di Massimo TeodoriSOMMARIO: Dall'analisi dell'articolazione delle forze di sinistra e di nuova sinistra in Europa e delle loro strategie, l'autore rileva la loro incapacità di produrre uno spostamento a sinistra dei sistemi politici europei.
Da qui la necessità, per la "conquista di una società più socialista", di un'azione che parta dall'esterno delle organizzazioni tradizionali della sinistra.
(LA PROVA RADICALE, anno II, n.5, marzo 1973)
SISTEMA BIPARTITICO, PLURIPARTITISMO, FORZE EXTRAPARLAMENTARI, PROBLEMI DI ALTERNATIVA AL REGIME E AL SISTEMA
1.1. Giunti ormai dentro gli anni settanta, a distanza di un quinquennio dal 1968, ci sembra utile e necessario domandarci e domandare quali sono le posizioni, le strategie e le prospettive della sinistra, cioè del movimento portatore nel suo complesso di mutamento ed alternativo in termini di valori, di istituti e di comportamenti collettivi. Per affrontare questo tema abbiamo ritenuto necessario partire in questa sede da un'analisi delle posizioni della sinistra in Europa poiché, evidentemente, non ci può essere prospettiva politica a livello nazionale che non coinvolga direttamente quando avviene altrove, cioè in quel contesto europeo dei paesi industriali avanzati con struttura politica di tipo parlamentare democratico a cui in ogni senso anche l'Italia appartiene. Abbiamo ritenuto opportuno indagare su una serie di avvenimenti che hanno visto la sinistra protagonista o comunque coinvolta nei diversi paesi, in quanto è oramai possibile tracciare un quadro comune europeo che serva da riferimento
anche per le scelte da compiersi nell'ambito dei singoli paesi, in particolare in Italia. Avvenimenti contrastanti come il prevalere della socialdemocrazia in Germania ed il proseguimento o il consolidamento di forze conservatrici o addirittura semi-autoritarie in Francia, Italia o Inghilterra, richiedono un'analisi che sia al tempo stesso specifica di quei paesi in rapporto alle particolari evoluzioni della sinistra e generale e generalizzabile al fine di ricomporre un quadro generale. Lo stesso discorso vale per altri elementi contraddittori come il recente processo di rinnovamento del Partito Socialista francese e la Unità della Sinistra in quel paese in funzione alternativa mentre le tendenze maggioritarie della sinistra si muovono in Italia in direzione opposta.
Del resto tutti quei movimenti che per comodità di discorso possiamo collocare nella prospettiva dell'esplosione della contestazione del 1968, ma che hanno radici ben più lontane, sia che si tratti di movimenti di origine studentesca o a partecipazione operaia, sia più in generale di contestazione di particolari istituzioni e che avevano fatto prendere corpo a speranze di rinnovamento affidate a veicoli extra-parlamentari, stanno dimostrando con il tempo la debolezza della loro ipotesi se pure mantengono la forza delle loro istanze. La "nuova sinistra" in tutte le sue accezioni e sfumature come la nuova linea politica, come movimento spontaneo collettivo, come agente di un processo rivoluzionario non sembra di per se costituire una alternativa alla "vecchia sinistra", quella per intendersi tradizionalmente organizzata nei partiti e nei sindacati operai. Il rapporto tra i due sistemi di fenomeni, sia che si compia un discorso a livello del sistema politico e partitico, sia a livello delle forze stru
tturali che li sottendono, è molto più complesso di una semplice contrapposizione.
Uno dei nodi che abbiamo cercato di approfondire in questo scritto, attraverso la ricostruzione storica delle vicende in Francia ed in Germania, è proprio il modo in cui questo rapporto si è svolto nel tempo, come i due momenti si sono intrecciati o contrapposti e quali ne sono le conseguenze che si possono trarre.
1.2. Il quadro generale europeo che abbiamo di fronte è riconducibile con sufficiente attendibilità ad un quadro unitario in cui situazioni e forze si presentano in forme abbastanza parallele.
Da una parte il mondo dell'Europa del centro e del nord con la Germania, i paesi scandinavi e la Gran Bretagna in cui la polarizzazione bipartitica o tendenzialmente bipartitica si fonda su uno schieramento conservatore (di stampo liberal-moderato nei paesi anglosassoni e scandinavi e di stampo confessionale-reazionario in Germania ed in Austria) ed uno schieramento progressista basato quasi esclusivamente sul movimento operaio inquadrato dalle socialdemocrazie. In questa area il Partito Comunista è pressoché assente, mentre i movimenti extra-parlamentari giocano un ruolo di propulsione ideale e sociale, divenendo talvolta centrali nella scena politica come nella Germania del 1967/1968.
