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VI Congresso di Radicali Italiani: la relazione della tesoriera Elisabetta Zamparutti
Il Congresso si è svolto a Padova, dal 1° al 4 novembre 2007.

Padova, 1 novembre 2007

Care cari partecipanti al Congresso, care compagne e cari compagni,

la relazione congressuale del tesoriere di un partito politico “normale” è, in genere, un resoconto tecnico, vincolato dai numeri in entrata ed in uscita; i margini di libertà e responsabilità del tesoriere sono stretti e corti. La “moltiplicazione dei pani e dei pesci” è stata fatta solo nelle metafore (parabole), per quanto a me risulti. E tuttavia, per i radicali, le cose non stanno così. Considerando la natura libertaria delle nostre forme di organizzazione (il mezzo – il partito – prefiguri i fini già da ora), anche la tesoriera dei Radicali Italiani ha il diritto ed il dovere di moltiplicare pane e pesci; anzi, guardando più coerentemente, noi vogliamo moltiplicare “il pane e le rose”, come dicevano le militanti radicali negli anni settanta.

Mentre tutti gli altri partiti, compreso quello più famoso di recente costituzione presunto “nuovo” e quelli che si annunciano attraverso “costituenti” di varia denominazione, si costruiscono sui Valori ed al massimo sulle appartenenze ed identità, noi Radicali siamo il “partito” delle Finalità, degli obiettivi, e non dei Valori né delle Identità.


Il divorzio, l’aborto, la giustizia giusta, la pace con giustizia, il diritto alla sessualità, alla ricerca, la moratoria della pena di morte… non sono valori! Sono mezzi, mezzi per un fine unico: maggiore libertà per il maggiore numero di persone, qui ed ovunque e comunque; libertà di accesso alle risorse personali e collettive, su tutto il pianeta.


Anche per questo l’attività di tesoreria, per una radicale, è azione politica, non solo tecnica; tagliare, risparmiare, spostare, sanare, sono, nelle loro forme “casalinghe”, anticipazione di futuro. Anche la tesoreria è una postazione per osservare ed anticipare il futuro dei diritti ed i diritti del futuro.


Ma veniamo a quest’anno di mia esperienza in quanto tesoriera di Radicali Italiani.


“Avrei voluto sentirmi scabro ed essenziale

siccome i ciottoli che tu volvi,

mangiati dalla salsedine.

Scheggia fuori del tempo...”


Sono alcuni versi di una poesia di Montale in cui, nel corso di questo anno, mi sono spesso immedesimata, guardando alla esiguità di risorse umane e finanziarie che ho amministrato, con l’ansia di ottenere fatti, risultati, che potessero superare l’illusione che bastino parole per sopravvivere. È stato un anno faticoso; fatica condivisa con altri compagni e compagne; fatica nel resistere alle facili adesioni a situazioni ed atteggiamenti collettivi di disimpegno e rinvii. Fatica e passione per trovare, cercare e a tratti creare, un itinerario comune, umano e politico, che ci possa permettere di esistere.


Vorrei che questo nostro Congresso possa su questo dare un importante contributo. Voglio dire che ho trovato singolare, nel mentre dicevamo “I radicali o li scegli o li sciogli” e poi, nel crescere dell’iniziativa politica, ci ponevamo degli obiettivi concreti, i duemila iscritti a Radicali Italiani o i cinquemila al Partito Radicale come condizioni davvero “scabre ed essenziali” per il nostro agire politico,che nessun intellettuale, nessun opinionista, senza neppure quelle eccezioni che pure a volte ci è capitato di incontrare, abbia voluto riflettere sul perché di questo nostro minimalismo di obiettivi, a fronte delle opulenze altrui, vaticane da un lato e partitocratriche dall’altro, con i miliardi dell’otto per mille e con le decine, centinaia di migliaia di iscritti ai partiti e i milioni di iscritti ai sindacati.


Più la nostra lotta nonviolenta contro la pena di morte si radicalizzava nelle forme di impegno, a partire da “Nessuno tocchi Saddam”, obiettivo condiviso dalle opinioni pubbliche medio orientali con le 78 testate di lingua araba che parlavano dello sciopero della sete di Pannella per l’ex rais, iniziativa nonviolenta poi convertita sull’obiettivo più generale della moratoria, proposta ragionevole condivisa dal 58% degli americani e, in parte, anche dai cinesi che hanno ridotto il numero delle esecuzioni, più si manifestava in tutta la sua attualità quello che di noi disse Pasolini: “siete uno scandalo inintegrabile”.


