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I radicali: naturale candidatura al governo del paese
un dossier a cura di Diego Galli - Radioradicale.it

I radicali sono la naturale candidatura al governo del paese

lo dimostrano la loro storia e gli orientamenti maggioritari degli italiani

Dossier a cura di Diego Galli
RadioRadicale.it

Una breve biografia dei radicali

Il Partito radicale è il più antico partito politico italiano: dal 1963 continua ad esistere con la stessa denominazione, mentre tutti gli altri partiti hanno mutato nome e riferimenti culturali, in particolare a seguito della caduta del muro di Berlino e della stagione delle inchieste della magistratura sulla corruzione politica nota come Tangentopoli.

Dal 1976 partecipa a vario titolo alle elezioni politiche italiane ed europee registrando risultati oscillanti tra l’1,5% e il 4%. Alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo del 1999 ha ottenuto l’8,6% dei voti qualificandosi come quarto partito nazionale.

Al Partito radicale si devono riforme storiche quali la legalizzazione di divorzio e aborto, l’obiezione di coscienza, il voto ai diciottenni, lo stop alle centrali nucleari, la riforma del sistema elettorale in senso maggioritario, la depenalizzazione dell’uso personale di droghe leggere, l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, la chiusura dei manicomi, l’affermazione dei diritti dei transessuali.

Il movimento radicale è anche il soggetto politico che ha scelto la “nonviolenza” quale metodo centrale di lotta (sciopero della fame e della sete, disobbedienza civile, obiezione di coscienza, non collaborazione).

A fronte di risultati numericamente marginali rispetto ai singoli appuntamenti elettorali, i radicali hanno influenzato con continuità la vita politica e culturale italiana, come testimoniano le riforme conquistate e le adesioni di intellettuali del livello di Ignazio Silone, Elio Vittorini, Pier Paolo Pasolini e Leonardo Sciascia, quest’ultimo eletto in parlamento nel 1979 come deputato radicale.

Il Partito radicale è stato anche protagonista della politica estera: alla campagna nonviolenta che coinvolse 114 premi Nobel si deve l’aumento negli anni ’80 dei fondi del bilancio dello Stato destinati alla lotta alla fame nel Terzo Mondo; il ruolo di primo piano giocato dall’Italia nella costituzione del Tribunale internazionale per i crimini commessi nella ex Jugoslavia; l’approvazione dello Statuto della Corte Penale Internazionale; l’approvazione da parte dell'Assemblea generale dell’Onu della risoluzione per una moratoria mondiale delle esecuzione capitali. A partire dal 1995 il Partito radicale è riconosciuto dall’ONU come ONG di primo grado presso l’ECOSOC (Consiglio Economico e Sociale).

Giuliano Amato, capo del governo italiano negli anni dell’esplosione del conflitto jugoslavo (1992-1993), riconobbe a Pannella di avergli “dato molto aiuto durante il mio periodo alla Presidenza del Consiglio. Fu grazie a lui che riuscii a impostare i rapporti giusti durante i tragici eventi nella ex Jugoslavia, a rendere viva l’azione politica del mio Governo. Fu lui a suggerirmi che l’Italia giocasse un ruolo; io ne parlai con il mio ministro della Giustizia, che era Giovanni Conso, che fece un lavoro splendido. In poche settimane cucinò un testo molto bello che successivamente divenne uno dei testi di riferimento in sede Onu ai fini dell’approvazione finale dello statuto del Tribunale dell’Aja.”

Nella primavera del 2003 il 53.5% dei parlamentari, 303 di centrodestra e 193 di centrosinistra, 15 membri del Governo italiano, 46 parlamentari europei italiani su 87 aderiscono a "Iraq libero", la proposta di Marco Pannella per evitare la guerra in Iraq. Secondo la proposta l’Italia avrebbe dovuto proporre in sede di Unione Europea di investire il Consiglio di Sicurezza dell’Onu di un progetto che prevedeva l’offerta dell’esilio a Saddam Hussein e un’amministrazione provvisoria dell’Onu in Iraq per governare la transizione alla democrazia.

I referendum radicali. L'unico programma politico sottoposto al voto dei cittadini

Dal 1974 ad oggi i radicali hanno promosso 110 referendum raccogliendo in totale più di 63 milioni di firme autenticate e certificate (almeno 500.000 per ogni referendum); la Corte Costituzionale ha bocciato 48 referendum mentre il Parlamento è intervenuto approvando 8 nuove leggi che hanno impedito al popolo di esprimersi; il popolo italiano ha potuto votare per 47 referendum promossi dai radicali. Per 35 volte hanno prevalso i “sì” ottenendo maggioranze fino ad oltre il 90%.

