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«Da quarantanni attendo la morte»

• da Libero del 14 dicembre 2006, pag. 12

di Brunella Bolloli

Piergiorgio Welby è l'uomo attaccato alla spi­na. È l'uomo che ha scritto al presidente della Repubblica «Io amo la vita. Il mio sogno è l'eutanasia». Pier­giorgio Welby è una mente viva dentro un corpo immobile da anni. Oggi tutti ne parlano, ma chi è Pier­giorgio Welby? La sua è una storia semplice e dolorosa, dove lui si definisce il «naufrago» che affronta in­sieme all'inseparabile moglie Wilma, Mina per gli amici, «il più periglioso dei mari: il mare della vita. È un mare in cui tutti navighiamo, ma tutti con natanti diversi», scrive Welby nel suo sito chiamato il Calibano, dal nome di un personaggio de "La Tempesta" di Shakeaspeare. «Il nostro mare è una zattera che va di­sfacendosi. Restare a galla non è la cosa più impor­tante e non è importante sapere l'ora e il giorno del naufragio...Aspettiamo una vela lontana».

 

Conosce presto la morte,Piero. Da bambino con la mamma Luciana ogni 2 novembre va al Verano, il ci­mitero di Roma. «Non aveva nulla di terrorizzante, misterioso, inquietante», ricorda, «era come andare a fare una gita ai Castelli. Il posto era un po' speciale». Visitava la tomba dei nonni che, uniti in vita, erano stati separati dopo morti. I Welby erano di Glasgow, Scozia, e andavano sulle navi; sono sbarcati nel Lazio e approdati a Roma. «Mio nonno era stato sepolto nel cimitero dei suoi correligionari protestanti, mia nonna riposava (si fa per dire) alla"scogliera"».

 

LA DIAGNOSI Piergiorgio, classe 1945, aveva 18 anni e studiava alle superiori quando il medico gli diagnosticò la distrofia muscolare progressiva preparando i suoi genitori alla fine: «II ragazzo non arriverà a vent'anni». Lui reagisce decidendo di godersi la vita senza privazioni. Diventa un hippy, fa uso di droghe (da cui si libererà con il metadone) viaggia, legge, dipinge, fotografa la natura, abbandona la scuola, vuole fare da solo. Diventa autodidatta. Si dà al latino. È un giovanottone alto un metro e novanta, con i capelli lunghi, biondi e i tratti somatici scozzesi presi dal pa­dre Alfredo, ex giocatore di pallone in serie A nella Roma degli anni della guerra. Ha una sorella, Carla, che fa l'insegnante di sostegno e solo l'altro giorno ha scelto di farsi vedere vincendo la sua riservatezza, per testimoniare al giudice l'assoluta volontà del fratello di farla finita. Simone, uno dei suoi tre figli, (Welby non ne ha voluti per timore che la sua fosse una malattia genetica) ogni sera è dallo zio. Costante e amorevole presenza anche per Mina che, ormai, da sola non ce la fa più. Mina, cattolica e credente faceva l'insegnante di matematica. Un giorno è capitata a Roma dall'Alto Adige, con un viaggio parrocchiale. Ha co­nosciuto Piergiorgio in ospedale ed è stato un colpo di fulmine. La madre di Piero l'avvertì su quale sarebbe stato il calvario futuro, ma la tenace "asburgica" fece telefonare dal suo parroco a casa Welby dicendole che, se ci fossero stati ostacoli alla loro unione, sareb­be partita per fare la missionaria in Africa.

 

Da allora i tre abitano insieme, all'ultimo piano di un palazzone alla periferia sud di Roma. Un condo­minio davanti all'altro con in mezzo un giardinetto, ci si conosce un po' tutti: lo stesso supermercato, lo stesso fornaio. Sui muri esterni ci sono dipinti gli scu­detti della Roma, le maglie giallorosse con la forma­zione intera. I ragazzini sono tifosi. Anche Piero era uno sportivo, appassionato di animali, cani in parti­colare. Amava pescare ed era un abile cacciatore. Ci andava con suo padre e l'inseparabile setter Diana. Un giorno di novembre, però, Piergiorgio non riuscì a prendere le due coppie di starne che aveva a portata di tiro. «Perché non hai sparato?», gli chiese il padre. «Non ho potuto muovere il dito». «Sarà il freddo...». «No, papa. È la distrofia». È il suo primo vero impatto con la malattia raccontato in un passo del suo libro "Lasciatemi morire". Spiega che suo padre allora gli prese la mano e gliela frizionò con forza. Ma lui disse solo: «Papà, sparami! Voglio morire in piedi e con il sole negli occhi... Non paralizzato in un letto».

 

E quando, poi, il padre si ammalò di tumore alla laringe e faticava come un dannato a respirare, il giova­ne Welby pregò Dio di fare cessare quel dolore: «Dio fallo morire, fallo morire adesso. Che senso ha quel­l'agonia? Nemmeno la mia cagna aveva sofferto tan­to». Quando il veterinario diagnosticò a Diana un tu­more all'utero e lei cominciò a rifiutare il cibo, Piero le fece un'iniezione al torace, all'altezza del cuore. L'animale si spense piano tra le braccia del padrone.

 

VIAGGI CON LA FANTASIA Ma la vita di que­st'uomo, che si è fatto bandiera in Italia della battaglia per l'eutanasia, con i Radicali, non è tutta da piangere. Perfino adesso che non vede l'ora di finire i tormenti, Welby mantiene forte l'ironia e la lucidità. Lo dice il suo amico, Sergio Giordano, che comunica con lui con sms e email e ricorda, ad esempio, di quando per il referendum contro la legge 40, sulla ricerca scienti­fica e la procreazione assistita, il "Calibano" decise di uscire da casa, dopo anni, per recarsi a votare pur ri­manendo collegato al respiratore. Giordano, riminese, è lo skipper della "zattera" di Piero. Di lui invidia la cultura enciclopedica «che mi ha fatto fare pace con la filosofia sorbita al liceo, poiché fece salire a bordo con noi, antichi filosofi e poeti molto più moderni di tanti contemporanei». In questo nostro navigare su Internet, spiega, «il Comandante è un abilissimo na­vigante: con il solo movimento della mano può uscire rapidamente dalla sua stanza e andare lontano». Con la fantasia «Dialoghiamo, discutiamo, litighiamo, ridiamo. Siamo perfino andati sull'isola di Tonga con questa zattera, dando sfogo alle più belle fantasie ses­suali». Sergio gli ha anche appeso in camera il calen­dario di Max delizia per i maschi, proprio di fronte a un crocifisso dono di una zia suora di Piero. Perché, è vero, Welby è immobile da anni come un uomo com­pletamente sepolto dalla sabbia con la testa fuori, ma solo negli ultimi tempi ha perso la voglia di vedere le cose belle. Si è aggravato. Il suo corpo ha rifiutato di seguire la mente. Di notte non dorme più.

 

Il 26 dicembre prossimo Piergiorgio Welby compi­rà 61 anni, ma ha deciso di festeggiare altrove questo compleanno.


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