Le nostre ragioni, nell’eco che trovavano fuori confine, restavano inascoltate in Italia dove le nostre parole erano silenziate al punto che abbiamo dovuto occupare la RAI perché rispettasse le delibere della Commissione di Vigilanza che imponevano al servizio pubblico radio-televisivo di informare i cittadini sulla campagna per la moratoria; informazione che si è ridotta poi a poche briciole e solo grazie ai quei cinque giorni e cinque notti passati in Viale Mazzini. Come pure, per richiamare il Governo di cui facciamo parte agli impegni sulla moratoria presi davanti al Parlamento, nell’ultimo anno abbiamo dovuto vivere ed offrire gli 8 giorni di sciopero della sete di Marco Pannella, i 64 giorni di sciopero ad oltranza di compagni radicali e poi ancora gli altri 25 giorni di sciopero della fame di cui solo l’ultima fase ad oltranza. È stato questo che ha permesso di depositare, in extremis, la risoluzione per la moratoria al Palazzo di Vetro.


“Scandalo inintegrabile”, rispetto a cosa e rispetto a chi? È Pasolini stesso che ce lo spiega con una profezia, contenuta in quello che è il suo testamento politico indirizzato proprio ad un Congresso radicale e, rivolto a tutte le forze politiche, inclusa la sinistra. Una nuova massa di intellettuali, “mutuando da noi Radicali la lotta per i diritti civili” ed “acquisendola come proprio codice progressista e conformismo di sinistra”, sta asservendo “al gioco del potere” la forza democratica delle lotte radicali.


Un potere che, usando sempre le parole di Pasolini “si accinge di fatto ad assumere gli intellettuali progressisti come propri chierici. Ed essi hanno già dato a tale invisibile potere una invisibile adesione intascando una invisibile tessera”. Si è costituita una nuova “trahison des clercs”.


Non c’è spiegazione migliore di questa profezia allo scempio del nome “radicale” attribuito oggi alla sinistra comunista proprio in un momento in cui siamo per la prima volta al Governo, un Governo di sinistra. Ed un “nome” come quello di “radicale” è già un “verbo”, una storia viva, un patrimonio di saperi divenuti conquiste civili – stiamo parafasando Aristotele, “un radicale laico” di 2367 anni fa che fu prima silenziato e poi asservito ai poteri clericali come “chierico” per 1500 anni. Nel nome il destino!, quando il nome è carico di verbi, azioni. Un verbo è un nome in movimento; un chierico è arruolato dai poteri di turno per fare di un verbo un monumento (storico ed inoffensivo).


Non c’è spiegazione migliore al fenomeno di un Partito Democratico, proposta pannelliana, da almeno 40 anni, che ci ha visti esclusi nonostante la maternità del progetto e l’interesse a parteciparvi che abbiamo, mi pare indiscutibilmente, posto come banco di prova dell’autenticità, serietà, che è anche moralità, di quel progetto e che si annuncia oggi essere appunto il “partito dei senza tessera”.


Dei senza tessera o dell’invisibile tessera di cui parlava Pasolini?


Perché, caro Veltroni, la partitocrazia non è solo potere delle tessere di cui tu ti vorresti liberare, la partitocrazia è costituita innanzitutto e soprattutto da quei poteri e metodi di cui non vuoi o non puoi fare a meno: i segretari provinciali del tuo partito nominati e non eletti, le fondazioni comunali e provinciali, gli enti di volontariato, di stato e parastato che dovrebbero rappresentare la base del PD, il quale di per sé rappresenta quindi - se è vero come è vero che i mezzi prefigurano i fini - l’ennesimo riproporsi della continuità della cultura e della legislazione fascista-corporativista che ha attribuito, anche nel corso della storia della Repubblica italiana, carattere pubblicistico alle organizzazioni sociali, politiche, culturali, sindacali a discapito della centralità dell’individuo e della sua libertà.