I referendum sono un esempio lampante del regime di illegalità che regna in Italia e che abolisce di fatto i diritti politici dei cittadini. Previsto dall'articolo 75 della Costituzione con soli tre casi in inammissibilità, è stato introdotto in Italia con più di 20 anni di ritardo rispetto all'approvazione della Costituzione, soltanto quando fu richiesto dal Vaticano per abolire la legge laica sul divorzio approvata grazie alla campagna dei radicali. Negli anni la Corte costituzionale ha esteso i limiti di ammissibilità previsti dalla legge creandone altri di natura giurisprudenziale, spesso tra loro contraddittori e criticati come di natura “politica” da gran parte dei giuristi.

Un esempio concreto del ruolo politico assunto dalla Corte costituzionale si ha nel 1978. I radicali vengono dal successo del referendum sul divorzio, dalla campagna sull'aborto su cui sono riusciti a raccogliere più di 800.000 firme per indire un altro referendum. Grazie alla spinta di quella campagna raccolgono altrettante firme su altri 8 referendum e riescono a fare il loro ingresso in Parlamento. La Corte costituzionale dichiara invalidi alcuni dei referendum più scottanti: anzitutto quello per l'abrogazione del Concordato tra lo Stato e il Vaticano, e poi i referendum contro i reati di opinione, i tribunali e i codici militari. Contemporaneamente il Parlamento, al solo scopo di impedire la consultazione popolare, approva con il voto contrario dei deputati radicali, la legge 194, che depenalizza solo parzialmente il reato di aborto, la legge 170, che abolisce l'immunità per i ministri, e la legge 180, che chiude i manicomi senza tuttavia prevedere strutture o servizi alternativi per l'assistenza ai malati di mente.

I costituzionalisti Augusto Barbera e Andrea Morrone scrivono in un recente libro che ripercorre la storia dei referendum in Italia che con la sentenza sui referendum radicali del 1978 «il giudice delle leggi restrinse gli spazi di operatività del referendum abrogativo. Ricorrendo a concetti vaghi come l'essenza dell'istituto referendario e lo spirito della Costituzione la decisione individuò, nonostante la tassatività dell'articolo 75 della Costituzione, quattro ulteriori ragioni di inammissibilità» (Augusto Barbera e Andrea Morrone, “La Repubblica dei referendum”, Il Mulino, 2003, p. 64) .

Qui sotto l'elenco dei referendum proposti dai radicali che sono stati sottoposti al voto dei cittadini italiani con i risultati ottenuti.

Anno

Referendum

Quorum

SÌ

NO

12 maggio 1974

Abolizione della legge sul Divorzio ottenuta dai radicali

raggiunto

40,7%

59,3%

11 giugno 1978

Abolizione leggi autoritarie sull'ordine pubblico

raggiunto

23,5%

76,5%

11 giugno 1978

Abolizione del finanziamento pubblico dei partiti

raggiunto

43,6%

56,4%

17 maggio 1981

Abrogazione della legge Cossiga sull'ordine pubblico (concepita per affrontare in modo autoritario l'emergenza terrorismo in Italia negli anni settanta)

raggiunto

14,9%

85,1%

17 maggio 1981

Abolizione della pena dell'ergastolo.

raggiunto

22,6%

77,4%

17 maggio 1981

Abolizione delle norme sulla concessione di porto d'arma da fuoco

raggiunto

14,1%

85,9%

17 maggio 1981

Abrogazione di alcune norme della legge 194 sull'aborto per rendere più libero il ricorso all'interruzione di gravidanza.

raggiunto

11,6%

88,4%

8 novembre 1987

Abrogazione delle norme limitative della responsabilità civile per i giudici.

raggiunto

80,2%

19,8%

8 novembre 1987

Abolizione della commissione inquirente e del trattamento dei reati dei ministri.

raggiunto

85,0%

15,0%

8 novembre 1987

Abrogazione dell'intervento statale se il Comune non concede un sito per la costruzione di una centrale nucleare.

raggiunto

80,6%

19,4%

8 novembre 1987

Abrogazione dei contributi di compensazione agli enti locali per la presenza sul proprio territorio di centrali nucleari.

raggiunto

79,7%

20,3%

8 novembre 1987

Esclusione della possibilità per l'Enel di partecipare alla costruzione di centrali nucleari all'estero.

raggiunto

71,9%

28,1%

3 giugno 1990

Disciplina della caccia

non raggiunto

92,2%

7,8%

3 giugno 1990

Eliminazione della possibilità di accesso dei cacciatori a fondi privati

non raggiunto

92,3%

7,7%

3 giugno 1990

Abrogazione dell'uso dei pesticidi nell'agricoltura.

non raggiunto

93,5

6,5%

18 e 19 aprile 1993

Abrogazione delle norme sui controlli ambientali effettuati per legge dalle USL.

raggiunto

82,6%

17,4%

18 e 19 aprile 1993

Abrogazione delle pene per la detenzione ad uso personale di droghe leggere.

raggiunto

55,4%

44,6%

18 e 19 aprile 1993

Abolizione del finanziamento pubblico ai partiti (secondo tentativo).

raggiunto

90,3%

9,7%

18 e 19 aprile 1993

Abrogazione delle norme per le nomine ai vertici delle banche pubbliche.

