte politiche.

Ecco perché la decisione dei radicali sul tema del finanziamento pubblico dei partiti non fu facile: da un lato essi erano contrari per evidenti ragioni di principio, dall'altro erano pressati da necessità vitali, di sopravvivenza del partito. Una prima risposta a questo dilemma, venne dal consiglio federativo del P.R., che, riunitosi a Roma il 5 luglio 1976 (175), decise di rifiutare il finanziamento pubblico, ad eccezione della quota relativa al rimborso delle spese elettorali, perché ritenevano quest'ultimo tipo di spese utili "alla vita politica collettiva". Cioè quel denaro pubblico avrebbe consentito l'accesso alla politica a categorie fino ad allora non rappresentate. Tuttavia la decisione definitiva, se accettare oppure no il denaro dello Stato, fu demandata ad un congresso straordinario, convocato per il 16-18 luglio 1976, il quale sarebbe stato anche chiamato a definire la questione dell'organizzazione del partito.

Il congresso straordinario si svolse in un clima particolarmente acceso. I congressisti cominciarono col presentare mozioni per modificare lo statuto. Angiolo Bandinelli, uno dei rifondatori, propose invece di "tornare" allo statuto, nella parte in cui esso prevedeva l'attuazione del modello federativo, per cui anche il congresso stesso non doveva essere formato dall'assemblea degli iscritti ma dai delegati delle singole associazioni (176).

Prevalse la linea di Pannella, fatta propria anche dal segretario nazionale Gianfranco Spadaccia, della "disorganizzazione scientifica", un metodo per evitare che il P.R. si trasformasse in un partito tradizionale, burocratico e clericale (177). Pannella argomentava la sua scelta rifacendosi alle indicazioni libertarie, autogestionarie e federative dello Statuto. Era dell'avviso che le strutture nazionali del partito, e quelle locali già costituite, avrebbero dovuto essere "disordinate" nella prassi e negli strumenti per consentire la organizzazione della nuova realtà militante ed associativa presente nel P.R. In concreto, egli auspicava che il partito avrebbe dovuto essere strutturato nel seguente modo: le strutture nazionali sarebbe diventate semplici strumenti di informazione e di servizio; i partiti regionali si dovevano concentrare su pochi obiettivi comuni e per il resto svolgere compiti di coordinamento e di servizio per le associazioni locali. Anche queste ultime, che fino ad allora erano costituite

da associazioni territoriali, in contrasto con lo spirito dello statuto, dovevano disaggregarsi, sicché ogni militante avrebbe dovuto fondare una nuova associazione che a sua volta doveva riunire i suoi soci su di un tema e non per una comune appartenenza territoriale.

Insomma si voleva cancellare il sistema delle sezioni o cellule, luoghi non di dibattiti originali, ma soltanto casse di risonanza degli organi centrali. L'idea della nuova organizzazione esposta da Pannella fu fortemente contrastata dai congressisti, in particolare da Giulio Ercolessi, ex segretario del partito, il quale osservò che "la disorganizzazione scientifica" propugnata dal leader storico radicale era, in realtà, "l'organizzazione dei vertici che estromettono la base" (178). L'opposizione a Pannella non riuscì a prevalere: il congresso si svolse a Roma, e quindi il gruppo romano poté far sentire il suo appoggio a Pannella, la cui mozione alla fine fu accolta, con una maggioranza superiore ai tre quarti dei votanti.

I presenti alla votazione erano soltanto 596 su circa tre mila tesserati, e in larga parte, si può presumere, provenienti da Roma e dal Lazio (179).

Sul delicato tema del finanziamento pubblico ai partiti, il congresso si pronunciò nel senso proposto dal consiglio federativo, cioè di accettare il rimborso delle spese elettorali da distribuire tra i partiti regionali, e dava mandato di congelare la restante quota di spettanza del partito radicale, in modo da evitare che tale quota fosse assegnata agli altri partiti (180). In pratica la decisione circa l'utilizzo dei fondi pubblici fu rinviata sine die.

In coda al congresso, la segreteria federale diffuse un proprio documento sullo stato del partito (181), allo scopo di giustificare le scelte organizzative dei primi dieci anni di vita.

In questo documento si ricordava che i costituenti radicali del '67 "non si preoccuparono di fare uno statuto che regolasse la convivenza interna del fragile partito appena rifondato, quanto di prefigurare un tipo di organizzazione diverso ed alternativo rispetto a quello sperimentato dalla sinistra".

Cosicché lo statuto doveva essere considerato non un punto di arrivo ma una base di partenza, e quindi un modello da costruire.