Dell'altra faccia dell'Europa fanno parte Franci ed Italia con un contesto di fondo per tanti versi simile, cioè con uno schieramento conservatore-autoritario facente perno sulla Democrazia Cristiana in Italia e sulle forze golliste e paragolliste in Francia, mentre a sinistra lo schieramento, qualitativamente frastagliato, ma quantitativamente abbastanza forte, ha il suo centro nel Partito Comunista con solidi, antichi e stretti rapporti con le organizzazioni della classe operaia e nei contorni le forze socialiste lacerate da sempre da una vita di scissioni e di unificazioni. Ma al di là di questa descrizione statica della situazione europea, alcuni altri dai sono necessari per iniziare a fare un discorso sul futuro. Fino ad oggi la differenza di fondo tra situazioni bipartitiche o tendenzialmente tali, in cui la parte dello schieramento del rinnovamento si basava sulle socialdemocrazie, e la situazione franco-italiana, era costituita dalla specialissima e particolare posizione e funzione svolta dai p
artiti comunisti, relegati permanentemente alla opposizione in quanto non potevano costituire una alternativa all'interno del gioco democratico e parlamentare esistente. Questo sia per la collocazione storica del movimento comunista, che per i legami internazionali e, soprattutto, per la strategia nata a Yalta. In verità dietro ad una facciata stalinista o post-stalinista e ad un necessario riferimento al bagaglio dottrinario pseudo-rivoluzionario che avrebbe dovuto impegnare i partiti comunisti a "rovesciare il sistema", la realtà della politica d'ogni giorno e la natura sociologica del movimento organizzato faceva, da sempre, svolgere ai partiti comunisti una funzione tipica delle socialdemocrazie con l'inquadramento della classe operaia in funzione di una politica "democratica" e di "riforme": e non è a caso che laddove questo ruolo viene svolto dai partiti socialdemocratici o laburisti il movimento comunista non esiste e viceversa. Tuttavia oggi le condizioni internazionali e le spinte interne, nonché lo
stesso ruolo che hanno svolto o possono svolgere, a fianco dei comunisti socialisti e "nuove sinistre", stanno trasformando l'immagine oltre, in parte, la natura dei partiti comunisti i quali possono cominciare a candidarsi, insieme con altri, alla alternanza del governo e del potere contribuendo ad unificare, anche in ciò, il quadro generale europeo. E, certamente, l'attuale momento in Francia con l'Unità delle Sinistre, in cui partecipano a pieno diritto i comunisti, è al tempo stesso un segno ed un agente di questa nuova situazione.
1.3. Accanto al quadro degli schieramenti e delle forze che nell'ambito di questi schieramenti rappresentano la sinistra, un altro punto deve essere messo a fuoco in relazione con le vicende europee di questi anni. Per la forza delle cose, per i mutamenti economici e sociali, per la trasformazione delle istituzioni e della loro funzione e, prima ancora, dei comportamenti collettivi, quindi delle contraddizioni da affrontare e risolvere, un discorso sulla natura del socialismo,, sui metodi per giungervi e sui contenuti di cui deve essere nutrito si è riaperto, talvolta faticosamente, talvolta clamorosamente per lo scoppi di avvenimenti come il Maggio francese. I movimenti di "nuova sinistra", hanno in ciò contribuito decisamente immettendo, nel circuito delle sinistre, istanze, temi, analisi e talvolta tentativi di teorizzazioni che ancora un decennio orsono erano sconosciuti o ignorati. Ci riferiamo, ad esempio, a tutta la tematica anti-autoritaria propria della Opposizione extraparlamentare tedesca
o alla più recente re-impostazione di un socialismo autogestionario e libertario portato avanti da alcune componenti sindacali francesi e da alcune forze socialiste minoritarie. Questo tipo di contenuti, così come il problema degli schieramenti, hanno indotto nella sinistra tradizionale nuove contraddizioni e nuovi confronti per cui le etichette classificatorie del tipo "riformista" e "rivoluzionario" sembrano decisamente non corrispondere più alle nuove realtà.
1.4. In tutto ciò ci si domanderà che parte giocano le forze socialiste ed i loro partiti in Italia, quale è il loro atteggiamento, e quali sono le loro prospettive. Ognuno conosce troppo la situazione italiana per doverne riassumere in questa sede i termini. Certo è che in uno sguardo d'insieme, il nostro paese sembra essere il più lontano da esperienze e prospettive di quelle che, in termini di teoria e di prassi, si stanno tentando altrove. Con una dirigenza del Partito Comunista attestata su posizioni di costante ricerca di "dialogo", con il blocco storico della conservazione, la Democrazia Cristiana: con delle forze socialiste che non hanno neppure messo all'ordine del giorno un ripensamento di una strategia, a dir poco, socialdemocratica alternativa; con forze extra-parlamentari quasi inesistenti e, se esistenti, attestate per lo più su posizioni dottrinarie di "vecchia sinistra". Tutto il quadro sembra essere, in termini di soluzioni, ai margini dell'Europa, pur in presenza di problemi po
litici in molti aspetti simili.
E` vero che non possiamo dimenticare la specificità del nostro paese in cui hanno una parte di primo piano forze e strutture del tutto particolari come, per fare i due esempi maggiori, il potere politico, economico, finanziario e sociale organizzato intorno al mondo clericale ed il peso ormai schiacciante non solo in termini economici ma di influenza politica del settore pubblico e parapubblico della economia, ma un confronto con altri paesi europei ci appare pur sempre necessario alla ricerca delle linee di fondo di una comune strategia. Riportare il discorso a livello di quadro europeo, non significa dimenticarsi il lavoro pur necessario di individuazione dei caratteri specifici del nostro paese a cui la sinistra deve saper rispondere, ma soltanto cercare di comprendere alcune tendenze generali che vanno assumendo carattere di omogeneità. La domanda del "che fare?" si impone oggi sempre più pressantemente. Le risposte vecchie, usuali, abitudinarie conducono la sinistra in vicoli chiusi o a percorrere
strade già battute che portano inevitabilmente alla sconfitta. Così le divisioni tra riformatori e rivoluzionari, tra parlamentari ed extra-parlamentari, tra famiglie ideologiche diverse a partire dalle quali (liberali, marxiste o cristiane) tensioni di liberazione o oppressione possono egualmente scaturire. Per contribuire a chiarire a noi stessi ed a rispondere all'interrogativo di fondo abbiamo preparato un giro d'orizzonte delle forze in campo in due paesi la Germania e la Francia che, per essere rappresentativi dei due diversi contesti presenti in Europa, possono offrire le coordinate di riferimento per la costruzione di una strategia della sinistra.