raggiunto

89,8%

10,2%

18 e 19 aprile 1993

Abrogazione della legge che istituisce il Ministero delle Partecipazioni Statali.

raggiunto

90,1%

9,9%

18 e 19 aprile 1993

Abrogazione della legge elettorale per il Senato per introdurre il sistema maggioritario.

raggiunto

82,7%

17,3%

18 e 19 aprile 1993

Abrogazione della legge che istituisce il Ministero dell'Agricoltura.

raggiunto

70,2%

29,8%

18 e 19 aprile 1993

Abrogazione della legge che istituisce il Ministero del Turismo e Spettacolo.

raggiunto

82,3%

17,7%

11 giugno 1995

Abrogazione della norma sul soggiorno cautelare per gli imputati di reati di mafia.

raggiunto

63,7%

36,3%

11 giugno 1995

Abrogazione della norma che definisce pubblica la RAI, in modo da avviarne la privatizzazione.

raggiunto

54,9%

45,1%

11 giugno 1995

Abrogazione della norma che sottopone ad autorizzazione amministrativa il commercio.

raggiunto

35,6%

64,4%

11 giugno 1995

Abrogazione della norma che impedisce la liberalizzazione degli orari dei negozi.

raggiunto

37,5%

62,5%

11 giugno 1995

Abrogazione della norma che impone la contribuzione sindacale automatica ai lavoratori.

raggiunto

56,2%

43,8%

11 giugno 1995

Legge elettorale per i comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti: estensione ai Comuni più grandi dell'elezione diretta del sindaco già prevista per i piccoli.

raggiunto

49,4%

50,6%

15 giugno 1997

Abolizione dei poteri speciali riservati al Ministro del Tesoro nelle aziende privatizzate.

non raggiunto

74,1%

25,9%

15 giugno 1997

Abolizione dei limiti per essere ammessi al servizio civile in luogo del servizio militare.

non raggiunto

71,7%

28,3%

15 giugno 1997

Abolizione della possibilità per il cacciatore di entrate liberamente nel fondo altrui.

non raggiunto

80,9%

19,1%

15 giugno 1997

Abolizione del sistema di progressione automatico delle carriere dei magistrati

non raggiunto

83,6%

16,4%

15 giugno 1997

Abolizione dell’Ordine dei giornalisti.

non raggiunto

65,5%

34,5%

15 giugno 1997

Abolizione della possibilità per i magistrati di assumere incarichi al di fuori delle loro attività giudiziarie.

non raggiunto

85,6%

14,4%

15 giugno 1997

Abrogazione della legge che istituisce il Ministero delle Politiche Agricole.

non raggiunto

66,9%

33,1%

21 maggio 2000

Eliminazione del rimborso spese per consultazioni elettorali e referendarie

non raggiunto

71,1%

28,9%

21 maggio 2000

Abolizione della quota proporzionale nelle elezioni della Camera dei Deputati

non raggiunto

82,0%

18,0%

21 maggio 2000

Abolizione del voto di lista per l’elezione dei membri togati del CSM.

non raggiunto

70,6%

29,4%

21 maggio 2000

Separazione netta della carriera di un magistrato pubblico ministero da quella di un giudice.

non raggiunto

69,0%

31,0%

21 maggio 2000

Abolizione della possibilità per i magistrati di assumere incarichi al di fuori delle loro attività giudiziarie.

non raggiunto

75,2%

24,8%

21 maggio 2000

Abrogazione dell'art.18 dello Statuto dei Lavoratori.

non raggiunto

33,4%

66,6%

21 maggio 2000

Abrogazione della possibilità di trattenere dalla busta paga o dalla pensione la quota di adesione volontaria a un sindacato o associazione di categoria attraverso un patronato.

non raggiunto

61,8%

38,2%

12 e 13 giugno 2005

Limite alla ricerca clinica e sperimentale sugli embrioni.

non raggiunto

88,0%

12,0%

12 e 13 giugno 2005

Norme sui limiti all'accesso alla procreazione medicalmente assistita.

non raggiunto

88,8%

11,2%

12 e 13 giugno 2005

Norme su finalità, diritti, soggetti coinvolti e limiti all'accesso alla procreazione medicalmente assistita.

non raggiunto

87,7%

12,3%

12 e 13 giugno 2005

Divieto di fecondazione eterologa.

non raggiunto

77,4%

22,6%

I radicali. In sintonia con la maggioranza del Paese

Il Partito radicale è erede e continuatore di una cultura politica di ispirazione liberale che è stata da sempre minoritaria in Italia. La sua nascita è legata al connubio tra tradizioni originali di pensiero e iniziativa politica come il gruppo di intellettuali legate al settimanale Il Mondo di Mario Pannunzio, i liberalsocialisti che avevano militato prima nel gruppo di resistenza antifascista Giustizia e libertà e poi nel Partito d'Azione, i federalisti europei che traggono ispirazione dal Manifesto di Ventotene, stilato dal confino da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, esponenti delle organizzazioni giovanili liberali, repubblicane e socialiste che avevano trovato in ambito universitario fronti comuni di iniziativa politica nell'Unione goliardica italiana.