La mancata attuazione della carta fondamentale del partito, secondo la dirigenza radicale, era motivato dalla scarsità delle forze militanti. E, scendendo all'analisi della struttura territoriale del partito, nel documento si affermava che l'esperienza regionale doveva considerarsi fallimentare. Perché gli unici partiti regionali fino ad allora costituiti avevano avuto semplicemente una funzione "promozionale" (Lazio, Campania, Emilia-Romagna) oppure di semplice coordinamento fra le diverse associazioni della regione (Lombardia, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Toscana); in tutte le altre regioni il partito regionale non esisteva.

L'effervescenza interna del P.R. continuò, oltre la fase strettamente congressuale, tanto da spingere Marco Pannella a prendere una posizione precisa sulle tesi che erano argomento di vivace dibattito e scontro nel partito. Pannella espose la sua posizione in un articolo pubblicato su "Prova radicale", nell'ottobre del 1976, nel quale notava che molti di quelli che si erano avvicinati al partito per la prima volta non potevano non portarsi dietro il carico di tutto il loro passato, "la zavorra della cultura prevalente di regime e di sistemi". Questa eredità culturale ed ideologica dei nuovi militanti avrebbe potuto trasformare il partito in un organismo diverso rispetto a quello pensato dai rifondatori.

Pannella avverte che il P.R. non è un partito »come lo si intende in genere e si chiama partito proprio per contendere agli altri partiti perfino il termine del quale si sono storicamente e perniciosamente appropriati (172). La crescita impetuosa dell'opinione radicale, e quella conseguente del movimento hanno trasferito nel partito contraddizioni e situazioni dalle quali il P.R. era immune. Il successo radicale non deve essere speso per occupare posizioni di potere locale.

Insomma, affermava Pannella, »bisogna capire che il partito radicale non è che uno strumento centrale di servizio, di coordinamento, di esecuzione dello scontro con le istituzioni . Le grandi battaglie, secondo Pannella, si devono svolgere nel territorio. Sicché, se i partiti regionali fossero più adulti ed attivi, il momento nazionale sarebbe meno oppressivo, e non sarebbero necessarie quelle assunzioni centrali di responsabilità, come digiuni sempre più rischiosi, arresti più frequenti e lunghi, che poi servono per trasmettere segni di »esistenza e di raccordo alla gente nei momenti cruciali di battaglie altrimenti perse in partenza . Pannella concludeva rendendo noto il suo proposito di abbandonare il partito e di ricominciare da solo, da capo, se il Congresso avesse avuto un esito inadeguato alle necessità irrinunciabili delle lotte politiche allora presenti.

Al 17· congresso (Napoli, novembre 1976) emersero, per la prima volta, contrasti all'interno del "gruppo romano", fra Pannella e Spadaccia da una parte e Teodori dall'altra. Teodori si era fatto portatore di quei settori che reclamavano una riorganizzazione del partito, sull'onda del successo elettorale che aveva rivelato al Paese l'esistenza di una consistente opinione radicale. Egli voleva che questo consenso non fosse disperso e per mantenerlo chiedeva che finalmente si ponesse mano ad una sia pure elementare organizzazione (183).

Il congresso si chiuse con una mozione organizzativa (184) che rispecchiava le posizioni di Pannella e Spadaccia. I punti salienti della mozione non facevano che ribadire la filosofia organizzativa originaria del partito, connessa, necessariamente, con quella politica, sempre finalizzata alla strategia dei referendum per i diritti civili. Si prendeva atto della costituzione di 13 partiti regionali e della presenza di sette gruppi federati.

Finalmente si decise per una più articolata organizzazione tra i vari organismi centrali, territoriali e gruppi federati, una più ampia circolazione di informazioni interne a mezzo di "Notizie Radicali" (agli iscritti) e dell'agenzia radicale da inviare ai partiti regionali. Si deliberò di costituire un comitato nazionale di coordinamento per la realizzazione degli adempimenti tecnici in occasione dei referendum. Si decise, infine, di attivare in ogni regione manifestazioni secondo la specifica tradizione del P.R.; di chiedere l'accesso alla TV di Stato, usando, dove possibile, le radio e televisioni libere (commerciali); di cercare accordi con quotidiani e periodici. Una gamma di iniziative finalizzate ad uscire dal silenzio che i "media" legati ai partiti ed al conformismo clericale allora imperante avevano usato contro il P.R.