Perché la specificità del nostro sistema, del “caso Italia”, è tale da impedire che vivano, crescano quelle “utopie” che altrove, e mi riferisco al sistema anglosassone, sono invece possibili, come di fatto è ad esempio il partito senza tessera negli Stati Uniti d’America, il Partito Democratico o quello Repubblicano, e che in Italia invece non sono concretamente praticabili senza la riforma anglosassone delle istituzioni. Possono esserlo solo apparentemente e comunque solo per chi è certo di poter contare su altre forme di finanziamento che sono quelle proprie di un sistema partitocratrico e oligarchico. In altre parole, quelle di Marco, può essere vero solo in un contesto in cui l’inverosimile diventa sempre più simile al vero, al reale.


Per questo l’alternativa di maggior libertà per ognuno ed in ogni ambito - politico, economico, sociale e culturale – può fare i conti, oggi, solo con noi, con noi radicali, con ciò che siamo. E li può fare non solo e non tanto perché siamo stati il partito dei risultati, del divorzio, dell'aborto, dei diritti civili, dei referendum, della nonviolenza politica, della vita del diritto e del diritto alla vita e perché vogliamo essere il partito dei ceti sociali non rappresentati, del welfare, ma perché tutto ciò è stato possibile e può essere possibile, ma teniamolo sempre ben presente anche impossibile, in quanto siamo l’unico partito, certamente in Italia, che è nuova e diversa forma organizzativa, una sorta di “società per azioni”, politica, dove l’azione che si compra è la tessera, come scelta individuale libera, responsabile e per questo onerosa.

E che può, per questo, essere anche la doppia tessera; perché, per noi, l’individualità di ciascuno non deve essere prerogativa, monopolio di una sola ed esclusiva associazione politica, ma può e deve potersi esprimere anche in forme e luoghi altri da noi, convinti come siamo che solo dall’esercizio della libertà e della responsabilità individuale si possono sviluppare gli anticorpi per non divenire“casta”, come di fatto solo noi non siamo divenuti, essendo così continuamente capaci di produrre, magari anche con sole poche migliaia di iscritti e militanti, pionieri di terreni inesplorati dell’umana esistenza e del vissuto sociale, nuovo diritto da un lato e moralità dall’altro, grazie anche al fatto che siamo un partito che si organizza anno per anno su obiettivi e non su valori.


Se vogliamo continuare ad essere tutto questo, dobbiamo riflettere, al punto in cui siamo, se e come passare dalla dimensione della mera sopravvivenza a quella dell’esistenza piena, che significa libertà, legalità, moralità non solo nostra e per noi, ma per tutti ed ognuno, in Italia, in Europa, per ogni popolo del Pianeta; significa possibilità di comunicare questa nostra diversità che ci ha permesso di essere il più antico e anche il più nuovo ed efficiente in termini di risultati ottenuti, tra i partiti nazionali esistenti. Se vogliamo farlo, dobbiamo conoscere innanzitutto il partito che siamo oggi e farlo conoscere innanzitutto a noi stessi per poter sperare di far conoscere ad altri chi è oggi
Radicali Italiani, il partito ancora di poche migliaia di iscritti, ma che sono quelli che ci hanno permesso di arrivare a questo Congresso e che oggi si vuole dare come dimensione quella dei 200/400.000 iscritti.


Ci hanno permesso di tornare a Padova i 1.714 iscritti che diverranno 1.809 con il completamento, spero entro la fine di questo congresso, delle iscrizioni ancora parziali. Mille ottocento e nove persone; persone che credono in noi, puntano su di noi, sono noi. E se l’anno scorso alla stessa data si registravano 1.654 iscritti con una perdita di ben 518 iscritti rispetto a quelli che si erano iscritti alla stessa data del 2005, oggi noi ne registriamo invece
60 in più rispetto all’anno scorso, quando la campagna iscrizioni si era aperta con due mesi di anticipo. Il partito oggi registra la percentuale più alta di nuovi iscritti, perché le persone che hanno deciso di iscriversi per la prima volta quest’anno a Radicali Italiani sono 435.