Storicamente, le origini culturali del Partito Radicale sono ravvisabili nel nucleo teorico del radicalismo ottocentesco e del Partito Radicale Storico promosso da Felice Cavallotti e Agostino Bertani, eredi della cultura risorgimentale e promotori di uno spirito laico e liberale, teso a promuovere l'estensione del suffragio, la laicità del sistema scolastico, il federalismo amministrativo e la riduzione dell'orario lavorativo alle otto ore. Durante il fascismo gli ideali e la cultura radicale sono accolti e rivendicati da numerosi intellettuali antifascisti come Gaetano Salvemini, Carlo Rosselli, Ernesto Rossi e Nello Rosselli, molti dei quali si esprimo attraverso pubblicazioni clandestine come il Non Mollare. Nell'immediato dopoguerra la loro voce è rappresentata dal quotidiano Risorgimento liberale.

Sotto la guida di Marco Pannella, il Partito radicale riesce a tradurre gli ideali di questa tradizione politica in campagne politiche che riescono a catturare un consenso di massa, nonostante le resistenze strutturali con cui si scontrano in un Paese caratterizzato dalla mancata evoluzione liberale delle sue istituzioni, dalla sopravvivenza di gran parte dell'impalcatura giuridica autoritaria e corporativa del fascismo, da ampi fenomeni di illegalità, da un sistema politico bloccato e consociativo, e dal controllo sociale esercitato capillarmente dalla Chiesa cattolica da una parte e dal più grande partito comunista d'Europa dall'altra.

Se negli anni '70 i radicali riuscirono a prendere alla sprovvista il sistema partitocratico, e negli anni successivi a conquistare riforme epocali grazie allo strumento referendario, la progressiva irrigidimentazione del sistema politico italiano in un vero e proprio regime, impedisce ai radicali di ottenere quelle riforme che da decenni propongono, nonostante tutti i sondaggi dimostrino la loro consonanza con il sentire della maggioranza dei cittadini italiani.

Nessuna forza politica oggi risulta essere in sintonia con gli orientamenti maggioritari della popolazione sulle questioni di fondo della politica come i radicali.

I sondaggi raccolti qui di seguito, realizzati dai maggiori istituti di rivelazione dell'opinione pubblica esistenti in Italia, concernono tutte tematiche che sono state oggetto di specifiche campagne e progetti di riforma da parte del Partito radicale, spesso in totale solitudine.

Laicità dello Stato

Se si dovesse immaginare l'opinione degli italiani dagli editoriali dei giornali, che un giorno sì e l'altro pure ammoniscono dal cadere nella tentazione del “laicismo” e a disconoscere il ruolo di guida della Chiesa cattolica in ambito morale, o dalle dichiarazioni dei leader dei maggiori schieramenti politici, se ne ricaverebbe l'immagine di un paese legato ai dettami della gerarchie del Vaticano e profondamente avverso alla laicità. Il forte controllo esercitato dalle forze politiche che si richiamano alla Chiesa cattolica su entrambi gli schieramenti, unito alla presenza capillare di organizzazioni legate alla Chiesa cattolica in ambito sanitario, sociale, economico e mediatico, alimentato da un esteso e copiosissimo sistema di sussidi pubblici, sono invece l'unica spiegazione del motivo per cui in Italia continua ad essere vietata la fecondazione assistita, la ricerca sulle cellule staminali embrionali, e il Parlamento non riesce, nonostante i numerosi tentativi, ad approvare leggi su problematiche fondamentali, regolamentate in tutti gli altri paesi europei, come il riconoscimento delle unioni civili, il testamento biologico, l'abbreviazione dei tempi per il divorzio, l'estensione delle terapie del dolore, la creazione di facoltà di teologia nelle università statali.

Se si guarda infatti alle opinioni dei cittadini espresse attraverso i sondaggi, è chiaro che queste sono del tutto consonanti con le posizioni espresse da oltre 50 anni dal Partito radicale.

Sondaggio Ipsos (pubblicato da Vanity Fair, dicembre 2008)

La Chiesa ha ribadito il suo no a ogni ipotesi di interruzione della vita. Lei è d'accordo?

No 57% Sì 32%

E quanto condivide la posizione della Chiesa si queste altre questioni?