Il 17· congresso delibera formalmente di sostituire (di fatto era già avvenuto alle elezioni politiche) nello statuto il simbolo del partito "testa di donna con berretto frigio con la dicitura partito radicale, con il simbolo rosa nel pugno, sempre con la dicitura partito radicale". Da allora in avanti i radicali saranno identificati presso l'opinione pubblica come il partito della rosa nel pugno.

Dopo le elezioni politiche del 20 giugno '76, a Roma in via di Torre Argentina, sede del P.R. nazionale, nascono sette nuove organizzazioni che "Notizie radicali" definisce "non sigle, ma lotte" (185).

I fatti, invece, diranno che questi nuovi comitati, avranno vita solo sulla carta, tranne il CARM (Comitato abolizione regolamenti manicomiali) ed il FRI (Fronte radicale invalidi). Le finalità del CARM erano l'abolizione dei regolamenti manicomiali e la gestione degli istituti di igiene mentale da parte degli stessi pazienti, e la lotta contro ogni forma di repressione all'interno degli istituti psichiatrici. Due tra queste organizzazioni, pur rimaste sigle, sono rilevanti, perché individuarono, con un anticipo di dieci anni, alcuni fondamentali bisogni civili per la cui difesa sono sorti dei movimenti di opinione soltanto alla fine degli anni Ottanta. Ci riferiamo al MLB, Movimento Liberazione dei Bambini ed al BRAVA, "Battaglia radicale contro la violenza sugli animali", costituito per combattere ogni forma di violenza praticata sugli animali, a cominciare dalla vivisezione.

In occasione del Congresso di Napoli fu condotta una prima indagine sulla composizione sociale e sugli atteggiamenti politici dei militanti radicali. Questa ricerca costituisce uno spaccato abbastanza approfondito e attendibile su di un partito che, pur nato e cresciuto fuori della tradizione politica italiana, raccoglieva già un consenso ed una militanza notevoli (186).

Da questa indagine risulta che il 64,9 per cento dei soggetti intervistati risiedeva in città superiori ai 150 mila abitanti, confermando quel dato che abbiamo già rilevato circa la caratteristica prevalentemente urbana del P.R. Apparve che il 61,4 per cento dei militanti avevano un'età al di sotto dei trent'anni; quanto all'occupazione, gli iscritti radicali risultarono per il 28 per cento studenti universitari, per il 14,7 per cento impiegati e poi il 13,6 per cento professori di ogni ordine e grado. Quindi una militanza proveniente dai ceti medio-alto borghesi, giovanile ed urbana, e di residenza nel triangolo industriale. Tra i tesserati al di sotto dei 25 anni, si allargava la base sociale al proletariato, un dato che si spiega con la carica libertaria delle lotte radicali.

Un altro aspetto di questa indagine riguardava la ricerca sui motivi dell'iscrizione al P.R.: il 75 per cento degli intervistati dichiarò di essersi avvicinato al partito radicale per contribuire alle battaglie sui diritti civili; il 56,1 per cento perché riteneva il P.R. una organizzazione libertaria ed antiburocratica, il 40 per cento perché privilegiava, nelle lotte politiche, i metodi non violenti, il 42 per cento perché era d'accordo con la strategia dell'alternativa di sinistra. Come si vede si trattava non di una adesione orientata su di un tema specifico, ma di una scelta "ideologica", come approvazione del progetto politico del partito radicale.

Nel questionario adottato per l'indagine si chiedeva agli intervistati se l'iscrizione al movimento federato aveva preceduto o seguito l'iscrizione al P.R., con lo scopo di verificare se i movimenti funzionassero concretamente da canale di reclutamento per il partito. Le risposte non danno una indicazione sicura, perché una percentuale molto simile si era iscritta al P.R. sia dopo che prima dell'ingresso nel movimento federato. Comunque, dato che il 55,3 per cento del totale degli iscritti ai movimenti federati si iscrive contemporaneamente al partito, si poté supporre che i movimenti federati non costituivano un canale di reclutamento del partito; e ciò è confermato dalla motivazione ideologica che determinava la più parte a militare nel P.R.

Quanto alle prospettive strategiche del partito, un dato importante uscì fuori da queste risposte: il 29,9 per cento degli intervistati indicò che allo sviluppo delle lotte radicali doveva corrispondere esclusivamente il rafforzamento del P.R. e la sua crescita. Da altre coppie di domande affiorò la volontà, da parte del 70% dei militanti, di una maggiore organizzazione, insomma il desiderio di porre mano ad una struttura, sia pure non burocratica ed accentratrice.