Siamo il partito a cui hanno deciso di iscriversi per la prima volta gruppi di persone: i liberi farmacisti, i riformatori democratici, i giovani socialisti, gli imprenditori veneti che incontrammo praticamente all’indomani del Congresso dell’anno scorso con e grazie a Michele Bortoluzzi, gli esperti di formazione e comunicazione politica, gli amici di Metawin, e anche straordinarie individualità come Maria Fida Moro, che non ha potuto, per motivi di salute essere qui con noi oggi, e che alla domanda “perché hai voluto prendere la nostra tessera quest’anno” spiega che: “Sono radicale perché sì, e perché il partito radicale è l’unico per il quale non mi sento di invocare l’avvento dell’antipolitica. Mi ritrovo nelle sue scelte impopolari e negli ideali estremi. In un mondo ostile e disumano è legittimo, giusto e doveroso che un manipolo di ‘diversi’ scelga di battersi per risultati impossibili. C’è una religiosità sottesa, nel modo di far politica dei radicali, che mi affascina e mi intenerisce. Non è un partito perfetto, ma molto ‘buffo’ e, tra valanghe di parole, è capace di compassione e di misericordia. Urra!”


Maria Fida, se sei in ascolto da Radio Radicale, io ti dico di tenere duro perché le iniziative nonviolente che abbiamo fatto insieme a Cuba, dove siamo stati i primi e gli unici a riuscire nel “miracolo” di manifestare all’Avana a sostegno dei dissidenti nelle carceri cubane senza essere a nostra volta arrestati, quando avemmo le prime pagine di molte testate non italiane a fronte del silenzio a casa nostra, le dobbiamo ripetere ancora, perché lo sai, per i Radicali Italiani la dimensione pure nazionale che li connota non può prescindere da una visione transnazionale. Vogliamo e dobbiamo ancora lottare per la moratoria. Vogliamo e dobbiamo animare il Satyagraha per la pace in Medio Oriente!


Vogliamo e dobbiamo anche chiederci come e perché decine di persone hanno preso quest’anno la nostra tessera come cellule nuove che vogliono contribuire alla ricostituzione dei tessuti del nostro corpo politico. Lo hanno fatto perché c’è stata iniziativa politica che non ha, letteralmente, fatto l’economia della spiegazione di come vive il partito e di cosa può rappresentare avere
Radicali Italiani ed una galassia radicale più forte anche rispetto alle loro istanze.


È stato così ad esempio per i riformatori democratici o i giovani socialisti sulle questioni della laicità, dei diritti civili e dei diritti umani che ci hanno visti protagonisti delle piazze, ad esempio, con
la Marcia di Pasqua per la moratoria o con il Coraggio laico, risposta unica, la nostra (e quando dico nostra parlo anche come Rosa nel Pugno), alla Controriforma del diritto di famiglia; a di quel diritto che abbiamo saputo conquistare al Paese e che aveva scelto come data di massiccia espressione pubblica proprio il giorno dell’anniversario della vittoria sul divorzio.


È stato così per i liberi farmacisti, uno dei tanti ceti sociali non rappresentati costituito di 55.000 persone che si vedono escluse dal sistema corporativo e anacronistico, qual è attualmente quello delle farmacie, dalla possibilità di esercitare la loro professione e che ha visto in noi, partito non nuovo al tema se si pensa ai referendum che già proponemmo nel ’97 per l’abolizione della pianta organica delle farmacie, il soggetto a cui affidare le loro istanze di libertà e di liberazione del mercato.


Grazie al lavoro di
Sergio d’Elia che è riuscito ad inserire nel Bersani-ter, per rafforzarlo, quell’emendamento per la liberalizzazione della vendita dei farmaci di fascia C nella consapevolezza che se questo Governo, nel luglio del 2006, ha toccato nei sondaggi il 58% del favore dei cittadini e delle cittadine (unica volta in questo anno e mezzo di vita del governo!), è stato proprio per la politica di liberalizzazioni che Bersani aveva avviato. Fatto che dobbiamo tenere ben presente quando rifletteremo sulla proposta che Marco oggi avanza di "salvare la legislatura e dare priorità assoluta alle riforme economico-sociali, liberali, liberiste piuttosto che alle questioni laiche che da sempre ci vedono in prima fila”.


Vi è poi la battaglia per il radicale superamento del sistema degli ordini professionali, con un primo successo di
Emma Bonino su questo, per una riforma delle professioni in senso anglosassone, riforma strutturale di importanza non inferiore a quelle, ad esempio, delle pensioni o della sanità. Il nostro Paese ha bisogno, per crescere, di concorrenza, e perché vi sia concorrenza deve essere liberato dai lacci che le corporazioni impongono a tutela dei propri privilegi e a discapito dell’interesse generale. A questo fine siamo determinati a proseguire la nostra battaglia e siamo intenzionati a percorrerla fino in fondo. Con quale efficacia dipenderà anche da quanti cittadini potranno essere informati di questa nostra determinazione e da quanti troveremo accanto a lottare con noi.