No all'aborto

Non condivide 53% Condivide 42%

No al divorzio

Non condivide 62% Condivide 33%

No alla ricerca sulle cellule staminali

Non condivide 61% Condivide 30%

No agli anticoncezionali

Non condivide 21% Condivide 71%

Sondaggio Ipsos (pubblicato da Vanity Fair, aprile 2007)

Se il Parlamento tornasse in futuro a fare un legge sull'argomento procreazione assistita, lei con quali di questi punti sarebbe d'accordo e con quali invece in disaccordo?

favorevole contrario

Fecondazione eterologa 50% 45%

Ricerca sugli embrioni 62% 30%

Accesso alla fecondazione e diagnosi preinpianto 50% 37%

Sondaggio Demos & Pi-Eurisko (pubblicato da la Repubblica, marzo 2007)

Secondo lei è giusto o sbagliato che la Chiesa indichi ai parlamentari cattolici di votare contro la legge sulle coppie di fatto

sbagliato 61,4%

giusto 27,5%

Sondaggio Ispo (pubblicato dal Corriere della sera, febbraio 2007)

Secondo lei è opportuno riconoscere i diritti delle coppie sposate alle coppie conviventi non sposate?

Sì, tutti 47%

Solo alcuni 30%

No, nessuno 21%

Sondaggio Ipsos (pubblicato da Vanity Fair, dicembre 2006)

Nelle scorse settimane Piergiorgio Welby da tempo malato di distrofia muscolare progressiva, in vita grazie ad un ventilatore polmonare che gli permette di respirare, ha chiesto pubblicamente di poter morire. Secondo lei, una persona in queste condizioni ha diritto di decidere di «staccare la spina», e scegliere quindi di morire?

Sì 71%

No 18%

Non so 11%

Sondaggio Ispo (pubblicato dal Corriere della sera, settembre 2006)

E' opportuno legalizzare in Italia l'eutanasia?

Sì 58%

No 37%

«Con l' intensificarsi del dibattito e a seguito delle sollecitazioni e, talvolta, delle provocazioni dei Radicali, molti cittadini sono giunti negli ultimi anni a formarsi un'opinione più precisa e altri l'hanno mutata. Tanto che oggi l'auspicio per una legge che autorizzi l'eutanasia è divenuto maggioritario». (Renato Mannheimer, 26/9/2006)

Eurispes (Settembre 2004)

Il 64,9% degli italiani è favorevole alla fecondazione assistita, il 31,3% contrario, solo il 3,8% non ha opinioni a riguardo

Il 62,8% condivide poco e per niente l’affermazione che «la fecondazione artificiale, in tutte le sue forme possibili è un atto di ribellione contro la natura, dunque del tutto immorale».

Il 64,2% si esprime a favore della clonazione terapeutica

Sondaggio Ispo (pubblicato dal Corriere della sera, gennaio 2005)

Sui temi come aborto e fecondazione, lei ritiene che…

Le persone devono poter scegliere secondo la propria coscienza: 65%

Lo Stato deve porre dei limiti e regolamentare questa scelta: 26%

Non sa: 9%

Abolizione dei privilegi dei sindacati

I sindacati esercitano un notevole potere sulle scelte politiche in Italia, godono di un vero e proprio potere di veto sulle decisioni in materia economica, e usufruiscono di notevoli privilegia sia in termini economici che giuridici, come dimostrano le numerose inchieste realizzate negli ultimi anni da studiosi e giornalisti (cfr. Pietro Ichino, “A che cosa serve il sindacato? Le follie di un sistema bloccato e la scommessa contro il declino”, Mondadori 2006; Stefano Livadiotti, “L' altra casta. Privilegi. Carriere. Misfatti e fatturati da multinazionale. L'inchiesta sul sindacato”, Bompiani 2007; Bernardo Iovene, “Il sindacalista”, Report 26 ottobre 2008).

I radicali, fin dagli inizi degli anni '90, hanno avanzato, principalmente attraverso lo strumento referendario, proposte di riforma tese a togliere ai sindacati alcuni dei loro privilegi e del loro potere di condizionamento sulle scelte politiche.

Sondaggio Ispo (pubblicato dal Corriere della sera, novembre 2008)

Il 50% degli intervistati non ritiene che i sindacati, nel loro insieme, riescano oggi a rappresentare per davvero gli interessi della gran parte dei lavoratori.

Il 54% degli impiegati e il 50% degli altri lavoratori dipendenti ritiene che, nel suo insieme, il sindacato non esprima più gli interessi della maggioranza dei lavoratori.

Riforma americana delle istituzioni

I radicali sono da sempre favorevoli a una riforma “americana” del sistema istituzionale, con l'introduzione del sistema elettorale maggioritario e l'elezione diretta del presidente della Repubblica. Nel 1986 organizzarono una “lega per l'uninominale”, che portò in seguito alla presentazione dei referendum per l'abolizione del sistema elettorale proporzionale nel 1993. Dopo il tradimento di quel referendum, i radicali hanno riproposto il referendum per il maggioritario nel 1995, nel 1997 e nel 1999. Nel 1995 hanno presentato un referendum per l'elezione diretta dei sindaci. Nel 1996 proposero una lega americana per la riforma istituzionale. Nel 2000 i radicali proposero la modifica in tutta Italia degli statuti delle regioni italiane, che avevano appena ottenuto maggiori poteri da una modifica della costituzione in senso federale, sul modello maggioritario e presidenziale.