A questo punto di svolta il P.R. si pose il dilemma fra crescita organizzata oppure accettazione di una diminuzione del consenso. Ma la crescita organizzata avrebbe urtato contro i principi informatori originari del P.R., improntati al rifiuto del professionismo della politica ed al conseguimento delle aspirazioni libertarie e socialiste, da attuare con metodi eretici e fino ad allora non adottati nel nostro Paese.

In verità i numeri avevano sorpreso la dirigenza radicale, non del tutto convinta che il proprio messaggio potesse avere una rispondenza così ampia.

E, inspiegabilmente, per gioco politico o reazione psicologica, come del resto accadrà anche in successivi momenti di successo, nascerà nei leaders una tendenza "suicida"; e cioè il rimpianto nostalgico dei tempi in cui erano pochi, malpresentati, isolati e sconosciuti alle masse, e con il desiderio di ricominciare tutto da capo. Una tattica? Un fatto emotivo? Un pessimismo che forse veniva dai progenitori "amici del Mondo", diffidenti per cultura verso i partiti di massa? E' difficile rispondere con certezza alla luce dei quasi trent'anni di storia del P.R., il cui filo conduttore qualche volta pare indecifrabile all'indagine storica, quantomeno in mancanza di documentazioni sufficientemente precise.

NOTE

(124) MARCELLO CRIVELLINI, »Rapporto sul partito federale , ottobre 1982, Ciclostilato,

(125) Cfr. pp. 53-56.

(126) Cfr. MASSIMO GUSSO, »Il partito Radicale, Organizzazione e leadership , CLEUP, Padova, 1982, pp. 88-89; ANGIOLO BANDINELLI, »Sul federalismo radicale. Ricordando Giuliano Rendi , "Quaderni Radicali", n. 7, ottobre-dicembre 1979, pp. 58-74.

(127) M. PANNELLA, »E' ora di decidere con o senza il Partito Radicale , "La prova radicale", n. 1 autunno 1971, PP. 48-50.

(128) "Notizie radicali" n. 173, 20 ottobre 1972, ciclostilato.

(129) Vedere Appendice p. 225.

(130) Fino all'82 venivano considerati iscritti anche coloro che non avevano versato l'intera quota d'iscrizione, in contrasto con lo Statuto del partito. Cfr. »Rapporto sul partito federale - 82, cit., pag. 32.

(131) Cfr. TEODORI, »I nuovi radicali , cit. p. 138.

(132) Vedi appendice p. 216 e ss.

(133) ANGIOLO BANDINELLI, »Il partito e le lotte , "Notizie radicali", n. 1, N. 5., 10 gennaio 1973, p. 1 e p. 8.

(134) Cfr. "Notizie radicali" nn. 193-194, 10 aprile 1973.

(135) TEODORI, »I nuovi radicali , cit. pp. 344-354 - Per la storia dei primi cinque anni di lotta del MLD: MLD-PR, »Contro l'aborto di classe , a cura di M. A. Teodori Savelli, 1975.

(136) TEODORI, OP. cit., Ibidem.

(137) MARCO PANNELLA, »Il PR ha deciso: otto referendum , "Liberazione", n. 34 9/11/1973.

(138) Cfr. p. 137 e ss.

(139) Cfr. "Notizie radicali", n. 334, 30 novembre 1974, p. 8.

(140) La cifra è riportata in "Notizie radicali", n. 334, Ibidem. Secondo MASSIMO GUSSO, »Il PR: Organizzazione e leadership , cit. p. 45, gli iscritti sarebbero in realtà meno di milleduecento.

(141) Cfr. "Notizie radicali", n. 151, 28 novembre 1975.

(142) Cfr. appendice p. 226.

(143) Cfr. pp. 43-44.

(144) PIERO IGNAZI, »I radicali dal 1976 al 1979: tre ricerche a confronto , "Argomenti radicali", n. 16, giugno-ottobre 1980, p. 63.

(145) Cfr. pp. 137-141

(146) Le aggregazioni previste sono le seguenti: 1) Piemonte-Liguria (meno La Spezia)-Valle D'Aosta; 2) Lombardia; 3) Veneto-Trentino Sud Tirolo; 4) Friuli Venezia Giulia; 5) Emilia Romagna-Marche; 6) Lazio-Abruzzo-Molise; 7) Toscana-Umbria-La Spezia; 8) Campania-Calabria; 9) Puglia-Basilicata; 10) Sicilia, 11) Sardegna. cfr. "Notizie Radicali", n. 334, Ibidem.

(147) Nel 1975 c'era la scadenza delle elezioni amministrative.

(148) Cfr. "Notizie radicali", n. 265, 18 gennaio 1975.

