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Sabatinelli e Gerardi: L?unica soluzione alle prassi distorsive e alle illegalità di sistema può essere garantita solo da una radicale riforma della legge sul divorzio

5 febbraio 2010

 

  • di Diego Sabatinelli e Alessandro Gerardi, rispettivamente Segretario e Tesoriere della Lega Italiana per il Divorzio Breve
 
Ci spiace dirlo ma nel suo articolo pubblicato oggi su Il Giornale, l’avv. Bernardini De Pace, persona che stimiamo moltissimo e che consideriamo un’autentica autorità in materia di diritto di famiglia, inciampa in una piccola contraddizione: da una parte infatti sostiene che i procedimenti di divorzio congiunto, anche se non si svolgono davanti a un Collegio composto da tre giudici, non sono nulli; ma poi, dall’altra, si affretta a precisare che la nullità della sentenza derivante dal vizio di formazione del Collegio non è più deducibile né denunciabile una volta passata in giudicato la sentenza di primo grado. Il che però significa, a contrario, che se uno dei due coniugi, o magari entrambi, sollevasse ritualmente e tempestivamente l’eccezione di nullità della sentenza per essersi il procedimento svolto non davanti al collegio ma ad un unico giudice, allora il problema effettivamente si porrebbe.
Tutto ciò ci porta a ritenere che, fatta salva la validità e l’efficacia delle sentenze di divorzio emanate in questi anni dalla nona sezione civile del Tribunale di Milano, tutte passate in giudicato e non più rivedibili, esiste comunque un dato di evidente mancanza di rispetto della Legge sul Divorzio (così come modificata dalla successiva L. 6 marzo 1987 n. 74) nel momento in cui quest’ultima stabilisce che i procedimenti congiunti diretti allo scioglimento del vincolo coniugale debbono appunto essere esaminati e decisi da un collegio composto da tre magistrati.
Ed invero, come dimostrato dagli ottimi articoli pubblicati nei giorni scorsi da Luca Fazzo, la predetta disposizione, che in teoria non ammetterebbe deroghe né eccezioni, non viene affatto rispettata nella prassi quotidiana; senza considerare che ciò non accade solo a Milano, trovando semmai puntuale riscontro nella stragrande maggioranza degli uffici giudiziari italiani, come sanno perfettamente tutti coloro che hanno un minimo di confidenza con le aule di giustizia.
Peraltro la contemporanea presenza dei tre magistrati che compongono il Collegio non può certo essere surrogata dal fatto che “spesso†(?), nel corso dell’udienza, i giudici si alzano e si consultano nelle rispettive stanze all’interno delle quali ciascuno di loro, uti singulis, ha nel frattempo ricevuto i coniugi divorziandi. Premesso che di questa frenetica attività di consultazione nel corso delle udienze non si ha alcuna traccia nel mondo fenomenico; sul punto la legge è oltremodo chiara e non soggetta a difformi interpretazioni: infatti sebbene la struttura del procedimento congiunto abbia natura negoziale ed escluda ogni possibilità per il tribunale di effettuare alcun tipo di accertamento istruttorio in ordine al perdurare del vincolo coniugale, il legislatore ha comunque voluto demandare ad un organo collegiale e, quindi, alla contemporanea presenza di più magistrati, il compito di sentire i coniugi in udienza così da valutare con particolare e maggiore attenzione, ad esempio, la rispondenza delle condizioni del divorzio all’interesse dei figli.
Certo, l’avv. Bernardini De Pace ha perfettamente ragione nel ribadire che questa prassi deviante trae origine unicamente dalla mancanza di mezzi, di risorse, di giudici, di aule e di cancellieri, e non certo da atteggiamenti colpevoli o, peggio, conniventi e superficiali della magistratura italiana; però allora si abbia il coraggio di trarre le dovute conseguenze da questa sconfortante diagnosi e, senza avallare atteggiamenti e pratiche distorte del dettato normativo, si proceda ad una immediata modifica della Legge sul Divorzio.
Si pensi per un attimo cosa succederebbe se domani si applicasse alla lettera la norma di legge che prescrive la competenza del Tribunale collegiale in merito ai procedimenti di divorzio congiunto: ogni giorno nelle aule di giustizia verrebbero trattati molti meno ricorsi di quanto già oggi non avvenga, il che porterebbe ad un intollerabile appesantimento della procedura con un conseguente aumento dei tempi per ottenere il divorzio, i quali già oggi sono i più lunghi in Europa.
Proviamo dunque senza ipocrisie a chiederci se abbia ancora senso continuare a prevedere due distinti procedimenti, uno di separazione e uno di divorzio, per giungere allo scioglimento del vincolo coniugale e se non sia giunto il momento di abrogare o comunque rendere facoltativo l’istituto giuridico della separazione legale, consentendo finalmente alla coppia in crisi di chiedere e ottenere direttamente il divorzio.
Questa semplice modifica legislativa, peraltro a costo zero, avrebbe tre immediate conseguenze: consentirebbe ai cittadini di ottenere una pronuncia di divorzio in tempi notevolmente più ridotti e con costi notevolmente più contenuti rispetto a quelli attuali; diminuirebbe il carico di lavoro dei nostri uffici giudiziari che da un giorno all’altro non si vedrebbero più costretti ad occuparsi delle centinaia di migliaia di inutili procedimenti di separazione legale, con tutto ciò che questo comporta in termini di liberazione di energie e di risorse, sia umane che economiche; e, soprattutto, metterebbe finalmente il nostro ordinamento giuridico al passo con quello degli altri Paesi europei e non solo.
L’avv. Bernardini De Pace, persona che parla sempre con cognizione di causa, si è già espressa a favore di questa soluzione; come Lega Italiana per il Divorzio Breve ci batteremo affinché anche il nostro legislatore, il quale si sta occupando di questa materia in Commissione Giustizia della Camera dove sono attualmente in discussione tre disegni di legge (il cui relatore è l’on.le Maurizio Paniz), si dimostri altrettanto illuminato e lungimirante.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


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