L'approccio che abbiamo seguito è stato di tipo storico-descrittivo cercando di cogliere nel tempo la dinamica delle forze socialiste e di nuova sinistra che hanno contribuito alla situazione attuale. Il discorso qui affrontato che, dopo l'esame della situazione tedesca e quella francese, termina con una serie di problemi e di interrogativi emergenti da quei due casi più che con risposte definitive e con indicazioni chiuse, non pretende in alcun modo di essere esauriente. Ci siamo soprattutto preoccupati di offrire al lettore i dati del problema nella loro ricchezza e varietà piuttosto che partire da una posizione pregiudiziale rispetto a questo o a quell'aspetto. Il discorso qui iniziato potrà essere arricchito con l'esame di altri paesi e di altre situazioni: e naturalmente dovrà essere calato nella situazione italiana a cui potrà essere applicato lo stesso lavoro di indagine.
GERMANIA: DALL'OPPOSIZIONE EXTRAPARLAMENTARE ALLA ALTERNATIVA SOCIALDEMOCRATICA DI BRANDT
2.1. La Germania è il paese in Europa in cui i movimenti extra-parlamentari sono nati, in cui hanno avuto il maggiore sviluppo e la maggiore importanza ed hanno dato vita, anche sul piano teorico, al corpo più esteso di analisi e di proposte. In nessun altro paese neppure in quella Francia in cui si è potuto verificare il Maggio 1968 per alcuni anni la sinistra si è identificata quasi esclusivamente con la sinistra extraparlamentare e, d'altro canto, in nessun altro paese così netto è stato il passaggio da una posizione di florido movimento ad una in cui il mondo extraparlamentare è pressoché scomparso. Tutto ciò è avvenuto tra il 1968 ed il 1969 quando maturavano le condizioni in cui la coalizione socialdemocratica-liberale poteva vincere le elezioni politiche ed imprimere una svolta alla politica nazionale rigettando per la prima volta nel dopoguerra la CDU-CSU all'opposizione. Analizziamo quindi a grandi linee il carattere dell'opposizione extraparlamentare, il suo rapido declino e l'eredità
che ha lasciato anche in rapporto alla contemporanea ascesa della socialdemocrazia.
Fino al 1966 il movimento extraparlamentare tedesco, formato da una piccola minoranza, faceva perno intorno ad un'organizzazione ben identificata, la SDS (Sozialisticher Deutescher Studenterbund, Lega per gli studenti socialisti tedeschi) che originariamente costituiva l'organizzazione giovanile del partito socialdemocratico fino a quando, nel 1961, venne dichiarata l'incompatibilità tra SDS e SPD volendo la prima mantenere, in pratica ed in teoria, una politica ' socialista '. Per oltre un quinquennio l'azione dell'SDS si era solidamente radicata, da minoranza, nelle università, unico retroterra sociale degli extra-parlamentari, sviluppando proprio sul terreno della ricerca e del dibattito un ripensamento teorico della natura della società capitalista, in particolare dei caratteri di nuovo autoritarismo che prendevano forma dietro le istituzioni democratico-parlamentari nella Germania contemporanea, e più in generale in tutto il mondo sviluppato. Sono una serie di avvenimenti interni ed internazio
nali che producono negli anni dal 1965 al 1968, l'esplosione del movimento extraparlamentare ed il passaggio da fenomeno riguardante alcune migliaia di militanti inquadrati nell'SDS ed in pochi altri gruppi in un vero e proprio movimento di massa che supera di gran lunga la somma delle appartenenze ideologiche ed organizzative ai diversi gruppi. Nel 1965/1966 l'attenzione internazionale viene polarizzata dall'aggressione al Vietnam; nel 1966 nasce in Germania la ' grande coalizione ' con i democristiani della CDU e CSU ed i socialdemocratici della SPD; nel 1966 si accende il dibattito sulle 'leggi di emergenza' patrocinate dalla 'Grande Coalizione ' che rilancia un progetto preparato fin dal 1962. Questi tre fattori, il primo internazionale che riporta in primo piano e concretamente lo scontro tra le forze della rivoluzione e le forze dell'imperialismo e di rimbalzo polarizza le posizioni all'interno di ogni paese; il secondo che chiude nel sistema politico e partitico qualsiasi possibilità sia pure marginal
e di dialettica ed avvalora le tesi di una parte del nuovo pensiero antiautoritario (1) che identifica le istituzioni democratiche con gli strumenti di controllo sulle forze sociali; il terzo con il tentativo di promulgare specifici provvedimenti eccezionali segna in concreto le strutture del nuovo autoritarismo. L'influenza di questi tre fattori e le lotte specifiche che intorno ad essi si sviluppano, insieme a quella più particolarmente centrata sull'università, trasformano il movimento extraparlamentare da movimento prevalentemente teorico sostenuto da un ristretto numero di militanti (gli iscritti all'SDS in tutta la Germania nel 1967 non superavano il numero di mille) in un movimento più vasto che esce dall'ambito universitario e diviene il protagonista di una stagione politica.
(1) La letteratura su questo argomento è copiosa. Tra quella disponibile in italiano si veda particolarmente JOHANNES AGNOLI, La Trasformazione della democrazia, Feltrinelli 1969, particolarmente illuminante a riguardo.