È stato così per quei nuovi radicali che sono gli esperti di comunicazione di Metawin che, tenendo un corso ad alcuni di noi e ad alcuni giovani socialisti quest’estate, hanno deciso di mettersi a disposizione per approfondire con la “galassia radicale” quale organizzazione dare, quale comunicazione fare. Perché i risultati che abbiamo ottenuto non possono prescindere dalle condizioni e dagli spazi di comunicazione che quest’anno ci sono stati concessi.


Confrontando le presenze televisive di chi ha ricoperto la carica di Segretario di
Radicali Italiani dal 1° gennaio al 25 ottobre del 2006 con quelle dello stesso periodo per il 2007, quello che risulta è questo:

TG1 2006: 17 passaggi, 2007: 2

TG2 2006: 18 passaggi, 2007: 1

TG3 2006: 26 passaggi, 2007: 2

TG4 2006::14 passaggi, 2007: 0

TG5 2006: 18 passaggi, 2007: 5

La 7 2006: 18 passaggi, 2007: 0


Quanto alla partecipazione a trasmissioni televisive, nel 2006 il Segretario aveva avuto 4 ore, 22 minuti e 48 secondi a disposizione, quest’anno
la Segretaria ha avuto 29 minuti e 32 secondi.

È vero che il 2006 è stato l’anno della campagna elettorale della Rosa nel Pugno, ma mi pare di tutta evidenza che, conclusa quella stagione, nel corso di questo anno abbiamo dovuto lottare contro il decreto di chiusura ai
Radicali Italiani, fatto non solo dal bavaglio che ci è stato stretto alla bocca, ma anche - laddove si è parlato di noi - di un tentativo frequente di omologazione come è avvenuto con la penosa, lo dico per il Giornale, vicenda della chiusura della sede milanese di Porta Vigentina oppure - laddove non si parlava di noi – con lo sfregio della nostra identità, con l’esproprio del termine radicale.

Eppure, nonostante tutto questo, se registriamo un segno più sul fronte iscrizioni, di Radicali Italiani e anche del Partito Radicale Transnazionale, dove tra iscritti totali e parziali arriviamo a superare la quota di duemila iscritti tra cui quelle, lo voglio ricordare, di Claudia Cardinale, Giorgio
Albertazzi, Franco Battiato, Vasco Rossi, Maurizio Costanzo, Ferzan Ozpetek, Raffaele La Capria, Pasquale Squitieri, Ilaria Occhini, Pino Caruso, Claudio Cecchetto, Carlo Lizzani, Francesca D'Aloja, Angela Missoni, Caterina Caselli, per citare solo alcune delle personalità che hanno voluto sostenere il Partito Radicale. Per quel che riguarda il bilancio finale di Radicali Italiani potete vedere che quest’anno siamo passati da un sostanziale pareggio dell’anno scorso ad un attivo di 20.000 euro. Il totale dell’autofinanziamento ricevuto è pari a 301.900 euro, una cifra minore rispetto ai 356.600 euro dell’anno scorso, ma voglio ricordare che le 544 iscrizioni a pacchetto che ci sono state hanno comportato per Radicali Italiani un minore introito avendo quest’anno deciso di devolvere l’intero importo (rinunciando quindi ai 70 euro che trattenevamo l’anno scorso) per contribuire alle spese generali e ai servizi di cui usufruiamo nella sede di Via di Torre Argentina.


La gestione di quest’anno ha permesso di sostenere i costi dell’attività politica ed organizzativa di Radicali Italiani, e di avviare una prima riduzione del debito nei confronti dei fornitori che è passato dai 152.000 euro del 2006 ai 58.000 del 2007.


Tutto questo è stato possibile con la prosecuzione della politica dei tagli che aveva già avviato Rita Bernardini, tagli che hanno ridotto ulteriormente il totale delle spese sostenute da Radicali Italiani e che sono passate dai 380.614,40 del 2006 ai 333.021,05 del 2007. Lo stesso vale rispetto al Congresso per il quale se nel 2006 abbiamo speso 35.000 euro, comprendendo i costi della messa in onda di Canale Italia, per quello del 2007 – grazie sempre all’impegno di Michele Bortoluzzi che ne ha curato la sua tenuta a Padova e grazie ancora all’ospitalità di Padova Fiere - dovremmo tenerci su dimensioni ulteriormente ridotte rispetto allo scorso anno pur riuscendo ad assicurare comunque la copertura del nostro congresso da Canale Italia.