Su questa proposta, rimasta uguale negli ultimi due decenni, sono da sempre isolati. Di volta in volta, per brevi stagioni, alcuni leader o partiti hanno appoggiato singole proposte di questa riforma, ogni volta tornando indietro e cambiando opinione a seconda delle convenienze politiche del momento.

Sondaggio Ipsos (commissione dal Maurizio Costanzo Show, febbraio 2008)

In Italia ci sono molti più partiti rispetto a quelli presenti negli altri grandi paesi europei. Secondo lei la presenza di tanti partiti in Italia…?

Rispecchia la grande diversità di opinioni e di interessi contrastanti esistenti fra gli italiani 12%

E' un’anomalia del sistema politico 86%

Sondaggio Ipsos (pubblicato da Vanity Fair, maggio 2007)

Le piacerebbe avere un presidente forte, con più poteri e poterlo eleggere direttamente come è successo in Francia, o come avviene negli Stati Uniti?

Sì 73%

No 20%

Indagine Censis (Come abbiamo votato. Le scelte degli italiani alle elezioni europee, 2004)

Il Capo del governo da chi dovrebbe essere eletto?

- Direttamente dai cittadini 71,6

- Dai parlamentari e da altri rappresentanti dei cittadini 28,4

Riforma liberale dell'economia

Da questo punto di vista, dicevo, la società socialista, umanista, quindi è anche l’unica che può garantire le speranze liberali di riforme. Sì, liberismo: è noto che Ernesto Rossi è sempre stato qualcuno accusato dai nazionalizzatori del centralismo burocratico – si centralizza in modo burocratico il proprio partito e anche l’economia e lo Stato – di essere un vecchio conservatore. Niente affatto. Noi personalmente riteniamo che esistono alcune operazioni liberistiche che possono essere tentate perché siamo contro quel tipo di economia pubblica nel quale si privatizzano i profitti e si socializzano le perdite, magari con l’aiuto del sindacato ricondotto a funzioni corporativistiche.” (Marco Pannella, Tribuna elettorale, 21 maggio 1979, Rai)

Il Movimento dei Club Pannella già nel 1993 raccoglie le firme su un pacchetto di referendum tra i quali una serie di stampo liberista. “Un’economia non statalizzata e un capitalismo di mercato non familistico,” si leggeva in una pubblicazione radicale in cui veniva presentata la nuova iniziativa referendaria, “insieme a partiti politici e sindacati finanziati dai cittadini e giuridicamente responsabili delle loro risorse, costituiscono obiettivi prioritari da perseguire contestualmente alla riforma elettorale e istituzionale.”

Nel corso della campagna referendaria del 1995, i radicali tornarono ad incalzare Berlusconi perché sostenesse attivamente il referendum elettorale superstite sulla legge elettorale maggioritaria per i Comuni e i referendum commerciali e sindacali.

Già verso la fine della campagna referendaria del 1997 Marco Pannella tornava a proporre un pacchetto di referendum come strumento politico di un nuovo ambizioso progetto di riforma e di interlocuzione sociale. Centrato su un vero e proprio menu di quesiti referendari per la liberalizzazione del mercato del lavoro e delle professioni, la riforma liberale del fisco, della previdenza e dello Stato sociale, il nuovo progetto radicale veniva formulato in una serie di pubblicazioni inviate ad un indirizzario di imprenditori tra l’ottobre del 1996 e il luglio del 1997.

La campagna referendaria non partì allora, ma venne riproposta, più o meno negli stessi termini, nella primavera del 1999. Silvio Berlusconi, nonostante le dichiarazioni di liberismo economico, darà un’esplicita indicazione di voto per l’astensione, arrivando a definire i referendum “comunisti”, a causa del sostegno dei Ds al solo referendum per l’abrogazione della quota proporzionale della legge elettorale. Così i 20 referendum “liberali e liberisti” (tra gli altri: abolizione degli ordini professionali, ampliamento della flessibilità dei contratti, abolizione dell'obbligo di reintegro del lavoratore licenziato a favore dell'indennizzo) ridotti nel frattempo a 7 dalla Corte Costituzionale, furono portati al voto degli elettori nel maggio del 2000 senza riuscire a raggiungere il quorum necessario per la loro validità.

Furono i radicali, come per molte altre battaglie, a pagare da soli il costo di aprire questo fronte di lotta, subendo linciaggi pubblici, come quello contenuto nell’intervento dell'allora segretario della CGIL (il maggiore sindacato dei lavoratori) Sergio Cofferati al Congresso dei Democratici di sinistra (il maggiore partito della sinistra) nel gennaio 2000:

«I radicali si propongono secondo me due obiettivi espliciti: da un lato quello di utilizzare la campagna referendaria e i quesiti come una sorta di clava su un modello istituzionale fragile e instabile. Non sto parlando, come potete ben immaginare, del referendum elettorale, ma di tutti gli altri sì. (…) Sono referendum contro le persone, non contro i soggetti collettivi. (…) Permettetemi di dirvi, compagne e compagni, che trovo sorprendente il timore che molti hanno, ed é stato esplicitato anche qui, di apparire conservatori di fronte a questo elemento di novità così dirompente. Di fronte ad una iniziativa regressiva, restauratrice, non c'é il pericolo di essere conservatori».

