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Basilicata: Il Parco come il monopoli
Da Rivivere

9 febbraio 2010

 

 

Di Michele Latorraca, candidato della Lista Bonino-Pannella in Basilicata

Parco della Vittoria. Chi non ricorda il Monopoli e chi non ricorda che era ambito da tutti i partecipanti a questo gioco di società, acquisire la casella di Parco della Vittoria per poter successivamente “piazzarci” uno o più alberghi al fine di “campare” di rendita incassando i lauti proventi derivanti dal passaggio in quella casella degli avversari di gioco.
Questo è lo scenario che mi appare alla vigilia dell’inizio dell’operatività del Parco Nazionale della Val d’Agri e del Lagonegrese. Dove il Parco della Vittoria è rappresentato dalla sede legale e amministrativa dell’Ente, il “piazzarci” è riferito a qualche posto da impiegato da elargire in maniera clientelare, il “campare” di rendita è il beneficio che quella classe di potere che occuperà posti dirigenziali ne trarrà, senza mai dare risposte concrete ai cittadini del Parco che saranno i veri avversari, perdenti già in partenza prima che il gioco abbia inizio.
D’altronde questa sensazione non è dovuta a semplice qualunquismo o a empirico pessimismo, ma una persona di buon senso cosa dovrebbe aspettarsi dalla nascita dell’ennesimo baraccone se per lustri la discussione è stata basata prima sulle perimetrazioni dei singoli comuni interni al Parco e successivamente, da almeno tre anni a questa parte, su quale località dovesse ospitare la sede dello stesso. Sarà banale, ma la logica dovrebbe farci riflettere sul fatto che se il Parco dovesse funzionare davvero, porterebbe benefici a tutti sia in termini di salvaguardia del territorio sia in termini di sviluppo, viceversa in caso contrario. E invece siamo qui a parlare di campanilismi dal gusto retrò e dall’assenza di idee e progettualità.
Fra poco si aprirà un nuovo fronte sul nominativo che si appresterà a diventare il Capo Baracca. C’è già un neo consigliere comunale di Viggiano che freme, ma sicuramente non godrà di unanimi consensi e quindi ci potrà sempre essere qualche colpo di coda.
Ci fosse stato un verme che avesse accolto le denunce di Bolognetti che ha semplicemente letto alcuni dati forniti dall’Ufficio Risorse Idriche, dove si evince che le acque del Pertusillo (il lago del Parco) sono contaminate da Bario, elemento chimico molto velenoso che ci ritroviamo nella catena alimentare causa l’utilizzo per scopi irrigui delle acque della diga.
Ci fosse stato qualcuno, fosse anche una semplice associazione ambientalista, che avesse indicato obiettivi precisi e puntuali da raggiungere con l’istituzione del Parco.
Ci fosse stato qualcuno che si fosse posto il problema della sostenibilità economica e finanziaria del Parco, qualcuno che ponesse l’attenzione sulle figure professionali necessarie e la loro formazione, sul ruolo che i cittadini, soprattutto quelle meno giovani, possono in maniera proattiva svolgere anziché essere relegati in qualche, a volte inutile, casa di riposo.
Ecco io mi sarei aspettato un dibattito su queste cose, ma è stata l’ennesima occasione persa per la comunità e l’ennesimo atto di arroganza di questa genìa di potenti locali che al di fuori dei confini regionali sono solo codazzo e nulla più.
Vorrei completare questo mio articolo, facendo una riflessione su alcuni interventi pubblicati sull’ultimo numero di Rivivere. In primis mi hanno colpito le meditazioni di un prete, non tanto per il contenuto dell’articolo, ma per la disinvoltura con la quale l’autore passava dalla prima persona singolare alla prima persona plurale. Sarei curioso di capirne il perché. Non credo che sia un improvviso attacco di onnipotenza che lo ha portato ad usare il plurale maiestatis. Mi chiedo solo se nel 2010 un sacerdote possa ancora svolgere il ruolo di capo popolo. Mi sembra anacronistico e soprattutto fuori dalla realtà.
La seconda considerazione la voglio fare prendendo spunto dall’articolo di Francesco Antonazzo. Purtroppo ciò che descrive Antonazzo è reale e sarà reale. Mi vengono in mente le parole di un mio professore delle superiori che diceva sempre che alle elezioni bisognava votare per chi non ti saluta, perché stai certo quello non ti fregherà mai. Non so se rappresenta un buon metodo davvero, quello che so è che bisogna sicuramente sempre diffidare e mai votare chi promette favori personali o familiari.
Infine, the last but not the least, una piccolissima riflessione sulle righe scritte da Emily.
Cara Emily credo che per noi credenti il Cristo rappresenta e rappresenterà sempre il simbolo della nostra forza e del nostro amore, ma non abbiamo alcuna necessità di vederlo obbligatoriamente esposto a scuola o in qualche altro ufficio pubblico, semplicemente perché istituzioni di questo tipo devono essere regolamentate dalla legge dello Stato e non da quella di Dio. A Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio.
 
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