Formalmente il concetto di opposizione extra-parlamentare APO che stà per Ausserparlamentarische Opposition acquista la funzione di ombrello rispetto ad un movimento decentralizzato che accomuna una serie di organizzazioni e gruppi che per la prima volta si riunirono a Bonn per il congresso contro le leggi di emergenza il 30 maggio 1965: accanto all'SDS si trovano la Lega degli studenti liberali (LSD), la Lega universitaria socialdemocratica (SHB), l'Unione degli studenti umanisti (HSU) di carattere laico, un settore della dirigenza dell'Unione degli studenti tedeschi (VDS), nonché una parte della sinistra sindacale che fa perno sui metalmeccanici (I.G. Metall) e sui chimici (I.G. Chemie), gruppi pacifisti e gruppi comunisti non ancora ammessi come tali dalle leggi tedesche. Dal 1965 l'APO diviene una realtà operante solo dal 1967 quando vengono sviluppate alcune grandi campagne centrate su temi particolari come le leggi di emergenza, il monopolio Springer (2) e la complicità nella guerra americana in
Vietnam. Durante questa stagione il movimento si sviluppa in ogni senso: nelle piazze per la prima volta viene attuata l'azione diretta con tutta la gamma di possibilità che questo modo d'intervento ha, dalle dimostrazioni di massa al 'confronto' più o meno violento con le istituzioni dell'establishment e con le forze dell'ordine; nello sviluppo di forme organizzative nuove in quanto tutto il fiorire delle iniziative passa attraverso luoghi e canali non tradizionali, della miriade di comitati ad hoc che si formano e si dissolvono su temi e tempi specifici, alla rete di 'Club repubblicani' la prima e fondamentale infrastruttura dell'APO a cominciare da quello di Berlino con circa mille iscritti, alle strutture 'alternative ' anche in termini culturali; nell'approfondimento delle analisi sulla società tedesca e nella formazione di un corpo teorico di riflessioni e di dottrine che utilizza più Hebert Marcuse ed Ernst Bloch, i marxisti eterodossi e marginali come Rosa Luxembourg e Gyorgy Lukacs che non i
testi classici, e soprattutto l'influenza della scuola critica di Francoforte. Un tale intreccio tra azione diretta e capacità di mobilitazione su singoli temi, di riscoperte e realizzazione di forme di organizzazione politica non ricalcate sui modelli socialdemocratici e leninisti con in più la realizzazione di sperimentazioni utopiche come sono in teoria ed in pratica le proposte antiautoritarie di controstrutture, ed infine il ripensamento, a partire dalla prassi, delle teorie di interpretazione e quindi di mutamento della società contemporanea, fanno dell'APO un movimento che sotto ogni aspetto incide profondamente nella realtà tedesca di questi anni e trasmette una eredità per il mutamento della società opulenta occidentale che è centrale non solo per la Germania.
2.2. Con il 1968/1969 si consuma rapidamente il processo di sparizione dell'APO dalla sciena politica e di disgregazione dell'SDS. Le leggi d'emergenza, che avevano costituito il maggiore obiettivo intorno a cui si era organizzata una campagna specifica, passano in parlamento con una piccola opposizione di 108 voti dei deputati liberali e di circa 50 socialdemocratici. L'altro obiettivo specifico rispetto al quale si erano sviluppati contemporaneamente una teoria anti-autoritaria (riferita ai mezzi di comunicazione di massa usati come mezzi di manipolazione) ed un movimento di massa basato sull'azione diretta per bloccare le attività del monopolio editoriale Springer ed "espropriarne" in concreto le strutture, non era riuscito ad andare al di là di alcuni clamorosi episodi urtando contro la barriera teorica e pratica di far avanzare oltre l'opera di espropriazione; in più aveva prodotto come conseguenza una ingente massa di processi a carico dei militanti e dei gruppi dirigenti che tenevano impegnat
i gli extra-parlamentari. Un terzo elemento centrale allo sfaldamento dell'APO è il problema della nuova organizzazione alternativa a quelle tradizionali. Fino a quando l'SDS e gli altri gruppi avevano dovuto organizzare alcune centinaia di militanti con base nelle università, il compito era stato facile ma, nel momento in cui aveva preso piede un movimento più largo, il salto da campagne intorno ad un obiettivo alla nuova organizzazione di lotta per il socialismo, e la trasformazione di una élite d'avanguardia capace di elaborare teorie e programmi antiautoritari in gruppo dirigente coinvolgente gruppi molto più larghi in strutture antiautoritarie, finì per risultare un compito obiettivamente troppo difficile.
(2) Il regno editoriale di Alex Springer si può compendiare nei seguenti dati: controlla il 17 % della stampa di Berlino; i suoi piccoli annunci coprono il 79 % del mercato del 1967; possiede il 40 % di tutti i quotidiani tedeschi pubblicati nei giorni feriali edil 90 % della stampa domenicale; è entrato nel 1967 nel campo delle reti televisive europee con un investimento di 100.000 marchi. Per dare una idea dei principi a cui sono ispirati i suoi mezzi periodici, basta riportare una frase di Springer stesso: "Dalla fine della guerra avevo capito che c'era una cosa che il lettore tedesco non voleva: pensare" (vedi Alemagne antiautoritoire di PHILIPPE NAHOUN, Edition du circle, 1971, p. 29).
La pratica della associazione che doveva dissolvere l'isolamento individuale e creare i mezzi di una comunicazione per fondare nell'SDS le premesse di una società solidale fu applicata tecnicamente in occasione delle manifestazioni, quando si rompevano i cordoni della polizia, quando si facevano delle manovre di diversione ecc. I gruppi incaricati nell'SDS di elaborare i progetti e di dargli una nuova struttura accoppiando la ricerca scientifica con la realizzazione di bisogni di emancipazione e di azione non poterono lavorare a causa dell'agitazione continua delle manifestazioni. Sotto la pressione degli avvenimenti, essi si disintegrarono senza nemmeno essere stati capaci di porre le premesse di una solidarietà reale o di introdurre delle discussioni interne all'SDS... Una fraseologia rivoluzionaria, delle congetture su un mondo migliore e sulla guerriglia urbana rimpiazzavano il lavoro, e le discussioni teoriche finivano per trasformare in avventure le azioni politiche... Nell'SDS appare una specie d
i élite funzionale che negava il proprio ruolo in modo sentimentale e si diceva antiautoritaria... che cesso tuttavia d'essere funzionale a partire dal momento in cui non si pronunziò per la propria dissoluzione nel corso delle azioni e non si dichiarò revocabile, cosicché non vi fu nessuna discussione permanente, nessuna autocritica e nessuna partecipazione importante dei membri dell'SDS alle discussioni preparatorie alle azioni che permettesse agli aderenti di arrivare ad una migliore comprensione... (3).
