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L'eroica lotta del prode Bandinelli contro una misconosciuta forma di mutilazioni genitali femminili: i tagli cesarei

20 febbraio 2007

di Luigi Castaldi

Qualche anno fa, non ricordo bene se nel 2001 o nel 2002, sul forum di Radicali.it, Angiolo Bandinelli ci regalò una delle sue pagine più esilaranti. Si trattava di un divertissement, una sorta di finissima parodia, tanto fine da non poter essere quasi per nulla distinguibile dal modello dal quale traeva il modello. E il modello era quello dell’iniziativa politica: la lotta alle mutilazioni genitali femminili, cioè al taglio cesareo. Bandinelli aveva letto da qualche parte che in Campania il numero dei tagli cesarei era enormemente alto, e la cosa gli puzzava. Saprete come sono fatti i radicali: quando una cosa ci puzza, ci scappa d’istinto l’iniziativa politica. Per farla breve, la mobilitazione che Bandinelli pareva voler promuovere contro lo scempio che andava compiendosi sulle pance delle donne campane mi sembrò una stronzata. Serafica, se si vuole, ma comunque stronzata.

A quei tempi ero nuovo alle sottigliezze letterarie di Bandinelli, e confesso che non compresi subito che si trattava di una parodia della battaglia radicale contro l’infibulazione. Sì, Bandinelli parodiava la Bonino. Insomma, ci cascai: non capii che si trattava di un divertissement, mi sembrò un’iniziativa politica da gonzi, e replicai con un intervento che allego qui sotto.

Oggi (Notizie Radicali, n. 422), vedo che Bandinelli ritorna sull’argomento: il primato, che fu della Campania, oggi è del Lazio – scrive – ma ciò non toglie che gatta ci cova. “Il ricorso a questa forma (misconosciuta, non fa moda) di mutilazione genitale femminile – scrive Bandinelli – si è attestato, negli ospedali pubblici della regione, tra il 28 e il 74% mentre nelle cliniche private è gonfiato fino ad uno spettacolare 86%. L’aumento dei cesarei è dovuto, pare, alle ‘tariffe’ che fanno di questa pratica un lucroso affare. Almeno finora, non pare che essa sia incrementata anche dalle pretese della mafia o della camorra come accade invece in Campania, secondo quanto mi venne riferito da un ginecologo napoletano…”. Bandinelli ricorda male, molto male, ma sono certo che vorrà rileggere quel mio intervento e prenderne atto. Ad evitare che, con tante tragedie che tornano in farsa, una farsa (quella dell’eroica lotta contro il taglio cesareo) torni in tragedia, con qualche sprovveduto o malintenzionato che possa fargli credito. Difficile, ma non escluso.

 

Allegato

Qua e là si legge che in Campania il numero dei tagli cesarei (TC) è notevolmente più alto che nel resto d'Italia, in assoluto e in percentuale. E' vero. Forse lo è anche rispetto all'Europa e al mondo intero. Diciamolo, sarà il più alto della galassia. Sono articoli facili facili che si mettono giù in due ore, sfogliando qualche http://, o giochicchiando con un motore di ricerca. Dànno però l'idea che sia risorto il giornalismo d'inchiesta, quello che un tempo scoperchiava scandali fumanti e appetitosi, e poi via via s'accontentò di leucemie da uranio impoverito e di coccodrilli delle fogne di New York. Scandali fumanti e appetitosi che ogni direttore prende la posa tronfia dello chef e "voilà, ecco il pasticcio!" Volendo (e figuriamoci se certo giornalismo non vuole), la pietanza ha le sue variazioni, le sue salse più o meno piccanti, le sue graziose decorazioni. L'immancabile lobby ostetrica che lucra sulla pelle delle donne e, perché no, il bizzarro parallelo con le mutilazioni genitali femminili d'altre (con rispetto parlando) culture. Forzando un po' le fonti, gli avverbi e le conclusioni, non si fa tardi a paragonare le cicatrici dei TC ai martoriati piedini delle danzatrici a Bali, alle vulve infibulate in Sudan, alle gote orrendamente scarificate in Togo. Questo accade, come ci insegnano gli studiosi della fissione nucleare a freddo e i pm che si fidanzano con i pentiti, quando ci si innamora alla follia di una teoria e ad essa si sacrifica l'onore e l'onestà. L'amore è sempre cieco e la teoria talvolta è racchia. Può capitare in buona fede, ma i guasti sono spesso devastanti, perché il lettore (sia detto ad esclusione di chi qui legge) è un fesso.

Dunque, vogliamo dirla tutta su questi TC in Campania? Cominciamo proprio con le ragioni che sembrano fatte apposta per eccitare il lettore fesso perché sprovveduto, quello che vuole emozioni forti.

In primo luogo, lo sdegno, perché per sentirsi più buoni può far comodo sentirsi un po’ vittima, e non ci vuole niente. Cosa di meglio del complotto, della truffa e della speculazione? Il TC arricchisce l'ostetrico, si potrebbe dire. Vogliamo dirlo? E diciamolo, va. Suda di meno, l'ostetrico, e guadagna di più (ma non è vero, almeno non in Campania). Arricchisce la casa di cura privata e l'indotto (e neanche è vero, se si guarda alla crisi del settore privato nella regione, dove le cliniche boccheggiano). L'ostetrico eventualmente onesto (razza che abbonderebbe a Ulan Bator, dove i TC sono rarissimi) diverrebbe, alla lunga, prono al malaffare clinico-ambientale.

