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Capolavoro di ipocrisia!

10 ottobre 2006

di Luigi Castaldi

[In due o tre occasioni ho proposto di “leggere l’ipocrisia”, invece di liquidarla con un giudizio morale. Se si tratta della “simulazione della virtù”, in essa – nella sua costruzione retorica – possono essere riconosciute un modo e un fine? In altri termini: si possono “leggere” tattica e strategia della “parola ipocrita”? Io ritengo che si possa. Non ho un “pollice linguistico” tanto fine per osare la formulazione di una “teoria generale della parola ipocrita”, mi limito all’analisi di “costruzioni ipocrite” in cui m’imbatto occasionalmente. Ma devo essere onesto: attingo con costanza alle fonti che tradizionalmente sono assai generose nell’elargire la “parola ipocrita”, e cioè alle fonti del potere che si legittima attraverso le virtù che simula. Da ciò la mia predilezione per i testi ufficiali della Chiesa cattolica, la più formidabile fabbrica di ipocrisia della storia universale. Ma, prima di passare all’analisi di una delle sue più recenti “costruzioni ipocrite”, una precisazione che ci consentirà, in coda, di dare un profilo politico (in senso lato) alla strategia che si serve della tattica retorica qui presa in oggetto: affinché la “simulazione della virtù” sia adeguata a legittimare un potere occorre che l’atto della simulazione sia riconoscibile – in qualche modo – come rappresentazione stessa del potere.]

 

Le note alla lectio magistralis tenuta a Regensburg da Benedetto XVI, il 12 settembre, sono da alcune ore a disposizione di chi vuole; il testo è corretto in alcuni punti. Prenderemo in considerazione solo un passaggio, quello che ha provocato l’incandescente polemica internazionale che si “simula” di voler ricomporre con la nota [3] e con la rettifica del brano cui è appuntata.

Nella versione originale (in grassetto il passo rettificato):

 

Naturalmente, l’imperatore [Manuele II Paleologo] conosceva anche le disposizioni, sviluppate successivamente e fissate nel Corano, circa la guerra santa. Senza soffermarsi sui particolari, come la differenza di trattamento tra coloro che possiedono il ‘Libro’ e gli ‘increduli’, egli, in modo sorprendentemente brusco che ci stupisce, si rivolge al suo interlocutore semplicemente con la domanda centrale sul rapporto tra religione e violenza in genere, dicendo: «Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava». L’imperatore, dopo essersi pronunciato in modo così pesante, spiega poi minuziosamente le ragioni per cui la diffusione della fede mediante la violenza è cosa irragionevole. La violenza è in contrasto con la natura di Dio e la natura dell’anima”.

 

Da segnalare che, nell’aula magna dell’università di Regensburg, quel “che ci stupisce”  non è stato affatto pronunciato: è stato aggiunto il giorno dopo, al primo accendersi delle proteste da parte islamica.

Nella versione che ora sostituisce la precedente, il passo che recita “in modo sorprendentemente brusco che ci stupisce” è sostituito da in modo sorprendentemente brusco, brusco al punto da essere per noi inaccettabile”.

 

Ricapitolando:

12 settembre: “… egli, in modo sorprendentemente brusco, si rivolge al suo interlocutore…”.

13 settembre: “… egli, in modo sorprendentemente brusco che ci stupisce, si rivolge al suo interlocutore…”.

9 ottobre: “… egli, in modo sorprendentemente brusco, brusco al punto da essere per noi inaccettabile, si rivolge al suo interlocutore…”.

 

[Sia consentito un rapido e sospiroso inciso: il blogger che, a fronte delle polemiche sollevate nella blogosfera da un suo post, l’avesse corretto due volte sarebbe stato sepolto da una valanga di pernacchie telematiche.]

 

Nella nota [3], appuntata a questo passaggio della lectio (in grassetto i punti che ci interessano, con riferimento tra parentesi):

 

“Questa citazione, nel mondo musulmano, è stata presa purtroppo come espressione  della mia posizione personale (a), suscitando così una comprensibile indignazione (b). Spero che il lettore del mio testo possa capire immediatamente che questa frase non esprime la mia valutazione personale (c) di fronte al Corano, verso il quale ho il rispetto che è dovuto al libro sacro di una grande religione (d). Citando il testo dell’imperatore Manuele II intendevo unicamente evidenziare il rapporto essenziale tra fede e ragione (e) [“unicamente” (e’)]. In questo punto sono d’accordo con Manuele II, senza però far mia la sua polemica (f).

 

Ricapitolando ancora:

12 settembre: Benedetto XVI cita Manuele II nel punto dei suoi Dialoghi dove dice che «Maometto ha portato di nuovo […] soltanto delle cose cattive e disumane»; e commenta che il “modo” (sia chiaro: il “modo”) è “sorprendentemente brusco”.

13 settembre: La “sorpresa” non basta, si aggiunge lo “stupore”: “… in modo sorprendentemente brusco che ci stupisce…”.

9 ottobre: Non basta più neppure lo “stupore”, urge una notazione di giudizio morale. E’ la “dissociazione”: “… in modo sorprendentemente brusco, brusco al punto da essere per noi inaccettabile…”.

 

Sorpresa, stupore, dissociazione – rispetto a cosa? Rispetto al “modo” in cui si esprime Manuele II. Si ribadisce la sostanza, senza nulla smentire. E la nota [3] è un capolavoro di ipocrisia, se per “ipocrisia” intendiamo la “costruzione retorica” che rende la “simulazione della virtù” – in questo caso: (a) il rammarico; (b) e (c) la comprensione.

 

Come dicevo nella premessa: «affinché la “simulazione della virtù” sia adeguata a legittimare un potere occorre che l’atto della simulazione sia riconoscibile – in qualche modo – come rappresentazione stessa del potere».

E infatti: (e) “il rapporto essenziale tra fede e ragione” è ribadito, in favore del Dio ragionevole, a scapito dell’irragionevole Allah; (e’) “unicamente” il “modo” è in questione.

Sicché (f) Benedetto XVI vuole poter dire quello che dice Manuele II, “senza però far mia la sua polemica”: vuole dire che «Maometto ha portato di nuovo […] soltanto delle cose cattive e disumane» ma, ferma restante la sostanza (e), ritiene che al potere che egli rappresenta convenga una “rappresentazione” – un “modo” – che simuli la virtù della comprensione (b) (c) e quella del rispetto (d), con una puntina di rammarico (a), “unicamente” (e’) relativo all’infelice “modo” brusco di Manuele II.

 

Detto con l’ammirazione cui mi costringe il non avere «un “pollice linguistico” tanto fine per osare la formulazione di una “teoria generale della parola ipocrita”»: capolavoro di ipocrisia!



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