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Di fronte ad una gravissima crisi economico-finanziaria, che è anche e soprattutto crisi dell'organizzazione Partito Radicale, il 37· Congresso ha indicato una strada da percorrere: una profonda revisione di mezzi, strutture, metodi di lavoro; l'assunzione piena di responsabilità dirigenti e militanti da parte di nuove energie, presenti nel partito o anche convergenti su di esso, nel riconoscimento della sua necessità come unico strumento transnazionale del nostro tempo.
Dopo il Congresso, attraverso l'analisi dei costi della nostra organizzazione, abbiamo elaborato e reso operativo un piano di riduzione, operando su tre voci:
a) il costo delle collaborazioni (e ricordo che il Partito Radicale in quanto tale ha scelto di non avere dipendenti, limitandosi ad offrire a chi è chiamato a svolgere funzioni politiche operative, un rimborso spese forfettario), che si sono ridotte da 35 a 15;
b) il costo del funzionamento della sede di Roma, da un lato riducendo le voci di spesa, dall'altro stabilendo un contributo per i soggetti (Club Pannella e Associazioni) che operano nella sede;
c) il costo delle 20 tra sedi, uffici e punti di riferimento del Partito Radicale sparsi per il mondo (che operano avvalendosi di 23 collaborazioni locali e grazie al supporto telematico fornito da Agorà).
La riduzione operata è del 37% rispetto ai costi del 1994.
Il fabbisogno finanziario mensile, nell'assetto attuale, è di 220 milioni di lire, pari, nell'anno, a 2.600 milioni di lire.
Queste sono le condizioni minime di sopravvivenza, che da un lato non garantiscono il rilancio del Partito Radicale, dall'altro non considerano la situazione di indebitamento che abbiamo ereditato, oltre due miliardi di lire (indebitamento che in questi mesi abbiamo ridotto in maniera consistente), pari al valore della sede di Roma, detratta la quota di mutuo. Sapevamo e sappiamo che la condizione tecnica permanente, annuale, che consentirebbe la vita del Partito Radicale nella dimensione attuale, per affermare in modo non velleitario le sue ambizioni, sarebbe quella raggiunta solo una volta nella storia del nostro partito: i 40mila iscritti a quota occidentale.
La situazione economico-finanziaria, che permane difficile, presenta anche un'evidente contraddizione: da un lato la validità delle ragioni del Partito Radicale, quando ha voluto, nel 1989, rifondarsi nella "prima internazionale ad iscrizione diretta, aperta a tutti i cittadini del mondo, non più concorrente con nessun altro partito nazionale", che si rivolge innanzitutto alle "classi dirigenti e ai loro esponenti più liberi e responsabili" perché "lo stesso giorno, alla stessa ora, nella stessa forma e con gli stessi contenuti analoghi testi legislativi siano presentati nel maggior numero di Parlamenti", dall'altro la scarsa rispondenza che questo progetto ha avuto da parte della classe dirigente e dell'opinione pubblica occidentale, salvo l'evento straordinario del 1993 in Italia e l'apporto costante dei tremila italiani che anche nel 1995 si sono iscritti al Partito Radicale.
Io sono convinto che "può bastare un niente" - come dice Marco - perché si ripeta lo straordinario successo del 1993. La campagna di iscrizioni al 1996 che abbiamo aperto all'inizio del mese di ottobre ha dato finora un apporto di 250 milioni di lire e di 500 iscritti italiani. Tra gli iscritti, oltre a Emma, che ha versato una quota d'iscrizione di 21 milioni, vi sono altre 36 compagne e compagni che hanno versato almeno un milione di lire. Sono dati, credo, significativi, che ci hanno consentito di continuare a governare una situazione altrimenti ingovernabile.
Dobbiamo, di slancio, raddoppiare il numero attuale degli iscritti e confermare almeno, entro la fine dell'anno, i tremila iscritti italiani del 1995.
