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6 ottobre 2005

di Luigi Castaldi

Oggi, se permettete, niente editoriale. Piuttosto, faremo insieme una edificante letturina che possa esserci utile ogni volta che il nostro pregiudizio laicista volesse portarci per mano fino all'indignazione. Si tratta di passi tratti dal Codice di Diritto Canonico. Sarà vero, come da alcuni secoli si dice, che “il grado di civiltà di una società si misura in base alle leggi che essa si dà”? Il consenso parrebbe unanime. Ma poi: la Chiesa è una “società”? Certamente sì. Evitando argomentazioni troppo arzigogolate, affidiamoci a quella semplice, chiara, di un Pontefice: La Chiesa è una società, una società religiosa. È evidente. E basta già questa immediata, ma fondamentale osservazione per ricordare che noi non potremo presumere di appartenere alla Chiesa, di professare la religione che in essa si personifica, in altri termini: di essere veri cristiani, d’avere una nostra religione, un nostro modo personale d’essere cristiani autentici, senza essere nello stesso tempo membri di questa società, che si chiama la Chiesa (Paolo VI, Udienza del 10 novembre 1971).
 
E dunque, sì, la Chiesa è una società. Ora, vogliamo dare una guardatina al Codice di Diritto Canonico per misurare il grado di civiltà della Chiesa? Bene, ma sarà necessaria una premessa per non trarre conclusioni che, se corrette nel caso di tutte le altre società civili, qui sarebbero errate, perché “alla società civile, apparteniamo per nascita, cioè per un titolo, che non dipende direttamente dalla nostra volontà: mentre alla società ecclesiale apparteniamo per inserzione, che suppone nel bambino (battezzato sulla fede dei genitori, dei padrini, della comunità) e che esige nel cristiano cosciente e adulto un atto libero e voluto di fede. Uomini si nasce, cristiani si diventa. Dunque ecco il sovrano profilo della Chiesa; essa è, sì, una società, ma una società libera” (Paolo VI, ibidem).
 
Ecco, dunque, la necessaria premessa: se nel Codice di Diritto Canonico troveremo tutto ciò che solitamente abbassa il grado di una civiltà al livello del patriarcato tribale, del feudalesimo, della monarchia assoluta, del familismo mafioso, del totalitarismo, non sarà il caso di indignarsi: “cristiani si diventa” (per ciò che si “suppone nel bambino” al fonte battesimale), e poi per “un atto libero e voluto di fede” (che conviene rinnovare sennò si finisce tra le fiamme eterne). Trattasi di una “società libera”, che i più motivati tra i suoi membri si adoprano ad allargare katà òlos (affinché katholikòs – universale – ne sia l’estensione), con santo proselitismo e diffusione della Parola. Se un appunto critico, eventualmente, si vorrà rivolger loro, dovrà essere limitato a questo: al depliant della Buona Novella dovrebbero allegare un abstract dei canoni del Codice di Diritto Canonico. Al rispetto del quale “sono tenuti i battezzati nella Chiesa cattolica o in essa accolti, e che godono di sufficiente uso di ragione e, a meno che non sia disposto espressamente altro dal diritto, hanno compiuto il settimo anno di età” (Canone 11).
 
Ecco, al più, potrebbe essere legittima questa sola obiezione: l'omessa informazione nel procurarsi il consenso, che è su un pacchetto alquanto impegnativo. Scrive, infatti, Giovanni Paolo II nella Sacrae Disciplinae Leges, la Costituzione Apostolica che è avantesto al Codice:“Il codice, dal momento che è il principale documento legislativo della Chiesa, fondato nell’eredità giuridico-legislativa della rivelazione e della tradizione, va riguardato come lo strumento indispensabile per assicurare il debito ordine sia nella vita individuale e sociale, sia nell’attività stessa della Chiesa […] Le leggi canoniche, per loro stessa natura, esigono l’osservanza […] Esorto, quindi, tutti i fedeli a voler osservare le norme proposte con animo sincero e buona volontà, nella speranza che rifiorisca nella chiesa una rinnovata disciplina”. Dopo aver dato una guardatina al Codice di Diritto Canonico, quanti vorrebbero rinnovare l’“atto libero e voluto”, e continuare a dirsi cattolici, di là dall'abitudine? Non ci resta che piluccare:
 