Il 9 gennaio 2000 scende ufficialmente in campo il Comitato per il no, organizzato dai sindacati. CGIL, CISL, UIL che dichiarano: «il nostro no è netto ai referendum di Pannella, quella dei radicali è una violentissima aggressione allo stato sociale, non è possibile distruggere così le conquiste dei lavoratori. Ci auguriamo che in questa battaglia il Governo sia con noi e non cerchi "flirt" coi radicali per ragioni elettorali». Il Ministro del Lavoro Salvi risponde «i sindacati stiano tranquilli, quei referendum sono un attentato alla libertà e alla democrazia e contro tutto un sistema di diritti, perciò non potremo che combatterli».

Sondaggio Ispo (pubblicato dal Corriere della sera, 8 ottobre 2007)

«La maggioranza relativa dichiara di preferire un mercato del lavoro che consenta maggiori possibilità di licenziamento ma che favorisca stipendi più elevati».

Sondaggio Ipsos (pubblicato da Vanity Fair, luglio 2006)

In futuro, sarebbe favorevole a liberalizzare anche il mercato del lavoro (quindi più opportunità per i disoccupati, migliori stipendi ecc.), a discapito della garanzia del posto fisso (contratti elastici, libertà di licenziamento)?

Sì 46%

No 43%

Sondaggio Demos & Pi (febbraio 2006)

Come saprà, in Italia, per svolgere alcune attività bisogna ottenere una licenza. E’ il caso dei notai, delle farmacie, delle edicole, dei taxi, etc. Secondo lei, è giusto o sbagliato che il numero delle licenze sia un numero chiuso deciso dalle organizzazioni di categoria?

Sbagliato 52,4%

Giusto 39,7%

Secondo lei

è giusto che gli ordini fissino delle tariffe per queste professioni 32,5%

le tariffe dovrebbero variare in base al mercato 59,7%

Secondo lei, la televisione dovrebbe essere affidata

in parte alle aziende private ma con il controllo pubblico 42,9

prevalentemente alle aziende private 19,3

prevalentemente al pubblico 32,4

Israele nell'Unione europea

La proposta di adesione di Israele nell'Ue risale al 1988, quando venne lanciata da un manifesto pubblicato a pagamento su alcuni quotidiani israeliani in occasione del primo Consiglio Federale del Partito Radicale Transnazionale tenutosi a Gerusalemme. La proposta, alternativa alle politiche fin qui perseguite dall'Europa e dagli Stati Uniti sul conflitto israelo-palestinese, non si fonda sul preteso diritto dei popoli a uno Stato nazionale, ma supera la concezione di una sovranità statuale assoluta e pone al centro il diritto alla libertà, alla democrazia e allo stato di diritto per tutti gli uomini e le donne del Medio Oriente. Questa proposta è stata di recente rilanciata con un manifesto per il primo Satyagraha mondiale per la pace, lanciato dalla sinagoga di Firenze, nel corso del recente conflitto con il Libano.

Secondo i radicali, pur rappresentando potenzialmente un avamposto della democrazia in Medio Oriente, Israele si trova in una posizione di estrema debolezza, rappresentando appena lo 0,2% del territorio dell’area geopolitica in cui si situa. Il perenne stato di guerra ha portato a un deperimento delle istituzioni e garanzie democratiche all’interno dello stato di Israele, mentre le relazioni con i paesi confinanti sono caratterizzati dalla minaccia se non dall’uso frequente della forza militare. La sovranità assoluta dello stato d’Israele, afferma Pannella, rappresenta un pericolo per Israele e per il mondo, dato che un conflitto in quell’area potrebbe in poco tempo estendersi a livello globale.

La causa principale di questo possibile conflitto è rappresentata dal fatto che alla sovranità nazionale israeliana, condizione che crea pericolo anzitutto allo stato israeliano e ai suoi cittadini, si contrappone la rivendicazione della sovranità nazionale assoluta di uno stato palestinese, il cui territorio è in parte conteso con Israele. Questa rivendicazione, sostenuta da gran parte dell’opinione pubblica mondiale, in particolare nel mondo arabo, rappresenta un inganno enorme, perché la sovranità nazionale assoluta non garantisce affatto maggiore giustizia e diritti, anzi nella maggior parte dei casi, soprattutto in quella regione, è lo strumento che consente l’esercizio indisturbato di un potere autocratico e oppressivo da parte di classi dirigenti inamovibili e autoritarie.

