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Bettinelli Ernesto - 13 ottobre 1984
Il caso Napoli e la riforma degli enti locali
Cominciamo dal sindaco

L'alternativa municipale

di Ernesto Bettinelli

SOMMARIO: Bettinelli avanza una proposta per l'elezione diretta del sindaco nei comuni con più di 10 mila abitanti con un sistema a doppio turno in cui, onde evitare una eccessiva proliferazione di candidature, si potrebbe prescrivere che la candidatura debba essere accompagnata da un numero di elettori-sottoscrittori pari allo 0,50% dei cittadini iscritti nelle liste elettorali del comune. Su questo argomento esistono molte proposte democristiane la cui validità è però inficiata da temperamenti che alterano gli effetti delle proposte stesse. Nella presente proposta le forze politiche dovrebbero chiarire le proprie opzioni già prima del primo turno elettorale. Questa proposta comporta che sia il Sindaco che provveda alla nomina dei componenti della Giunta al di fuori del Consiglio. Per la formazione del consiglio comunale la proposta prevede il sistema proporzionale con scrutinio di lista e con voto preferenziale sostituendo il metodo d'Hondt con il metodo di Saint Lague. Questa proposta avrebbe effetti pos

itivi sull'intero sistema politico per tre motivi: per la pratica e l'abitudine dell'alternanza; per la formazione omogenea della compagine municipale intorno alla figura del sindaco; per la responsabilizzazione dell'elettorato.

(NOTIZIE RADICALI N. 71, 30 aprile 1984)

(E' possibile far partire da Napoli un esperimento pilota di riforma istituzionale delle grandi aree metropolitane con un raccordo fra i comuni dell'Hinterland che consenta di intervenire contro la camorra organizzata, che preveda l'elezione diretta del sindaco, che proponga alla città liste di programma e non di partito? Pubblichiamo un brano di Ernesto Bettinelli apparso su "Queste Istituzioni, una carrellata dei fatti più significativi accaduti in questi nove mesi al consiglio comunale di Napoli, il parere di alcuni esponenti politici napoletani sul progetto "Grande Napoli".

E' bene che la magistratura indaghi nei fondi aperti alle forze politiche da enti pubblici e parapubblici. A chi servono i mille miliardi stanziati per una generica riforma delle pensioni?

"Pubblichiamo un brano del saggio di Ernesto Bettinelli, apparso sul numero 60-61 del 1983 di "Queste Istituzioni", che fa riferimento specifico alla riforma istituzionale dell'organizzazione elettorale nei comuni e che ci è parso particolarmente interessante e utile.")

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Si dovrebbe introdurre "tout court" la forma "presidenziale" nell'organizzazione comunale e, più precisamente, nelle località con popolazione superiore ai 10 mila abitanti.

Le linee essenziali di questo disegno comporterebbero: l'elezione diretta del sindaco ad opera del corpo elettorale con un sistema a doppio turno, cioè con ballottaggio finale tra i due candidati che abbiano conseguito i maggiori consensi nel primo scrutinio, ove risulti che nessuno abbia ottenuto la maggioranza dei voti validamente espressi (in tal caso vi sarebbe elezione immediata). Onde evitare una eccessiva proliferazione (anche per fini di disturbo) di candidature, si potrebbe prescrivere che la loro presentazione sia accompagnata da un adeguato numero di elettori-sottoscrittori, pari allo 0,50 per cento dei cittadini iscritti nelle liste elettorali del comune (una soglia così alta incentiverebbe i partiti a scegliere le personalità più popolari, magari attraverso procedimenti - tipo primarie semi aperte - in grado di favorire la partecipazione dei cittadini).

Esistono in argomento, come è noto, progetti di legge soprattutto di parte democristiana, i quali, però, contengono temperamenti che alterano non poco gli effetti d'insieme dell'elezione diretta dei sindaci, se questa deve essere davvero indirizzata ad aumentare il potere decisionale dei governati e a deprimere l'attitudine manipolativa e disinvoltamente compromissoria degli apparati partitici. Così nella proposta dei deputati G. Bianco e Ciccardini si contempla la possibilità di rinuncia al ballottaggio di uno dei due candidati (o al limite anche di entrambi) che abbiano riscosso al primo scrutinio i maggiori consensi. Una tale clausola, tra l'altro, diminuirebbe l'autonomia politica delle stesse organizzazioni locali dei partiti a vantaggio delle direzioni centrali che, con ogni probabilità, tra il primo e il secondo scrutinio avocherebbero a sé le determinazioni sull'opportunità o meno dei ritiri, al fine evidente di consentire intese nazionali tra i partiti appartenenti alla medesima area di coalizione p

er una distribuzione contrattata degli incarichi in sede periferica. Perdurerebbe, quindi, quella nefasta prassi in auge, che incide così negativamente sulla posizione di autonomia nell'ordinamento costituzionale delle stesse amministrazioni locali, contribuendo a destabilizzarle, giacché assai facilmente scatena conflitti non solo interpartitici, ma anche infrapartitici.

Nella logica della presente proposta, invece, le singole forze politiche dovrebbero chiarire le proprie opzioni e i reciproci rapporti "già anteriormente" al primo turno elettorale, ben potendo, in certe situazioni concordate, astenersi dal presentare propri candidati alla carica di sindaco, per convergere su quelli di altri gruppi alleati (i quali, a loro volta, eventualmente potrebbero, in cambio, non partecipare alla competizione per l'elezione del consiglio comunale).

Come si vede la gamma delle possibili combinazioni negli accordi "preventivi" tra i partiti non subirebbe neppure eccessivi restringimenti, mentre sarebbe garantita quella trasparenza delle strategie e dei comportamenti che rende più consapevole il giudizio di chi si reca alle urne.

L'impostazione presidenzialistica qui accolta per una riforma dell'organizzazione del governo municipale comporta anche che sia il sindaco, espressione diretta del voto popolare, a provvedere alla nomina dei componenti di giunta, "al di fuori" del consiglio. Questo organo, poi, dovrebbe essere eletto in coincidenza con il secondo turno di votazione del sindaco - ove fosse necessario il ballottaggio finale - o nella seconda domenica successiva all'elezione del primo cittadino avvenuta al primo scrutinio.

Per la formazione del consiglio comunale riterrei opportuno riconfermare l'adozione del sistema proporzionale con scrutinio di lista e con voto preferenziale, sostituendo magari il metodo d'Hondt (che penalizza in misura non irrilevante i gruppi minori) con quello più equilibrato dei quozienti alternati (metodo di Saint Lägue).

In questo nuovo quadro istituzionale diverrebbe indispensabile provvedere a una più razionale distribuzione ed esaltazione delle competenze consiliari, incentrandole soprattutto sul controllo politico della spesa e sull'approvazione dei bilanci.

Mi pare quasi inutile sottolineare i riflessi che un simile disegno, se realizzato, potrebbe avere sull'"intero" sistema politico: la pratica e l'abitudine all'alternanza, assicurata quanto meno in ambito locale, la conduzione unitaria ed omogenea delle amministrazioni municipali attorno alla figura coagulante del sindaco - che già oggi rappresenta l'istituzione più popolare, più vicina alle aspettative dei cittadini -, la responsabilizzazione dell'elettorato. Tutti questi fattori assieme non potrebbero non influire positivamente sul comportamento complessivo dei partiti e sui loro stessi moduli di organizzazione interna.

 
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