“La Chiesa cattolica e la Sede Apostolica sono persone morali in forza della stessa disposizione divina (Can. 113 - §1). La Chiesa, alla quale Cristo Signore affidò il deposito della fede affinché essa stessa, con l'assistenza dello Spirito Santo, custodisse santamente, scrutasse più intimamente, annunziasse ed esponesse fedelmente la verità rivelata, ha il dovere e il diritto nativo, anche con l'uso di propri mezzi di comunicazione sociale, indipendente da qualsiasi umana potestà, di […] annunciare sempre e dovunque i principi morali anche circa l'ordine sociale, e così pure pronunciare il giudizio su qualsiasi realtà umana (Can. 747 - §1-2). Per fede divina e cattolica sono da credere tutte quelle cose che sono contenute nella parola di Dio scritta o tramandata, vale a dire nell'unico deposito della fede affidato alla Chiesa, e che insieme sono proposte come divinamente rivelate, sia dal magistero solenne della Chiesa, sia dal suo magistero ordinario e universale, ossia quello che è manifestato dalla comune adesione dei fedeli sotto la guida del sacro magistero; di conseguenza tutti sono tenuti a evitare qualsiasi dottrina ad esse contraria (Can. 750). Per istituzione divina vi sono nella Chiesa, tra i fedeli, i ministri sacri (che nel diritto sono chiamati anche chierici); gli altri fedeli poi sono chiamati laici (Can. 207 - §1). Mediante il battesimo l'uomo è incorporato alla Chiesa di Cristo (Can. 96). I genitori sono tenuti all'obbligo di provvedere che i bambini siano battezzati entro le prime settimane… (Can. 867 - §1) … sono vincolati dall'obbligo […] di provvedere nel modo più appropriato all'educazione cattolica dei figli (Can. 793 - §1). I fedeli sono tenuti all'obbligo di conservare sempre, anche nel loro modo di agire, la comunione con la Chiesa... (Can. 209 - §1) ... sono chiamati ad attuare, secondo la condizione propria di ciascuno, la missione che Dio ha affidato alla Chiesa da compiere nel mondo... (Can. 204 - §1) ... prestino attenzione alla dottrina proposta dal magistero della Chiesa, evitando però di presentare nelle questioni opinabili la propria tesi come dottrina della Chiesa... (Can. 227) ... perciò procurino di evitare quello che con essa non concorda (Can. 752). I fedeli diano la propria adesione soprattutto alle associazioni erette, lodate o raccomandate dall'autorità ecclesiastica competente (Can. 298 - §2). Nessuna associazione privata di fedeli è riconosciuta nella Chiesa, se i suoi statuti non sono esaminati dall'autorità competente (Can. 299 - §3). Sono soggette alla vigilanza della Santa Sede le associazioni di qualsiasi genere (Can. 299 - §2). Tutte le associazioni di fedeli sono soggette alla vigilanza dell'autorità ecclesiastica competente […] ad essa (Can. 305 - §1). 
 
La Chiesa cattolica ha il diritto nativo, indipendentemente dal potere civile, di acquistare, possedere, amministrare ed alienare i beni temporali per conseguire i fini che le sono propri... (Can. 1254 - §1) ... di richiedere ai fedeli quanto le è necessario per le finalità sue proprie (Can. 1260). Il Romano Pontefice, in forza del primato di governo è il supremo amministratore ed economo di tutti i beni ecclesiastici… (Can. 1273). Il Romano Pontefice è giudice supremo in tutto l'orbe cattolico… (Can. 1442) … ha potestà ordinaria suprema, piena, immediata e universale sulla Chiesa, potestà che può sempre esercitare liberamente (Can. 331). Non si dà appello né ricorso contro la sentenza o il decreto del Romano Pontefice... (Can. 333 - §3) … non è giudicato da nessuno (Can. 1404 ). La Chiesa ha il diritto nativo e proprio di costringere con sanzioni penali i fedeli che hanno commesso delitti (Can. 1311). Per una trasgressione occulta non s'imponga mai una penitenza pubblica (Can. 1340 - §2).
 
Buona conversione! Alla prossima.


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