Una somma di campagne monotema non aveva dato vita ad una nuova organizzazione politica; un complesso apparato di analisi e di pensiero antiautoritario non si era incarnato in una pratica antiautoritaria che potesse essere estesa ad un movimento di massa; un crescendo rivoluzionario che aveva puntato sull'azione diretta come alternativa all'istituto parlamentare non aveva trovato sbocchi positivi: insomma gli extra parlamentari nel 1968/1969, proprio quando avevano cominciato a toccare il mondo dei lavoratori con gli scioperi del 1969 animati soprattutto dai più giovani, entrano in crisi proprio a causa della loro crescita e della impossibilità di dare una forma a questa crescita e di raccogliere il potenziale di alternativa suscitato ed espresso per una intera stagione politica.
Nel 1969 l'ufficio nazionale dell'SDS anche formalmente dichiara il proprio scioglimento approvato poi da un'assemblea generale del marzo 1970, facendo cessare di esistere l'unico centro coordinatore nazionale funzionante; nello stesso anno viene ammesso nella legalità il Partito Comunista, i cui militanti fino ad allora avevano fatto parte dell'APO, spesso attraverso la mediazione dei 'club repubblicani ' per cui esso, sotto la nuova sigla DKP si presenta alle elezioni in prima persona raccogliendo lo 0,6 % dei suffragi; più importante, dalle elezioni risulta una ulteriore avanzata della SPD con il 42,7 % dei voti che permette la costituzione di una coalizione socialdemocratici-liberali poggiata in parlamento su una maggioranza di misura di 254 seggi tuttavia in grado di sostituirsi alla 'Grande Coalizione '.
Nel giro di pochi mesi l'opposizione extraparlamentare cessa di esistere come forza politica complessiva e nella sinistra si apre un nuovo corso. Occorre domandarsi a questo punto che cosa accade di coloro che avevano alimentato il movimento, proprio in base alla considerazione precedentemente fatta che con le mobilitazioni contro lo Scià di Persia, per il Vietnam, per la Campagna per il disarmo, con la marcia di Pasqua (1967), contro Springer e le leggi straordinarie (1968) esso aveva coinvolto alcune centinaia di migliaia di persone ed un numero di militanti attivi nell'ordine di 30.000/60.000. Certamente un tale movimento non scompare nel giro di pochi mesi, anche se i comportamenti delle minoranze dinamiche non istituzionalmente organizzate è sempre soggetto a forti variazioni dovute alla tensione del momento. E` possibile schematizzare lo sviluppo del movimento secondo alcune linee facilmente riconoscibili nel periodo successivo.
(3) BERNARD RABEHL, "Le SDS et la théorie de l'action directe en Europe occidentale", Partisan n. 51, 1970.
2.3. Una prima tendenza che emerge dalla dissoluzione dell'SDS è il riflusso verso un tipo di gruppuscolarismo ideologico che era stato sommerso nel movimento d'insieme. Anche durante il periodo di maggiore esplosione della rivolta studentesca e delle campagne antiautoritarie, una forte componente ideologica aveva caratterizzato gli extraparlamentari tedeschi. Ma il movimento nel suo insieme era più che una somma di una serie di gruppi e l'egemonia teorica e politica apparteneva a quell'SDS che rappresentava una creazione nuova rispetto a qualsiasi tradizione ideologica e a qualsiasi richiamo dottrinario. L'esaurimento delle grandi campagne e la contemporanea scomparsa dell'SDS in quanto organizzazione centrale, portano al fiorire di una serie di gruppi caratterizzati da null'altro che dal proprio specifico ideologico. Seguirne complessivamente il processo di formazione è pressoché impossibile oltre che inutile, al fine di una visione d'insieme. Certo è che ad una tensione verso il 'movimento '
segue una spinta verso 'l'organizzazione ' ed il 'partito '. Riprendono così corpo i gruppi che pure erano esistiti all'interno dell'APO, in qualche modo derivazione o filiazione di forze politiche. Abbiamo visto come i comunisti dal 1969 riassumono il proprio volto specifico ed autonomo con il DKP; il gruppo socialdemocratico, che era stato marginale quando non assente, riprende con la sua organizzazione universitaria SHB ad agire in prima persona a sua volta diviso all'interno tra un'ala strettamente di partito ed un'ala più frontista; appaiono in'oltre gli spartakisti in nome di una qualche interpretazione marxista del partito e così pure contro lo 'spontaneismo ' di cui è accusata la Nuova Sinistra si organizzano i marxisti-leninisti del KPD-AO e del DKP-ML che postulano la necessità di una avanguardia per la costruzione dell'organizzazione leninista usando metodi comportamenti e fraseologie di tipo stalinista-dogmatico. In sostanza perdono terreno proprio quelle nuove forme di organizzazione politica c
he accanto all'SDS avevano formato l'infrastruttura degli extraparlamentari come erano stati, ad esempio, i 'club repubblicani ' dei quali nel 1970 non restano che tre nuclei a Berlino, Colonia e Düsseldorf, mentre contemporaneamente cresce il frammentarismo dei gruppi che non riesce a trovare più punti di unità e di unificazione, anzi la cui ragione di vita è molto spesso proprio la lotta agli altri in nome di una più pura e più corretta verità rivoluzionaria.