E, a proposito del sentirsi “scabri ed essenziali”, va detto che i tagli hanno riguardato principalmente le spese di personale che sono passate dai 176.600 del 2006 ai 58.000 di quest’anno. Le collaborazioni a carico di Radicali Italiani nel 2007 sono state di tre persone a cui negli ultimi mesi se ne sono aggiunte altre due per l’ufficio stampa. Certo, abbiamo potuto avvalerci anche delle tre persone della segreteria i cui costi sono a carico del Partito Radicale come quelle del call center che, come sapete, da metà 2005 si è ridotto da 34 a 10 persone, a cui peraltro Maurizio Turco ha dovuto inviare una lettera per dire che dal prossimo mese sarà corrisposto solo la metà del rimborso, preannunciando ritardi nei pagamenti.


È vero che oggi possiamo contare sui deputati radicali della Rosa nel Pugno che, considerando il Parlamento una postazione di lotta politica come è ben evidente nel documento in distribuzione sulla loro attività di questo primo anno e mezzo di legislatura, hanno scelto di avere tra i collaboratori alcune persone del partito e non tecnici. È vero che ciò è stato possibile grazie al lavoro e alla sinergia di tutti i soggetti della galassia radicale, con la capacità di ognuno di mobilitarsi a seconda dell’emergenza, ma riconoscere che un partito che va avanti per quasi un anno con solo tre collaboratori fissi producendo quello che si è prodotto, beh, qualche curiosità questo “miracolo” radicale avrebbe potuto destarla. O no?


Tanto più se si pensa che negli anni pregressi vi erano 51 persone nel 2005 (call center di 34 persone compreso almeno fino a metà anno) per un costo totale annuo di personale pari a 280.125 euro; su 53 persone nel 2004 per un totale di 707.014 euro; 48 nel 2003 per un totale di 635.392 euro; 50 nel 2002 per 509.149 euro e 44 nel 2001 per un importo complessivo di 366.574 euro?


Spese queste a cui si è fatto fronte in quegli anni non con l’autofinanziamento (tant’è che nel corso dei suddetti anni, nonostante questi costi, le iscrizioni non sono aumentate) ma con l’indebitamento verso i soggetti dell’area radicale, in particolar modo il PRT, la Lista Pannella e la Tass, indebitamento progressivo di RI che è arrivato dal luglio 2001 al 2005, con il difficilissimo passaggio di consegne Quinto/Bernardini, a 2.005.000, e che nonostante la prima inversione di tendenza dell’anno scorso, continua a rappresentare la parte più cospicua del nostro passivo: 1.760.000 euro, cioè l’87% delle passività che ammontano a 2.021.500 euro (erano 1.857.803,77 l’anno scorso pari al 90% del totale del passivo dell’anno scorso).


Teniamo presente tutto ciò, ma ricordiamo anche che nell’86 la campagna di informazione a pagamento aveva assorbito oltre il 50% dei proventi delle stesse iscrizioni (vale a dire circa un miliardo e mezzo). Nel ‘93 invece fu fatta praticamente senza alcuna spesa se si escludono i 27 milioni di lire spesi per campagne di informazione nel ’92, ma in un contesto in cui il sistema dei partiti italiano viveva la più grave crisi della storia in virtù della quale si aprirono spazi di comunicazione straordinari che consentirono al Partito Radicale di accedere all’informazione e alla comunicazione politica.


Insomma, quello che voglio dire è che, grazie al lavoro di Rita prima e nostro ora, abbiamo messo la parola fine ad una impostazione sovradimensionata rispetto alle capacità di autofinanziamento.


È indubbio che abbiamo voluto e dovuto vivere la scelta di collegare e legare la campagna iscrizioni e di ricostruzione politica ed organizzativa di Radicali Italiani e della galassia ai tempi e alle iniziative del Partito Radicale. Così come la riduzione drastica, strutturale, delle disponibilità economiche ed organizzative e del loro uso è stata evidentemente scelta di impostazione e di azione, di investimento anche per animare o rianimare strutturalmente settori di iniziativa e lotta politica comuni all’area radicale.