La dimostrazione della validità di quest’analisi è contenuta nella proposta politica che la sostanzia, l’ingresso di Israele nell’Unione europea. Questa storica proposta di Marco Pannella ha un carattere strategico rispetto al raggiungimento della pace nella regione perché:

· se Israele divenisse parte dell’Unione europea cambierebbero i rapporti di forza nella regione. I paesi che vogliono la cancellazione dello stato di Israele si troverebbero a dover muovere guerra non più a uno stato che ricopre lo 0,2% del territorio, ma a un intero continente di centinaia di milioni di abitanti:

· le istituzioni israeliane si troverebbero a dover rispondere delle proprie decisioni a organi sovranazionali di tutela dei diritti umani, e la loro politica estera sarebbe sottoposta ai vincoli dell’appartenenza a una comunità politica più vasta;

· si aprirebbe la prospettiva di un ingresso nell’Unione europea di altri paesi mediorientali, rafforzando gli elementi culturali, economici e politici che uniscono i paesi che si affacciano sul mediterraneo, piuttosto che respingerli sotto l’egemonia di altri stati non democratici.

Sondaggio Ispo (pubblicato dal Corriere della sera, settembre 2008)

Il 49% concorda sul fatto che l'Unione europea «dovrebbe stabilire una partnership privilegiata con Israele», ma il 37% dissente

Sondaggio Ferrari Nasi & Grisantelli (Gennaio 2007)

E in generale, Lei sarebbe favorevole o contrario ad un eventuale ingresso di Israele nell`Unione Europea?

Favorevole 45,5%

Contrario 27,7%

Moratoria universale delle pena di morte

La campagna per la moratoria della pena di morte è una storica battaglia radicale, iniziata con la costituzione dell'associazione Nessuno Tocchi Caino all'inizio degli anni '90.

Il 26 dicembre 2006, a seguito della conferma della condanna a morte nei confronti dell’ex dittatore iracheno Saddam Hussein, Marco Pannella inizia uno sciopero della fame e della sete per sostenere la proposta “Nessuno tocchi Saddam” volta a scongiurarne l’esecuzione. Un appello in tal senso, lanciato nel giugno 2006 da Nessuno Tocchi Caino, alla notizia della richiesta di condanna a morte dell’ex Rais avanzata dai procuratori iracheni, è stato sottoscritto da oltre 200 parlamentari italiani ed europei, da 3 premi Nobel per la Pace e numerose personalità internazionali.

L’azione di Pannella, che prelude anche all’avvio di un Primo Grande Satyagraha mondiale per la Pace lanciato dal Partito Radicale, si propone di “evitare che tutto precipiti, in Iraq e non solo, in altro sangue, ulteriore morte e pene di morte, in una spirale di violenza e di guerra che può trasformarsi in un conflitto generalizzato dalle conseguenze incalcolabili”. Decine di media arabi danno notizia dell’iniziativa nonviolenta di Pannella.

Il 30 dicembre, l’ex dittatore viene impiccato all’alba nella sede dei servizi segreti iracheni. Le immagini dell’esecuzione provocano un moto di indignazione in tutto il mondo, anche in quello arabo e negli Stati Uniti.

Dopo l’esecuzione di Saddam Hussein, lo sciopero della fame e della sete di Marco Pannella è rilanciato e convertito sull’obiettivo più generale dell’approvazione di una risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali. Dal sito radicalparty.org viene lanciato un appello per la moratoria e sono raccolte adesioni all’iniziativa di Pannella.

Allo sciopero della fame aderiscono (al 14 aprile 2007) 689 persone per uno o più giorni da 41 Paesi. L’appello è sottoscritto da 52.421 persone da 158 paesi, tra cui: 17 Premi Nobel, 300 parlamentari nazionali, 262 parlamentari europei, 9 membri di governo, 113 personalità.

Con la sua iniziativa nonviolenta, Pannella chiede al Governo italiano, che dal 1° gennaio è divenuto anche membro non permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, di assumere un impegno formale e concreto a presentare una risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali nell’Assemblea Generale dell’ONU in corso.

Il 2 gennaio 2007, in risposta all’iniziativa di sciopero della fame e della sete di Pannella e in attuazione del mandato unanime ricevuto dal Parlamento italiano, la Presidenza del Consiglio dichiara ufficialmente e pubblicamente che “Il Presidente del Consiglio e il Governo si impegnano ad avviare le procedure formali - coinvolgendo in primis i paesi già sottoscrittori della Dichiarazione di dicembre - perché questa Assemblea Generale delle Nazioni Unite metta all’ordine del giorno la questione della moratoria universale sulla pena di morte”.

Sondaggio Ipso (pubblicato da Vanity Fair, gennaio 2007)

L'esecuzione di Saddam Hussein ha riaperto il dibattito sulla pena di morte. Ritiene che la pena di morte sia uno strumento da bandire per principio e quindi sempre, comunque e dovunque, a prescindere dalla gravità e l'efferatezza dei reati da punire?

sì, sempre 71%

no 26%



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