2.4. Da questo processo di frammentazione e di progressivo deterioramento, come conseguenza del riconoscimento di impotenza politica, nasce anche una seconda linea, estremamente minoritaria e marginale, ma di cui per un triennio si parlerà molto: quella della guerriglia urbana. Tutto il dibattito e l'analisi della 'violenza delle istituzioni ', che è tipico delle Nuove Sinistre nelle società industriali e che proprio in Germania ha trovato il punto di maggiore approfondimento ed inquadramento, ha costituito uno dei retroterra su cui è potuta crescere l'ipotesi guerrigliera tesa a dimostrare la possibilità di svolgere una lotta armata individuale nell'illegalità come avanguardia di una armata rossa. Altro punto di partenza è stato il richiamo mitico ed acritico ai miti terzomondisti ed ai suoi leaders rivoluzionari assunti più come eroi mitizzati che non in rapporto a determinate realtà storiche. Così se la risposta alla violenza di stato è trovata nella controviolenza rivoluzionaria incarnata
nella più infantile materialità della guerriglia, l'applicazione del 'pensiero critico ' sulla società industriale e sulla democrazia parlamentare passa nel modo più superficiale per Mao, Castro, Guevara, il generale Giap e soprattutto Carlos Marighela, il dottrinario brasiliano della guerriglia urbana. L'ipotesi guerrigliera, certo quantitativamente non rilevante, si impone tuttavia al centro dell'attenzione pubblica tedesca a causa del gruppo Baader-Meinhof e per oltre un biennio rischia, per opera di una interessata campagna di stampa di destra di passare come la nuova via extraparlamentare emergente. Attentati contro grandi magazzini, banche, posti di polizia, biblioteche e, da ultimo, installazioni militari americane, costituiscono le azioni spesso spettacolari di piccoli commandos armati di cui il nucleo centrale è organizzato intorno ad Andreas Baader e che hanno forse coinvolto, perché i fatti sono tutt'altro che accertati, anche altri personaggi noti, già dell'APO, come l'avvocato Horst Mahler (rovi
nato da un processo perso intentato contro di lui da Springer in quanto ritenuto il solo responsabile anche in sede civile per i danni materiali dell'assedio del grattacielo dell'editore nel 1968) e la giornalista Ulricke Meinhof, ex moglie dell'editore e direttore della rivista erotico-rivoluzionaria Konkret. Fino a quando il gruppo Baader-Meinhof non viene catturato nel giugno 1972 in tutte le sue diverse componenti e ramificazioni, l'equivoco di una via guerrigliera alla rivoluzione sussiste anche in Germania, scambiando un fenomeno che può considerarsi più di ordine personale che politico per una strategia extraparlamentare.
2.5. Ma il corso più generalizzante che segue la fine dell'APO può essere compreso sotto l'etichetta della ricerca di una base sociale per il movimento con modi di lavoro e di impegno decentralizzato.Uno dei nodi con cui si era scontrato il movimento crescente era stata la constatazione della impossibilità di 'fare la rivoluzione ' con gli studenti ed i giovani avendo come unica base di lavoro l'università. I diversi gruppi di cui pur rimaneva sostanziato il movimento nel suo complesso, con la crisi del 1969 non spariscono dalla scena ma si indirizzano in quello che per un verso o per l'altro si può definire come lavoro di base, anche se sostenuto da ipotesi diverse. All'interno dell'università, coloro che vi rimangono poiché ritengono necessario proseguire lì l'azione di contestazioni, formano le 'cellule rosse ' nelle singole facoltà cercando di impiantare un lavoro culturalmente alternativo che ripensi le discipline in funzione rivoluzionaria ed analogo lavoro svolgono i 'gruppi di base ' c
he si aggregano per argomento o campo di studio invece che per disciplina. La maggioranza invece esce fuori dall'università, questa volta non come negli anni precedenti in nome di lotte generali ed unificanti tipo Vietnam, leggi di emergenza e simili, ma per politicizzare determinati luoghi sociali suscettibili di essere considerati punti di sviluppo di forze storicamente portatrici di mutamento. Alcuni 'vanno in fabbrica ' poiché ritengono che il tradizionale punto di produzione rimanga la struttura cruciale per qualsiasi trasformazione, mentre i più si indirizzano altrove in base alla convinzione che altri strati sociali, economicamente marginali e non integrati possono divenire i nuovi agenti eversivi. Di volta in volta oggetto degli attivisti sono i marginali visti nei delinquenti giovanili per cui si organizzano comuni, i senza tetto e baraccati che sono indirizzati ad una azione rivendicativa o alla vera e propria azione diretta di occupazione, gli apprendisti suscettibili di formazione rivoluzionaria
più di quanto non lo possano essere i lavoratori già inquadrati, i lavoratori immigrati costituenti la fascia più povera, precaria e derelitta del proletariato industriale e sradicata da ogni tessuto sociale fino al lavoro di quartiere contrapposto in quanto momento unificante al punto di produzione.
