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Foa Vittorio - 1 ottobre 1973
Referendum contro il regime (17) Interventi e adesioni: Vittorio Foa

SOMMARIO: Il Partito radicale ha deciso d'indire una serie di referendum popolari: per l'abrogazione del Concordato, delle norme fasciste del codice penale (compreso l'aborto), dei tribunali militari e sulla libertà di stampa e di diffusione radiofonica e televisiva. Commentando l'iniziativa radicale, Vittorio Foa afferma che i referendum potranno mettere il potere in contraddizione con i suoi enunciati democratici evidenziando la natura repressiva dello Stato e della società. Ma l'obiettivo di fondo non deve essere tanto quello di modificare questo assetto di potere quanto di cambiarlo profondamente.

(LA PROVA RADICALE, n.10-11-12 agosto-ottobre 1973)

Credo sia giusto utilizzare, come voi vi proponete di fare, tutte le possibilità legali e costituzionali per mettere il potere in contraddizione coi suoi stessi enunciati democratici, per mobilitare --con i referendum-- il massimo di forze in una denuncia degli strumenti di organizzazione del regime. Sono anche convinto che il maggior risultato della vostra campagna non potrà essere quello di convincere il regime a non essere se stesso, ma quello di mettere in luce la vera natura delle istituzioni vigenti e il loro meccanismo di funzionamento, gli scopi effettivi cui serve l'organizzazione repressiva dello stato e della società.

Ogni giorno che passa è sempre più chiaro che il capitalismo italiano nel suo complesso ha un bisogno indomabile e crescente di strumenti repressivi nei confronti della classe operaia, e non solo per spiegarne le proteste e la resistenza, ma anche per far pagare ai lavoratori il costo della riunificazione del fronte capitalistico profondamente lacerato e in crisi. Anche se apparentemente remota dai problemi della condizione operaia la codificazione dei diritti civili li coinvolge direttamente, non solo perché ogni istituto reazionario ha una attuazione differenziata a seconda delle classi sociali (si pensi all'aborto), ma anche perché l'insieme delle istituzioni ha una funzione intimidatrice, di restaurazione ininterrotta del principio di autorità che le lotte sociali di per se stesse tendono a rifiutare.

Vi è oggi nelle lotte operaie una presa di coscienza sempre più chiara del nesso che esiste fra problemi economici e istituzioni sociali e statali. Nonostante le predicazioni politiche sulla neutralità dello stato, sull'indipendenza della magistratura, sul ruolo nazionale dell'esercito, sulla obiettività della scuola ecc. ecc., l'apparato repressivo o proibitivo si manifesta ogni volta che c'è da dare una mano ai padroni contro gli operai. Una lotta coerente per cambiare le istituzioni non può essere come proiezione delle lotte operaie. Se non vi sarà una stretta connessione fra lotte nella sovrastruttura e lotte nella struttura la conseguenza (il Cile insegna) sarà che saranno i capitalisti stessi a cambiare le istituzioni, a liberarsi della contraddizione fra programma democratico e applicazione reazionaria rendendo tutto coerentemente reazionario, liquidando insieme libertà civili e libertà politiche. Il problema reale non è tanto di introdurre delle modificazioni in questo assetto quanto di cambiare

l'assetto stesso. Sembra a me che tutto l'assetto istituzionale definito dopo la seconda guerra mondiale sia in Italia in crisi profonda, che non si ponga per noi il problema di applicare la costituzione del 1947, bensì quello di costruire, con le lotte di ogni giorno, il dopo.

 
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