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La Flat Tax, un dibattito aperto

3 ottobre 2005

di Federico Punzi

Perseverando con il modello franco-tedesco-italiano rischiamo di esportare al livello dell'Unione la stagnazione economica dei membri più vecchi. Pur senza nutrire troppe speranze - visto che il governo che stiamo per salutare si era presentato nel 2001 promettendo una riforma fiscale di sole tre aliquote - invece di arrenderci, rilanciamo: una sola aliquota, la cosiddetta Flat Tax.


Si tratta di una tassazione del reddito proporzionale invece che progressiva, un’aliquota unica piuttosto bassa (intorno al 20 per cento) associata a un’ampia no-tax area per i redditi più bassi. Estonia, Lettonia e Lituania hanno istituito da anni aliquote uniche (26, 25 e 33 per cento), dando tale impulso alla loro crescita economica da essere definite «tigri baltiche». Solo per il complesso di superiorità del resto d'Europa non sono ancora ritenute modelli da seguire. A seguire il loro esempio sono stati invece altri paesi dell'Est europeo con l'urgente bisogno di crescita economica: Serbia (14%), Slovacchia (19%), Ucraina (13%), Romania (16%), Georgia (12%). In Croazia, Bulgaria e Ungheria, i legislatori stanno esaminando la possibilità di adottare un sistema analogo, mentre i partiti all’opposizione in Polonia e Repubblica Ceca promettono di adottare un’imposta ad aliquota unica del 15 per cento. Piccoli paesi, si obietterà, che partono da livelli economici molto bassi. «La crescita economica e del gettito dopo i tagli non è un colpo di fortuna – ha scritto qualche settimana fa Amity Shlaes sul Financial Times – è l'ora di ammettere che i regimi ad aliquota unica non sono una soluzione adatta soltanto ai paradisi fiscali o a nazioni piccole e disperate...». Possono essere uno strumento formidabile nelle mani di un grande paese europeo, scatenando nell'UE un effetto domino che segnerebbe una sconfitta per le elite tecnocratiche di Bruxelles-Parigi-Berlino-Roma. Dopo l'allargamento, il cancelliere Schroeder provò addirittura a reprimere con nuove «regole comuni» la competizione fiscale dei paesi baltici. Come osserva il premier estone Laar, il rischio maggiore, che stiamo vivendo già sulla nostra pelle, è «di esportare al livello dell'Unione i problemi cronici dei vecchi membri». Tuttavia, in Germania la sfidante del cancelliere Schroeder, Angela Merkel (Cdu), ha pagato caro in termini di popolarità la designazione del professore Paul Kirchhof, sostenitore di una Flat Tax al 20 o al 25 per cento, come ministro delle Finanze.


Ma le origini teoriche dell’aliquota unica risalgono agli anni Ottanta, quando due economisti statunitensi, Robert E. Hall e Alvin Rabushka, ripresero una vecchia idea di Milton Friedman e proposero una semplificazione del sistema fiscale basata su un’unica tassa al 19% (Low Tax, Simple Tax, Flat Tax, 1983). Oggi negli Stati Uniti è Steve Forbes il più convinto sostenitore di un'unica aliquota al 17 per cento, ma al di là delle cifre l'ipotesi è seriamente dibattuta da vari istituti di ricerca. Più autorevolmente sostengono la Flat Tax il repubblicano Grover Norquist e alcuni centri studi, come la Heritage Foundation (cerca: "flat tax"). Le idee di Daniel J. Mitchell, membro della Fondazione, sono state tradotte in Italia dall'Istituto Bruno Leoni. La regola aurea della Flat Tax è che solo il reddito viene tassato, e una sola volta. Il risparmio è esentato dalle imposte sia per ragioni di giustizia, per non penalizzare gli stili di vita più sobri, sia per favorire l’accumulazione dei capitali e, quindi, gli stessi investimenti. Dunque, tutte le misure degli attuali sistemi fiscali che rappresentano una forma di doppia imposizione sono abolite. Tasse sui capital gain, sui dividendi, di successione, sulle proprietà immobiliari, rientrano in questa categoria, mentre sono esclusi i benefit aziendali. Ma quali sono gli effetti di un’aliquota bassa e uguale per tutti, accompagnata da un’esenzione totale per i redditi più bassi? Secondo i suoi sostenitori i benefici si riassumono in tre parole: crescita, semplicità, giustizia.