Altra area di intervento, diversa dalle precedenti in quanto non ricerca un particolare gruppo sociale da organizzare, e quella che riguarda la creazione in concreto di strutture incarnanti valori alternativi ai dominanti ed in generale di tipo anti-autoritario, analogo tuttavia al filone di lavoro politico precedentemente considerato per essere anche questo basato sull'iniziativa di piccoli gruppi, decentralizzati ed autonomi, non facenti riferimento a nessuna iniziativa nazionale. Tutta la nuova sinistra tedesca era stata ispirata fin dal suo nascere da una tematica rivoluzionaria coinvolgente aspetti anti-autoritari applicati anche alla struttura della persona e dei rapporti interpersonali oltre che alle strutture economiche. Scriveva Rabelh, un'esponente dell'SDS, "non bisogna farsi gioco dell'interesse che noi abbiamo per l'emancipazione individuale: certamente questo problema non giocò nessun ruolo nei vecchi partiti operai ed è per ciò che la società borghese si rispecchiava così facilmente in qu
elle organizzazioni; così lo scopo attribuito al socialismo non era visto che come accrescimento della produzione e per nulla come creazione di un uomo nuovo". Accanto ai marxisti non ortodossi, i padri a cui faceva riferimento la nuova sinistra, erano stati i teorici della rivoluzione sessuale, primo fra tutti Willielm Reich. E non si trattava soltanto di un recupero teorico ma, nel solco della esperienza di tutte le nuove sinistre, di incarnazione esistenziale individuale e collettiva da sperimentare ogni giorno. Per dirla in schemi, il cambiamento del modo di vita in ogni area era stato al centro dell'attenzione degli extraparlamentari; gli esperimenti e le esperienze delle kommuni berlinesi, ben presto seguite da una miriade di tentativi analoghi erano state talmente indicative nel mondo extraparlamentare da far ritenere ad alcuni settori dell'SDS che il problema della rivoluzione si sarebbe risolto proprio con lo sviluppo di simili strutture. Nel 1967 fu lanciata da parte dell'organizzazione studentesca
AUSS (4) una 'campagna sessuale ' con l'appoggio della SDS tesa a rimanere in questione tutta l'educazione sessuale ufficiale praticata nelle scuole e a far apparire distintamente i meccanismi di repressione dell'ideologia borghese, sostegno principale di una società nemica dei desideri" (5). Su questa spinta diffusa di rivolgimento anche della sfera individuale si inserisce il movimento dei giardini d'infanzia e degli asili antiautoritari (Kinderlande, Kindergarten) basati sull'auto organizzazione dei genitori che proprio negli anni intorno al 1970 si espande a macchia d'olio costituendo un esempio unico non solo di esperimento pedagogico ma di iniziativa che parte dalla gente al di fuori dello Stato o delle previdenze pubbliche per dare autonomamente vita ad un germe di società alternativa.
E' così che tutta questa gamma di lavoro politico in cui si incanala il potenziale di idee e di personale uscito dal movimento extraparlamentare sembra costituire spontaneamente l'applicazione proprio di quella linea teorica che Rudi Dutschke, prima di essere colpito da un attentato, aveva proposto all'SDS invocando la necessità di una lunga marcia attraverso le istituzioni esistenti al fine di produrre un completo rivolgimento degli assetti esistenti, molto più profondo e radicale di un semplice cambiamento dell'ordine politico ed economico.
2.6. E' proprio nell'ambito della strategia centrata sulla 'lunga marcia attraverso le istituzioni ' che deve essere considerato il rapporto tra extraparlamentari e giovani socialisti all'indomani dello scioglimento dell'SDS. Gli Juso così appunto si chiama l'organizzazione giovanile della SPD a cui appartengono di diritto tutti coloro che hanno meno di 35 anni hanno beneficiato di un apporto più qualitativo che quantitativo di ex militanti extraparlamentari che sono entrati nell'organizzazione giovanile proprio in seguito all'appello che i dirigenti socialdemocratici rivolsero ai giovani di 'ritornare alla politica ' nel partito. Un calcolo approssimativo indica in alcune migliaia gli ex militanti dell'SDS e di altre organizzazioni extraparlamentari che hanno chiesto la tessera degli Juso: ma questa cifra che parrebbe modesta in confronto con i circa 200.000 membri dell'organizzazione, non esprime tuttavia il tipo di modificazioni intercorse negli Juso. Infatti non più del 10 % degli i
scritti sono attivi e quindi anche poche migliaia di nuovi militanti possono avere un peso notevole. Oltre a ciò occorre considerare una serie di effetti indotti che non passano soltanto attraverso il semplice trasferimento fisico di militanti da un campo all'altro, ma deriva dalle conseguenze del contatto tra militanti formatisi in modo diverso e, più in generale, dall'influenza che il patrimonio politico, teorico e pratico, degli extraparlamentari riesce ad esercitare.
Sta di fatto che è proprio dal 1969 che comincia a delinearsi una linea più spiccatamente di sinistra tra gli Juso (in questo senso avviene un cambio di dirigenza al congresso nazionale) e che hanno inizio i contrasti e gli scontri con il partito socialdemocratico nel suo insieme. Nel congresso di Brema del 1970 viene votata una risoluzione che alcuni del partito considerano 'marxista '; vengono criticati i contatti che i giovani hanno con i comunisti e con le organizzazioni della Germania dell'est; il borgomastro di Monaco, Hans Jochen Vogel, un pilastro delle posizioni di destra della socialdemocrazia di Baviera, non si ripresenta alle elezioni comunali del 1972 adducendo fra i motivi l'atteggiamento degli Juso; infine deve essere costituita una commissione del partito per vagliare la posizione ufficiale dell'organizzazione giovanile che alla fine decreta che mentre non c'è contrasto per quel che riguarda l'istruzione, la politica delle attrezzature sociali e lo sviluppo della cogestione, ne esiste un
o grave sulla politica economica e fiscale e sulla accettazione di una qualsiasi politica europea.
Ma il punto di fondo della mutata posizione dei giovani socialdemocratici è quella che è stata definita la doppia strategia, uno slogan in cui si compendia proprio quel rapporto di continuità con il patrimonio degli extraparlamentari. In una intervista di Karsten Voigt, presidente federale degli Juso viene chiaramente esposto il significato di questa politica (6):
(4) AUSS sta per Aktionszentrum unabhäginger und sozialisticher Schüler cioè Centro di azione degli studenti (liceali) indipendenti e socialisti.
(5) PHILIPPE NAHOUN, Allemagne anti-autoritaire, Edition du Circle, 1971, pag. 97.
D. E' soltanto negli obbiettivi finali e nella scelta dei temi che vi differenziate dal'SPD; oppure ci sono anche differenze di metodo politico?
R. Noi abbiamo quella che chiamiamo una "doppia strategia"... Per cambiare il sistema esistente dobbiamo lavorare a due livelli. Con riforme "che superano il sistema" dal di dentro e con la mobilitazione politica attraverso la mobilitazione diretta dal di fuori.