Si tratta di consentire da un lato gli investimenti necessari rispetto all'iniziativa politiva (anche se questa tesoreria privilegia progetti di attività autofinaziati), dall'altro di porre le basi perché il raggiungimento di quest'obiettivo costituisca moltiplicatore di energie, risorse, apporti altri e diversi, convergenti rispetto al Partito Radicale e alle sue iniziative. In questo senso è da raccogliere l'appello che la mozione congressuale fa agli iscritti, alle associazioni radicali e alle associazioni federate perché moltiplichino le forme di iniziativa politica radicali organizzate, perché le ragioni, gli ideali e gli obiettivi del Partito si rafforzino a partire dal concreto impegno di ciascuno.
Compagne e compagni,
viviamo, non v'è dubbio, un momento straordinario per la storia del Partito Radicale: siamo il primo partito ad aver ricevuto dalle Nazioni Unite il riconoscimento di Organizzazione Non Goernativa di primo grado, con potere consultivo nell'ambito del Consiglio Economico e Sociale. Condividiamo lo stesso status della Croce Rossa Internazionale e abbiamo uno status superiore a quello di Amnesty International.
Questo evento, da un lato obbliga il Partito della nonviolenza gandhiana a darsi gli strumenti, l'organizzazione per operare all'interno della Comunità internazionale, dall'altro rende evidente la scelta del Partito Radicale: non essere concorrente con nessun altro partito nazionale, rappresentare un valore aggiunto all'appartenenza partitica, tentare di superare le barriere e i confini nazionali per affermare nel mondo la prima forza politica capace di proporre e creare nuovo diritto transnazionale.
Si deve questo successo innanzitutto a chi in questi anni ha garantito l'esistenza di quest'idea e il tentativo di praticarla attraverso iniziative politiche concrete: l'abolizione della pena di morte entro l'anno duemila e la creazione del Tribunale ad hoc sulla ex Jugoslavia e del Tribunale Penale Internazionale per i crimini contro l'umanità, l'antiproibizionismo in materia di droga, la costruzione di un'Europa politica e federalista e l'affermazione della Lingua Internazionale, la salvezza del popolo tibetano dalla situazione di oppressione in cui versa, nel contesto del diniego totalitario di democrazia e di diritto per lo stesso popolo cinese, l'ambientalismo, con il progetto sull'Alta Autorità del Danubio e lo smantellamento delle centrali nucleari operanti nell'est europeo e in particolare nell'ex Unione Sovietica.
L'esistenza di quel che oggi è e rappresenta il Partito Radicale la si deve - dicevo - solo a coloro che con il loro denaro, da iscritti o contribuenti, residenti in Italia o in Russia o negli altri 40 paesi del mondo dove vi sono iscritti, parlamentari e cittadini, hanno compreso che vale la pena rendere alla politica la sua nobiltà, serbare e coltivare la convinzione che attraverso la politica è possibile sovvertire quel che sembra essere l'ordine naturale delle cose. Non vi è regione al mondo in cui non si avverta il crescere di una violenza incontrollata o dell'intergralismo e dell'intolleranza, che minacciano i principi della tolleranza e della convivenza civile. I veleni della ragion di stato e del nazionalismo impediscono il crescere di un'idea di un'Europa federalista, spinelliana, di un soggetto politico dotato di sue capacità di scelta e d'indirizzo, aperto all'ingresso di nuovi paesi e a fornire, a quelli che lo richiedessero, l'aiuto e il sostegno umanitario necessario anche a facilitarne il
cammino verso la democrazia. Le Nazioni Unite, alle quali fino a ieri si guardava come garanzia di equilibrio e di pace mondiale, hanno dimostrato di attraversare - lo testimonia l'impotenza della Comunità degli Stati nei confronti degli atti di aggressione condotta per quattro anni nell'ex Jugoslavia - una crisi di credibilità, per superare la quale sono necessari interventi che ne potenzino in maniera adeguata il tasso di democrazia e l'efficacia della sua azione.
Diritto, libertà, democrazia si possono conquistare sul fronte italiano e sul fronte europeo e mondiale solo attraverso l'impegno diretto di coloro che sono disposti - ed accade molto spesso ai radicali - a dare il necessario e non solo il superfluo. Io spero, anzi sono certo, che molti tra voi vorranno iscriversi anche per il 1996 al Partito che insieme vogliamo costruire.
Un caro, affettuoso saluto