Tutti i dati a disposizione indicano che i sistemi ad aliquota unica intorno al 20 per cento, rispetto a quelli ad aliquote progressive, danno maggiore impulso alla crescita economica, generando un considerevole gettito fiscale per l’erario. L’aliquota marginale d’imposta rappresenta infatti il prezzo che lo Stato impone sul comportamento economico produttivo. Dunque più è ridotta, più favorisce la crescita. Viceversa, se gli individui vengono penalizzati per il fatto di lavorare, risparmiare o investire, prendersi dei rischi, avviare un’impresa, la produttività e la competitività del sistema economico vengono danneggiate. Le classi politiche dell’Unione europea si lamentano per la concorrenza fiscale dei nuovi membri. E’ vero che le imprese che operano in contesti fiscali più semplici e meno oppressivi sono più competitive, ma la concorrenza tra sistemi fiscali, in termini di efficienza e bassa tassazione, è lungi dall’essere «dannosa» se la sfida viene accettata. Eliminando quel pregiudizio contro la formazione del capitale che è il principale responsabile della doppia tassazione del reddito, risparmiato e investito, è possibile incentivare la creazione di nuovo lavoro e nuovi capitali. In un'economia sempre più globale, il lavoro e i capitali fuggono dai paesi che puniscono le attività produttive con elevate aliquote fiscali verso paesi dove la tassazione è meno oppressiva e più semplice.


Attualmente il nostro sistema fiscale è talmente complicato da generare alti costi di gestione, da indurre in errore anche i più esperti e rendere più facile il mestiere dell’evasore. L'aliquota "piatta" invece, semplificando il fisco, aumenta i costi di elusione ed evasione, sbarra le vie di fuga, stana il sommerso, rimuove gli oneri burocratici e i relativi costi (sarebbe sufficiente compilare un modulo-cartolina) che gravano oggi sulle imprese e sui singoli individui.


La Flat Tax tratta ogni contribuente, e ogni forma di reddito, allo stesso modo. Il più ricco con 100 volte il reddito del più povero versa all’erario 100 volte la sua somma. Nel contempo, l'esenzione totale include un'ampia fascia di redditi bassi e può essere basata sulle dimensioni del nucleo famigliare. Tuttavia, occorre tenere presente, sostengono i critici della Flat Tax, che la complessità della normativa fiscale è anche lo strumento che permette ai contribuenti di ridurre il proprio carico fiscale, difendendosi dalla "predazione" governativa. Spesso però la selva di particolarismi di ogni sorta introdotti una tantum o stabilmente nel sistema fiscale producono esiti socialmente perversi. Un'unica imposta proporzionale sul reddito colpirebbe un imponibile più ampio eliminando tutte quelle scappatoie, detrazioni, deduzioni, crediti d'imposta, i cosiddetti loopholes, da cui traggono iniqui vantaggi soprattutto gruppi di potere vicini al mondo della politica o coloro che possono permettersi grandi esperti fiscali. L'adozione della Flat Tax invece ridurrebbe l'influenza dei gruppi di pressione. Le stesse imprese ne trarrebbero vantaggio, poste nelle condizioni di non dover più sprecare risorse nell'inseguire i politici o in investimenti sconsiderati che servono solo a ottenere trattamenti fiscali di favore. Il codice fiscale non sarebbe più lo strumento in mano ai politici per ricompensare gli amici e punire i nemici. I "valori" che con la leva fiscale i governi introducono nel mercato determinano distorsioni allocative tra settori economici, nel migliore dei casi rallentando, nel peggiore contrastando, le tendenze del mercato nell'orientare lavoro e capitali verso settori più produttivi, e, alla lunga, dimostrandosi il più delle volte fallimentari esempi di ingegneria sociale e di politica industriale.


E' difficile stabilire quale sia il sistema di tassazione del reddito migliore, se progressivo o proporzionale, mentre è più facile intuire che il miglior governo è quello che spende il meno possibile e tassa il meno possibile.



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