La dimostrazione è che abbiamo ripreso la pubblicazione e l’invio di Notizie Radicali con i quattro numeri inviati rispettivamente due volte a 20.000, 75.000 ed infine 200.000 persone dedicandoli soprattutto all’approfondimento e al sostegno delle iniziative politiche comuni. Ripeto: queste scelte sono state anche un modo prescelto, certo non egoistico, di guadagnare e mettere in comune tempo ed energie per affrontare e convertire la situazione strutturale dell’area e di
Radicali Italiani, quale l’abbiamo raccolta, in una situazione più sana ed adeguata alle minime possibilità, conseguenti alla riduzione del personale e delle collaborazioni e comunque gravemente esse stesse ipotecate finanziariamente ed economicamente.


C’è poi la risorsa del corpo militante costituito, anche ma non solo, dalle associazioni rispetto alle quali, con Rita, abbiamo cercato di sollecitarne ed aiutarne la regolarizzazione e quindi l’attività di quelle che per esempio non avevano segretario e tesoriere iscritti in base a quella modifica statutaria che abbiamo introdotto l’estate scorsa e che prevedeva l’adeguamento entro l’inizio di questo nostro Congresso dove arriviamo oggi a 32 associazioni che rispondono a questi requisiti rispetto alle 22 di quest’estate.


Abbiamo voluto avviare con le associazioni degli appuntamenti periodici per coordinare le attività di quelli che secondo me dovrebbero essere, non associazioni locali o periferiche, ma ulteriori centri di iniziativa politica, costituenti anch’essi la galassia radicale. Vedete, si potranno addurre mille motivi, mille ragioni per spiegare quello stallo che si è creato con i compagni socialisti per continuare a far vivere
la Rosa nel Pugno ma, secondo me, e non a caso, la rottura si è consumata quando, nell’ultima direzione che ci fu, si pose la questione di quale organizzazione darsi, e li ci fu la inconciliabilità tra la nostra organizzazione libertaria, anche nelle forme, e quella che ci veniva proposta, gerarchica, gessata.


Vi è poi nel bilancio il prestito che George Soros ci ha elargito per la campagna elettorale del 2006, grazie alla stima che ha per
Emma Bonino. Denaro che Emma Bonino ha versato in parti eguali ai due soggetti costituenti della Rosa nel Pugno: 750.000 euro a Radicali Italiani e 750.000 euro all’Associazione Luca Coscioni. Denaro che i due soggetti politici hanno immediatamente versato nella cassa del nuovo soggetto politico della Rosa nel pugno; denaro che viene restituito a Soros mano a mano che vengono erogati i rimborsi elettorali: 250.000 li abbiamo versati il 31 ottobre; 250.000 il 31 agosto e 250.000 in questi giorni. Tutto senza interessi poiché abbiamo rispettato le date stabilite. E la singolarità sta nel fatto che, anche in questo caso, abbiamo utilizzato queste somme come effettivo rimborso per le spese elettorali sostenute e non come mero finanziamento pubblico quali di fatto è in base alla legge.

Io so che la libertà è esercizio faticoso di responsabilità e che solo nella libertà si può crescere individualmente e collettivamente. Ho accettato liberamente l’incarico per un anno di Tesoriera di Radicali Italiani quando il partito si trovava forse nel momento più difficile e a rischio della sua stessa vita, pericolo che ancora incombe. Quanto al mio senso di responsabilità con cui ho esercitato l’incarico, ritengo di avercelo messo tutto e penso che anche la segreteria di Rita si sia fatto carico, anche in termini personali, del tentativo di invertire una china negativa.

Sui risultati ottenuti mi rimetto, ci rimettiamo al vostro giudizio. Sono però consapevole che non sono e non possono essere tali risultati la soluzione dei nostri problemi, tanto meno l’alternativa a quello che ho cercato di spiegare essere un piano di nostro annientamento, di nostra chiusura definitiva, rispetto al quale penso che solo il ripristino di condizioni di legalità nel nostro paese, innanzitutto del diritto dei cittadini alla conoscenza, possa far esistere oggi Radicali Italiani, ma ancor più la galassia radicale.

Questo è, mi pare, il tema politico centrale e prioritario all’ordine del giorno del nostro congresso.



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