Ma continuiamo, così il lettore si eccita di brutto. In Campania potrebbe esserci dietro la camorra, che da Percy Allum in qui è dietro a tutto, dal sangue di San Gennaro ai traffici di emoderivati. Ma portiamo il lettore all'orgasmo, se ci riusciamo. Facciamogli intendere che il tenero frugolino è l'occasione di un turpe giro di fantastilioni che, dalle tasche del trepido papà, passerebbero a quelle dei loschi guappi in camice bianco, e di lì a chissà che cosca, per un lugubre traffico di droga, armi, borse false di Louis Vitton e bombe di Maradona.

E' fatta. Adesso, anche se (1) il frugolino è di sei chili, (2) la consorte del trepido papà è alta un metro e dieci, (3) ha un bacino platipelloide che sembra un freesby e (4) ha messo in gravidanza trenta chili (in ossequio alla Scuola Ostetrica di Secondigliano, che recita "sei incinta? mangia per due, la gestosi non esiste") - anche se (1), (2), (3) e (4), il TC apparirà un sanguinoso rito da magia nera, come quando si sgozza un galletto a San Paulo do Brazil.

Ma, invece, vogliamo darla davvero una spiegazione a tanto "massacro di gravide innocenti"? O riusciamo a dire "verità scomode" solo sull'Islam e sulla Cgil? Vogliamo provarci, con un po' di carta e penna, visto che tu, o mio lettore, non sei un fesso?

Premetto: per breve tempo, fui ginecologo. Ma piano a dire "ah, ecco!", sennò sei fesso, perché saranno vent'anni che faccio solo ecografie. Che la signora partorisca in modo naturale o per TC, non mi si smuove in più o in meno neppure mezzo euro. In più, faccio solo attività privata e nessun primario può intimidirmi o plagiarmi o, peggio ancora, "ragionevolmente convincermi". Insomma, non faccio parte della lobby sussospettata e per indole giro a larga dai club. Sei pronto, lettore? Reggiti, sto per difendere chi "fa troppi cesarei". Cercherò di evitare tecnicismi, tu però sta attento e non pretendere che la divulgazione sia volgarizzazione, ché peggio di così non si può.

Cominciamo col dire che il TC ha storicamente abbattuto una bella fetta di mortalità e morbilità neonatale legate al parto naturale. "Più parti, più TC" è regola che, dato bruto, vige ovunque, a Lione e a Detroit, dove gli ostetrici son tutti santi e onesti. Insomma, una parte dei TC è ragione dell'abbattimento delle tante morti perinatali d'un tempo. Fanno eccezione il Senegal e il Mali, dove si tenta il parto naturale anche nelle presentazioni di spalla e nelle gravidanze plurigemellari, ma taccio gli esiti per la signora genitrice e per il nascituro.

Dunque, caro lettore, scrivi su un foglio un tot di TC fatti perché ce n'è bisogno. Poi pensa al fatto che un tempo l'ostetrico, se uccideva mamma o neonato, era intoccabile o quasi; oggi, se sbaglia, lo sfregiano con l'acido, lo sputtanano sull'edizione regionale e gli chiedono quattro milioni d'euro per danni di varia natura.

Su quel foglietto aggiungi un altro tot dovuto a eccesso di cautela, nota nell'ambiente come "sacrosanta cacarella".

"Più parti, più TC". In Campania si nasce ancora, è un viziaccio, ma l'ostetrico ha smesso d'essere intoccabile, anzi è toccabile più che a Zurigo o a Oslo. Lo so, caro lettore, ancora i conti non ti tornano, ancora non ti spieghi perché tanti TC. Ti spiego. Se il primo parto è con TC, conviene non rischiare e fare un TC anche al secondo figlio, e al terzo e al quarto. La rottura d'utero in caso di travaglio in donna che abbia già avuto un TC è cosa rara, ma poi nemmeno troppo. Non te la descrivo nemmeno, ho visto colleghi atei e con trent'anni d'esperienza sul groppone piangere come bambini chiedendo aiuto alla Madonna di Pompei. E' un'evenienza che è tollerabile solo sui grandi numeri, non per il caso singolo, che poi è quello che eccita lettore fesso e giornalista, se scappa il morto. Insomma, è cosa poco sopportata, se il consenso dev'essere davvero informato.

Caro lettore, tu mi dirai che un TC è pur sempre un intervento chirurgico. Io ti risponderò che: (a) non sai quante donne lo pretendano dall'ostetrico, anche in assenza di indicazioni; (b) i rischi sono uguali a quelli di una "bella" liposuzione; (c) sapessi quante appendici si tolgono inutilmente pur di tutelare la salute, ma quella psichica della mamma del bambino operato.

Ma perché tanti TC proprio in Campania? Dunque, la faccio semplice, seguimi. Se nascono 100 bambini, avremo nTC, dove n è il numero cui sei arrivato su quel foglietto, mettendoci i bacini stretti, gli ostetrici fifoni e le gravide smorfiose. Facci caso, quell'n non è molto diverso da quello di ogni altro posto al mondo. Ma, se ne nascono 200, non avremo 2nTC, ma 2nTC + n', dove n' è la quota di ex cesarizzate. E se ne nascono 300, avremo 3nTC + n": ti lascio indovinare cosa significhi qui n". Il rapporto tra numero dei nati e TC, dunque, non può essere lineare.

Adesso, chiusi gli occhi un attimo, concentrati e dimmi: una famiglia con tre o quattro figli te la immagini più a Casoria o a Desenzano? Se hai risposto Desenzano, c'è una possibilità che tanti TC in Campania siano la punta d'iceberg d'un grande imbroglio. Però, è meglio che ti fai un giretto a Casoria.



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