(149) Cfr. MASSIMO GUSSO, »Il PR organizzazione e leadership , Padova 1982, p. 49.

(150) In effetti la Lega XIII Maggio si identificava con la persona di Marco Pannella: era solo una sigla da imprimere alle iniziative, forse per suscitare una maggiore credibilità.

(151) Risultano costituiti i partiti regionali in Lombardia, Piemonte, Lazio, Emilia Romagna e Veneto. "Notizie radicali", 10/10/79, p. 7 tavola VII.

(152) Per la LOC: Contro il servizio militare, Savelli, 1975. Per il MLD: CISA-MLD, »Aborto: facciamolo da noi , Roma, 1975.

(153) CISA-MLD, »Aborto... , Ibidem.

(154) "Notizie radicali", 10/10/79, p. 7, Tavola VII.

(155) Nostra elaborazione da "Notizie radicali", n. 42,13/10/76.

(156) TEODORI, op. cit., p. 138.

(157) Cfr. pp. 82-83.

(158) »Necessaria l'autonomia finanziaria , "Notizie radicali", n. 625,18 gennaio 1975, p. 5.

(159) CISA, »Bilancio di un anno di disobbedienza civile , "Notizie radicali", n. 4, 3 marzo 1976, p. 3.

(160) Cfr. elaborazione di M. GUSSO, op. cit.

(161) Cfr. elaborazione di MASSIMO GUSSO, op. cit.

(162) Bilancio pubblicato su "Notizie radicali", n. 2, 7 febbraio 1976, p. 4.

(163) "Notizie radicali", n. 2, Ibidem.

(164) "Notizie radicali", n. 5, 1· aprile 1976, p. 3.

(165) "Notizie radicali", n. 42, 13 aprile 1976, p. 4.

(166) L'elenco è stato pubblicato in Notizie radicali, n. 15, 6 luglio 1976.

(167) "Notizie radicali", n. 5, 1· aprile 1976, p. 2.

(168) »Cronache elettorali, una campagna radicale , "Prova radicale", n. 2 luglio - agosto 1976, p. 13.

(169) La campagna descritta, con un certo compiacimento, dai protagonisti, nel giornale "Prova radicale", »Cronache elettorali , cit., Ibidem.

(170) "Notizie radicali", n. 5, 1· aprile 1976, p. 4.

(171) Per l'analisi del risultato elettorale abbiamo consultato "Prova radicale" che, nel n. 2 cit., pubblica alcune tabelle e disaggregazioni, ad opera di GIANFRANCO SPADACCIA (pp. 16-22). Ci siamo basati anche su un saggio sul voto radicale che appare nel volume "I nuovi radicali", redatto da Angelo Panebianco con la collaborazione di Massimo Teodori.

(172) "Notizie radicali", 10/10/79, p. 7, tavola 7.

(173) MARCO PANNELLA, »E se smettessimo di fare i radicali , "Prova radicale", n. 2, ottobre 1976.

(174) PANNELLA, ibidem.

(175) "Notizie radicali", n. 17, 26 luglio 1976.

(176) ANGIOLO BANDINELLI, »Torniamo allo statuto , "Notizie radicali", n. 15, 6 luglio 1976, p. 3.

(177) Cfr. "Notizie radicali", n. 17, 26 luglio 1976.

(178) Giulio Ercolessi, citato da RENATO VIVIAN, »Dentro il PR: Analisi diacronica dei rapporti dei militanti radicali con lo statuto del partito , a cura dell'Associazione Radicale di Udine, 1981, p. 28.

(179) "Notizie radicali", n. 18, luglio 1976, inserto speciale "atti 16· congresso straordinario", p. 2.

(180) Mozione del 16· congresso.

(181) »Documento postcongressuale della segreteria sullo stato del partito , pubblicato in "Notizie radicali", n. 13, ibidem.

(182) MARCO PANNELLA, »E se smettessimo di fare i radicali? , cit.

(183) Cfr. GIANFRANCO SPADACCIA, »Con i referendum contro il regime , "Prova radicale", n. 5, dicembre 1976, p. 10.

(184) Mozione organizzativa, 17· Congresso ordinario del PR, novembre 1976 "Notizie radicali", n. 182,15 nov. 1976.

(185) "Notizie radicali", n. 17, 26 luglio 1976, p. 2.

(186) PIERO IGNAZI, ANGELO PANEBIANCO, »I militanti radicali: composizione sociale e atteggiamenti politici , in AA.VV., "I nuovi radicali", Mondadori, MI, 1977, pp. 213-262.

 
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