D. Che cosa significa in pratica "mobilitazione politica attraverso l'azione diretta"?
R. Si consideri per esempio "l'azione sugli affitti" che è stato uno dei temi in cui si sono impegnati gli Juso recentemente in molte parti della Repubblica Federale. Per questo noi organizziamo dimostrazioni nelle strade e aiutiamo a mobilitare la gente direttamente interessata, non solo per rendere conosciuto il problema, ma per cambiare realmente le cose. Il vantaggio di questo tipo di azione è che guadagna di tutto quel tipo di gente che non è per nulla interessata alla politica tradizionale.. Per esempio, nell'azione per gli affitti sono coinvolti molti architetti, gente che sostiene gli Juso su questo tema, ma non è interessata ad essere attiva dentro il partito. E' anche un tipo di approccio adatto alla struttura federale degli Juso. La strategia tende ad essere elaborata a livello federale, ma c'è un ampio spazio e possibilità per le sezioni locali e regionali di decidere il tipo di azione che dovrà essere condotta nell'ambito dello schema generale.
D. La "doppia tragedia" significa forse che avete superato il dilemma della gran parte della sinistra radicale in Europa, cioè di agire dentro e fuori le istituzioni?
R. Probabilmente. Noi siamo fortunati di essere dentro un partito con buone prospettive di divenire maggioranza. La posizione degli Juso oggi sarà la posizione pratica e teorica dello SPD negli anni ottanta.
D. In che misura ritiene che l'azione diretta come complemento dell'azione dentro le istituzioni sia un risultato dell'esperienza dell'opposizione extraparlamentare, che era così viva negli anni 1967, '68, '69?
R. Il nuovo corso socialista negli Juso in tutto il Pese sarebbe stato impensabile senza l'impulso dato dalla nuova sinistra. Ciò che abbiamo provato e stiamo ancora provando è di trasformare la linea di quella che era l'opposizione extraparlamentare in prassi politica a lungo termine. Sono stati loro che ci hanno mostrato il significato dell'azione diretta per una prassi socialista. Loro hanno usato gli effetti di azioni individuali in difesa dei propri interessi sulla consapevolezza del popolo. Ed hanno potuto far così in quanto hanno compreso il significato dell'azione individuale non manipolata come base di una futura società socialista. E' su questa esperienza e su questa intuizione che i giovani socialisti hanno fondato il loro concetto di "lavoro di base" e di "azione mobilitante". l'altra nostra eredità dalla nuova sinistra è stata l'acquisizione di una sensibilità delle istituzioni gestite in maniera autoritaria. E' ciò che ha prodotto la richiesta degli Juso per la democratizzazione di
tutte le aree della società, incluso il partito e le sue organizzazioni.
(6) "Germany: Socialism in the Eighties?", intervista a KARSTEN VOIGT in Agenor, n. 21, may 1971.
2.7. Non è ancora possibile fare un bilancio dell'apporto degli Juso e del contributo alla ripresa del dibattito politico sul socialismo e alla vittoria di Brandt nelle elezioni generali del 1972. Tuttavia è stato sottolineato dai più come uno degli ingredienti centrali del suo successo e dei risultati così largamente positivi ogni oltre aspettativa sia stato proprio il contributo di una larga mobilitazione dei singoli in tutto il paese in sostegno del governo uscente e la estrema politicizzazione del paese che per la prima volta ha vissuto intensamente in termini di partecipazione politica, razionale ed emotiva, la scelta che doveva compiere tra lo sviluppo di un processo di rinnovamento accennato prima del 1972 soltanto in politica estera ed il ritorno ad un regime di conservazione e di restaurazione dell'ancien regime cristiano-democratico. Le iniziative spontanee dei singoli e dei gruppi di elettori (Wahlerinitiative) ed il lavoro 'porta a porta ' sullo stile delle campagne americane più pr
ogressiste con cui è stata contenuta e quindi sconfitta la spesa pubblicitaria dei cristiani-democratici appoggiati massicciamente dalla stampa e dal mondo del capitale, sono un segno preciso anche della nuova linfa che attraverso l'organizzazione giovanile il patrimonio extraparlamentare ha portato nel sistema politico agendo attraverso la socialdemocrazia. Certo non affermiamo qui né la continuità meccanica tra le mobilitazioni dell'APO nel 1968 e le mobilitazioni di Brandt nel 1972 né che i contenuti di quella opposizione siano in alcun modo confrontabili con quelli della nuova maggioranza: tuttavia sicuramente degli effetti indiretti si possono stabilire tra i due momenti. Nell'intervista del presidente degli Juso sono analizzati alcuni elementi della tradizione extraparlamentare che sono entrati a far parte degli obbiettivi e dei metodi dell'organizzazione giovanile socialdemocratica; una serie di azioni dirette condotte nell'ultimo biennio ne fanno testimonianza tanto da chiedersi in alcuni casi se non
siano diretta emanazione di quei gruppi di lavoro di base che hanno una corposa presenza di extraparlamentari come nel caso dell'operazione 'punto rosso ' condotta in una serie di città in cui in risposta all'aumento delle tariffe dei trasporti pubblici c'è stata, oltre al boicottaggio, agli scioperi ed al blocco dei trasporti, anche un'iniziativa alternativa in cui tutti coloro che sostenevano la campagna si sono impegnati a trasportare cittadini esibendo nelle proprie auto un punto rosso; il riemergere di un dibattito sulla natura del processo verso una società socialista all'interno dell'SPD ne è un'altro segno insieme alle tensioni ed agli scontri che si stanno cominciando a delineare, all'indomani della vittoria elettorale del 1972, in seguito alle pressioni della sinistra giovanile per avere un programma di governo meno moderato e l'organizzazione in questo senso di oltre sessanta deputati della sinistra su iniziativa degli Juso; i progetti di legge di cui la coalizione governativa si fa portatrice ne
l campo della liberazione individuale e del costume (aborto, ecc.) sono ancora un sintomo della trasposizione nelle istituzioni del movimento di liberazione della fine degli anni sessanta.